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Cristiani per battesimo "pagani" nella vita

Ultimo Aggiornamento: 31/03/2008 13:36
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Madre Badessa
31/03/2008 13:36
 
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PERCHÉ I GIOVANI DOPO I SACRAMENTI LASCIANO LA CHIESA?

È giusta la scelta di alcuni parroci di rifiutare i sacramenti a ragazzi immaturi e impreparati, e con famiglie totalmente estranee alla vita di fede? Come invertire la rotta? Parliamone.


Caro padre, le scrivo in merito alla riflessione di don Mazzi sul rinvio della Cresima di sessantadue ragazzi da parte del viceparroco di Finale Emilia. Non mi pare che questo "fatto" debba essere sminuito: la Cresima è «il momento della scelta cosciente nell’impegnativo percorso di fede» dei nostri ragazzi, un punto di arrivo e, insieme, di partenza. Il gesto del giovane prete emiliano non può che essere approvato (e applaudito), soprattutto da chi, ogni giorno, è immerso nei problemi di una parrocchia.

Non si può giustificare tutto con l’immaturità "esplosiva" degli adolescenti, e pensare che il rimedio consista nel lasciare che «i puledri esauriscano la loro vivacità», in attesa che maturi il «terreno predisposto a recepire i messaggi evangelici...», come dice don Mazzi. Ne è sicuro? Quanti giovani, superata l’adolescenza, seguono ancora la Chiesa? Non gli viene il dubbio che le loro "tempeste" li porteranno a dimenticare i valori della vita, e a subire il fascino di tanti cattivi maestri? E che dire dei genitori che, invece di preoccuparsi della preparazione ai sacramenti dei loro figli, hanno come unica preoccupazione la scelta del ristorante e dei vestiti griffati per il giorno della festa?

Anche se per tradizione, abitudine o scaramanzia, molti genitori chiedono ancora i sacramenti: perché non cogliere questa opportunità per coinvolgerli nel cammino di fede, assieme ai loro figli? Inutile illudersi: se non c’è una qualche presenza di Dio nelle famiglie, la fede dei ragazzi difficilmente crescerà; ricevuti i sacramenti, non frequenteranno più la Messa e la parrocchia. Paradossalmente, la Cresima è diventata il sacramento dell’abbandono della fede!

E senza fede, l’esistenza di tanti giovani si trascina e si dissipa nella nausea di vivere, nella ricerca affannosa di nuove e forti sensazioni, o nella droga... Che ne sarà di queste generazioni? Ma anche il cristianesimo rischia d’essere percepito solo come un fenomeno folcloristico. È pessimismo, il mio? No, siamo già su questa strada, basta aprire gli occhi per accorgersene.

Come invertire la rotta? Per me, è assolutamente necessario risvegliare nei genitori quella vita di fede che, forse, hanno dimenticato o trascurato. Ma questo non può farlo il singolo parroco, è compito che spetta ai vescovi, con direttive chiare e decise, che vanno fatte rispettare. Evitiamo che i preti si sentano frustrati o vadano in crisi di coscienza, quando il vescovo li obbliga a dare comunque la Cresima a ragazzi immaturi e impreparati, e con famiglie totalmente estranee alla vita di fede.

Parlo per esperienza diretta. Quando, mesi fa, il vescovo mi ha impedito di rimandare la Cresima per gli stessi motivi, sono finito sui giornali perché, dopo quarant’anni di servizio, ho dato le dimissioni da parroco. Mi piacerebbe che se ne dibattesse sulle pagine di Famiglia Cristiana.

Un parroco piemontese


Il tema è centrale per chi si interroga sullo stile della presenza della Chiesa nel mondo. E non riguarda solo i pastori di anime. Per dirlo in termini più generali: vogliamo una Chiesa dei pochi o dei molti, di popolo o di élite? Il modo di impostare la pastorale dei sacramenti dipende dalla via che si segue, dopo aver risposto a queste domande iniziali. Il cristianesimo di popolo mira all’adesione di massa. Per questo deve accontentarsi di fedeltà spesso solo formali. La fede sfuma in un insieme di credenze; lo stile di vita si modella sul resto della popolazione, così che non si può stabilire con certezza, guardando i comportamenti, se uno è cristiano o se non lo è. In pratica, ci si riconosce cristiani per nascita e per collocazione geografica.

