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La deificazione di Maria

Ultimo Aggiornamento: 01/03/2008 23:11
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07/09/2006 07:23
 
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Di Laura Malucelli, tratto da “Tutto quello che sai è falso” vol.2

Per i Vangeli, Gesù non era l'unico figlio di Giuseppe e Maria. Nel Vangelo secondo Marco (6,3) sì afferma, al contrario, che egli avesse ben quattro fratelli e più di una sorella. Lo stesso dicasi del Vangelo di Matteo (13,55). Marco (3,32) cita fratelli e sorelle in un numero imprecisato.
Anche Giovanni (7,5) indica la presenza di fratelli.
Per Giuseppe Flavio (il più noto storico ebraico dell'epoca) Giacomo, fratello di Gesù, fu condannato a morte nell'anno 62 dal gran sacerdote. Eusebio di Cesarea (265/339 circa), un prelato greco autore di Storia della Chiesa, riferisce di un nipote di Gesù, figlio di suo fratello.
Un altro credo fondamentale dell’istituzione ecclesiastica è la verginità di Maria. Ma in tutti i più antichi scritti apocrifi Maria non è considerata Vergine. E anche nelle prime versioni degli evangelisti non vi sono riferimenti a una nascita miracolosa di Gesù.
Il Vangelo di Marco, il più antico tra quelli riconosciuti, ignora il concepimento virginale. Anche Paolo, i cui testi sono i più prossimi alla vita di Gesù, fa discendere il bambino da Davide giungendo sino a Giuseppe (ritenendolo dunque, a tutti gli effetti, il padre). Ma se il padre non era Giuseppe ma Dio, a che pro tutto questo dispiegamento di avi?

La realtà della "verginità" di Maria è stata storicamente spiegata: sì è trattato di un errore durante la traduzione greca della Bibbia quando sì traslò giovane donna (alma) ((Pepe Rodrìguez, Verità e Menzogne della Chiesa Cattolica, trad. C. Tognonato, Editori Riuniti, Roma 1998)) in vergine.
Ma se i teologi si sono accorti dell'errore perché hanno continuato a insistere sulla verginità mariana?
Perché i popoli primitivi adoravano una divinità femminile, la Madre Terra. Con l'andare del tempo essa venne affiancata a una divinità maschile, più potente.
Anche presso i giudei e i cristiani primitivi vi erano le tracce della derivazione del culto matriarcale e la Madre Terra (antica dea) era divenuta la Ruah o Spirito Santo. I "figli di Dio" (così sì chiamavano abitualmente gli uomini ebrei devoti), erano figli di umani ma derivavano la loro forza vitale dall'unione creatrice di Dio con Ruah, la Madre.

Ecco dunque la logica trinità: Padre, Madre, Figlio. Ogni creatura aveva una Madre e un Padre divini e una madre e un padre umani. I sacerdoti guerrieri patriarcali decisero di abrogare la Ruah , ma il suo culto era troppo radicato. Tutto quello che fu possibile fare fu toglierle il nome.
La Ruah , dunque, divenne solo lo Spirito Santo, entità asessuata e incorporea. Quando i cristiani della scuola di Paolo cominciarono a sostenere, quindi, l’unione tra Maria e lo Spirito Santo i giudeo-cristiani restarono sgomenti.
Il Vangelo di Filippo, mostra tutto lo sbalordimento dei cristiani dell'epoca; "Taluni hanno detto che Maria ha concepito dallo Spirito Santo. Essi sono in errore. Essi non sanno quello che dicono. Quando mai una donna ha concepito da una donna?" ((Vangelo di Filippo, 17, a cura di M. Crateri, I Vangeli Apocrifi, Einaudi, Torino 1969)).
Il Vangelo apocrifo di Tommaso cita uno Spirito Santo femminile, che chiama la Innocente Spiritualità.
Nel momento della "verginificazione" di Maria si ricorse così a una trinità maschile che è davvero un mistero della fede. Nei primi Vangeli, invece, come già accennato, la nascita non aveva proprio nulla di miracoloso e quindi genealogie e riferimenti a Giuseppe come padre avevano senso.
Ma l'idea che Gesù fosse solo un essere umano non era sufficientemente esportabile ovunque.

Fu allora che San Paolo fece diventare Gesù un semidio nato in modo straordinario. Venne perciò, successivamente, aggiunta nel primo capitolo di Matteo e di Luca la frase. "Un vento calerà su di te e ti coprirà come un'ombra la potenza dell'Altissimo" (Luca 1,35) che è la copia identica dei comportamenti utilizzati da Zeus per accoppiarsi con le donne terrestri. La mitologia pagana si sposa con la nuova religione così da realizzare il sincretismo.
Le cose non erano, però, ancora del tutto sistemate. La Chiesa gradiva molto poco le continue negazioni della purezza di Maria contenute negli altri passi del Vangelo. Così, sul finire del 300 Giovanni Crisostomo fece approvare il dogma della sempiterna verginità di Maria, ante partum, in partu, post partum.
Da quel momento si cominciò, così, a sostenere che i fratelli di Gesù erano in realtà cugini.
La discussione rimaneva però aperta. Anche a molti padri della Chiesa pareva eccessivo sostenere che i redattori dei Vangeli si fossero dimenticati di dare il giusto credito a un'informazione sbalorditiva come la perpetua verginità di Maria. Era come smentire gli stessi evangelisti, che continuavano ad attribuire fratelli a Gesù. Così sulla verginità di Maria si dibatteva pochissimo, inizialmente. Ma si poneva un ulteriore problema. Gesù non poteva essere soltanto il figlio subalterno di Dio. Ciò avrebbe significato che la nuova fede era in realtà il credo nel Dio dei giudei, con l'unica differenza di averlo dotato di prole. Quindi, ovviamente, il libro adottato avrebbe dovuto continuare a essere la Bibbia e i cristiani romani non avrebbero potuto distanziarsi, come volevano, dai giudei.

Così nel Concilio di Nicea del 325, vi fu una disputa animatissima, tanto che alcuni partecipanti vennero uccisi (erano gli ariani, che contestavano questa manipolazione dei Vangeli). Si decise infine che Gesù non era solo il Figlio, ma Dio stesso incarnato. Si legittimò in questo modo, anche la deificazione di Maria (divenuta così Madre di Dio stesso) la quale era stata creata da Dio che l'aveva poi fecondata e ne era divenuto il figlio e al tempo stesso anche il padre fecondatore…
La deificazione di Maria ottenne anche lo scopo di assorbire molti culti pagani tradizionali (ldaea, Iside egiziana, Astarte fenicia…) ancora associati alla Magna Mater deorum, la Dea Madre di tutti gli dei, e di convertire i templi di queste dee pagane al culto della Madonna. Vi erano anche altri motivi per negare l'esistenza dei fratelli di Gesù.
La causa prima appare ovvia: anche ritenendo che Gesù fosse il maggiore tra tutti i suoi fratelli, dopo la nascita di sei o sette figli Maria, indubbiamente, vergine non poteva più esserlo.
Ma se Gesù aveva già avuto la sua nascita mirabolante e poteva così rivaleggiare con le divinità pagane, perché voler insistere sul fatto che Maria rimase vergine anche dopo il parto, in aperta contraddizione con i Vangeli? Semplicemente si voleva evitare che i discendenti dei famigliari di Gesù potessero reclamare di dirigere la Chiesa nascente, in base a legittima successione.



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Anima sant(r)a
13/02/2007 13:36
 
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che maria sia madre di dio e non del gesù uomo, fu reso dogma pèiù tardi. precisamente nel concilio di efeso del 431.


sul fatto dei fratelli di gesù, la chiesa l'ha incartata bene sostenendo che si parlasse di parenti prossimi e che maria fu vergine PRIMA, DURANTE E DOPO IL PARTO DI GESÙ. questo dogma fu istituito solo nel 553 nel secondo concilio di costantinopoli.



infine, clamorosa truffa: l'assunzione di maria al cielo fu proclamata da pio dodicesimo nel 1950. [SM=g27820]: . mi domando come si faccia a crederci [SM=g27834]




anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti


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Madre Badessa
13/02/2007 17:43
 
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Ancora sulla madonna...l'immacolata concezione
L'8 dicembre 1854 Pio IX definì l'immacolata concezione nella sua Bolla "Ineffabilis Deus":

Dichiariamo, pronunciamo e definiamo che la dottrina che afferma che la santissima Vergine Maria, sin dal primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio garantiti da Dio Onnipotente, in considerazione dei meriti di Gesù Cristo, il Salvatore della razza umana, fu preservat indenne (libera) da tutta la sporcizia (vergogna) del peccato originale, è una dottrina rivelata da Dio e quindi deve essere creduta fermamente e costantemente da tutti i fedeli.
Questo atto di devozione verso la madre di Gesù fu anche una delle decisioni politiche più controverse e combattute dei più recenti pontificati, equiparabile alla deposizione di Gregorio VII o all'umiliazione dell'imperatore a Canossa.

