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Cronaca del "decreto Berlusconi"

Ultimo Aggiornamento: 06/06/2011 23:05
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Cronaca del "decreto Berlusconi"


Il provvedimento che cambiò la storia del Paese
Nell'archivio Craxi trovata una lettera di Berlusconi: "Bettino, grazie per il decreto sulle tv"
9 dicembre 2007 - Paolo Dimalio

 


Dal 6 dicembre l'archivio Craxi è disponibile on line. Non una notizia di grido. Non fosse che nell'archivio del Ghino di Tacco sono riposti i segreti inconfessabili della Prima Repubblica. Ad esempio, una lettera firmata Berlusconi che recita così:

"Caro Bettino grazie di cuore per quello che hai fatto. So che non è stato facile e che hai dovuto mettere sul tavolo la tua credibilità e la tua autorità. Spero di avere il modo di contraccambiarti. Ho creduto giusto non inserire un riferimento esplicito al tuo nome nei titoli-tv prima della ripresa per non esporti oltre misura. Troveremo insieme al più presto il modo di fare qualcosa di meglio. Ancora grazie, dal profondo del cuore. Con amicizia, tuo Silvio".


Monoscopio

Perchè tanta gratitudine? La missiva è datata 20 ottobre 1984. Quel giorno, il governo Craxi varò il famigerato "decreto Berlusconi", che salvò Canale 5, Rete 4 e Italia 1 dal tracollo economico. Per capire cosa accadde, bisogna tornare ad un martedì di 23 anni fa.

E' il 16 ottobre 1984. Alle 20 e 20 in Piemonte, Lazio e Abruzzo, sugli schermi Fininvest appare la scritta: "Per ordine del pretore è vietata la trasmissione in questa città dei programmi di Canale5, Rete4 e Italia1, regolarmente in onda nel resto d'Italia". Poi il buio catodico.

Ad oscurare il video sono i "pretori d'assalto" Giuseppe Casalbore di Torino, Eugenio Bettiol di Roma e Nicola Trifuoggi di Pescara. Le tre toghe hanno ordinato il black-out televisivo nelle regioni di loro competenza. Il motivo è semplice: la Fininvest trasmette su scala nazionale e la legge non lo consente. Le antenne private, fino alla legge Mammì del '90, non potranno superare l'ambito locale.

Berlusconi se ne infischia e trasmette da Bolzano a Palermo attraverso il metodo del "pizzone". Prima registra il palinsesto, poi spedisce il nastro (il "pizzone") alle emittenti locali che mandano in onda lo stesso programma alla stessa ora. In legalese, si chiama "interconnessione funzionale". E' illegale. Ma l'avvocato Fininvest Aldo Bonomo ha trovato il cavillo giusto. Dice Bonomo: la legge non vieta la diffusione dei programmi su scala nazionale, ma solo i ponti radio che la consentono. Quindi il Biscione, che utilizza il "pizzone" al posto dei ponti radio, è in regola. Caustico l'avvocato Porta, presidente dell'Anti, l'associazione delle tv locali: "Tanto di cappello Aldo. Hai inventato una diabolica coglionata, ma come avvocato sei straordinario, perchè tutti se la bevono ammirati". Grazie a Craxi e al "decreto Berlusconi", la "diabolica coglionata" diventerà legge.

Mentre infuriano le polemiche sul black-out catodico, il tandem Craxi-Berlusconi pensa a come uscire dall'impasse. Il giorno dopo la "serrata", il Premier ha ricevuto a Palazzo Chigi un Berlusconi preoccupatissimo. I tre pretori potrebbe essere emulati, innescando un disastroso effetto domino. Gli inserzionisti scioglierebbero i contratti. E per la Fininvest, che si è appena svenata per comprare Rete4, sarebbe il tracollo.

Craxi, in visita di stato a Londra, fa sapere che al suo ritorno, sabato 20 ottobre, si terrà un Consiglio dei ministri straordinario sulla questione televisiva. E dichiara sibillino: "Mi ha dato un certo fastidio, come utente televisivo, vedere quegli spazi neri". Veltroni, responsabile di Botteghe Oscure all'informazione , mostra un'innata vocazione all'inciucio: "Ci sono poi anche le abitudini degli utenti, consolidate in anni di utenza televisiva, che non possono essere ignorate. Non è con il black-out che si risolvono i problemi del mondo televisivo".

