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Darwin si evolve.i suoi nemici no

Ultimo Aggiornamento: 19/11/2007 15:25
15/11/2007 15:01
 
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da www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/scienza/grubrica.asp?ID_blog=38&ID_articolo=439&ID_sezione=243&sezi...

Un dibattito tra scienziati stravolto a fini di polemica ideologica


TELMO PIEVANI

Le fila di coloro che non vedono l'ora di farla finita con Charles Darwin non smettono di ingrossarsi. Appena qualcuno fa notare che forse, su certi aspetti della storia naturale, il vecchio naturalista inglese non aveva capito proprio tutto, molti si lasciano sfuggire un mal riposto sospiro di sollievo. Capita così che ciò che dovrebbe essere ovvio - cioè che le teorie scientifiche si trasformano e si aggiornano, senza ortodossie dogmatiche se non a loro scapito - diventa un terreno di battaglia culturale.

Il dibattito si è riacceso dopo la pubblicazione, sul Corriere della Sera del 4 novembre, di un articolo dello scienziato cognitivo Massimo Piattelli Palmarini dal provocatorio titolo «Darwin: i seguaci più ortodossi smentiti dalla natura», e dall'ancor più eclatante occhiello «Le ultime scoperte “smontano” la teoria dell'evoluzione». Sfide come questa non soltanto sono legittime, ma meritano nel caso specifico il plauso supplementare del coraggio. Affinché il tentativo non sfoci però nella temerarietà suicida, è bene che prima di imbarcarsi nello «smontaggio» di un programma di ricerca tanto efficace nel dar conto dell'intera realtà biologica si abbiano gli strumenti per farlo, e soprattutto una teoria alternativa che abbia un maggior potere esplicativo.

Onore dunque allo sfidante, innanzitutto, per aver sottoposto all'attenzione del pubblico avanzamenti che provengono da branche assai promettenti delle scienze del vivente. Le scoperte dei geni «architetti» dello sviluppo individuale, delle complesse reti genetiche che presiedono alla strutturazione plastica degli organismi, delle correlazioni fra le parti che compongono ogni essere vivente non vanno affatto sottovalutate. Il punto è un altro: è giusto trarre da queste conoscenze la conclusione che la selezione naturale è diventata oggi «una fonte marginale delle architetture biologiche» e dunque che la portata rivoluzionaria della teoria di Darwin è ridimensionata? Parrebbe di no. Molti processi evocati da Piattelli e dal collega americano Jerry Fodor in chiave antidarwiniana sono già inclusi da tempo nelle spiegazioni in uso: la selezione - il cui carattere storico non impedisce affatto che sia verificabile in laboratorio e in natura - da sola non basta e non agisce ottimizzando singoli pezzi. Esistono importanti fattori integrativi come le derive genetiche e le migrazioni. Non fa più scandalo dire che, in natura, non tutto è adattamento. Agitare allora lo spauracchio di una presunta «ortodossia neodarwiniana» corrisponde poco alla realtà. Sarebbe meglio focalizzarsi sull'inconsistenza delle tesi degli sparuti difensori di un «ultra-darwinismo» caricaturale (si noti, quasi mai evoluzionisti, più spesso filosofi o storici) applicato a qualsivoglia campo dello scibile, persino all'arte e alla letteratura.

I supposti fattori «non darwiniani» sono in realtà soggetti a selezione naturale: una mutazione nello sviluppo difficilmente si fisserà se i suoi effetti, diretti o indiretti, pregiudicano le capacità di sopravvivenza e di riproduzione. Se non vi fosse un tratto selezionato, le variazioni collaterali non adattative nemmeno esisterebbero. I cambiamenti dovuti alla struttura, e non alla funzione, di un organo sono dunque compatibili o derivabili dalla selezione: se anche non lo fossero, essi non sarebbero comunque capaci di sostituirla come perno della spiegazione evoluzionistica. Benché sia lecito cercarla, al momento non vi è di fatto alcuna teoria dell'evoluzione «alternativa». Un conto infatti è scoprire che esistono strutture formatesi per ragioni non adattative, altro conto è dire che il grosso dell'evoluzione avviene «senza adattamento», con la selezione declassata ad attrice non protagonista.

Che l'evoluzione debba avvenire nel contesto delle leggi fisiche, le quali impongono limiti alla sua efficacia, non è questione controversa. Darwin stesso apprezzava l'importanza delle correlazioni di crescita e intuiva che la selezione non produce perfezione, ma fa quello che può in un contesto di limitazioni contingenti, come un ingegnoso bricoleur. Le «leggi della forma» - per quanto si possa essere affascinati dal loro carattere «platonico» - non sono sostitutive della selezione, ma integrative, perché fanno parte dello sfondo di vincoli entro cui essa agisce.

Di matrice completamente diversa è la strumentalizzazione di simili controversie in chiave religiosa. Le testate creazioniste hanno salutato l'uscita di Piattelli come un'insperata manna: ecco finalmente svelata l'impostura darwiniana! L'interessato, opportunamente, si è dissociato dai suoi devoti interpreti il 9 novembre, precisando peraltro che non intendeva proporre alcuna «alternativa all'evoluzione», solo un «arricchimento». I riferimenti alla marginalità e al «non senso» della selezione naturale lasciavano supporre diversamente, ma non sottilizziamo. Se anche comparisse una teoria nuova, basata su meccanicistiche e materialistiche leggi della forma, essa non offrirebbe alcun appiglio all'idea che in natura sia all'opera un «progetto intelligente» di origine sovrannaturale.

Le incursioni del neocreazionismo vanno a vuoto perché la scelta non è fra un disegno superiore e un incedere casuale a tentoni, ma fra un divino progettista scientificamente inammissibile e una molteplicità di fattori - quelli cruciali scoperti da Darwin e altri supplementari che non poteva conoscere - che oggi compongono il programma di ricerca evoluzionistico e spiegano molto bene la storia naturale. Una storia dove non vi era alcuna necessità apparente che comparissimo noi, esseri intelligenti e litigiosi. Questa evidenza spiace, si sa. Ma il fatto che un dibattito interno alla comunità scientifica - per quanto eccessivamente vivace e forse malfermo nei presupposti - venga stravolto ai fini di una polemica ideologica che nulla ha a che vedere con la ricerca empirica mostra un lato scivoloso della regredita temperie culturale in cui siamo immersi. Il darwinismo si evolve, alcuni suoi pii detrattori un po' meno.

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