Fino al dodicesimo secolo , infatti, i cristiani davano per scontato che Maria fosse stata concepita nel peccato originale. Papa Gregorio il Grande disse enfaticamente:" Cristo solo fu concepito senza peccato ". Questa solfa venne ripetuta da lui in molteplici occasioni. Il suo ragionamento e quello dei padri della Chiesa non poteva lasciare dubbi: l'atto sessuale implica sempre il peccato, Maria fu concepita normalmente, quindi nel peccato. Gesù fu concepito verginalmente, quindi senza peccato.

Quando Ambrogio e Agostino si adeguarono all'indirizzo teologico che sosteneva che Maria non aveva peccato mai, molti Padri furono in assoluto disaccordo. Tertulliano, Ireneo, Crisostomo, Origene, Basilio, Cirillo ed altri accusarono Maria di molti peccati sulla base dei testi biblici. Lei fu concepita nel peccato, lei peccava e questo è quanto dice il Nuovo Testamento. Così assoluta era questa interpretazione che il problema di uno studioso come Anselmo era di come fosse possibile che il Gesù senza peccato fosse nato da una peccatrice.

La Chiesa Greca e quella Russa Ortodossa continuano a sostenere questa tesi, per la quale derubare Maria del peccato originale è come sminuire la grandezza raggiunta, che è anche quella essere umana come noi.

In Occidente, perdendo di vista l'umanità di Cristo e rendendolo sempre più remoto, si formò la tendenza a ricorrere a colei che lo aveva tenuto in grembo quale intermediaria, ambasciatrice e messaggera per un Dio sempre più distante ed incomprensibile.

A metà del dodicesimo secolo, nel corso delle nuove festività tenutesi in Lione in nome della Vergine, San Bernardo di Chiaravalle si dichiara orrificato dalle tesi ivi esposte, avvertendo che gli argomenti esposti dovrebbero essere applicati anche a tutti gli antenati di Maria, maschi e femmine. Sarebbe occorso postulare tutta un'intera linea di progenitori concepiti "immacolati", e l'incubo non sarebbe finito lì: per essere concepiti immacolati avrebbero dovuto essere stati concepiti "virginalmente", perché, come diceva la Patristica, il sesso comporta sempre peccato. "Lo Spirito Santo era complice del peccato di concupiscenza (dei genitori di Maria)? oppure dobbiamo credere che non ci fosse stato desiderio tra loro?" Egli domandava. Innocenzo III affermò con chiarezza che veniva santificata la "natività" di Maria e non la sua "concezione", dichiarandosi così in assoluto disaccordo con una improbabile "immacolata concezione".

Lo stesso venne sostenuto da San Bonaventura, da Tommaso d'Aquino, dal Vescovo Pelagio.

A favore della tesi "immacolata" fu Duns Scoto, il Dottor Sottile, il cui problema era quello di comprendere come Maria potesse far parte di "coloro che erano salvati" se non aveva alcun peccato da cui essere salvata. La soluzione che trovò (sottilmente sarcastica, se si può dire) era che, essendo prevenire meglio che curare, Maria venne "preventivamente"(cioè prima della sua concezione) sollevata del peccato originale "in vista" dei futuri meriti del Cristo. L'idea è "sottile" anche nella sostanza perchè assolutamente inconsistente: come si può immunizzare un bambino prima che esso venga concepito? Prima della concezione egli non esiste e se si da per scontata la sua nascita si cade in un bieco determinismo nel quale il libero arbitrio va a ... [SM=g27828] e tutta la sofferenza di un Cristo, che sapendo di essere Dio può farla cessare in ogni momento, non significa più nulla se non uno spiacevole caso di masochismo. Ben diverso è soffrire senza conoscere l'epilogo della propria storia se non a grandi linee o soffrire seguendo un copione che porterà comunque alla propria risurrezione, così come diverso è non sapere quando si cesserà di soffrire dal sapere perfettamente e con assoluta certezza l'evoluzione della propria sofferenza (un'altra questione che fa pensare, eh? :un sacrificio che non è altro che una bella recita).

L'assurda idea di Scoto venne ripresa alcuni secoli dopo proprio da Pio IX° per sostenere la propria infallibile definizione dell'immacolata concezione.

La guerra (perché guerra è stata) tra immacolatisti e santisti durò diversi secoli, combattuta da domenicani contro francescani, da imperatori contro re. Gli uni accusavano reciprocamente gli altri di eresia. una cosa ridicola.

In genere i papi preferivano sorvolare sulla questione , anche perché le Scritture sembrano tacere sulla faccenda. Papa Sisto IV° ordinò la festa della concezione (solo della "concezione", si badi bene) e quando i francescani gioirono sui loro nemici domenicani Sisto scrisse un'apposita Bolla: la festa era per onorare la "concezione" di Maria e non la sua santificazione ed i Domenicani dovevano accettarla, altrimenti li avrebbe scomunicati. D'altra parte se i Francescani avessero gioito sui loro rivali Sisto avrebbe scomunicato loro. Un gran bel casino!

Alessando VI confermò la Bolla, ma ricorse anche all'esercito per mettere pace tra i due ordini.

L'affare Letser (un domenicano a cui apparve la Madonna , portandogli anche messaggi per il papa) condito con una statua della Madonna che piangeva per i peccati dei Francescani , pregandoli di accettare la sua "maculata" concezione, mise tutti in subbuglio, soprattutto quando Letser , interrogato dall'Inquisizione, confessò che si era trattato di un complotto. Lui e quattro complici domenicani bruciarono sul rogo (l'ordine domenicano li proclamò martiri), ma i domenicani non cessarono di sostenere la loro tesi della "maculata" concezione.
Il Concilio di Trento non potè decidere (per esplicita proibizione di Paolo IV), ma la faccenda prese una piega favorevole all'immacolatezza quando quell'imbecille di Paolo Zacchia, medico romano, sostenne assurda la tesi aristotelica della "progressiva animazione" del feto. L'idiota Zacchia (mi si perdoni l'antistorico insulto, ma quanti danni e quante sofferenze!) sostenne nel 1621 che :"un'anima razionale è infusa nel feto nel preciso momento del concepimento".

La cosa rendeva più agevole accettare l'applicazione del concetto di immacolata. Se c'era un'anima razionale era più facile prenderne in considerazione la assoluta santità.

Gregorio XVI , nel 1622, proibì ancora l'uso del termina "immacolata" riferito alla concezione di Maria, pur santificandone la festa, mentre Clemente XI dichiarò ufficialmente la "festa dell'immacolata concezione".

Benedetto XIV (1831-46) dichiarò che la Chiesa inclina verso l'immacolata concezione, ma non ne fa un articolo di fede.

Pio IX si preparò la strada con l'enciclica "Ubi Primum" (1849), dipingendo Maria in maniera fantascientifica, e poi decretandone , da solo e senza il supporto di alcuno, nel 1854 l'assoluta immacolatezza e, nel contempo, asserendo di averla decretata ex cathedra ed infallibilmente.

Il potere assoluto aveva creato la verità assoluta. Pio fu altresì responsabile del rigetto assoluto della dottrina Darwiniana, perché il trasferimento logico del problema di Maria al peccato originale non permetteva l'adeguamento al concetto di "evoluzione" della specie; così fu responsabile delle gravi controversie in ordine all'aborto, al controllo delle nascite, alla fecondazione artificiale. La sua interpretazione del canone lo condusse a condannare ogni novità, fosse buona o cattiva, con particolare riferimento al concetto di libertà applicata. Lo condusse (insieme alla sua Chiesa) sulla spiacevole strada dell'intolleranza religiosa e dell'assolutismo.

Condannò le prime moderne costituzioni, praticamente scomunicandole. Protestò pesantemente contro di esse anche perché permettevano a protestanti ed ebrei di avere proprie scuole e collegi.

Per cercare di scusare l'assoluta incomprensione dimostrata dal Pontefice verso il mondo che lo circondava, ci fu chi, come il vescovo Dupanloup, così ragionò: "Il Sillabo del papa (di cui ho già parlato nelle prime pagine) si applica ad un mondo perfetto -tesi- non ad un mondo imperfetto-ipotesi". Un parigino comentò questo involuto ragionamento facendogli il verso:"La tesi è quando la Chiesa condanna i giudei; l'ipotesi è quando il Nunzio papale pranza con il Barone Rothschild".




