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Del perchè uomini e donne credono

Ultimo Aggiornamento: 29/01/2008 17:34
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29/01/2008 17:34
 
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“Il fissarsi della credenza” scritto nel 1887 da Peirce.
Peirce indica quattro principi fondamentali in base ai quali si fondano le credenze, comprese quelle religiose.
Molto interessante la lettura di questo saggio:

"Se lo stabilirsi di una opinione è il solo obiettivo di una ricerca e se le credenze hanno natura di abiti, per quale ragione non dovrem­mo ottenere il fine desiderato, considerando come risposta ad una domanda qualunque risposta possiamo immaginare, e ripetendo­cela costantemente, insistendo su tutto quel che può condurre a quella credenza, ed imparando a distoglierci con disprezzo ed odio da qualsiasi cosa che possa disturbarla? Questo metodo semplice e diretto è effettivamente seguito da molti uomini. Ricordo di es­sere stato una volta pregato di non leggere un certo giornale, affin­ché non potesse cambiare la mia opinione sul libero scambio. “Affinché non potessi essere intrappolato dalle sue fallacie e dai suoi asserti falsi» era la forma di espressione. “Lei non è”, diceva il mio amico, “uno studioso specialista di economia politica. Lei potrebbe essere, perciò, ingannato facilmente da argomenti fallaci in materia. Allora, se leggesse questo articolo, lei potrebbe essere indotto a credere al protezionismo. Ma lei ammette che il libero scambio è la dottrina vera, e non desidera credere che non sia ve­ra”. Ho saputo spesso che questo sistema viene adottato delibera­tamente. Ancora più spesso, l’avversione istintiva per uno stato mentale di indecisione, esasperato in un vago timore del dubbio, fa aggrappare gli uomini spasmodicamente ai modi di vedere che già hanno. L’uomo ha l’impressione che, se solo vi si atterrà senza ondeggiare, la sua credenza sarà del tutto soddisfacente. E non si può negare che una fede salda ed inamovibile arrechi gran pace di mente. Può, a dir il vero, dar adito ad inconvenienti, come nel caso che un uomo continuasse risolutamente a credere che il fuoco non lo brucerebbe, o che sarebbe dannato per l’eternità se ricevesse i suoi ingesta con un mezzo diverso da una sonda stomacale. Allora, però, l’uomo che adotta questo metodo non ammetterà che i suoi inconvenienti siano maggiori dei suoi vantaggi. Egli dirà: “Io mi attengo fermamente alla verità e la verità è sempre salutare”. Ed in molti casi può darsi benissimo che il piacere che gli deriva dalla sua calma fede prevalga su qualsiasi inconveniente risultante del suo carattere ingannevole. Così, se è vero che la morte è annichila­zione, allora l’uomo che creda di andar certamente diritto in cielo quando muore, a condizione di aver soddisfatto certi semplici precetti in questa vita, ha un piacere a buon mercato che non sarà seguito dalla minima delusione . Una simile considerazione sem­bra aver peso per molte persone su temi religiosi, perché non di rado udiamo dire “Oh, non potrei credere a una tale cosa, perché se lo facessi sarei disperato”. Quando uno struzzo seppellisce la testa nella sabbia all’avvicinarsi di un pericolo, molto probabilmente adotta la condotta più felice. Nasconde a se stesso il pericolo, e poi dice quietamente che non c’è pericolo; e, se si sente perfetta­mente sicuro che non c’è, perché dovrebbe alzar la testa per vedere? Un uomo può passare la vita, tenendo sistematicamente fuor di vista tutto quello che potrebbe provocare un cambiamento delle sue opinioni e, solo che riesca — basando, come basa, il suo metodo su due leggi psicologiche fondamentali — non vedo che cosa si possa dire contro questo modo di agire. Obbiettare che il suo modo di procedere è irrazionale sarebbe una impertinenza egoistica, perché questo equivarrebbe solamente a dire che il suo metodo di stabilire le credenze non è il nostro. Egli non si pro pone di essere razionale ed invero parlerà sempre con disprezzo della debole ed illusoria ragione umana. Lo si lasci perciò pen­sare come vuole.

