Luigi Verzè dichiara a proposito di eutanasia (Don Verzè su eutanasia e testamento biologico, Vivere & Morire, 2 settembre 2007):
qualunque sia la motivazione, è irrazionale. È anche scientificamente e professionalmente riprovevole perché rivela vuoto culturale, antropologico, teologico. È come buttare un diamante perché non s’è trovata la punta dura per renderlo trasparente. Uccidere per compassione è meschina codardia*; è contro il progresso verso l’uomo integrale. Niente può giustificare la soppressione della vita. Il diritto di morire non va contrabbandato con l’uccidere.
Dichiarare qualcosa irrazionale a priori (qualunque sia la motivazione) è irrazionale, anzichenò! La metafora del diamante è fuori fuoco, del tutto: se il diamante è la persona che chiede l’eutanasia, non è che ci siamo persi la punta per renderlo trasparente (trasparente?), quanto abbiamo assistito impotenti alla sua quasi totale e irreversibile distruzione. Colpisce, al di là dei singoli passaggi, che manchi del tutto il punto di vista di colui che potrebbe chiedere l’eutanasia (a parte l’avergli dato dell’irrazionale, se ammettiamo che qualcuno che desideri qualcosa di irrazionale sia, almeno in parte, irrazionale). Libertà personale, autodeterminazione, possibilità di decidere circa la propria esistenza non sono nemmeno menzionate.
Vediamo se va meglio sul testamento biologico:
ad evitare la sofferenza non servono metodi abrogativi della vita, tutti brutali. Occorre un’illuminata deontologia, una cultura pluridisciplinare su quelle proprietà integranti della vita che sono la sofferenza e la morte. Questo intendo per morire vivi, per gestione della qualità di vita e di morte.
No, non va affatto meglio.
* Giustamente nel pezzo si ricorda che Luigi Verzè (nell’ottobre dello scorso anno) aveva dichiarato di avere staccato il respiratore ad un amico (per compassione, mica per meschina codardia!). E aveva commentato con dichiarazioni del seguente tenore (riferendosi ad un Cristo ligneo):
Lo hanno fatto morire, certo. Ma Lui poteva scendere dalla Croce e invece si è lasciato morire: per amore.
Oppure (riferendosi verosimilmente a cristiani del nostro tempo):
Tenere in vita una persona a tutti costi è ostinazione, non conservazione della vita. Se una persona vive così, solo grazie alle macchine, e chiede lucidamente di essere staccata, io credo che farlo possa essere un atto d’amore, un gesto cristiano.
A Roma per chi cambia idea esiste un proverbio che è meglio non riportare in questa sede…
Articolo di Chiara Lalli pubblicato sul blog Bioetica
www.uaar.it/[Modificato da kelly70 12/09/2007 00:14]
La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Le religioni dividono. L'ateismo unisce
Il sonno della ragione genera mostri (Goya)