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Relazioni impossibili. Chiesa, islam, laici.

Ultimo Aggiornamento: 16/03/2008 21:29
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16/03/2008 21:29
 
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Il papa e i teologi musulmani


Il 13 ottobre 2007 138 intellettuali musulmani hanno inviato una lettera aperta al papa e a varie autorità religiose del mondo cristiano. La lettera seguiva di poco più di un anno la famosa lezione di Ratisbona, in cui Benedetto XVI aveva parlato di fede e ragione (eccezionalmente coniugate nel cristianesimo e poco nell'Islam, naturalmente), sollevando polemiche da parte del mondo islamico. I 138 intellettuali musulmani (rappresentanti dei due maggiori gruppi, sciiti e sunniti, ma anche di comunità minoritarie presenti all'interno dell'arcipelago musulmano) mettevano l'accento sulla necessità di trovare un punto di incontro tra le due religioni, inteso come espressione di una "parola comune tra noi e voi".

Molti intellettuali cattolici post-conciliari (categoria che dovrebbe comprendere tutti i cattolici che oggi contano, i quali fingono che non vi sia mai stato un Concilio vaticano II), hanno visto nella lettera dei 138 un primo passo verso un nuovo dialogo interreligioso.
Alcuni islamologi particolarmente vicini al papa, però, i gesuiti Samir Khalil Samir – egiziano – e Christian W. Troll, tedesco – hanno sottolineano che la lettera dei 138 ha evitato alcune questioni che costituiscono la base di un possibile dialogo interreligioso: quelle problematiche etiche, cioè, che rappresentano il patrimonio culturale dell'Illuminismo e che la Chiesa cattolica avrebbe ormai recepito, ma che l'islam è ancora lontano dall'accogliere.

Su questa linea è lo stesso Ratzinger, il quale, in un discorso tenuto al clero romano, ha detto quanto segue: "In un dialogo da intensificare con l'Islam dovremo tener presente il fatto che il mondo musulmano si trova oggi con grande urgenza davanti a un compito molto simile a quello che ai cristiani fu imposto a partire dai tempi dell'Illuminismo e che il Concilio Vaticano II, come frutto di una lunga ricerca faticosa, ha portato a soluzioni concrete per la Chiesa cattolica. Si tratta dell'atteggiamento che la comunità dei fedeli deve assumere di fronte alle convinzioni e alle esigenze affermatesi nell'Illuminismo. Da una parte, ci si deve contrapporre a una dittatura della ragione positivista… D'altra parte, è necessario accogliere le vere conquiste dell'Illuminismo, i diritti dell'uomo e specialmente la libertà della fede e del suo esercizio…".
Inoltre la chiesa esclude ogni complicità rispetto al neocolonialismo militarista che vede impegnati i paesi occidentali su vari fronti, contro i paesi musulmani. Gli occidentali che combattono non rappresentano la chiesa, mentre i terroristi che si fanno esplodere rappresentano, naturalmente, l'Islam.

Queste sono le premesse che i rappresentanti cattolici del "dialogo" interreligioso pongono come fondamento della propria visione dei rapporti Islam-Cristianità, facendo propri gli insegnamenti di Ratisbona su fede e ragione.
L'idea del papa è chiara: il cristianesimo è la massima espressione della razionalità umana, quella che risulta da una giusta miscela di fede, ragione, scienza, illuminismo, modernità. Tutte le posizioni ideologiche che si pongono alla sua destra (l'Islam, lì condannato dalla componente terroristica che i cristiani amano immaginare egemone e che stanno contribuendo a rendere tale) o alla sua sinistra (il laicismo che pretende di ridurre la religione a fatto privato), rischierebbero, per un verso o per l'altro, di essere estremistiche e antimoderne.