Ma questo metodo di fissazione della credenza che si può denominare il metodo della tenacia, non sarà in grado di mantenere in A pratica la propria posizione. L’impulso sociale gli è contro. L’uo­mo che lo adotta troverà che altri uomini pensano diversamente da lui, e tenderà a venirgli in mente, in qualche momento di mag­giore lucidità, che le loro opinioni sono così buone come la sua, e questo scuoterà la sua fiducia nella credenza. Questa concezione, che il pensiero od il sentimento di un altro uomo può essere equiva­lente al proprio, è un nuovo passo distinto, ed un passo assai im­portante. Esso ha origine in un impulso troppo forte nell’uomo per essere soffocato, senza pericolo di distruzione della specie uma­na. Se non ci facciamo eremiti, noi influenzeremo necessariamente le nostre rispettive opinioni; di guisa che il problema diviene quello del modo di fissare le credenze, non meramente nell’individuo, ma nella comunità.

Sia la volontà dello stato, allora, ad agire, invece di quella dell’in­dividuo. Si crei una istituzione che abbia per oggetto l’imposizione all’attenzione del popolo di dottrine corrette, la loro perpetua ri­petizione ed il loro insegnamento alla gioventù; e che abbia, al tempo stesso, il potere di impedire che vengano insegnate, soste­nute od espresse dottrine contrarie. Siano tutte le possibili cause di un cambiamento di opinione sottratte alla capacità d’apprendere degli uomini. Li si tenga ignoranti, affinché non vengano a sapere di qualche ragione per pensare altrimenti da come pensano. Si inquadrino le loro passioni, in modo che essi possano considerare con odio ed orrore le opinioni personali ed insolite. E siano, poi, ridotti al silenzio col terrore tutti gli uomini che rifiutano la cre­denza stabilita. Il popolo copra di catrame e di piume tali uomini, o si facciano inquisizioni sulla maniera di pensare delle persone so­spette ed, allorché vengano trovate colpevoli di credenze vietate, siano assoggettate a punizioni esemplari. Qualora non si potesse raggiungere altrimenti un accordo completo, un massacro generale di tutti quelli che non hanno pensato in un certo modo si è rive­lato un mezzo molto efficace per stabilire l’opinione di un paese. Se manca la possibilità di far questo, si rediga un elenco di opinioni, a cui nessun uomo di pur minima indipendenza di pensiero possa assentire, e si richieda ai fedeli di accettare tutte queste proposi­zioni, onde segregarli nel modo più radicale possibile dall’influenza del resto del mondo.

Fin dai tempi più primitivi, questo metodo è stato uno dei mezzi principali di sostegno di dottrine teologiche e politiche corrette, e di conservazione del loro carattere universale o cattolico. A Ro­ma, specialmente, esso è stato praticato dai giorni di Numa Pompilio a quelli di Pio IX. Questo è l’esempio storico più perfetto; ma ovunque vi sia un sacerdozio — e nessuna religione ne è stata priva — si è fatto più o meno uso di questo metodo. Dovunque vi sia una aristocrazia, od una corporazione, o qualsiasi associazione di una classe di uomini i cui interessi dipendono, o si supponga ­che dipendano da certe proposizioni, inevitabilmente si trove­ranno alcune tracce di questo prodotto naturale del sentimento so­ciale. Le crudeltà accompagnano sempre questo sistema; e quando esso viene attuato coscientemente, le crudeltà divengono atrocità della più orribile specie agli occhi di ogni uomo razionale. Né que­sto dovrebbe sorprendere, perché il funzionario di una società non si sente giustificato ad obliterare gli interessi di quella società per motivi di pietà, come potrebbe obliterare i suoi privati interessi. È naturale, perciò, che simpatia e cameratismo producano in questo modo un potere assai spietato.

Nel giudicare questo metodo di fissazione di credenze, che si può denominare il metodo dell’autorità, noi dobbiamo ammettere, in primo luogo, la sua incommensurabile superiorità mentale e mo­rale rispetto al metodo della tenacia. Il suo successo è proporzio­nalmente maggiore, e, di fatto, esso ha ripetutamente ottenuto i più maestosi risultati. Molte delle mere strutture di pietra di cui ha provocato la costruzione — nel Siam, per esempio, in Egitto, ed in Europa — hanno una sublimità che può quasi rivaleggiare con le più grandi opere della natura. E, eccettuate le ere geologiche, non vi sono periodi di tempo così estesi come quelli che sono misu­rati da qualcuna di queste fedi organizzate . Se le esaminiamo da vicino, troveremo che non uno dei loro credi è rimasto sempre il medesimo; il cambiamento è tuttavia così lento da essere imper­cettibile durante la vita di una persona; di modo che la credenza individuale rimane sensibilmente stabilizzata. Per la massa del genere umano, allora, non v’è forse metodo migliore di questo. Se il loro impulso più elevato è quello di essere schiavi intellettuali, allora essi devono restare schiavi.