[SM=x789078]



La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Apocalisse Laica
Le religioni dividono. L'ateismo unisce


Il sonno della ragione genera mostri (Goya)


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07/04/2007 12:03
 
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LOL...che marea di panzanate.

perfetta verginita' di maria


tratto da una trasmissione dell'apologeta Giampaolo Barra tenuta su Radio Maria

Affrontiamo un altro argomento utilizzato dai contestatori della dottrina cattolica per negare una verità di fede: la perpetua verginità di Maria.

Che cosa insegna la nostra fede su questo punto? Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al punto n. 501, dice testualmente: “Gesù è l’unico Figlio di Maria”. Dunque, stando alla dottrina cattolica così ben sintetizzata nel Catechismo, Gesù no ha avuto fratelli e sorelle e questo corrisponde perfettamente, e doverosamente, al dogma della perpetua verginità di Maria.

Questa verità di fede cattolica non è condivisa, anzi è contestata dai Protestanti e dai Testimoni di Geova. Come è possibile –questo è il succo della contestazione – credere nella perpetua verginità di Maria se il Vangelo parla esplicitamente dei fratelli di Gesù?

In effetti, se stiamo bene attenti, è vero che i Vangeli parlano dei fratelli di Gesù.

(Se volete approfondire l'argomento potete guardare "I fratelli e le sorelle di Gesù")

Sentiamo san Matteo: “non è Egli (Gesù) forse il figlio del carpentiere? Sua Madre non si chiama Maria? E i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte tra noi?” (13,55-56)

Il Vangelo di Matteo, come abbiamo potuto ascoltare, non solo parla dei fratelli di Gesù, ma ci fornisce anche i loro nomi: Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda.

Sentiamo san Marco: “Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Joses (Giuseppe), di Giuda e di Simone?" (6,3). Anche san Marco concorda con san Matteo nel dire che Gesù aveva dei fratelli e ci fornisce i loro nomi.

Anche nel Vangelo di san Luca si parla di fratelli del Signore: “Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non poterono avvicinarlo a causa della folla” (8,19)

E, infine, il quarto Vangelo, quello di san Giovanni: “Dopo questo fatto discese (Gesù) a Cafarnao insieme con sua Madre, i fratelli e i discepoli” (2,12).

E, non solo i Vangeli, ma anche nel libro degli Atti degli apostoli troviamo un accenno ai fratelli di Gesù: “Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù, e con i fratelli di lui” (1,14).

Ora, questa insistenza della Parola di Dio sui “fratelli” di Gesù sembra mettere noi cattolici spalle al muro e sembra dare man forte alle contestazioni di Protestanti e Testimoni di Geova. Torna alla mente la solita domanda, cavallo di battaglia di tutte le contestazioni: se i Vangeli parlano dei “fratelli” di Gesù, come possiamo noi cattolici credere al dogma della perpetua verginità di Maria?

Badate bene che la questione sollevata da questa domanda è delicatissima e implica conseguenze addirittura mortali per la fede cattolica. Infatti, se la perpetua verginità di Maria, che è verità dogmatica, non ha fondamento biblico, allora vuol dire che la Chiesa ha sbagliato, ha annunciato una “presunta verità”; ma questo comporta il dover ammettere che la Chiesa può insegnare l’errore, non è infallibile. Capite bene che, di questo passo, si corre il rischio di minare irrimediabilmente la credibilità della Chiesa cattolica e della fede cattolica.

Prima di disarmare, noi cattolici dobbiamo almeno tentare di far fronte e rispondere a queste osservazioni, anzi: a queste vere e proprie contestazioni. E come è nostra abitudine, vogliamo approfondire bene il discorso e vedremo – al termine di questa conversazione – che noi cattolici possiamo tranquillamente, e con piena ragione, continuare a credere nella perpetua verginità di Maria, con buona pace di tutti i contestatori di ieri e di oggi.

Veniamo subito alla prima osservazione. Leggendo il Vangelo, non ci deve sfuggire un particolare estremamente significativo. Avete notato che nel Vangelo si parla sempre ed esclusivamente di “fratelli” di Gesù, ma che questi fratelli di Gesù non sono mai chiamati “figli di Maria” ?

Badate bene: soltanto Gesù viene chiamato “figlio di Maria”, i suoi fratelli no. E anche Maria è sempre chiamata la “Madre di Gesù” e mai viene detta madre dei suoi fratelli.

Non è un particolare di poco conto. Se stiamo attenti al modo con il quale san Luca racconta, negli Atti degli Apostoli, il brano che abbiamo letto prima, possiamo fare una osservazione interessante. San Luca scrive: “Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera , insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù, e con i fratelli di lui” (1,14).

A noi sorge spontanea una considerazione: se quei fratelli di Gesù fossero stati veramente figli della Madonna, san Luca avrebbe dovuto scrivere, molto più correttamente: “C’era Maria, Madre di Gesù con gli altri suoi figli”. Invece no: san Luca non dice, non vuole dire che Maria è anche la madre dei “fratelli “ di Gesù.

Naturalmente, questo è solo un primo indizio, un particolare certamente interessante, che non deve sfuggire a chi sa leggere bene la Bibbia: ma si tratta di un indizio che ci introduce ad una riflessione più profonda.

Proseguiamo. Come abbiamo ascoltato, i Vangeli ci hanno conservato i nomi dei fratelli di Gesù: Giacomo, Giuseppe (Joses) , Giuda (non il traditore) e Simone.

Non solo: i Vangeli sono così ricchi di informazioni che ci dicono anche chi era la loro madre e ci fanno sapere che la madre dei “fratelli” di Gesù si chiamava anch’essa Maria, ma non era la Madonna. Era un’altra Maria.

Ascoltiamo con attenzione il Vangelo di san Matteo nel capitolo che racconta i fatti del Venerdì santo. Siamo sul monte Calvario, subito dopo la morte di Gesù in Croce. Scrive san Matteo: “C’erano là molte donne che osservavano da lontano: quelle stesse che dalla Galilea avevano seguito Gesù per servirlo. Tra esse, c’era Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo” (27,55.56)

Attenti bene: per san Matteo, in quel tragico Venerdì santo, c’era sul Calvario una donna di nome Maria che era madre di Giacomo e Giuseppe, cioè era la madre di due dei “fratelli” di Gesù. Domandiamoci: questa Maria era forse la Madonna? Rispondiamo con sicurezza: no, non era la Madonna. Era la madre di due dei “fratelli” di Gesù, ma non era la Madonna.

Da dove nasce questa sicurezza? Nasce dal fatto che solo qualche versetto più avanti, proprio per distinguerla dalla Madonna, san Matteo la chiama per ben due volte “l’altra Maria”.

E ci dice che questa “altra Maria”, insieme a Maria di Magdala, assistette alla sepoltura di Gesù (27,61) e poi, il giorno dopo il sabato, sempre insieme a Maria di Magdala, andò al sepolcro (28,1) e ascoltò quelle famose parole dall’angelo: “So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto”.

Come vedete, la verità cattolica comincia ad avere fondamenti biblici e, parallelamente, le contestazioni, che ci sembravano a prima vista così sicure, cominciano a scricchiolare. Ora, diamo un colpetto e le facciamo scricchiolare e cascare del tutto.

Siamo propri sicuri che “l’altra Maria”, di cui parla san Matteo, non sia la Madonna ma proprio la madre di Giacomo e Giuseppe, cioè di due “fratelli” di Gesù?

Si, siamo sicuri perché lo afferma esplicitamente San Marco nel suo Vangelo. San Marco prima conferma quello che ha detto san Matteo: “C’erano là alcune donne che osservavano da distanza, tra le altre: Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Giuseppe, e Salome, le quali lo seguivano e lo servivano, etc etc.” (15,40-41).

Poi – e la cosa ci interessa particolarmente – san Marco ci spiega che “l’altra Maria” che andò al sepolcro non era la Madonna ma era la madre dei “fratelli” di Gesù. Sentiamolo: “Passato il sabato, Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome, comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù”; (Mc 16,1) quindi conferma l’episodio dell’incontro con l’angelo al sepolcro.

Dunque Marco dice chiaramente che quella donna che andò al sepolcro con la Maddalena e che Matteo chiama “l’altra Maria” era proprio Maria madre di Giacomo, di uno dei fratelli di Gesù.

Le nostre informazioni, leggendo bene i Vangeli, si stanno arricchendo e ci dicono che almeno due dei “fratelli” di Gesù, Giacomo e Giuseppe, non hanno la stessa Madre di Gesù. Il vangelo li chiama “fratelli” di Gesù ma non hanno la stessa Madre. Possiamo lecitamente pensare la stessa cosa anche per gli altri due.