Il vento pro-Berlusconi che spira a Palazzo Chigi spinge una quarantina di emittenti locali ad inviare un telegramma al governo: "Preoccupati dalla grave situazione creata dal gruppo Berlusconi in aperta violazione legislativa, le nostre emittenti autonome si appellano all'autorità governativa per la tutela della propria sopravvivenza".

L'appello cade nel vuoto. Il 20 ottobre il consiglio dei ministri approva il "decreto Berlusconi", che legalizza in via provvisoria l'interconnessione funzionale, ossia la tecnica del "pizzone". Tanta solerzia da parte del governo non si era vista nemmeno per alluvioni e terremoti. La "diabolica coglionata" dell'avvocato Bonomo è diventata legge. "Sua emittenza" esulta e il 21 ottobre si riaccendono i palinsesti Fininvest in Piemonte, Lazio e Abruzzo.
L'Anti, l'associzione delle tv locali, parla di "attentato alla costituzione, un autentico golpe" volto "a salvare il monopolio di Berlusconi". Il decreto però deve essere approvato dal Parlamento entro 60 giorni. E al primo ostacolo (l'esame di costituzionalità alla Camera del 28 novembre '84), il provvedimento inciampa subito, impallinato dai franchi tiratori della sinistra democristiana. A bocciare il decreto è la "cricca degli avellinesi", cioè gli uomini di De Mita, nemico giurato del duo Craxi-Berlusconi.

I pretori di Torino e Roma minacciano un nuovo black-out. Ma stavolta fanno i conti con l'ira di Craxi. Ricorda il pretore di Torino Casalbore: "Mi impressionò il fatto che, decaduto il decreto Craxi, io notificai alle tre emittenti Fininvest di Torino di non trasmettere oltre la scadenza. Ebbene, non ho mai visto che a una diffida fatta a un imputato rispondesse con un comunicato durissimo la presidenza del Consiglio". E' l'inizio della guerra senza quartiere tra le toghe e il Cavaliere. Che insieme al sodale Craxi, si rimette subito al lavoro per legalizzare l'illegale monopolio dell'etere.

Per far passare il decreto, a Craxi non resta che la trattativa con De Mita e i comunisti. L'accordo si trova in un amen. Il 6 dicembre il consiglio dei ministri vara il "Berlusconi-bis". Noto alle cronache come "decreto Berlusconi-Agnes". Alle norme che legalizzano la tecnica del "pizzone", infatti, si aggiunge un capitolo sulla Rai molto gradito a De Mita. Aumentano i poteri del direttore generale, che diviene il padre padrone del video. Sulla poltronissima di viale Mazzini siede Biagio Agnes, amico d'infanzia del politico irpino. De Mita è soddisfatto. Per scongiurare l'ostruzionismo, ora bisogna concedere le briciole ai comunisti.

Agnes ha un'idea. Dividere in quattro Raitre e spartirsi il bottino: ai repubblicani il dipartimento scuola ed educazione; alla Dc l'informazione regionale, che dispone di un esercito di giornalisti; al Pci il telegiornale nazionale e la direzione di rete. All'idea di un canale tutto per loro, i comunisti si leccano i baffi. Botteghe oscure accetta e rinuncia all'ostruzionismo. E pazienza se il "decreto Berlusconi-Agnes" consegna al Cavaliere il monopolio della tv privata.

In senato, il capogruppo comunista Maurizio Ferrara lancia segnali di pace a Craxi: "Vorrei dire che, di fronte a questo decreto, la nostra opposizione non si è chiusa a riccio in modo pregiudiziale [...] Per la parte riguardante la Rai, il decreto in esame reca indubbiamente i segni di un confronto relativamente positivo. A questo proposito, come abbiamo già fatto nell'altro ramo del parlamento, tengo a dire che, se il decreto fosse limitato a questo ambito, probabilmente il nostro voto, che oggi è contrario, avrebbe anche potuto essere diverso".

