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Impresentabili: prendete le distanze da Veltroni

Ultimo Aggiornamento: 13/10/2007 00:28
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13/10/2007 00:28
 
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Uno così fa paura. Non era comunista e faceva finta. Oggi non è comunista e lo si vede. Ma neppure è un socialdemocratico all'acqua di rose. E' proprio di destra.
Ancora è un signor nessuno e già parla di mazziare i lavoratori precari.
Uno così potrebbe diventare qualunque cosa di destra.
R.R.
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Il marchio Ichino sul candidato Veltroni

Manuela Cartosio

Nel dna del Partito democratico c'è l'equidistanza tra capitale e lavoro. Dunque, il Pd esce dal solco persino della più blanda socialdemocrazia per essere un partito di centro.

Questo giudizio, largamente condiviso a sinistra ancora alcuni mesi fa, è rapidamente invecchiato. Peccava d'ottimismo. Walter Veltroni, nelle campagna elettorale per le primarie che domenica vincerà, si è buttato parecchio a destra. Non solo sul tema della sicurezza - zingari, immigrazione, microcriminalità et similia - ma anche su quello del lavoro. L'equidistanza è diventata plateale vicinanza all'impresa. Da ultimo, per non farsi mancare proprio niente, il segretario del Pd in pectore si è cimentato con la scienza triste, l'economia. E anche qui, con sommo gaudio del Corsera che ha tenuto a battesimo la Veltronomics, la ricetta è di destra: vendere, cioè privatizzare, altri pezzi del patrimonio dello Stato per abbattere più speditamente il debito pubblico. Così di destra che Giulio Tremonti ha rivendicato: quel che Veltroni propone «sta a pagina 16, punto 5» del programma del 2006 della Cdl.

La sterzata a destra di Veltroni sul lavoro è stata ratificata l'altro ieri a Milano dall'autorevole Pietro Ichino. Assente il candidato segretario, c'era il suo figlioccio lombardo Maurizio Martina. Il giuslavorista ha motivato così la sua adesione al Pd: «Negli atteggiamenti di Walter Veltroni e degli altri leader del Pd vedo una rivoluzione culturale». I cardini della «rivoluzione» coincidono, guarda caso, con l'Ichinopensiero che il giovane Martina ha sottoscritto per filo e per segno: contrattazione e salari differenziati per aree geografiche, lotta senza quartiere ai fannulloni che si annidano nel pubblico impiego, rottamazione del vetusto diritto del lavoro che privilegia i garantiti a spese dei non garantiti (peccato che il riequilibrio alla Ichino si ottenga non alzando i diritti ai secondi, ma abbassandoli ai primi).

Sempre a Milano il mese scorso, e quella volta il sindaco di Roma era presente in carne e ossa, Veltroni aveva rotto il tabù dell'articolo 18. L'ex ministro Treu e l'economista Tito Boeri hanno illustrato al candidato la loro proposta del contratto unico, ricalcata sul naufragato Cpe francese: lavoratori assunti da subito a tempo indeterminato, e però per tre anni licenziabili senza giusta cuasa. Un trattamento di sfavore per giovani e anziani, reiterabile ad libitum dalle aziende. «Idea molto suggestiva», commentò soavemente Veltroni. Il ministro del lavoro Cesare Damiano, che non è quel che si dice un radical, fu costretto a correre ai ripari: «Non sarò io a rimettere in discussione l'articolo 18». Lo farà Veltroni da segretario del Pd e da successore, prima o poi, di Prodi?

Rosy Bindi ha preso nota del fatto che il suo avversario trovi «molto suggestivo» estendere la libertà di licenziare. E negli ultimi scampoli della campagna per le primarie glielo rinfaccia in un'intervista a Donna moderna: «Non si può mostrare interesse, come Walter ha fatto, per progetti che rendono più facile licenziare i giovani nei primi tre anni di lavoro. Ma come? Invece di studiare nuovi strumenti per combattere la precarietà tu, uomo di sinistra, ti preoccupi di come favorirla?». Quel «di sinistra» è sarcasmo allo stato puro visto ciò che aggiunge la pugnace Rosy: «Il vero candidato di centrosinistra sono io. Walter oggi è un moderato che cerca di accreditarsi, anche con la Casa delle libertà, come futuro capo del governo».

Il candidato Veltroni ha parlato assai poco di lavoro dipendente nella sua campagna elettorale. Le rare volte che l'ha fatto, c'è da mettersi le mani nei capelli. Alfiero Grandi (Sd) spera che Veltroni, una volta eletto segretario del Pd, «torni a ragionare, si ricordi che deve guidare una coalizione». In caso di mancato ravvedimento, «il solco tra Pd e sinistra diventerà incolmabile».

www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/11-Ottobre-2007/ar...

www.fisicamente.net/portale/modules/news/article.php?stor...
[Modificato da kelly70 13/10/2007 00:29]



La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Apocalisse Laica
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