Proseguiamo. Giovanni ci offre qualche altro particolare interessante per identificare bene quella donna che Matteo chiama “l’altra Maria”. Scrive: “Presso la croce di Gesù stavano sua Madre e la sorella di lei, Maria di Cleofa, e Maria di Magdala” (Gv. 19,25)

Per san Giovanni, ai piedi della croce di Gesù stavano, insieme ad altre persone, almeno tre donne che portavano lo stesso nome Maria: una era la Madonna, un’altra era Maria di Cleofa (che cosa vuol dire “di Cleofa” ? vuol dire che era o moglie o figlia di Cleofa) e poi c’era la Maddalena.

San Giovanni ci fa sapere che quella donna che san Matteo chiama “l’altra Maria”, che san Marco dice essere la madre di Giacomo, era Maria di Cleofa.

San Matteo e san Marco ci dicono che quest’altra Maria, Maria di Cleofa, era la madre di Giacomo e Giuseppe.

Attenti bene, perché abbiamo un’altra informazione da aggiungere a quelle che sono già in nostro possesso. Questo Giacomo, nell’elenco degli Apostoli è sempre chiamato figlio di Alfeo.

Sommando tutte queste informazioni, ci risulta, da un’attenta lettura del Vangelo, che almeno due dei “fratelli” del Signore, Giacomo e Giuseppe, avevano per madre una donna di nome Maria, che non era la Madonna, e per padre un uomo di nome Alfeo. Avevano dunque genitori diversi da quelli di Gesù; eppure sono chiamati “fratelli” di Gesù.

A questo punto, sembra esser giunto il momento di domandarci: perché sono chiamati “fratelli” di Gesù?

La risposta è piuttosto semplice. Dobbiamo ricordare che nella lingua ebraica il termine “fratello” aveva un significato più ampio di quello che gli attribuiamo oggi; poteva indicare, infatti, anche cugino, nipote, parente molto vicino.

La parola “fratello” nella Bibbia non indica sempre e soltanto “fratello di sangue”, ma anche cugino, parente prossimo.

Abbiamo le prove di quello che stiamo dicendo. Nel libro del Genesi, per esempio, si parla di Lot e ci viene detto che Lot era “fratello di Abramo”. E’ lo stesso Abramo che chiama Lot suo “fratello”. Sentiamo: “Abramo disse a Lot: non ci sia discordia tra me e te, tra i miei pastori e i tuoi, perché noi siamo fratelli.” (Gn. 13,8)

Dunque, Lot è “fratello” di Abramo. però, lo stesso libro del Genesi ci dice anche che Lot era figlio del fratello di Abramo, che si chiamava Haran (Gn 11, 27). Dunque Abramo chiama “fratello” Lot, ma questi in realtà era suo nipote.

Nella Bibbia c’è un altro esempio, ancora più chiaro e ci è raccontato nel Primo Libro delle Cronache. Qui ci viene detto che Eleazaro e Kish erano entrambi figli di Macli, dunque erano fratelli carnali. Poi si aggiunge: “Eleazaro morì senza figli; ebbe solo figlie. I figli di Kish, loro fratelli, le sposarono” (1 Cr. 23,21-23)

Come si vede, la Bibbia chiama i figli di Kish “fratelli” delle figlie di Eleazaro, che poi sposarono, ma in realtà erano cugini di queste ragazze.

Questo si spiega solo se ricordiamo che in ebraico “fratello” può voler dire anche cugino, nipote o parente in generale.

Dunque, visto che i Vangeli ci parlano dei “fratelli” di Gesù, considerato che ci danno i nomi dei fratelli di Gesù, osservato che ci dicono anche il nome della loro madre, che non era la Madonna, e perfino del loro padre, che non era Giuseppe, possiamo concludere che le contestazioni al dogma della perpetua verginità di Maria, basate sulla parola “fratello”, non hanno fondamento biblico.

E con questo, noi cattolici possiamo star tranquilli. Ci vuol bene latro per minare la credibilità della nostra fede.

Risolto questo problema, veniamo ad osservare come, interpretando malamente la Bibbia, Protestanti e Testimoni di Geova accampano altre scuse per negare la perpetua verginità di Maria.

San Matteo scrive che Giuseppe non conobbe Maria, nel senso biblico del termine, cioè non ebbe relazioni coniugali con Lei, finchè non partorì Gesù (Mt 1,25). E leggendo malamente san Matteo, Testimoni di Geova e Protestanti sostengono che, se Matteo parla in questo modo, ciò vuol dire che “dopo” il parto di Gesù, Maria e Giuseppe vissero come tutti gli sposi. Lo dimostrerebbe quel “finché”.

Come rispondiamo noi cattolici a questa osservazione?

In primo luogo: San Matteo non ci dice che cosa avvenne dopo il parto di Gesù, ma si limita a dire che Maria era vergine al momento del concepimento e al momento del parto. Matteo vuol parlare unicamente del concepimento e del parto verginale di Gesù, non di altro.

Tanto è vero che – lo abbiamo visto – quando Matteo ci dice i nomi dei fratelli di Gesù, ci dice anche la loro madre non era la Madonna.

In secondo luogo: il “finchè”, nell’uso della Bibbia, nega un’azione per il tempo passato, ma non implica che questa azione sia stata compiuta in seguito.

Facciamo due esempi. Il primo: nel Salmo 110, Dio invita il Messia alla sua destra “finché” pone i nemici a sgabello dei suoi piedi. Questo “finché” non significa che dopo il Messia non starà più alla destra di Dio.

Il secondo esempio: alla fine del capitolo 28 del Vangelo di San Matteo, Gesù affida alla Chiesa la missione di evangelizzare tutto il mondo e conclude con queste parole: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”.

Questo “fino alla fine del mondo”, questo “finchè il mondo esiste” non implica che dopo Gesù sarà più con i suoi discepoli. Dice soltanto che sarà sempre con loro nell’opera di evangelizzazione.

Come vedete, cari amici, anche a questa obiezione si può rispondere esaurientemente. Anche in questo caso, possiamo dire che ci vuole ben altro per minare la verità evangelica e dogmatica della perpetua verginità di Maria.

Esaminiamo ora brevemente un’altra contestazione della perpetua verginità di Maria. Contestazione che può essere formulata in questo modo: siccome Gesù è chiamato “Figlio primogenito”, questo vuol dire che, dopo di Lui, ci fu un figlio secondogenito, un terzo, un quarto etc. Quindi la Madonna non sarebbe stata sempre vergine, ma ebbe altri figli.

Come rispondiamo noi cattolici? Cominciamo col dire che nelle culture di tutti i popoli “primogenito” vuol dire “primo nato”. E vuol dire “primo nato” sia che dopo di lui ci siano stati altri, sia che fosse figlio unico.

Inoltre, dobbiamo sapere che presso gli ebrei, il primo nato era sempre chiamato “primogenito”, anche se dopo di lui non arrivavano fratelli e sorelle.

Qui la storia ci dà una bella mano. Recentemente è stata scoperta, in un cimitero ebraico, una iscrizione che risale proprio all’epoca appena precedente la nascita di Gesù. In questa iscrizione si legge di una madre, di nome Arsinoe, morta dopo avere dato alla luce il suo primo figlio. Ecco che cosa leggiamo testualmente: “Nei dolori del parto del mio primogenito la sorte mi condusse al termine della vita”.

Come si può facilmente capire, quel bambino non ebbe altri fratelli, visto che la mamma era morta proprio mentre lo partoriva. Eppure quel bambino è chiamato “primogenito” . Questo dimostra che nella cultura ebraica del tempo di Gesù la qualifica di primogenito non implica necessariamente che vi siano altri fratelli.

La contestazione alla perpetua verginità di Maria basata sull’uso del termine “primogenito” è così smontata.

[Modificato da MauriF 07/04/2007 12.06]




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Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)
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07/04/2007 12:05
 
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Su ciò che non si sa di Almàh e Parthenos ne abbiamo già discusso...c'è un 3d a parte dove si spiega ciò che molti non sanno.




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Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)
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SULL'IMMACOLATA CONCEZIONE
l'Immacolata concezione di maria


testo tratto da: G. ROSCHINI O.S.M., Maria Santissima nella storia della salvezza, vol. III, Isola del Liri: Pisani, 1969, pp. 9-21.

Preliminari

Il primo privilegio mariano in ordine di tempo, ossia, la prima perla scintillante incastonata dalla mano stessa di Dio Padre nella corona di gloria della Madre del suo Figlio, è l'immacolato concepimento, vale a dire, la preservazione dalla colpa originale.
Questo privilegio iniziale della Vergine si inserisce anch'esso vitalmente, nella storia della salvezza. Il Concilio Vaticano II, infatti, ha rilevato con estrema chiarezza l'appartenenza di Maria o stirpe adamitica, bisognosa di salvezza. Anch'Essa è «figlia di Adamo» (Lumen Gentium, n° 56), in quanto anch'Essa «è congiunta nella stirpe di Adamo con tutti gli uomini bisognosi di salvezza dal Figlio, ossia, «redenta», quantunque «in modo più sublime in vista dei meriti Figlio» (n° 55), vale a dire, fu preservata (non già liberata) da colpa originale. E fu redenta - si noti bene! - con redenzione preservativa proprio, perché fosse in grado di cooperare alla redenzione liberativa di tutti gli altri, e perciò in funzione de salvezza. L'Immacolata Concezione perciò, più che un ornamento personale della Vergine, va considerata come una preparazione immediata della medesima alla missione salvifica ch'Ella doveva esercitare nella storia della salvezza.