Il Pci ha deposto le armi, e si è accomodato con l'acquolina in bocca al banchetto della lottizzazione. Certo, i comunisti votano contro. Ben sapendo però che il decreto passerà, e che solo l'ostruzionismo potrebbe scongiurare il monopolio berlusconiano dell'etere. A dar battaglia resta il drappello della sinistra indipendente, tra cui diversi ex giornalisti Rai: Peppino Fiori, Raniero La Valle, Ettore Masina e Andrea Barbato.

Durissimo il giudizio di Peppino Fiori sulla scelta di Botteghe Oscure: "Non si può, in cambio di una qualche direzione in terza rete, abbassare il livello di attacco ad un decreto-legge che è doveroso combattere per un'esigenza vitale, la difesa della normalità democratica: esso infatti condona l'arroganza, l'abuso, la sfida della legalità, legittima un monopolio privato che, drenando pubblicità senza alcun limite schiaccia le antenne locali rispettose delle leggi e persino mette in crisi l'editoria stampata".

Il "decreto Berlusconi-Agnes" viene convertito in legge il 4 febbraio (legge n. 10, 1985). Per scongiurare il rischio dell' ostruzionismo, il presidente del Senato Cossiga ha contingentato i tempi del dibattito. Se Botteghe Oscure fosse scesa con la sinistra indipendente nella trincea dell'ostruzionismo, probabilmente il decreto non sarebbe passato.

Il Pci, furbescamente, pensa di aver vinto la partita. Il provvedimento infatti è valido "sino all'approvazione della legge generale sul sistema radiotelevisivo, e comunque non oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto" (art. 3 comma1). O il governo fa la legge entro giugno, oppure il decreto cadrà, col risultato che le tv Fininvest torneranno ad essere illegali e alla mercè dei "pretori d'assalto" . In entrambi i casi il Pci ha vinto. In più, porta a casa Raitre. Craxi non è dello stesso avviso.

A giugno dell'85 della legge televisiva non c'è traccia, e sul Biscione torna ad aleggiare lo spettro del black out. Niente paura. Ghino di Tacco lancia al Cavaliere l'ennesima scialuppa, con un terzo decreto che proroga la validità del "Berlusconi-Agnes" fino al 31 dicembre '85. Ma non è tutto. A fine anno si replica l'identico copione: la legge generale sulla tv non si vede e il governo concede un'altra proroga, la terza. Questa, però, è una proroga sui generis: è a tempo indeterminato, non deve essere rinnovata. Il "decreto Berlusconi- Agnes" infatti è "transitorio", non "provvisorio". E nella patria del "diritto e del rovescio", fa tutta la differenza del mondo. I legali Fininvest spiegano che "provvisorio" significa a termine, con data di scadenza. "Transitorio" è a vigenza illimitata. Craxi annuisce.

Così, il 3 gennaio 1986 Giuliano Amato, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, dirama un comunicato in cui si dice che il provvedimento resta in vigore senza bisogno di proroghe. E' il battesimo del duopolio, che ha ricevuto la benedizione della partitocrazia.

Il pentapartito ha prima lasciato campo libero alle scorribande del Cavaliere (nessuna legge, nessuna norma antitrust, nessun tetto pubblicitario) spianando la strada al monopolio Fininvest. Poi lo ha legalizzato. In via "transitoria" e non "provvisoria". Resta da chiedersi cosa sarebbe accaduto se la sinistra cattolica di De Mita e il Pci non avessero mercanteggiato col governo Craxi. Forse l'impero televisivo berlusconiano sarebbe affondato sotto i colpi dei pretori. Senza quel mercimonio, forse il duopolio non sarebbe mai nato. Invece ci fu il baratto, la spartizione globale del potere televisivo: Viale mazzini a De Mita e al Pci (cui andranno le briciole di Rai3); le antenne di "Sua emittenza" a Craxi (che conservò pure Rai2) e alla destra Dc.