Ma nessuna istituzione si può assumere il compito di regolare le opinioni su ogni soggetto. Si può far attenzione solamente a quelli più importanti, e per gli altri non si può non lasciare le menti degli uomini all’azione di cause naturali. Questa imperfezione non sarà fonte di debolezza fino a che gli uomini si trovino in uno stato di cultura tale che una opinione non ne influenzi l’altra — fino a che, cioè, essi non possano sommare due più due. Ma anche negli stati più clericali si troveranno degli individui elevatisi al di sopra di quella condizione. Questi uomini possiedono una sorta di senso sociale più vasto; essi vedono che gli uomini di altri paesi e di altre epoche si sono attenuti a dottrine molto diverse da quelle che essi stessi sono stati educati a credere; e non possono fare a meno di vedere che è il mero accidente di aver avuto l’insegnamento che hanno avuto, e di esser stati contornati dai costumi e dalle associa­zioni di cui sono stati contornati, che ha fatto sì che credessero come credono e non assai diversamente. Né il loro candore può resistere alla riflessione che non v’è ragione di attribuire ai loro modi di vedere un maggior valore che a quelli di altre nazioni ed altri secoli; dando cose adito a dubbi nelle loro menti. Essi si accorgeranno inoltre che dubbi come questi devono esi­stere nelle loro menti con riferimento ad ogni credenza che sem­bri essere determinata o dal loro capriccio o dal capriccio di quelli che dettero origine alle opinioni popolari. L’adesione volon­taria ad una credenza e la sua imposizione arbitraria ad altri de­vono, perciò, esser abbandonate entrambe. Si deve adottare un metodo nuovo, diverso , di stabilizzazione delle opinioni, che non solo produrrà un impulso a credere, ma deciderà anche quale sia la proposizione a cui si deve credere. Non si impedisca, allora, l’azione delle preferenze naturali, e, sotto il loro influsso, gli uomini, con­versando insieme e considerando le cose sotto luci diverse, svi­lupperanno gradualmente credenze in armonia con le cause natu­rali. Questo metodo rassomiglia a quello per mezzo del quale si sono portate a maturità le concezioni dell’arte. Il suo esempio più perfetto è reperibile nella storia della filosofia metafisica. I sistemi di questa sorta non sono stati basati, di solito, su fatti osservati, almeno non ad un grado elevato. Essi sono stati adottati principal­mente perché le loro proposizioni fondamentali sembrano «in armonia con la ragione». Questa è espressione adatta, non signi­ficando quello che è in armonia con l’esperienza ma quello che ci troviamo inclini a credere. Platone, per esempio, trova in armo­nia con la ragione che le distanze reciproche fra le sfere celesti siano proporzionali alle diverse lunghezze delle corde che producono accordi armoniosi. Molti filosofi sono stati condotti alle loro conclusioni principali da considerazioni come questa , che pe­rò è la forma più inferiore e meno sviluppata che il metodo assu­me, perché è chiaro che un altro uomo potrebbe trovare più in armonia con la sua ragione la teoria di Keplero, che le sfere celesti sono proporzionali alle sfere inscritte e circoscritte dei diversi solidi regolari. Ma l’urto delle opinioni indurrà presto gli uomini a basarsi su preferenze di natura assai più universale. Si consideri, per esempio, la dottrina che l’uomo agisce solo egoisticamente — sulla base, cioè, della considerazione che agire in un modo gli arre­cherà maggior piacere che agire in altro modo. Questa dottrina non si basa su alcun fatto al mondo, ma ha avuto una estesa accetta­zione come la sola teoria ragionevole.