1. IN CHE COSA CONSISTE

L'Immacolata Concezione è una verità «rivelata da Dio», ossia, è un dogma cattolico, secondo il quale crediamo - come ha definito Pio IX l'8 dicembre 1854 (1) - «che la Beatissima Vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia, Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale» (Bolla «Ineffabilis Deus», in: Le Encicliche Mariane, a cura di A. Todini, Roma, 1950, p. 55).
I vari termini di questa definizione - come appare dai lavori preparatori (2) - sono stati tutti accuratamente pensati e pesati.
In questa formula definitoria vengono espresse e precisate le quattro cause del singolare privilegio, vale a dire: a) il soggetto (causa materiale); b) l'oggetto (causa formale); e) l'autore (causa efficiente); d) lo scopo (causa finale).

1) Il soggetto

Il soggetto (o causa materiale) di un tale privilegio fu la persona stessa della Vergine (non già l'anima o, tanto meno, il corpo), nel primo istante della sua esistenza come persona (per cui neppure per un solo istante fu affetta dal peccato originale), ossia, nell'istante stesso in cui l'anima di Maria fu creata da Dio ed infusa nel corpo formato, secondo il modo ordinario, dai genitori di Lei (3). La ragione fondamentale che spinse a sostituire la «persona» all'«anima» di Maria, è stata questa: per rendere la definizione conforme alla festa liturgica dell'Immacolata, la quale festa onora la «persona» di Maria, non già l'anima (4).
La definizione ha voluto sottolineare il «primo istante» della concezione di Maria SS. per esprimere - contro alcuni teologi antichi - che la concezione immacolata non è avvenuta né prima dell'infusione dell'anima al corpo, né dopo (sia pure un istante dopo) líinfusione dell'anima al corpo, ma nello stesso istante dell'infusione dell'anima al corpo.
Viene inoltre esclusa la sentenza intermedia proposta da Enrico di Gand, secondo la quale Maria SS. in uno stesso istante extratemporale si sarebbe trovata in stato di peccato originale (e perciò bisognosa di redenzione) e in stato di grazia.
Si tratta di un privilegio «singolare» - come vien detto nella Bolla «Ineffabilis Deus» - e perciò unico, ossia, concesso ad una persona soltanto, a Maria. Il Laurentin ha rilevato che col termine «singolare», la Bolla ha inteso mettere l'accento sul carattere unico del privilegio (cfr. L'Action du Saint-Siege par rapport au problème de l'Immaculée, in «Virgo Immaculata», II, p. 86, n. 306). La Bolla «Sollicitudo omnium Ecclesiarum» di Alessandro VII parla espressamente di un «privilegio unico». Anche l'Enciclica «Fulgens corona» ha sottolineato in termini ancora più vigorosi questa «unicità» dicendo che si tratta di un «privilegio singolarissimo, che non è stato concesso o nessun altro»: «hoc singularissimurn privilegium, nulli unquam concessum», (AAS 15 [1953] p. 580) (5).

2) L'oggetto

L'oggetto (o causa formale) del privilegio è costituito dalla singolare perfezione che ha contraddistinto il concepimento di Maria SS., ossia: la grazia santificante (lato positivo) la quale ha preservato Maria SS. dalla macchia del peccato originale (lato negativo del singolare privilegio). Il primo elemento (quello positivo, la grazia santificante) è sostantivo; il secondo invece (quello negativo) è modale, poiché indica il modo con cui Maria fu senza peccato, in grazia (la preservazione). Il primo elemento risponde alla domanda: «Che cosa rese santa, senza peccato originale la Concezione di Maria?». Il secondo elemento invece risponde alla domanda: «Per quale via, in quale modo Maria SS. fu senza peccato originale?». La seconda risposta modifica la prima. Mentre infatti tutti gli altri hanno avuto la grazia santificante per la via della liberazione dal peccato originale (in modo liberativo), Maria SS. invece l'ha avuta per via di preservazione (in modo preservativo). Siccome però il modo suppone la sostanza (poiché la modifica), ne segue che la causa formale dell'Immacolata Concezione sia precisamente la grazia santificante (posseduta fin dal primo istante dell'esistenza personale).
Si tratta perciò di una totale immunità dal peccato, per via di preservazione (non già di liberazione). La Bolla «Ineffabilis Deus» per mettere l'accento sulla completa immunità, alla formula della Bolla «Sollicitudo» di Alessandro VII ha aggiunto la parola «totale» («ab omni ... labe»: «da ogni macchia di peccato originale»). Non è mancato chi in tale formula ha voluto vedere esclusa anche la concupiscenza. Ma questa interpretazione va oltre i termini della definizione. Secondo la definizione, infatti, si tratta di immunità da ogni macchia di peccato; orbene, la concupiscenza non è un peccato (cfr. DENZINGER, 792) (6). Inoltre, dai lavori preparatori risulta che l'intenzione di coloro i quali hanno preparato i progetti di definizione, non era quella di includervi la preservazione dalla concupiscenza (cfr. ALFARO, art. cit., p. 241). Un tentativo fatto, in tal senso, da Mons. Bruni, non ebbe alcun esito (cfr. SARDI, Op. Cit., II, p. p. 242; ALFARO, art. cit., p. 250 ss.; p. 266). Anzi, in seguito ad una richiesta di Mons. Cannella, venne soppressa, dal quarto schema, una frase che avrebbe potuto essere interpretata nel senso della preservazione dal fomite della concupiscenza (cfr. ALFARO, alt. cit., p. 247 ss.). Questa immunità quindi non è compresa, almeno direttamente, nella definizione.
È bene rilevare, inoltre, che la santità iniziale di Maria SS. è definita soltanto in forma negativa: «fu preservata immune da qualsiasi macchia di peccato originale», perché è la forma più evidente. La Bolla «Sollicitudo» di Alessandro VII, invece, afferma una tale santità iniziale oltreché in forma negativa, anche in forma positiva, poiché asserisce che l'anima di Maria «fu ornata dalla grazia dello Spirito Santo e preservata dal peccato originale» (DENZINGER, 789). Ma siccome il peccato - secondo il Concilio di, Trento - è «la morte dell'anima» a causa della perdita della vita soprannaturale della grazia, ne segue logicamente che Maria SS., per il fatto stesso che fu preservata dalla «morte dell'anima» (ossia, dal peccato), dovette ricevere anche, nello stesso tempo, la vita della grazia. Vita e morte spirituale si escludono a vicenda. Dov'è l'una (la vita della grazia) non vi può essere l'altra (la morte dell'anima alla vita della grazia). Ne segue perciò che i due aspetti (quello negativo e quello positivo), nel piano dell'ordine presente (quello, di fatto, scelto e realizzato da Dio, fra i vari ordini possibili), si equivalgono perfettamente, ossia, coincidono, poiché dove non vi è la tenebra della colpa, ivi è la luce della grazia, e dov'è, la luce della grazia non vi è la tenebra della colpa. L'assenza dell'ombra è luce, e l'assenza della luce è ombra: non vi è nulla di mezzo tra la luce e l'ombra, tra lo stato di grazia e lo stato di colpa, Maria inizia la sua esistenza senza l'ombra della colpa, e Perciò inizia la sua esistenza nella luce della grazia. Occorre però aggiungere che, nel corso della Bolla, il lato positivo viene espresso in modo formale esplicito.
È necessario, inoltre, tener presente, che la dottrina dell'Immacolata Concezione non esclude affatto Maria SS. dalla categoria dei redenti dai meriti di Cristo suo Figlio, come riconobbe Ella stessa allorché disse: «Ed esulta il mio spirito in Dio mio Salvatore» (Lc. 1, 47). Anche Maria SS., infatti, quale discendente da Adamo come tutti gli altri uomini (per via di naturale generazione), avrebbe dovuto contrarre - come tutti gli altri - la colpa originale (commessa da Adamo quale Capo di tutto il genere umano, e perciò trasmissibile ai suoi discendenti). A causa però della singolare missione di Madre e di Regina universale, alla quale era stata predestinata da Dio, venne da Dio stesso eccettuata dalla legge della contrazione della colpa originale. Si può perciò ripetere di Maria ciò che il Re Assuero disse ad Ester: «Questa legge, che ho posto per tutti, non è per te» (Ester, 15, 13). Insieme alla legge della propagazione del peccato originale in tutti i discendenti di Adamo peccatore, Iddio stabiliva l'eccezione da una tale legge in favore della futura madre. Essa perciò, ed Essa sola, fra tutti i discendenti di Adamo per via di naturale generazione, veniva dispensata dal ripetere, col salmista: «Ecco, nella colpa io sono nato, e nel peccato mi ha concepito mia madre» (Ps. 50, 7).
Il Card. Lépicier spiega la cosa con questo esempio: «Un fanciullo generato da una madre schiava, il quale, per una previa disposizione del padrone di sua madre, nasce libero è, di fatto, libero dalla schiavitù. In forza però della sua nascita da una donna schiava avrebbe dovuto contrarre anche lui la schiavitù, e l'avrebbe realmente contratta se non vi fosse stata quella previa eccezione. Egli perciò aveva il debito di contrarre la schiavitù» (Tractatus de B.V. Maria Matre Dei, P. II, c. 1, a. 1, n. 7). Altrettanto si deve dire di Maria SS. in relazione al peccato originale.
Mentre quindi tutti gli altri discendenti di Adamo vengono liberati (per mezzo del Battesimo) dalla colpa contratta (ossia, vengono rialzati dopo la caduta), Maria SS. e Lei sola, fu preservata dal contrarla (venne impedita dal cadere). Non si tratta perciò di pura e semplice immunità dalla colpa originale (come pretendono i negatori di qualsiasi debito, in Maria, del peccato originale) (7); ma si tratta di una immunità che ha rivestito il modo, il carattere di preservazione, come appare dalle parole stesse della definizione, dai vari documenti Pontifici, dai documenti liturgici e dalla teologia tradizionale dell'Immacolata Concezione. In altre parole: la definizione non solo ci dice che Maria SS. fu immune dal peccato originale, ma ci dice anche per quale via Ella lo fu: per la via cioè della preservazione. Maria SS. quindi fu anche Lei redenta, o meglio, preredenta da Cristo Salvatore; fu anzi la prima fra i redenti. Fu redenta però in modo più nobile (sublimiori modo), ossia, con redenzione preservativa (mentre tutti gli altri sono stati redenti con redenzione liberativa) (8). L'Enciclica «Fulgens corona» sottolinea la redenzione di Maria asserendo che Essa «è stata del tutto preservata dalla colpa originale, e perciò è stata redenta in modo più nobile»: «perfectissimo quodam modo... redemisse» (AAS 45 [19531 p. 581). La «preservazione», perciò, è un modo di redenzione: quello più sublime.
In forza di questa preservazione, Maria SS. apparve come la forma perfetta della natura umana. «La natura umana - si chiedeva il S. P. Paolo VI nel discorso tenuto l'8 dicembre 1963 nella basilica di S. Maria Maggiore - si è mai espressa in una forma così completamente perfetta? Da Adamo in poi l'umanità non ha avuto più questa fortuna, salvo che in N.S.G. Cristo e nella Madre sua Santissima. È questa nostra sorella, questa eletta Figlia della stirpe di David, a rivelare il disegno originario di Dio sul genere umano, quando ci creò a sua immagine e somiglianza. Il ritratto, dunque, di Dio».

