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Quegli scienziati alla ricerca di dio

Ultimo Aggiornamento: 09/05/2008 23:20
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Un progetto scientifico europeo indaga le ragioni del fenomeno religioso. Psicologi, antropologi e biologi studiano il rapporto tra la mente umana e il divino
Silvia Bencivelli


Chi l'ha detto che scienza e religione non debbano mai incontrarsi? Dopo secoli di intromissione della seconda negli affari della prima, e di ribellione della prima alle ingerenze della seconda, per scienziati e materialisti è arrivato il momento di deporre le armi, e di fermarsi a pensare. La comprensione del fenomeno religioso può infatti essere un campo di ricerca come un altro, come la fisica delle particelle o la biologia molecolare. La scienza, insomma, ha il diritto e gli strumenti per chiedersi perché esista la religione, così come per studiare il riscaldamento globale. In più, adesso ha anche i soldi per farlo: due milioni di euro della Comunità europea, appena stanziati per il progetto Explaining Religion. Due milioni non sono moltissimi per gli standard dei progetti scientifici europei, sottolineava il settimanale The Economist il 19 marzo scorso, ma si tratta di un buon inizio. La missione del progetto è quella di studiare perché la religione esista da sempre, o almeno da quando l'Homo è diventato sapiens e ha inventato il pensiero astratto, e perché tutti i popoli abbiano delle forme di pensiero magico e religioso. In senso lato, si tratta di capire le ragioni dell'esistenza di qualcosa di così dispendioso (in termini di soldi, tempo ed energie) come la religione, in nome della quale costruiamo cattedrali e facciamo guerre, ma in termini evolutivi che non ci dà nessun beneficio diretto. Una missione possibile, evidentemente, partita a settembre 2007 e destinata a chiudersi nel 2010, per cui quattordici università europee hanno mobilitato psicologi, economisti, antropologi.

Toccare ferro
In realtà, l'idea non è del tutto nuova e qualche scienziato un po' originale si era già dedicato alla questione. Per esempio Richard Dawkins, il biologo evoluzionista (quello del gene egoista e dell'orologiaio cieco), che negli ultimi anni è diventato una specie di profeta dell'ateismo scientifico soprattutto con la pubblicazione del saggio L'illusione di Dio. O antropologi come Pascal Boyer, oggi alla Washington University e autore di Religion Explained - The evolutionary origins of religious thought (da cui, probabilmente, il nome del progetto europeo), e Scott Atran, del Cnrs di Parigi, autore di In Gods we trust. Boyer e Atran partono dall'osservazione che tutti siamo un po' superstiziosi: evitiamo di passare sotto alle scale e tocchiamo ferro per scongiurare un evento particolarmente antipatico. L'esperimento classico di Atran è quello della scatola di legno africana: «se hai sentimenti negativi verso la religione, - spiega alle sue cavie - la scatola distruggerà tutto quello che ci infili dentro». Dopodiché le invita a metterci dentro la patente, oppure la mano. E tutti, in quel momento, hanno un momento di esitazione. Perché? Perché l'evoluzione ci ha fornito un comportamento che ha l'aria di non favorire in nessun modo la sopravvivenza dell'individuo o della specie? Per Atran si può iniziare col dire che il pensiero religioso è naturale e si attiva in momenti particolari, come la morte di una persona cara, come a dare una risposta di default per le domande difficili poste dalla nostra insaziabile curiosità: «Perché si muore? Perché Dio lo vuole».

Musica e religione
«Questi sistemi - scrive Atran - sono parte del nostro equipaggiamento mentale, sia esso religioso o no». Cioè la religione è «una famiglia di fenomeni cognitivi che comporta un uso straordinario di processi cognitivi ordinari»: in questo senso, prosegue, assomiglia più alla musica che al linguaggio. Il linguaggio è nato per selezione naturale (è utile), la musica sfrutta dei sistemi che servono ad altro (a comunicare, per esempio), ma non è utile di per sé e non è stata selezionata in quanto tale. La proposta di Dawkins è più netta: la religione è un prodotto di scarto dell'evoluzione che oggi è diventato dannoso per la nostra specie, dato che è capace di diffondersi negli altri come un virus informatico per dare vantaggio a se stesso e non a chi lo ospita. L'idea che la religione possa essere considerata un prodotto collaterale dell'evoluzione, richiama il vecchio pennacchio di del paleontologo Stephen Jay Gould: come i pennacchi ai quattro angoli di un soffitto a volta, un fenomeno può non avere nessuna funzione di per sé, ma semplicemente nascere al seguito di qualcos'altro, qualcosa che invece è davvero necessario (la volta, nel caso specifico). Solo che Gould non l'aveva applicata alla religione e, anzi, sosteneva l'idea dei due magisteri sovrapposti: «la scienza studia come va il cielo, la religione come si va in cielo». Per Dawkins, invece, anche l'ipotesi dell'esistenza di Dio può essere un'ipotesi scientifica come tutte le altre, e quindi non solo può e deve essere studiato il fenomeno religioso, ma anche, direttamente, se Dio esiste o no.

La mente mistica
Gli altri scienziati che si sono interrogati sulla religione, e anche quelli che lo faranno per Explaining religion, sono meno ambiziosi. Si dedicheranno, piuttosto, alla comprensione della mente religiosa, e sul perché esistono anche persone che non sentono poi tanto l'afflato divino, o non lo sentono affatto. Oppure studieranno le immagini del cervello al lavoro, come ha fatto per primo l'indiano (e induista) Vilayanur S. Ramachandran, direttore del Centro per la mente e le scienze cognitive dell'università di San Diego, in California. Qualche anno fa, esaminando un gruppo di pazienti con una particolare forma di epilessia, Ramachandran aveva ipotizzato che il diverso misticismo tra un fervente religioso e un ateo impenitente dipendano dalla diversa comunicazione tra due zone del cervello: l'area frontale e il sistema limbico, che regola le emozioni. Sulla sua scia, si sono mossi di recente altri studiosi: c'è chi ha preso come cavia dei monaci buddisti, chi ha preferito delle suore carmelitane, chi dei semplici fedeli. Li hanno infilati nelle macchine per la rilevazione dell'attività cerebrale e hanno cercato di capire che cosa avessero di tanto speciale. E mentre elaboravano le loro immagini, chissà se, lassù, qualcuno li stava guardando.

www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/08-Maggio-2008/ar...



La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Apocalisse Laica
Le religioni dividono. L'ateismo unisce


Il sonno della ragione genera mostri (Goya)


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