Dal punto di vista della ragione, questo metodo è assai più intel­lettuale e rispettabile sia dell’uno che dell’altro di quelli che ab­biamo considerato. A dire il vero, fino a che non si può applicare un metodo migliore, lo si deve seguire, poiché allora è l’espressione dell’istinto che deve costituire in tutti i casi la causa ultima della credenza Il suo fallimento è stato però il più manifesto. Esso fa della ricerca qualcosa di simile allo sviluppo del gusto; ma il gusto, sfortunatamente, è sempre più o meno una questione di moda, e conseguentemente i metafisici non sono mai arrivati ad un accordo stabile, ma il pendolo ha oscillato indietro ed avanti fra una filosofia più materiale ed una più spirituale, dai primi tempi fino a quelli più recenti. E perciò, da questo che è stato chiamato il metodo a priori, noi siamo indirizzati, secondo la frase di Lord Bacon, ad una vera induzione. Noi abbiamo scorto in questo me­todo a priori qualcosa che prometteva di liberare le nostre opi­nioni dal loro elemento accidentale e capriccioso. Ma il suo svi­luppo, mentre è un processo che elimina l’effetto di alcune circo­stanze causali, finisce con l’ingrandire quello di altre. Questo me­todo non differisce, perciò, in maniera molto essenziale da quello dell’autorità. Il governo può non aver alzato un dito per influen­zare le mie convinzioni; io posso esser stato lasciato del tutto libero di scegliere, diciamo, fra monogamia e poligamia, e, facendo appello solamente alla mia coscienza, io posso aver concluso che la seconda pratica è di per sé licenziosa. Ma quando riesco a vedere che l’osta­colo principale alla diffusione del cristianesimo in un popolo di cultura così elevata come gli Indù è stata la convinzione dell’immo­ralità del nostro modo di trattare le donne, io non posso far a meno di vedere che, anche se i governi non interferiscono, i sen­timenti saranno nel loro sviluppo determinati in gran parte da cause accidentali. Ora, vi sono delle persone, fra le quali devo sup­porre sia reperibile chi mi legge, che, allorché vedono che una loro qualsiasi credenza è determinata da una circostanza estranea ai fatti, da quel momento non soltanto ammetteranno a parole che quella credenza è dubbia, ma ne esperiranno un dubbio reale, in modo che essa cesserà, in qualche misura per lo meno , di essere una credenza.

Per soddisfare i nostri dubbi, perciò, è necessario che si trovi un metodo per il quale le nostre credenze possano essere determi­nate non da qualcosa di umano, ma da qualche uniformità ester­na — da qualcosa su cui il nostro pensiero non abbia alcun ef­fetto. Alcuni mistici immaginano di avere un tale metodo in una ispirazione privata dall’alto. Ma questa è solo una forma del me­todo della tenacia, in cui la concezione della verità come qualcosa di pubblico non s’è ancora sviluppata. La nostra uniformità ester­na non sarebbe esterna, nel nostro senso, se fosse ristretta nella sua influenza ad un unico individuo. Essa dev’essere qualcosa che agisca, o possa agire, su ogni uomo. Ed anche se queste azioni sono necessariamente tanto varie quanto le condizioni individuali, il metodo deve nondimeno esser tale che la conclusione ultima di ogni uomo sia la stessa . Tale è il metodo della scienza. La sua ipotesi fondamentale, rienunciata in linguaggio più familiare, è questa: Vi sono cose Reali, i cui caratteri sono del tutto indipen­denti dalle nostre opinioni su di essi; quei Reali incidono sui nostri sensi secondo leggi regolari, ed, anche se le nostre sensa­zioni sono tanto diverse quanto le nostre relazioni con gli og­getti, tuttavia, avvalendoci delle leggi della percezione, noi possia­mo accertare per mezzo del ragionamento come realmente e vera­mente stiano le cose; e qualunque uomo, se ha esperienza suf­ficiente e vi ragiona sopra abbastanza, sarà condotto all’unica con­clusione Vera. La nuova concezione qui involta è quella della Realtà. Si può chiedere come io sappia che vi sono dei Reali . Se questa ipotesi è il solo sostegno del mio metodo di ricerca, il mio metodo di ricerca non deve esser usato per confermare la mia ipo­tesi. La risposta è questa:

Se non si può considerare l’indagine come prova che vi siano cose Reali, essa almeno non conduce ad una conclusione contraria; il metodo e la concezione su cui è basato restano invece sempre in armonia. Dalla sua pratica, perciò, non si origina necessariamente alcun dubbio sul metodo, come accade invece per tutti gli altri.