3) L'autore

L'autore (causa efficiente) del singolare privilegio è Dio Padre; però «in vista dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano». Come il sole è la fonte di tutta la luce e di tutti i colori, così Dio è la fonte di tutti i privilegi di Maria.
Ha espresso in modo incomparabile una tale verità il Bossuet: «Maria ha questo in comune con gli altri uomini, che Essa pure fu redenta col sangue del suo Figlio; ma Essa ha questo di particolare, che quel sangue fu preso dal casto corpo di Lei: Profundendum sanguinem pro mundí vita de corpore tuo accepit, ac de te sumpsit quod etiam pro te solvat (Eucherio di Lione). Ella ha questo di comune con gli altri fedeli, che Gesù le fece dono del suo sangue; ma Ella ha questo di particolare, che Gesù l'ha prima ricevuto da Lei. Ella ha di comune con tutti, che questo sangue ricade su di lei per santificarla; ma Ella ha poi questo di particolare, che ne è la sorgente. Per questo possiamo dire che la concezione di Maria è come l'origine prima del sangue di Gesù. È di là che questo fiume meraviglioso comincia a diffondersi, questo fiume di grazie che scorre nelle nostre vene per mezzo dei sacramenti, e che porta lo spirito della vita in tutto il corpo della Chiesa. E come avviene delle fonti che si ricordano continuamente della loro sorgente, e vi fanno ritorno elevandosi in vapori e giungendo ad esse per le vie dell'aria, così noi non abbiamo titubanza ad assicurare, che il sangue di nostro Signore rimonterà con la sua efficacia fino alla concezione della madre sua, per così onorare il luogo donde è sgorgato.
«Non vogliate più dunque, cristiani, cercare il nome di Maria nel decreto di morte, pronunciato contro tutti gli uomini».
«Voi non lo troverete più scritto; fu radiato. Come mai? Per mezzo di questo sangue divino che, essendo stato attinto nel suo seno castissimo, si gloria di dispiegare in favore di lei tutta l'efficacia che in sé contiene contro questa funesta legge di morte, che uccide fin dall'origine». (Serm. II sulla Concezione).
La preservazione perciò di Maria SS. dal peccato originale non solo non compromette l'universalità della Redenzione di Cristo, ma ne costituisce il più nobile trofeo.

4) Lo scopo

Lo scopo (causa finale) per cui Dio concesse a Maria SS. un così singolare privilegio, fu questo: perché Maria fosse una degna Madre di Dio, una «degna abitazione del Figlio di Dio», come si dice nella Orazione liturgica della festa dell'Immacolata Concezione (Orazione che risale al sec. XIV) e una degna Socia del Redentore nell'opera singolarmente meravigliosa della Redenzione del genere umano. E0 su queste due basi che poggiano - come vedremo - le varie ragioni teologiche che sono state addotte in favore di questo singolare privilegio.
Secondo il Mitterer, l'immacolato concepimento della Madre sarebbe stato richiesto dall'immacolato concepimento del Figlio. Gli Scolastici, infatti, ritenevano che la trasmissione del peccato originale avviene per opera del padre, non già per opera della madre, per cui una concezione verginale (senza opera del padre secondo la carne) sarebbe ipso facto immacolata. Secondo la moderna biologia, invece, la madre, come il padre, concorre alla generazione del figlio fornendo anch'essa una cellula vitale. Ne segue perciò che anche in un concepimento verginale, si avrebbe la trasmissione della natura umana col peccato originale che l'affetta. Conseguentemente, la ragione formale per cui Gesù è stato concepito da Maria immacolata, senza il peccato originale, non è già il concepimento verginale (senza opera di un padre secondo la carne), ma è l'immunità della Madre dal peccato originale (cfr. MITTERER A., Dogmen und Biologie der heiligen Familien nach dem Weltbild des hl. Thomas von Aquin und dem der Gegenwart, Wien 1952, p. 31-52).

2. IN CHE COSA NON CONSISTE

Dopo aver esposto in che cosa consiste l'Immacolata Concezione, non è difficile comprendere in che cosa non consiste, ossia, i vari errori sulla medesima. Questi errori si possono ridurre a tre classi: per deformazione, per eccesso e per difetto.

1) Errori per deformazione

Alcuni confondono l'Immacolata Concezione col concepimento di Cristo da parte di Maria (9). Altri, invece, pensano che ogni atto generativo è peccato, eccettuato quello con cui fu concepita la Vergine, Nulla di più errato. Si sa infatti che l'atto generativo è voluto da Dio, e per ciò si può dire, in tal senso, che ogni concezione è «immacolata».

2) Errori per eccesso

Hanno errato in tal senso: a) coloro che han ritenuto che Maria SS. sia stata concepita - come Cristo suo Figlio - in modo verginale, senza concorso paterno (sentenza molto antica, che risale - come vedremo - all'apocrifo «Protovangelo di Giacomo» del sec. II); b) coloro che han ritenuto che una particella (o seme) del corpo di Adamo («vena pura») sia stata sottratta al diavolo e trasmessa, di generazione in generazione, fino ai genitori della Vergine e da essa sarebbe stato formato il corpo immacolato di Maria: sentenza fantastica, rinnovata, nel secolo scorso, da Antonio Rosmini, e condannata da Leone XIII (10).