Il "decreto Berlusconi-Agnes" viene bocciato dalla Consulta nell'88. Per la Suprema Corte, il duopolio è la negazione del pluralismo. Il pentapartito fa spalluce e nel '90, dopo 14 anni di "far west" dell'etere, partorisce la legge Mammì, che fotografa il duopolio. Il resto è storia da Seconda Repubblica.
http:///www.peacelink.it/mediawatch/a/24384.html

 

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E tanto di cappello a Berlusconi [SM=x789048]

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Grazie mille per il postaggio! [SM=x789061]
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Re:
kelly70, 10/03/2008 14.54:



Molto interessante [SM=g27811]

E tanto di cappello a Berlusconi [SM=x789048]

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11/03/2008 08:06
 
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guarda quì

QUELLO CHE NON SI VEDE !!!!!!!!!!!


MA I CITTADINI SI SONO RESI CONTO A CHI HANNO CONSEGNATO LA LORO VITA E IL LORO FUTURO, QUANDO HANNO VOTATO LE SINISTRE?


Incredibile, non si finisce mai di scoprire le malefatte degli amministratori della sinistra, a tutti livelli dal presidente della Repubblica, scoperto a fare la cresta sui biglietti aerei all’ultimo consulente di un comune amministrato da una giunta di sinistra e quello che è tragico è che con queste premesse sarà difficile uscire dal debito accumulato e dalla miseria nella quale ci hanno ficcato “inculandoci abilmente” mentre ci volevano far credere di stare dalla parte del popolo, anche se avremo 20 anni di amministrazioni illuminate.
Grazie a Report, la trasmissione di RAI3 sono venute alla luce queste malefatte.
Cari amici a noi resta solo la preghiera per uscire dalla merda nella quale ci hanno ficcato e un bell’affanculo megagalattico a tutti quegli stronzi che ci hanno governato, ma anche a tutti quegli italiani che glie lo hanno permesso.
Adriana Bolchini Gaigher

Le malefatte degli amministratori rossi: incassano oggi, i cittadini pagano domani

I Comuni di Napoli e Torino; le Regioni Campania, Liguria e Piemonte. Il loro denominatore comune non è soltanto quello di essere "rosse”, ma anche quello di maneggiare con poca cura il denaro, abbandonandosi a spericolate incursioni negli strumenti più sofisticati della finanza (i "derivati”) sui quali perdono (perdiamo) centinaia di milioni di euro.

La loro filosofia? Allungare nel tempo il pagamento dei debiti per incassare qualcosa (pochi, maledetti e subito) da spendere, lasciando in eredità ai cittadini e alle giunte che verranno una voragine di debiti. E, naturalmente, ingrassare le banche d’affari, meglio se con qualche altisonante nome britannico.

Report, la trasmissione televisiva di RaiTre, ha scoperchiato la pentola mandando a gambe all’aria Bassolino, la Iervolino, la Bresso e tutti quegli amministratori che ne sorvegliavano il maleodorante contenuto, vera e propria bomba a orologeria per gli amministratori futuri e per i cittadini (compresi i nostri figli), destinati ad essere alleggeriti da tasse locali sempre più esose per ripagare i debiti. Tutto grazie a questi apprendisti stregoni della finanza creativa.

Nel caso di piccoli Comuni, pure precipitati nell’incubo dei "derivati”, si tratta spesso di amministratori improvvidi, digiuni di tabelline e messi agevolmente nel sacco da arrembanti finanzieri. Più difficile crederlo nel caso di grandi municipalità e ricche Regioni, imbottite di avvocati, commercialisti, ragionieri, economisti e consulenti profumatamente pagati.

Derivati (o "swap”). Nella sostanza si tratta di operazioni costruite sul debito. La parolina magica è, infatti, "ristrutturazione del debito”. Regioni e Comuni indebitati hanno firmato contratti destinati sulla carta alla copertura dai rischi di aumento dei tassi, ma in realtà legati a un meccanismo di moltiplicazione di quei rischi. Il pagamento si allunga (fino a trent’anni) ma il debito totale cresce in maniera esponenziale; la banca incassa subito un costo "implicito”, la sua ricca provvigione; l’amministrazione contraente incassa un anticipo in contanti che tanto è più sostanzioso quanto più spericolata è la sua propensione ad accettare un livello di tasso più alto.