Il sentimento che dà adito a qualsiasi metodo di fissazione delle credenze è l’insoddisfazione per due proposizioni opposte. Ma qui vi è già una vaga concessione che vi sia qualche unica cosa che una proposizione dovrebbe rappresentare . Nessuno, perciò, può dubitare realmente che vi siano Reali u, perché , se ne dubitasse, il dubbio non sarebbe una fonte di insoddisfazione. L’ipotesi, perciò, è ipotesi che ogni mente ammette. L’impulso sociale non fa sì, perciò, che gli uomini ne dubitino. Ognuno usa il metodo scientifico per moltissime cose e smette di usarlo solo quando non sa come applicarlo. L’esperienza del metodo non ci ha indotto a dubitar di esso, ma, al contrario, l’indagine scientifica ha avuto i trionfi più mirabili come modo di stabilizzare le opinioni. Que­sti offrono la spiegazione del fatto che io non dubiti del metodo o della ipotesi che esso suppone; e non avendo alcun dubbio, né credendo che ne abbia alcun altro su cui potrei influire, sa­rebbe per me il più inutile dei discorsi dire di più su di esso. Se qualcuno ha un dubbio vivo in proposito, consideri ciò . Oggetto di questa serie di saggi è la descrizione del metodo del­l’indagine scientifica. In questo momento mi resta posto solo per notare alcuni punti di contrasto fra esso e gli altri metodi di fis­sazione delle credenze.

Questo è l’unico dei quattro metodi che presenti una distinzione fra un modo corretto e un modo sbagliato. Se adotto il metodo della tenacia e mi chiudo a tutte le influenze, qualsiasi cosa io ri­tenga necessaria per fare questo, è necessaria secondo quel meto­do. Così con il metodo dell’autorità: lo stato può cercare di eli­minare l’eresia con mezzi che, da un punto di vista scientifico, sembrano assai mal calcolati per raggiungere i suoi scopi; ma la sola messa a prova in quel metodo è ciò che lo stato pensa; di guisa che esso non può seguire il metodo erroneamente. Così con il metodo a priori. È sua stessa essenza pensare come si è inclini a pensare. Tutti i metafisici faranno sicuramente questo, per quan­to possano essere inclini a ritenersi l’un l’altro perversamente in errore. Il sistema hegeliano riconosce come logica ogni tendenza naturale di pensiero, ancorché sia certo che sarà abolita da contro-tendenze. Hegel pensa che vi sia nella successione di queste ten­denze un sistema regolare, in conseguenza del quale l’opinione, dopo esser andata alla deriva per lungo tempo in una direzione e nel­l’altra, alla fine troverà la via corretta. Ed è vero che i metafisici ottengono alla fine le idee giuste; il sistema della Natura di Hegel rappresenta la scienza del suo tempo in maniera tollerabile; e si può essere sicuri che qualsiasi cosa l’indagine scientifica avrà sot­tratto al dubbio riceverà subito una dimostrazione a priori da parte dei metafisici. È diverso col metodo scientifico. Io posso ini­ziare con fatti noti ed osservati per procedere al non conosciuto; e tuttavia le regole che seguo nel far questo possono non essere quelle che l’indagine approverebbe. La prova di se io stia se­guendo veramente il metodo non è un appello immediato ai miei sentimenti e scopi, ma, al contrario, involge essa stessa l’applica­zione del metodo. Di qui la possibilità sia del ragionar bene che del ragionar male; e questo è il fondamento dell’aspetto pratico della logica.

Non si deve supporre che i primi tre metodi di stabilizzazione delle opinioni non presentino un qualsiasi vantaggio sul metodo scientifico. Al contrario, ciascuno ha qualche sua comodità pecu­liare. Il metodo a priori si distingue per le sue confortanti con­clusioni. Attiene alla natura del processo adottare qualsiasi cre­denza a cui siamo inclini, e vi sono certe lusinghe alla vanità umana che noi tutti crediamo per natura, fino a che i rudi fatti non ci risvegliano dal nostro piacevole sogno. Il metodo dell’autorità go­vernerà sempre la massa del genere umano; e quelli che detengono le varie forme della forza organizzata dello stato non si convin­ceranno mai che i ragionamenti pericolosi non debbano essere in qualche modo soppressi. Se si deve salvare la libertà di parola dalle forme più grossolane di costrizione, si assicurerà l’uniformità delle opinioni per mezzo del terrorismo morale a cui la rispettabilità sociale darà la sua piena approvazione. Seguire il metodo del­l’autorità è la via della pace. Certi non-conformismi sono per­messi, certi altri (considerati insicuri) sono vietati. Questi sono diversi in paesi diversi ed in epoche diverse; ma, dovunque vi troviate, si sappia che voi vi atteniate seriamente ad una cre­denza tabù, e potete star certi che sarete trattati con crudeltà meno brutale ma più raffinata del darvi la caccia come ad un lupo. Così, i più grandi benefattori intellettuali dell’umanità non hanno mai osato, e non osano ora, esprimere tutto il loro pensiero; ed in questo modo si getta un’ombra di dubbio prima facie su ogni proposizione che sia considerata essenziale per la sicurezza della società. Cosa abbastanza singolare, la persecuzione non viene tutta dall’esterno; ma un uomo si tormenta ed è spesse volte addolo­rato di trovarsi a credere a proposizioni che è stato educato a considerare con avversione. L’uomo pacifico e simpatetico tro­verà, perciò, arduo resistere alla tentazione di sottomettere le sue opinioni all’autorità. Ma io ammiro più di tutti il metodo della tenacia per la sua forza, la sua semplicità e la sua immediatez­za. Gli uomini che lo seguono si distinguono per la risolutezza di carattere che, con una regola mentale di quel genere, diviene molto facile. Essi non perdono tempo a cercar di decidere ciò che vogliono, ma si buttano come un lampo su quella alternativa, quale che sia, che si mostra per prima e vi si attengono fino alla fine, qualsiasi cosa accada, senza un attimo d’indecisione. Questa è una delle splendide qualità che in generale accompagnano i suc­cessi brillanti e non duraturi. È impossibile non invidiare l’uomo che può metter da parte la ragione, anche se sappiamo come le cose finiranno.