3) Errori per difetto

Hanno errato per difetto, negando la Immacolata Concezione: a) prima della definizione dogmatica, quei teologi che hanno ammesso la purificazione di Maria SS. dalla colpa originale (S. Bernardo, Pier Lombardo, Alessandro di Hales, S. Alberto Magno, S. Bonaventura, S. Tommaso (11), Enrico di Gand ecc.); b) dopo la definizione, i Greci ortodossi, i Giansenisti della Chiesa di Utrecht, i «vecchi cattolici» di Doellinger ecc.
I Protestanti, sia prima sia dopo la definizione dogmatica, hanno generalmente negato la preservazione di Maria SS. dal peccato originale e la presenza della grazia santificante in Lei fin dal concepimento, in forza del loro falso presupposto della giustificazione solo estrinseca, con la natura intrinsecamente corrotta e peccatrice. «Non è senza peccato chi non commette il peccato - ha detto Lutero - ma colui al quale Dio non lo imputa» (Luthers Werke, Weimar Ausgabe, 15, 415). In tal senso egli afferma che Maria è stata concepita senza il peccato (ossia, senza che le sia stato da Dio imputato i peccato): «Io - dice - alla Madre non attribuisco il peccato, cos come quelli che vogliono che Ella non sia stata concepita nel peccato originale» ibid.) (12). Anche secondo Calvino, Maria SS. non è stata esente dal peccato, checché ne dicano «gli asini di Roma», i quali invocano dei «privilegi». E aggiunge: «Quando essi avranno dimostrato lettere patenti del cielo, noi li crederemo» (Acta Synodi Tridentini cum antidoto, 1547. In Sess. 6, can. 23; Opera 7, Corpus Reformatorum, 35, 481).
Non mancano però, presso gli Anglicani di oggi, alcune voci isolate favorevoli all'Immacolata Concezione. Così, per es., l'Anglicano E. L. Mascall, professore di Teologia all'Università di Oxford, ritiene, personalmente, come parte integrante della vera fede, anche «l'assenza del peccato attuale e l'Immacolata Concezione» (The Mother of God, in «The dogmatic theology of the Mother of God», London, 1948, p. 44).
Anche tra gli ortodossi di oggi non mancano i sostenitori del singolare privilegio, ritenendolo, nella sua sostanza, conforme alla fede ortodossa (cfr. STIERNON D., Marie dans la Theologie orthodoxe grieco-russe, in «Maria», vol. VII, Paris 1964, p. 308).