Bilanci opachi. Denominatore comune degli amministratori (dalla Campania al Piemonte, da Napoli a Torino) è quello di dichiarare che l’operazione non ha avuto costi. È falso: i costi ci sono, ma non si vedono, perché sono impliciti e nascosti nelle pieghe del "tutto compreso”. Le banche si prendono le loro laute provvigioni, gli amministratori pubblici non hanno l’obbligo di iscrivere questi costi in bilancio e così possono dire di non aver pagato nulla. Ufficialmente sono le cosiddette "perdite potenziali”: se un’azienda privata si comportasse così, verrebbe segnalata alla Centrale Rischi. Comuni e Regioni sono autorizzati a ignorarle, come se non esistessero. E gli amministratori pubblici si sentono autorizzati a dire che non esistono. Tanto, mica pagano loro.

Loro furbi, banche fesse? La cosa più straordinaria è che ai cittadini il tutto viene presentato e venduto come un buon affare: gli amministratori mettono in bilancio l’incasso, ma non i costi sostenuti (ci sono ma...non ci sono, perché non si vedono); la rata del debito è più bassa. Cari cittadini, vedete quanto siamo stati bravi e furbi? Non solo paghiamo di meno, ma le banche ci hanno dato i soldi per pagare di meno. In realtà, come dice Report, a vincere è sempre il banco (cioè la banca).

La Corte dei Conti. La magistratura contabile ha già bocciato questo tipo di operazioni: "Il fenomeno è preoccupante perché le esposizioni finanziarie possono diventare progressivamente insostenibili... le gestioni future sono destinate a farsi carico degli effetti negativi loro tramandati, e che saranno difficili da sostenere”.

Una scommessa. Una imprenditrice intervistata ha così sintetizzato le operazioni sui derivati: "Una scommessa. Scommetto contro una banca che se un tasso resta entro un certo livello io guadagno, se lo supera io perdo”. L’imprenditrice si è giocata soldi suoi. Iervolino, Bassolino, Bresso e compagni sono andati al casinò con denari pubblici e li hanno gettati sulla roulette dei derivati.

Quanto ci costa? Ecco i conti e i fatti snocciolati da Report.

Regione Campania
La giunta Bassolino ha fatto un’operazione in "derivati” con la banca Ubs. Allungando il debito, incassa fino al 2014 una cifra pari a 56 milioni. Dal 2015 e fino alla scadenza del 2021 accumulerà perdite pari a 126 milioni. A memoria futura delle giunte che verranno. Ma ci sono poi 28 milioni di costo dell’operazione, che vanno all’Ubs, dove lavora - guarda caso - Gaetano Bassolino, il figlio del governatore. Ha preso lui il bonus per il contratto? Dice Antonio Valiante, vicepresidente della Campania: "Noi non abbiamo chiuso nessun contratto con Gaetano Bassolino”. Report commenta: "Per essere uno che non c’entra niente, Gaetano Bassolino all’Ubs è stato promosso responsabile del business con il settore pubblico italiano”. Che altro dire?

Comune di Napoli
Già fallito nel 1993, si ritrova un debito di un miliardo di euro. Stessa musica della Regione, ma con doppio salto mortale e doppio "swap: un primo allungamento del debito, così che il Comune incassa (sempre meno) dal 2004 al 2011 una cifra oscillante tra 52 e 59 milioni, per poi sborsarne 100 fino al 2024. Poi una seconda operazione: l’incasso sale a 70 milioni per i primi cinque anni, il debito a 204 milioni fino al 2035. Più i costi delle due operazioni: in tutto 21 milioni. A Napoli, si sa, a volte amano esagerare: così dopo i padri e i figli, si è pensato bene di indebitare anche i nipoti.

