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W l'integralismo islamico

Ultimo Aggiornamento: 11/11/2006 12:55
12/10/2006 13:40
 
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L’appello di Amnesty. Oggi scade l’ultimatum
Iran, Sos per ragazza sul patibolo
Teheran - Potrebbe morire nei prossimi giorni Kobra Rahmanpour, 25 anni, una giovane donna iraniana condannata a morte nel 2002 con l’accusa di omicidio. Per salvarla si è mobilitata l’organizzazione per i diritti umani Amnesty International che chiede alla Repubblica islamica iraniana di fermare il boia. Ma il tempo si sta esaurendo.
L’Ufficio per l’implementazione delle sentenze, che decide l’esecuzione delle condanne a morte, ha indicato la data di oggi come ultimo giorno entro il quale la famiglia della vittima dovrà decidere se rinunciare al proprio diritto sulla vita della ragazza, salvandola così dall’esecuzione ed accettando il pagamento dovuto ai familiari di una vittima di omicidio (diyeh). È molto probabile che, se la famiglia sceglierà per la condanna a morte, questa sarà eseguita in tempi brevi, forse anche domani.
Kobra Rahmanpour è stata arrestata il 5 novembre del 2000 e condannata a morte due anni dopo dalla Corte criminale di Teheran per l’omicidio della suocera. Nel 2003, la sentenza è stata confermata dalla Corte suprema.
La ragazza ha sempre dichiarato di aver agito per autodifesa dopo che la suocera aveva cercato di aggredirla con un coltello. Il suo è stato un matrimonio forzato, impostole dai genitori contro la sua volontà e dovuto alle gravi condizioni di povertà in cui si trovava la famiglia. Durante il matrimonio, la ragazza è stata soggetta a diversi episodi di violenza domestica. Non ha ricevuto assistenza legale se non all’inizio del processo.
Kobra Rahmanpour è rinchiusa nella prigione di Evin da quasi sei anni, da quattro è nel braccio della morte. Il mese scorso ha scritto una lettera aperta che è stata pubblicata in internet. «Sono una persona come voi, non voglio morire - scrive la giovane - Ma, proprio ora, mi sento come un corpo senza vita, un corpo che ha dimenticato la felicità e il sorriso. Sono terrorizzata dall’impiccagione e sono a un passo dalla morte. Io, come tutti voi, ho paura di morire. Aiutatemi, così questa non sarà la mia ultima lettera. Così tante volte ho pensato a me stessa, ho pensato a cosa sarebbe successo se la mia vita avesse preso una strada diversa. Avrei potuto finire il mio corso pre-universitario, non sarei stata forzata a lavorare e servire la famiglia di mio marito. Non avrei mai raggiunto questo confine della follia, dove mi trovo ora. Ho sofferto molto, sono una vittima ed è questa vittima che stanno per impiccare a morte. Non è questo il destino che merito. In questi giorni di paura e orrore, vi scrivo ancora una volta. Voglio ringraziare tutti i media, i giornali e le persone che mi hanno sostenuto e hanno detto che “Kobra non deve essere impiccata”. Questa volta, forse per l’ultima volta, voglio chiedervi di fare tutto il possibile per me, per non essere uccisa. Nei miei sogni, penso sempre alla libertà e ad avere una buona vita dopo tutto questo (...) Voglio vivere. Tutte le possibilità di salvezza sono finite e nessuno ora è qui per me. La mia unica speranza è nelle persone e nell’umanità. Abbraccio mio padre e mia madre. Voglio ringraziare la mia famiglia e tutte le persone che si stanno battendo per salvarmi».

[Data pubblicazione: 12/10/2006]

www.lapadania.com/PadaniaOnLine/Articolo.aspx?pDesc=67490,1,1


)Mefisto(
11/11/2006 12:55
 
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Un islamico mi ha detto: «Perché non vi rassegnate?»
«Perché non vi rassegnate? Noi vi lasciamo manifestare, ma tanto zitti zitti facciamo quello che vogliamo e fra dieci anni qui ci saranno centinaia di moschee e di scuole islamiche».
No, non è il frutto di un’intercettazione telefonica, ma molto più semplicemente alcuni passi estrapolati da una telefonata andata in onda in diretta su Radio Padania Libera.
Giovedì 9 novembre 2006, ore 10 e 15 minuti, come al solito i microfoni dell’emittente padana sono aperti al numero 02-66203529, senza filtro, per dare voce agli ascoltatori sui fatti del giorno.
Telefonate di protesta sulla... ... Finanziaria, sulla criminalità dilagante e sugli impenitenti autori dell’indulto, sulla riapertura della scuola araba a Milano, sulle manifestazioni contrarie del Carroccio e sugli insulti e le minacce che, sia da sinistra che da parte del mondo islamico, ne sono scaturite.
A un certo punto tocca a una voce sicura, determinata, dall’accento straniero, una testimonianza davvero molto utile per capire quanto grande sia la voglia di “dialogo” e di integrazione nutrita da buona parte dell’immigrazione islamica.
«Buongiorno, io sono un extracomunitario con la cittadinanza italiana, vi ascolto e vi volevo chiedere perché non vi rassegnate. Per noi l’importante era mettere la prima pietra e ci siamo riusciti. Io posso garantirvi che fra dieci anni ci saranno centinaia di scuole arabe e di moschee in italia».
L’ascoltatore va avanti, viene lasciato ovviamente parlare.
«Noi se ci mettiamo una cosa in testa la facciamo, intanto vi lasciamo fare presìdi e tutto quanto, ma l’importante per noi è andare avanti. Noi sfruttiamo la costituzione italiana che ci dà il diritto di mettere in piedi la nostra scuola».
Parole chiare, dall’altra parte del microfono il conduttore (che è colui che scrive) ed il regista si guardano e si chiedono cosa manchi ancora a completare il quadro.
«Voi potete fare quello che volete ma io vi posso garantire che di scuole fra dieci anni ce ne saranno centinaia in tutta Italia. Come di moschee. Sì, noi vi lasciamo manifestare ma intanto, zitti zitti, alla fine faremo quello che vogliamo».
Fine delle trasmissioni.
Per i venti minuti successivi le reazioni degli ascoltatori si susseguono fra lo sconcerto e la riflessione.
«Finalmente qualcuno si sarà reso conto del vero obiettivo di questi signori» hanno commentato, da Verona a Torino, coloro che sono riusciti a trovare la linea telefonica libera.
«Tenetela da conto e usatela bene questa testimonianza, sono più utili parole come questa di tante tavole rotonde per aprire gli occhi ai sonnolenti padani». Detto fatto, dal prossimo lunedì la “telefonata modello” aprirà la diretta delle 9,30 che tutte le mattine apre i microfoni di Radio Padania Libera.
«Perchè non vi rassegnate? Noi se ci mettiamo in testa una cosa la facciamo».
E poi non dite che non ci avevano avvisato...
* Conduttore di Radio Padania Libera

[Data pubblicazione: 11/11/2006]

www.lapadania.com/PadaniaOnLine/Articolo.aspx?pDesc=68979,1,1


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