NOTE

1. Questa definizione dogmatica precedette la definizione della infallibilità pontificia (18 luglio 1870). È da tener presente, tuttavia, che Pio IX, nel 1849 (cinque anni prima di procedere alla definizione dell'Immacolata Concezione), domandò a tutti i vescovi l'opinione loro personale e quella dei loro fedeli su tale argomento. La stragrande maggioranza delle risposte fu favorevole alla definizione. Si ebbe così, prima della definizione dell'infallibilità, una specie di Concilio per iscritto.
2. Un accurato studio dei lavori preparatori è stato fatto da J. ALFARO, S.J., La formula definitoria de la Inmaculada Concepción, in «Virgo Immaculata», II, p. 201-275.
3. I Teologi dividono la concezione in attiva (da parte dei genitori) e passiva (da parte del figlio generato). Suddistinguono poi la concezione passiva in incompleta (prima della creazione ed infusione dell'anima al corpo) e completa (nell'atto dell'infusione dell'anima al corpo). Si tratta perciò della concezione passiva (non già attiva) di Maria SS., e della concezione passiva completa (non già incompleta).
4. Negli otto primi schemi o progetti di definizione, come soggetto del privilegio, veniva presentata l'anima di Maria SS. (come si dice nella Bolla «Sollicitudo», di Alessandro VII), non già la persona di Maria SS. (ossia, la B. Vergine). Ma nel testo definitivo, all'ultima ora, in seguito ad un rilievo fatto da Mons. Bruni, Vescovo di Ugento, appoggiato dal Card. Pecci, le parole «l'anima della B. V. Maria» vennero rimpiazzate da queste altre: «la B. Vergine Maria» (ossia, la persona, non già l'anima di Maria). Cfr. SARDI V., La solenne definizione del dogma dellíimmacolato concepimento di Maria SS. Atti e documenti. Roma, 1854-55, p. 242-3; 292.
Ritengo utile rilevare come la definizione prescinda completamente ed intenzionalmente dalle teorie sul momento dell'infusione dell'anima al corpo: se cioè subito, all'inizio del concepimento, oppure allorché l'embrione ha raggiunto un certo sviluppo.
Essa si pronunzia soltanto sulla concezione la quale implica l'esistenza della persona (ossia, infusione dell'anima al corpo, sia che una tale infusione avvenga all'inizio della concezione, sia che avvenga in seguito). (Cfr. ALFARO, art. cit., p. 263). Da ciò ne segue, logicamente, che la definizione non proibisca affatto che si continui a distinguere tra concezione biologica (anteriore all'infusione dell'anima) e concezione che importa l'infusione dell'anima; e neppure proibisce che si possa ammettere (nell'ipotesi che si voglia seguire una tale distinzione), che la carne di Maria sia stata infetta nella sua concezione biologica (come ha insegnato il Maestro delle Sentenze, Pier Lombardo) e che nell'istante dell'infusione dell'anima, vi sia stata una purezza totale.
Esagera perciò il P. Bonnefoy quando qualifica come «semi-macolisti» quegli antichi assertori dell'immacolato concepimento di Maria i quali hanno ammesso la necessità di una purificazione della carne di Maria, previa all'infusione dell'anima (cfr. BONNEFOY L-FR., O.F.M., Le Ven. Jean Duns Scot, Docteur de líImmaculée Conception. Son miieu. La doctrine. Son influence. Roma, Herder, 1960, p. 100).
5. Per questo, forse, la Madonna, a Lourdes, rispondendo a S. Bernardetta (la quale le aveva chiesto il suo nome), non disse già: «Io sono una concepita senza peccato», ma disse: «Io sono l'Immacolata Concezione», ossia, usò l'astratto invece del concreto. «Le due espressioni - è stato giustamente notato - differiscono tra loro come, ad es., queste altre: «Io sono bianco» e «Io sono la bianchezza»: mentre la prima, in forma concreta, indica che sono partecipe (con altri) della qualità della bianchezza, la seconda, in forma astratta, è chiaro che serve ad indicare che riunisco in me quanto ha ragione di bianco, in modo da escludere qualsiasi altro ed essere solo a possedere tale qualità. Similmente, la Vergine Immacolata, denominandosi in modo astratto anziché concreto, ci ha svelato una verità più sublime e profonda, che cioè in sé si esaurisce, che Essa sola attua perfettamente tutto il candore e la purezza della concezione, e che quindi è l'unica creatura concepita senza macchia originale. Cfr. CROSIGNANI G., C.M., Io sono l'Immacolata Concezione, in «Divus Thomas» (PL) 57 (1954), p. 419.
Ci si potrebbe forse obiettare che anche i nostri progenitori - Adamo ed Eva fin dal primo istante della loro esistenza, ebbero la grazia santificante; e perciò Maria SS. non può dirsi unica, in ciò. Ma si può e si deve rispondere che i nostri progenitori furono creati e costituiti da Dio in grazia, e perciò non furono - come la Vergine - concepiti in grazia.
Questo concepimento in grazia, ossia, questa «immacolata concezione» è stata concessa a Lei sola, fra tutti i discendendi di Adamo. Ne segue perciò che non possa attribuirsi e nessun altro. Non sono tuttavia mancati tentativi, nei secoli XV, XVI, XVII ed anche recentemente (cfr. GAUTHIER R., L'Immaculée Conception de Marie, privilège singulier ou unique?, in «Cahier de josephologie» 2 [19541, p. 177-205), tentativi di attribuire un tale singolare privilegio anche a S. Giuseppe. Ma questa peregrina opinione, senza alcun serio fondamento, va contro la sentenza comune dei teologi, non si accorda con la Bolla «Ineffabilis Deus» e con la Enciclica «Fulgens corona».
6. Altrettanto si dica della cosiddetta «infectio carnis» ritenuta da molti agente o veicolo di trasmissione del peccato originale. La definizione dogmatica non la riguarda, poiché ha per oggetto la preservazione della Vergine da «ogni macchia di peccato originale», e la «infezione della carne» non è una «macchia di peccato», poiché la carne non è e non può essere soggetto del peccato.
Non possiamo quindi approvare questa sentenza del P. Bonnefoy: «En déclarant dogme de foi que Marie a été préservée indemne "ab omni originalis culpae labe", Pie IX visait toutes les théories qui soumettaient la Vierge a l'un ou l'autre des effets du péché originel. La plus grave de toutes était incontestablement la théorie do l'infection de la chair: c'est pourquoi la considérons comme principalement visée par la définition dogmatique» (BONNEFOY JEAN-FRANÇOIS, O.F.M., op. cit., p. 31).
P. Bonnefoy ha sottolineato le parole «ab omni labe»; ma ha omesso di sottolineare le altre parole che segnano e precisano i termini «ab omni labe», ossia, le parole «originalis culpae», Non si tratta della preservazione da «ogni macchia» sia della carne (corpo) sia dell'anima, ma si tratta della preservazione da «ogni macchia di peccato originale»: e la macchia del peccato - si sa bene - si trova nell'anima, non già nel corpo.
Basandosi su questa falsa interpretazione della definizione dogmatica, P. Bonnefoy bolla come «semi-macolísti» tutti coloro che, pur avendo ammesso il fatto della preservazione di Maria SS. dalla colpa originale, hanno ammesso la necessità della «purificazione» della carne (o corpo, embrione) previa all'infusione dell'anima, oppure nel momento stesso della infusione dell'anima (p. 100). Secondo P. Bonnefoy, tutti coloro i quali ammettono in Maria, come discendente di Adamo peccatore, il «debito» di contrarre il peccato originale, non farebbero altro che «diminuire» il dogma dell'Immacolata (p. 150).
Questi falsi criteri, i quali inquinano tutto il volume, sono stati anche, oggettivamente, messi in rilievo dal prefatore stesso del volume, il ch.mo P. Carlo Boyer SJ. (p. VIII).
7. Due teologi della Commissione Pontificia, P. Tonini e Mons. Canella, avrebbero desiderato che venisse definita soltanto l'immunità della Vergine della colpa originale, e non già la preservazione dalla medesima (SARDI, I, 175-177, 588; 615-617), ma non furono accontentati. Ne segue perciò che il termine «preservata», nella formula di definizione, è stato posto con deliberata volontà, ossia, per esprimere la relazione al termine del peccato originale. Senza una tale «preservazione», Maria SS. avrebbe contratto il peccato originale. Inoltre, la «preservazione» di Maria SS. dalla colpa originale è - dice la Bolla «Ineffabilis» - un «singolare privilegio» (la Bolla «Sollicitudo», in luogo di «singolare», ha «speciale»), Orbene, il «privilegio singolare», ossia, la «preservazione», è, evidentemente, un'eccezione alla legge generale della contrazione del peccato originale, alla quale legge Maria SS. sarebbe stata soggetta in forza della sua discendenza, in modo ordinario, da Adarno peccatore. Non si vede perciò come si possa salvare (senza svuotarla) la definizione del dogma dell'Immacolata Concezione con la sentenza che ammette la semplice «immunità» di Maria SS. (non già la «preservazione») dalla colpa originale; oppure la sentenza che ammette la sola «possibilità» astratta, da parte di Maria SS., di con trarre il peccato originale (non già una possibilità concreta, minacciante la contrazione di fatto, ossia, una concreta, esplicita relazione al peccato originale, dal quale Maria SS. fu da Dio «preservata»). Dovette perciò Maria SS. essere soggetta, in qualche modo, alla contrazione dei peccato, e solo per eccezione (per singolare privilegio) ne fu preservata.
Sulla questione del debito del peccato originale in Maria SS. ebbe luogo un'ampia e solenne discussione il 29 e 30 ottobre del 1954, in occasione del Congresso Mariologico internazionale, nei locali della Pontificia Università Lateranense. Presero parte alla discussione ben 33 teologi di tutte le parti del mondo. La stragrande maggioranza aderì a questa conclusione: «La B. Vergine Maria avrebbe contratto il peccato originale, se non ne fosse stata preservata»: «contraxisset peccatum originale nisi praeservata fuisset» (cfr. «Virgo Immaculata», vol. XI, p. 456-499). Fu quindi preservata dal peccato, non già dal debito di contrarre il peccato originale.
Ciò posto, è facile comprendere quanto sia vano lo sforzo di coloro i quali vorrebbero che la distinzione tra il debito di contrarre il peccato originale e la contrazione del medesimo sia stata originata soltanto da esigenze di polemica, quale espediente occasionale o «scappatoia» per elidere o eludere la massiccia obiezione desunta dalla universalità sia del peccato originale sia della Redenzione (così han ritenuto P. BALIC´, De debito peccati originalis in B. Virgine Maria, in «Antonianum» , 16 [19411 p. 366; e P. BONNEFOY, La negacíón del «debitum peccati» en María, in «Verdad y Vida», 12 [1954] p. 110). Di conseguenza, una tale distinzione sarebbe stata «poco felice» (così P. HUG O.F.M., in «Virgo Immaculata», XI, p. 387), «poco filosofica» (così P. A. POMPEI, O.F.M. Conv., ibid., VII, fasc. 1, p. 247) ecc.
8. Il drammaturgo spagnolo Calderón de la Barca, nel suo autosacramentale «La Hildaga del Valle», ha espresso scenicamente le due forme di redenzione: quella liberativa e quella preservativa. Un insigne personaggio - rappresentante dell'umanità - durante la sua giornata terrena precipita in un abisso e si ferisce mortalmente. Da lungi e con prontezza giunge l'Amore misericordioso, scende nel baratro, si china sul ferito e lo libera dalla morte traendolo alla salvezza: è ciò che ha fatto Gesù con tutti gli uomini. Ora ecco una fanciulla, nella sua bellezza ansiosa di primavera, corre giuliva e festosa per la stessa strada, incontro all'ignoto pericolo, verso l'abisso nel quale dovrà fatalmente precipitare. Ma sul ciglio dell'abisso sta ad attenderla l'Amore misericordioso il quale, stringendola tra le sue braccia, la preserva dalla caduta arrestandone il passo e rimettendola, libera e sana, sul retto cammino.
9. Tale confusione vien fatta, a volte, sia da alcuni cattolici poco istruiti, sia da alcuni nemici della Chiesa e della Madonna. Nella famosa Enciclopedia pratica Bompiani (uscita nel giugno del 1938), alla voce «Concezione», si legge: «In Teologia, per immacolata concezione si intende il privilegio pel quale la Vergine concepì, pur restando monda dal peccato originale (sine labe originali [sic] concepta)». È la solita volgare confusione fra la concezione verginale (di Cristo) da parte di Maria e l'Immacolata Concezione (di Maria).
10. La proposizione del Rosmini dice: «Ad praeservandam B. V. Mariam a labe originis, satis erat, ut incorruptum maneret minimum semen in bomine, neglecturn forte ab ipso daemone, e quo incorrupto semine de generatione in generationem transfuso, suo tempore oriretur Virgo Maria» (cfr. DENZINGER, Enchiridion Symbolorum et definitionum, n. 1924).
Prima del Rosmini, avevano sostenuto, nel secolo XII, una tale strana ipotesi lo ps. Pietro Comestor e l'Anonimo di Heiligenkreuz.
11. Siamo qui [unico caso!] in disaccordo con l'autore: anche se in molti lo sostengono, non è assolutamente certo che S. Tommaso abbia sostenuto una simile teoria [n. d. r.]
12. R. SCHIMMELPFENNIG, nell'op. Die Geschichte der Marienverehrung in deutschen Protestantismus, Paderborn, 1952, p. 14, ha sostenuto che Lutero avrebbe insegnato l'Immacolata Concezione nel senso stesso in cui è stata poi definita da Pio IX. La tesi di Schimmelpfennig è stata contraddetta da W. TAPPOLET nell'op. Das Marienlob der Reformatoren, Tübingen, 1962, p. 26-32. Il Tappolet, in base ai testi e alla loro cronologia, distingue, nella vita di Lutero, tre tempi. In un primo tempo - all'inizio - nel 1516, in un discorso per la festa dell'8 dicembre, Lutero asserisce che Maria è «l'unica goccia, nell'oceano del genere umano, preservata (dal peccato originale)»: «ex omni mare totius massae generis humani unica praeservata stilla» (Luthers Werke, Weimar, 1883, p. 107). In un secondo tempo, nel 1520, Lutero evitò di pronunziarsi in modo espresso, perché riteneva una tale questione inetta a rendere migliori gli uomini (Werke, 9, p. 492). Tuttavia, in un discorso del 1527 (per la festa dell'8 dicembre), ammetteva l'immunità dell'anima di Maria SS. dalla colpa originale (Werke, 17, 2, p. 282-289). In un terzo tempo, nel 1538 e 1539, Lutero, in alcune brevi affermazioni o allusioni, dichiarava che Maria, come tutti gli altri uomini, era stata concepita nel peccato, senza però precisare in qual senso (nel 1538: Werke, 46, p. 136; nel 1539: Werke, 46, p. 860). Occorre tuttavia tener presente, per una oggettiva valutazione delle sue asserzioni apparentemente favorevoli all'Immacolata Concezione, la sua teoria fondamentale sulla giustificazione puramente estrinseca: cosa che svuota completamente le sue affermazioni sul singolare privilegio.



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