Il Battesimo, che nella comunità dei primi cristiani era una scelta lungamente riflettuta e maturata, che comportava un’adesione convinta a un credo e una morale diversa da quella in vigore nel resto della società, a un certo punto è diventato prassi comunitaria. Battezzando un neonato, la famiglia si impegnava a crescerlo nel mondo di valori ai quali gli adulti aderivano per convinzione. I sacramenti della iniziazione – Battesimo, Cresima, Eucaristia –, pur scalati nel tempo dell’infanzia, marcavano un unico processo di progressiva adesione a ciò che la famiglia aveva scelto in nome e per conto del bambino.

Possiamo ancora sostenere che esistono questi presupposti? Il nostro parroco piemontese dice di no. Di qui la sua scelta di rifiutare i sacramenti ai giovani che non solo non sono consapevoli di ciò che stanno facendo, ma non hanno nessuna ragionevole possibilità di diventarlo in futuro. Tutt’al più potranno essere cristiani in senso sociologico: se sarà chiesto loro di mettere una crocetta sulla religione alla quale appartengono indicheranno il cristianesimo, ma senza alcuna conoscenza di causa circa ciò che questa affermazione comporta.

Di qui anche il malessere dei preti ai quali viene chiesto di promuovere una religiosità di questo tipo. Ancor più: senza verità da credere e senza scelte di comportamenti coerenti, la religione si degrada in superstizione, i sacramenti assumono il significato di riti magici. Già è grande il disagio quando veniamo a sapere che boss della malavita si incontrano nei santuari, in occasioni di feste religiose; che usano immagini sacre per riti di iniziazione alle loro associazioni a delinquere; che esibiscono una religiosità personale che fa da aureola a una vita dove l’omicidio, il furto e lo sfruttamento degli esseri umani sono la regola. Bisogna tollerare una religiosità così equivoca o dissociarsi da chi non aderisce al cristianesimo con coerenza?

Nel tessuto sociale di un Paese che cristiano si può chiamare solo anagraficamente, esistono gruppi di fedeli che si sono incamminati per un’adesione consapevole ed esigente al messaggio evangelico. Pensiamo ai gruppi neocatecumenali, ai Focolarini, ai giovani di Comunione e liberazione, a quelli dell’Azione cattolica o dei gruppi di volontariato.

Domandiamoci però che cosa avverrebbe se la scelta del nostro parroco dovesse estendersi a tanti altri preti. Ben presto, anche in Italia il cristianesimo diventerebbe un fatto di minoranza. È forse questa preoccupazione che fa prendere ai vescovi un atteggiamento più morbido. Ma è indubbio che tanti giovani, a parte il Battesimo che hanno ricevuto in fasce, sono praticamente dei "pagani" nel loro modo di pensare e di vivere. Vogliamo discuterne assieme?



D.A.


Buona Pasqua a tutti!
Questa settimana mi approprio dello spazio solitamente dedicato all’"Angolo della speranza" per rivolgere ai lettori il più cordiale augurio per una serena e santa Pasqua. Abbiamo tutti bisogno di un supplemento di speranza e di cristiano ottimismo, per non soccombere al pessimismo generale che oggi si respira nell’aria, in ogni angolo del Paese. Di questi tempi, crisi economica, povertà delle famiglie, segnali di recessione ci danno più ragioni per intristirci che per gioire, ma non possiamo cedere allo sconforto e alla sfiducia.

A Pasqua, il suono delle campane che si sciolgono ci annuncia la risurrezione del Signore e la sua vittoria sulla morte, facciamo esplodere la profonda gioia che è nel cuore, perché Cristo s’è fatto umile pellegrino accanto a noi, caricando su di sé la nostra croce e i nostri affanni. «Risorgendo il Signore non ha tolto le sofferenze e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radice con la sovrabbondanza della sua grazia. Alla prepotenza del Male ha opposto l’onnipotenza del suo Amore»: sono parole di papa Benedetto XVI che faccio mie per augurare a tutti i lettori d’essere messaggeri di quella gioia che non teme il dolore, la gioia della risurrezione.

Buona Pasqua a tutti!


D.A

www.stpauls.it/fc/0812fc/0812fc08.htm



La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Apocalisse Laica
Le religioni dividono. L'ateismo unisce


Il sonno della ragione genera mostri (Goya)


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