Tali sono i vantaggi che gli altri metodi di stabilizzazione delle opinioni hanno sull’indagine scientifica. Un uomo dovrebbe consi­derarli bene; e poi dovrebbe considerare che, dopo tutto, desi­dera che le sue opinioni coincidano con i fatti, e che non v’è ragione per cui i risultati di quei tre primi metodi debbano coin­cidervi.

Produrre questo effetto è prerogativa del metodo della scienza. In base a tali considerazioni egli deve fare la sua scelta — una scelta che è ben più della adozione di qualunque opinione intellet­tuale, che è una delle decisioni dominanti della sua vita, alla quale, una volta che sia stata fatta, è vincolato ad aderire. La forza dell’abitudine talvolta farà sì che un uomo si attenga a vec­chie credenze, pur dopo che egli sia in condizioni di vedere che non hanno una solida base. Ma la riflessione sullo stato delle cose sopraffarà questi abiti, ed egli deve riconoscere alla riflessione tutto il suo peso. La gente rifugge talvolta dal fare questo, avendo l’idea che siano salutari quelle credenze che non possono far a meno di aver l’impressione che non abbiano base. Ma suppongano tali persone un caso analogo ancorché diverso dal loro. Si chie­dano che cosa direbbero ad un musulmano convertito che esitasse ad abbandonare le sue vecchie nozioni con riguardo alle rela­zioni fra i sessi; o ad un cattolico convertito che rifuggisse ancora dal leggere la Bibbia. Non direbbe che queste persone devono con­siderare la cosa a fondo ed intendere chiaramente la nuova dot­trina, e poi devono abbracciarla nella sua interezza? Ma soprattutto si consideri che quello che è più salutare di qualsiasi cre­denza particolare è l’integrità della credenza; e che evitar di esa­minare il fondamento di qualunque credenza per timore che possa risultare marcio è altrettanto immorale quanto svantaggioso. La persona che ammette che vi sia una cosa come la verità, distinta dalla falsità semplicemente da questo, che, se si agisse sulla sua base, dovrebbe portarci, a ben considerare, al punto a cui mi­riamo e non sviarci, il quale poi, anche se convinto di questo, non osa conoscere la verità e cerca di evitarla, si trova per davvero in una triste condizione mentale .

Sì, gli altri metodi hanno i loro meriti, una coscienza logica chiara costa qualcosa - proprio come ogni virtù, proprio come tutto quello che ci è caro ci costa caro. Ma non dovremmo desiderare che fosse altrimenti. Il genio del metodo logico di una persona do­vrebbe essere amato e riverito come la sua sposa, che egli ha scelto fra tutte. Non è necessario che condanni le altre; al contra­rio, le può onorare profondamente e nel far questo onora di più la propria. Ma essa è quella che ha scelto, ed egli sa di aver avuto ragione nel fare quella scelta. Ed avendola fatta, lavorerà e lotterà per essa, e non si lamenterà se vi sono colpi da incassare sperando che ve ne possano essere altrettanti ed altrettanto duri da dare, e si sforzerà di essere il degno cavaliere e campione di colei, dal fuoco dei cui splendori egli trae l’ispirazione ed il coraggio."



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