Comune di Torino
Si è fatto prestare soldi per organizzare le Olimpiadi, ha assicurato il debito acquistando derivati e ora perde 100 milioni di euro. Altri 14 milioni li sta perdendo su un’operazione con la JP Morgan. Banca internazionale alla quale ha offerto la sua consulenza fino al 2006, "per far capire il sistema pubblico”, il ministro Linda Lanzillotta. Chiosa Report: "Il ministro deve averglielo spiegato bene”. Ma non ai Comuni perché, restando a Torino, ecco sbucare un altro contratto con una perdita di 5 milioni. Fatto da chi? Dall’ex assessore Peveraro, poi premiato con l’assessorato al Bilancio della Regione. Dove replica con (in)successo, come vedremo qui di seguito...

Regione Piemonte
È appunto Peveraro, con il governatore Mercedes Bresso, a sottoscrivere tre derivati con tre banche, le quali incassano complessivamente una commissione valutata 60 milioni di euro. Rigorosamente non iscritti a bilancio. Report aggiunge una chicca che, se vera, ha dell’incredibile: "La Regione Piemonte è entrata in una scommessa sul fallimento dell’Italia, impegnandosi a pagare alle banche se l’Italia fallisce” . Ma c’è di più e di peggio: la Bresso ha rifiutato di tirar fuori i contratti perché "ci vuole il permesso delle banche”. Commento: "Per la Bresso quindi non si può sapere che operazioni fa la Regione con i soldi dei cittadini, senza l’autorizzazione delle banche”. È vero? No, visto che l’assessore al Bilancio di Treviso offre tutte le carte ai giornalisti: "Non dobbiamo chiedere nessun permesso, sono carte pubbliche”. E ci mancherebbe altro, visto che si tratta di debiti pubblici, di tutti i cittadini. Ad ogni modo Report i contratti li ha trovati: la Regione Piemonte nei primi due anni dovrà pagare tre milioni, ma nel 2034 la rata sarà di 70 milioni. Il gruppo di Forza Italia ha chiesto l’istituzione di una commissione di indagine. Per intanto, l’ex governatore Ghigo ha segnalato che la Regione Piemonte in due anni ha portato il debito da meno di due miliardi a quasi quattro (dati ufficiali della Corte dei Conti).

Regione Liguria
La banca giapponese Nomura chiude uno swap con i fiocchi, destinato a restare avvolto nel mistero. Se non fosse che il suo banchiere, Piero Burragato, riceve un bonus che non lo accontenta (troppo magro rispetto all’affare), fa causa alla banca e spiffera tutto in una lettera alla Regione Liguria. Parla di un guadagno di 20 milioni (il solito costo che esiste ma non esiste), sostiene che il rischio che la banca Nomura ha fatto prendere alla Regione Liguria è molto elevato. E il governatore Burlando? Copia la Bresso e fa sapere che i contratti non si possono vedere senza l’assenso della Nomura. Come se fossero debiti personali e non denari pubblici. Arroganza (non solo al volante dell’auto), disprezzo dei cittadini e della trasparenza amministrativa. Qualcuno gliene chieda conto.

Articolo pubblicato su Potere Sinistro il 21 ottobre 2007 www.poteresinistro.it/notizie/blg_994.htm

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Grazie a Berlusconi. Mille grazie a Berlusconi!

Se non ci fosse stato lui saremmo stati costretti a vedere Telekabul con quegli assassini comunisti che la farebbero da padroni.

Grazie Berlusconi. L'Italia era infestata dai comunisti che occupavano la tivù ma grazie a te ora ce ne sono di meno. Fosse per quei musi sudici saremmo ancora al bianco e nero e a letto alle 21,30 dopo bandiera rossa.
[Modificato da Blumare369 06/06/2011 21:43]



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Che la natura lo preservi. Meno male che Silvio c'è. Tiè!



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Blumare369, 06/06/2011 21.43:

L'Italia era infestata dai comunisti che occupavano la tivù ma grazie a te ora ce ne sono di meno. Fosse per quei musi sudici saremmo ancora al bianco e nero e a letto alle 21,30 dopo bandiera rossa.



Ma magari!!! Almeno la TV farebbe meno schifo di adesso!
E se ti piace tanto perchè stai qui su internet?
Ma va Blu, difendi l'indifendibile!!
La TV del tuo dio ha spappolato generazioni (e continua a farlo) con i suoi programmi del caXXo
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