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Veronesi capolista del Pd in Lombardia

Ultimo Aggiornamento: 19/03/2008 15:09
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MILANO - «Le questioni etiche resteranno fuori dalla porta». Il «Prof», come lo chiamano i collaboratori, a farsi tirare nella mischia tra pro lifers e pro choicers proprio non ci tiene: «Le mie opinioni le ho espresse tante volte da privato cittadino. Ma il mio contributo ora penso debba essere diverso». Addirittura, quello di Umberto Veronesi a Walter Veltroni all’inizio era stato un no. Ma il segretario del Pd, con il suo luogotenente lombardo Maurizio Martina, non si era dato per vinto. E con un’ultima telefonata, giovedì scorso, il leader democratico ha rotto le resistenze dell’oncologo. Con un aiuto dietro le quinte di Giuliano Amato: amico di vecchia data del Professore, nella decisione finale ha avuto una parte anche questa volta. Spiega Veronesi: «È vero, ho deciso di accettare l’invito di Walter Veltroni dopo una iniziale perplessità. Poi però mi son detto che questo momento di sfiducia degli italiani non solo nei partiti, ma nella stessa democrazia è pericoloso, può sfociare in avventure che nessuno desidera sperimentare». Prosegue Veronesi: «Considero il mio impegno come candidato del Pd come soprattutto culturale. Cultura della centralità della persona e cultura della scienza. Oltre che un dovere di tutti coloro che sentono di poter dare un contributo alla vita pubblica».

L’impegno sarà concentrato su ciò che meglio conosce: «Credo sia un dovere morale, dopo una vita dedicata alla salute e alla ricerca scientifica, mettere questa esperienza al servizio del futuro Ministro alla Sanità. È anche quello che mi sento di dire ai miei malati, il mio impegno continua ad essere quello di migliorare la loro vita». L’obiettivo è quella riforma del sistema ospedaliero che nel suo mandato da ministro del governo Amato non aveva potuto varare: «Non voglio più ospedali fatti di lunghi corridoi con un bagno in fondo, certe immagini che tutti abbiamo visto sui giornali non sono più accettabili ». In secondo luogo, la ricerca scientifica: «La nostra resta molto creativa, ma serve con urgenza una rete di centri in grado di richiamare i nostri ricercatori dall’estero e magari attrarre gli studiosi di altri Paesi. Per farlo, occorre ovviamente portare il livello dei finanziamenti alla ricerca alla pari di quello dei paesi avanzati». Resta il fatto che la candidatura di Veronesi è stata immediatamente letta come un duello tra laici e cattolici, un confronto tra opposte visioni bioetiche. Ma lui, dei temi che in questi giorni accendono le cronache, non intende proprio parlare: «L’etica è rientrata in politica per la battaglia elettorale. A quanto mi risulta, quasi tutti dicono che la legge 194 non è da toccare. Semmai, io vorrei far rientrare nell’attività parlamentare altri grandi temi etici oggi dimenticati come la fame nel mondo e il disarmo, rilanciando le conferenze internazionali. Per quanto mi riguarda, sono soprattutto un pacifista».

Eppure, Veronesi si troverà come sfidante diretto Roberto Formigoni, capolista al Senato per il Popolo delle libertà. Difficile non vedere la contrapposizione di sensibilità e culture tra lo scienziato e l’arci cattolico governatore lombardo: «In generale, io vorrei rafforzare nel Pd il metodo del dialogo anche nella dialettica politica. E se possibile, uno stile di rapporti basati su una serena discussione. Quel che proprio non sopporto è una politica fatta di attacchi personali ». Quanto a Formigoni, Veronesi ricorda che «in realtà con il presidente io ho rapporti che definirei di amicizia. Anche se molto spesso abbiamo idee assai diverse, ho di lui un grandissimo rispetto. Senza contare che insieme abbiamo costruito grandi progetti». Uno tra tutti il Cerba, il centro europeo di ricerca biomedica avanzata che sta sorgendo alle porte di Milano. La candidatura di Veronesi sana una ferita tuttora aperta nel centrosinistra milanese: alle scorse amministrative, l’oncologo aveva rinunciato alla candidatura a sindaco dopo le critiche espresse nei suoi confronti da una parte della coalizione, non necessariamente quella più a sinistra. Ma il professore è, ancora una volta, disinteressato alla polemica: «La verità è che allora non me la sono sentita, la politica in quella scelta non c’entrava. Io vedo il ruolo di parlamentare come orientato all’elaborazione di leggi. Il sindaco deve scendere ogni giorno in prima persona in un’arena impegnativa fatta anche di scontri diretti. Ecco, di fare quello non me la sono sentita. Anche ora, non credo che farò gran comizi».



L’articolo di Marco Cremonesi è tratto dal sito del Corriere

www.corriere.it/politica/08_febbraio_23/veronesi_dovere_morale_3a694ee4-e1e1-11dc-abee-0003ba99c6...



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