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In Svizzera l’eutanasia si fa in automobile

Ultimo Aggiornamento: 09/11/2007 22:21
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09/11/2007 22:21
 
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Il candidato alla morte è arrivato dalla Germania, ha parcheggiato ai margini di un bosco, davanti a un ristorante chiuso ormai da anni. I suoi occhi hanno seguito le mani dell’infermiera che appoggiavano la pozione letale sul cruscotto. Oltre il vetro lo squallore di quel parcheggio, più in là i colori bellissimi dell’autunno, gli ultimi istanti dei suoi 65 anni. Il candidato l’aveva deciso da giorni, non era più tempo per chiedere prestiti al futuro. Ha preso la pozione e l’ha mandata giù. Dai due ai cinque minuti per perdere conoscenza, da venti minuti a un’ora per costringere il cuore alla resa. Così voleva, il tedesco, come si può volere l’aria che si respira. «Peccato solo che debba succedere in macchina», è stato il rammarico di chi l’ha accompagnato fin lì. «Fin lì» è Maur, un Comune a est di Zurigo, sul lago di Greifensee. E il caso del sessantacinquenne morto in auto la settimana scorsa non è stato l’unico.

Un altro uomo due giorni prima di lui (ancora una volta un tedesco, 50 anni) aveva chiesto e ottenuto l’assistenza al suicidio ma non l’autorizzazione a morire in una casa, un albergo, un ospedale. L’abitacolo della sua macchina era stata la soluzione possibile e lui aveva detto sì, qualsiasi luogo pur di liberarsi della sofferenza. «È vero, l’associazione ha dovuto accontentarsi di un’auto parcheggiata perché non le restava altra scelta», conferma Ludwig Minelli, 74 anni, avvocato e fondatore di Dignitas, l’organizzazione di aiuto al suicidio che ha assistito i tedeschi, tutti e due malati terminali. Dignitas non ha più casa da agosto. C’è la sede legale a Forch, nel Canton Zurigo, ma Minelli e la sua équipe medico infermieristica hanno dovuto lasciare l’appartamento zurighese che hanno affittato per otto anni. Sfrattati. Perché la gente del palazzo non ne poteva più dell’andirivieni di bare e agenzie di pompe funebri dal quarto piano. […]

La maggioranza dei candidati alla morte arriva dall’estero, prevalentemente Germania. L’anno scorso la Dignitas ha assistito 195 suicidi, 120 erano tedeschi, 26 britannici e gli altri di nazionalità varie. Solo 15 gli svizzeri. La chiamano «la dolce morte» e la Dignitas più che somministrarla la prepara: lo fa l’infermiera più fidata di Minelli, Erika Luley. L’aiuto al suicidio passivo qui è autorizzato soltanto se il paziente (o la paziente) compie da solo il gesto finale. Nessuno può indurlo a bere, né passargli la dose senza ritorno di pentobarbital sodico diluito con l’acqua. E fino all’ultimo istante può ripensarci, come qualche volta è successo. Quando tutto è finito Erika controlla il polso, chiama Minelli per comunicargli l’ora del decesso e telefona alla polizia che come sempre aprirà un’inchiesta che finirà in niente. […]

Fonte: Corriere
www.corriere.it/cronache/07_novembre_09/fasano_svizzera.shtml

Articolo di Maggio 2007 riguardo agli italiani che si rivolgono a Dignitas:

Anche alcuni nostri connazionali hanno scelto il suicidio assistito nel Paese d’Oltralpe dov’è lecito: la Svizzera. Panorama.it lo ha chiesto all’avvocato Ludwig A. Minelli, fondatore di quella clinica svizzera Dignitas che di recente ha riacceso le polemiche sull’eutanasia nel Regno Unito. Le ultime statistiche rilasciate da Dignitas hanno infatti rilevato l’aumento di malati terminali britannici che hanno scelto il suicidio assistito (che è ben diverso dall’eutanasia, illegale anche in Svizzera).
Alla domanda se cittadini italiani abbiano fatto lo stesso, ultimo viaggio, Minelli risponde: “Sì. Da quando abbiamo aperto diversi italiani si sono rivolti a noi. Non tantissimi, sia chiaro. I due terzi dei nostri pazienti arrivano dalla Germania”. E rivela alcuni dati: due i nostri connazionali che nel 2006 hanno scelto Dignitas per porre fine alle sofferenze di una malattia incurabile. Pochi, è vero. Ma abbastanza per far riflettere. […]

Fonte: Panorama

blog.panorama.it/hitechescienza/2007/05/09/italiani-che-emigrano-in-svizzera-per-un-suicidio-as...



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