Il discorso che il papa ha codificato a Ratisbona e che la curia romana scandisce attraverso la compiacenza di tutto il mondo dell'informazione, è lo stesso che Ruini e il suo clone Bagnasco cercano di imporre nella società italiana, attraverso un braccio di ferro continuo con il mondo laico, al quale cercano di rosicchiare tutte le conquiste ottenute negli ultimi quarant'anni.
Quello che gli alfieri della chiesa equilibrata non dicono è che la loro visione del mondo, pretesa sintesi cristiana delle istanze illuministiche, si afferma attraverso un continuo conflitto con le esigenze della società laica, conflitto che spinge i rappresentanti della chiesa cattolica a cercare di influenzare gli schieramenti politici, sempre più inclini a non "irritare" le gerarchie ecclesiastiche e a non ostacolare quel "progetto culturale cattolico" che basa la sua ragion d'essere proprio sul tentativo di ristabilire il primato pubblico della chiesa cattolica, a scapito del mondo laico.
Preti, vescovi e papi possono ben definirsi artefici del giusto mezzo e propagatori di una visione super partes dei valori sociali, ma di fatto continuano ad essere nel pieno della mischia, impegnati ad imporre, come sempre è stato, una visione del mondo che implica necessariamente una conflittualità decisa con il mondo laico e i suoi valori, da sempre etichettati come relativisti.

Eppure la pretesa di Ratzinger di rappresentare la componente sociale che ha saputo ereditare i valori illuministi, coniugandoli con la giusta dose di equilibrio, è falsa; falsa perché basterebbe leggere la quarta di copertina del suo ultimo libro, per capire cosa intende la chiesa cattolica per equilibrio illuministico. Scrive infatti Ratzinger in "perché siamo ancora nella chiesa": "L'occasione della fede dipende in ultima istanza molto semplicemente dal fatto che essa dice la verità. La chance della fede è la chance della verità, che può essere calpestata, ma non può soccombere".Tutto sommato, considerate anche tutte le belle parole che il pontefice spende nei (vecchi) saggi ripubblicati in quest'ultimo libro, il problema della chiesa, e di ogni religione, è questo: una fede non può che pretendersi assoluta e autosufficiente, compendio efficace di tutte le questioni antropologiche, sulle quali detiene la parola ultima. Questo vale per i cristiani, per i musulmani, per gli ebrei e, in misura minore, anche per le fedi orientali e quelle animistiche.

Da qui il dialogo interreligioso praticamente impossibile e, a maggior ragione, l'impossibile incontro con la società realmente laica, non quella dei Pera e dei Ferrara, sempre pronta a svendere valori liberali in cambio di consenso politico, ma quella di chi ritiene la religione solo una tappa del cammino dell'umanità verso una conoscenza che sappia rinunciare a fanatismi e irrazionalità, a superstizioni, dogmi e altre bassezze di una ragione ridotta in stato di minorità.

La chiesa non ha "equilibrato" l'illuminismo, lo ha subito, perseguitato e infine, con sofferenza, ha tentato di svuotarlo dall'interno, relativizzandone gli effetti. Ha cercato, cioè, di mantenere inalterato il proprio ruolo di garante del consenso sociale, lì dove l'illuminismo ne smascherava la fragilità teorica, dovuta ad un impianto teologico assolutamente privo di qualsiasi legame reale con il piano di realtà. La chiesa continua a basare il proprio ruolo sociale sul bisogno che gli esseri umani hanno di negare a se stessi la verità. I laici, noi laici, continuiamo a rivendicare con orgoglio la libertà di pensare secondo criteri razionali, fuori e contro ogni narrazione di potere, fuori e contro ogni tentativo di ridurre la ricerca della verità all'accettazione acritica di dogmi ingiustificabili e primitivi.
In questi giorni si stanno svolgendo gli incontri preparatori al confronto tra Benedetto XVI e i 138 intellettuali musulmani: come laici non possiamo che auspicare un rasserenamento delle relazioni tra Islam e cristianità, pur sapendo che la sola speranza di pace per l'umanità sta nel superamento del fanatismo religioso che papa e teologi musulmani, volenti o nolenti, di fatto rappresentano.

Paolo Iervese


isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2008/un10/art5201.html



La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Apocalisse Laica
Le religioni dividono. L'ateismo unisce


Il sonno della ragione genera mostri (Goya)


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