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"Intervista a Malalai Joya"

Ultimo Aggiornamento: 28/07/2007 20:52
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28/07/2007 20:52
 
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"Intervista a Malalai Joya"



Era il dicembre del 2003, quando durante il Loya Jirga, il tradizionale gran consiglio afghano, prese la parola per pronunciare un duro atto di accusa contro i signori della guerra. A quattro anni di distanza, Malalai Joya, nonostante le minacce e le forti pressioni, continua a denunciare la presenza nel governo del suo paese di fondamentalisti, trafficanti di droga e violatori dei diritti umani.
Anche a San Rossore, alle porte di Pisa, in occasione del meeting promosso dalla Regione Toscana e dall'Unicef su bambini e donne, Malalai, è tornata a porre all’attenzione della comunità internazionale, la difficile situazione in cui versa l'Afghanistan.
" Loro che sono al potere adesso vestono una maschera democratica, ma in Afghanistan questa è una farsa di democrazia. Sta avvenendo una farsa che è la guerra al terrorismo, tutto questo è ridicolo. Con questa gente al potere non si può parlare ne di democrazia ne di giustizia".
Le dure e scomode parole che Malalai continua a pronunciare in giro per il mondo contro “i signori della guerra”, gli sono costate il seggio in Parlamento: ad inizio maggio, con un atto del tutto illegale, è stata espulsa. La motivazione ufficiale parla di critiche inaccettabili: Malalai, nel corso di un'intervista, avrebbe definito il parlamento afghano "peggio di una stalla i cui membri sono criminali e nemici del popolo". Per questo, lo stesso Parlamento ha chiesto alla Corte Suprema di aprire un'inchiesta nei suoi confronti.
Malalai denuncia che la situazione nel suo paese non è affatto cambiata nonostante l'intervento degli Stati Uniti e delle forze alleate in missione di pace.
" Gli Stati Uniti hanno sempre condotto una politica sbagliata in Afghanistan. E adesso hanno rimpiazzato il regime dei Talebani con i signori della guerra che sono stati al potere del '92 al '96, e quindi responsabili di gravissimi violazioni di diritti umani e di molti crimini di guerra".
Costretta a girare con il burka, la scorta, e a cambiare spesso abitazione per le continue minacce di morte, Malalai con coraggio continua a portare avanti la sua battaglia per un Afghanistan democratico. Ma da sola, non può farcela.
" Io mi rivolgo ai governi esteri, al governo italiano, dicendo che se veramente siete solidali con la gente dell'Afghanistan, non potete continuare a sostenere la politica statunitense".
La richiesta di aiuto di Malalai non è caduta nel vuoto. E proprio da San Rossore è arrivato il primo gesto concreto. Il Presidente della Regione Toscana, Claudio Martini:
" Io ho scritto a Prodi, e poi a D'Alema e Parisi per chiedere che il governo con le sue presenze, in Afghanistan possa garantire al massimo la sicurezza di questa deputata e delle donne afghane".


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