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Anche il Cattolicesimo può essere una setta

Ultimo Aggiornamento: 27/05/2008 09:51
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Interessante articolo di Raffaella

sabato 17 maggio 2008
Tasselli di esperienza - SecondoTassello


Nel primo tassello accennavo alla mia difficoltà di comprendere le richieste di aiuto provenienti da persone i cui familiari non si erano affiliati a "sette", ma erano membri di gruppi cattolici.


Mi sentivo molto a disagio in quelle situazioni e non sapevo come comportarmi.


Cosa avevano a che fare associazioni cattoliche con gli abusi di cui i parenti si lamentavano?

Questa domanda assunse per me una valenza drammatica quando si verificò un massacro senza precedenti proprio all'interno di un gruppo che, pur avendo nel tempo deviato dalla dottrina e prassi cattoliche, aveva tuttavia radici cattoliche ed era guidato anche da sacerdoti.

Si trattava del movimento cattolico di frangia "Movimento per la Restaurazione dei Dieci Comandamenti di Dio" che si era diffuso in Uganda. All'interno del movimento, il 17 Marzo del 2000, si era verificato il massacro più grave mai accaduto in un gruppo religioso, più grave perfino della strage del Tempio dei Popoli a Jonestown. Erano morte circa 1000 persone di cui la metà arse vive dentro una Chiesa dedicata alla Madonna.

Rimasi scioccata, in modo particolare, dal numero impressionante di bambini morti nel rogo di una chiesa, sentii il bisogno di comprendere meglio ciò che era avvenuto e mi resi conto ancora una volta della necessità di colmare la mia ignoranza in proposito.

Un paio di anni dopo si presentò l'occasione di rimediare. Venni a sapere che era stato istituito un Corso di Laurea in Scienze Storico-Religiose presso l'Università La Sapienza di Roma e decisi di iscrivermi. Nel Corso di Laurea era previsto anche l'approfondimento dello studio delle forme religiose tipiche del continente africano e delle trasformazioni prodotte dall'opera di evangelizzazione messa in atto dai cristiani durante la colonizzazione. Quando fu il momento decisi di scegliere, come argomento della mia tesi di Laurea in Scienze Storico-religiose, il caso del Movimento per la Restaurazione dei Dieci Comandamenti di Dio.

In seguito alla diffusione delle notizie e delle immagini scioccanti che il telegiornale trasmetteva, nelle quali si vedevano decine di corpi carbonizzati e fosse comuni piene di cadaveri, gli animi si erano "scaldati" nuovamente e le polemiche tra "difensori" e "accusatori" delle sette erano riprese con vigore. Anche la Commissione ugandese per i Diritti Umani stilò un Rapporto impressionante sulla strage intitolato The Kanungu Massacre.

Personalmente mi trovavo, già allora, in una posizione diversa e più "moderata" rispetto ai primi anni del mio impegno. Nel 2000, infatti, erano già passati più di sei anni da quando avevo iniziato a occuparmi di sette, avevo acquisito una certa esperienza e studiato molto. Le mie idee cominciavano a differenziarsi da quelle di altre persone che erano state per me una sorta di "maestri", esempi da seguire, che, comunque, non mi stancherò mai di ringraziare per l'esperienza della quale, anche grazie a loro, ho potuto fare tesoro. E per esperienza intendo tutto, senza dimenticare gli errori, i contrasti e, talora, anche gli scontri.

Tutto è stato utile, nulla è andato perduto.


Anche se il processo era già iniziato quello fu il momento in cui presi definitivamente coscienza e accettai questa spiacevole realtà:

- le derive settarie, gli abusi e la manipolazione mentale possono verificarsi ANCHE all'interno di movimenti cattolici

-non ha senso "combattere" le sette come se fossero entità estranee al mondo dei "buoni"

- non ci sono religioni "buone" e religioni "cattive" perchè quello che conta è il modo in cui le persone interpretano e mettono in pratica la loro religione

- due persone che professano la stessa fede religiosa possono essere, una santa e l'altra assassina; entrambe possono rendere ragione delle loro azioni sulla base dello stesso "credo"

- la manipolazione della mente si verifica in tutti i gruppi sociali e non è una caratteristica delle religioni "strane"

- se un abuso (fisico o psicologico) si verifica in un gruppo cattolico non è meno grave di quello che si verifica in una "setta"

- movimenti cattolici di recente costituzione manifestano caratteri settari che vanno smussati, corretti e sanzionati da chi ne ha la responsabilità

- un gruppo religioso in cui la fede viene vissuta in modo molto intenso e coinvolgente può NON essere "setta"; i suoi membri possono essere perfettamente consapevoli di compiere azioni che agli occhi di estranei sono "assurde" e che i loro parenti non condividono: questo NON fa di loro dei "plagiati"

Era ora, per me, di darmi da fare per colmare anche questa lacuna. Dovevo assolutamente approfondire lo studio delle derive settarie che si manifestano dentro il mondo cattolico: le loro cause, i possibili rimedi e le azioni messe in atto dalla gerarchia per arginare il fenomeno.

Il Vangelo non è lettera morta. Di conseguenza non potevo permettere a me stessa di ignorare queste parole:

Disse loro anche una parabola:
"Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due in una buca? Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo?
Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo?
Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello (Lc 6, 41-42).

Da quel momento si aprì per me un orizzonte di cui ancora oggi non riesco a vedere i confini. Cominciai a reperire i documenti ufficiali in cui la gerarchia cattolica affronta il fenomeno delle derive settarie nel mondo cattolico, e le prese di posizione di diverse conferenze episcopali e singoli vescovi.

Le "sette pseudocattoliche" (chiamate in ambito accademico "movimenti cattolici di frangia") divennero uno dei settori di studio che da allora decisi di approfondire maggiormente.

Ho messo a disposizione di tutti una parte dei miei studi e delle mie ricerche sul Portale SRS:

www.dimarzio.it/srs/modules/sections/index.php?op=listarticles...

www.dimarzio.it/srs/modules/mydownloads/viewcat.php?cid=15

www.dimarzio.it/srs/modules/mydownloads/viewcat.php?cid=12

www.dimarzio.it/srs/modules/mydownloads/viewcat.php?cid=18

www.dimarzio.it/srs/modules/mydownloads/viewcat.php?cid=9

www.dimarzio.it/srs/modules/mydownloads/viewcat.php?cid=28

www.dimarzio.it/srs/modules/mydownloads/viewcat.php?cid=4

www.dimarzio.it/srs/modules/news/index.php?storytopic=3&st...

Alcune Schede redatte da me sotto la direzione di PierLuigi Zoccatelli e Massimo Introvigne si possono leggere nell'opera online "Le religioni in Italia":

www.cesnur.org/religioni_italia/c/cattolicesimo_05.htm

www.cesnur.org/religioni_italia/c/cattolicesimo_06.htm

www.cesnur.org/religioni_italia/c/cattolicesimo_07.htm

Se avete del coraggio, tanta pazienza e tempo a disposizione allora vi auguro: Buono studio!

Sono graditi i vostri commenti, domande o precisazioni sull'argomento perchè la mia ricerca continua ...


Pubblicato da dimarzio a 5.30 1 commenti
Etichette: Tanti Tasselli per un grande Mosaico
martedì 13 maggio 2008
Tasselli di esperienza - Terzo Tassello


Con questo tassello voglio ricordare un episodio che ritengo "storico" perchè è il primo tentativo di dialogo a distanza tra "fronti" opposti.

Siamo nel 2000, anno in cui ero ancora associata al GRIS, associazione cattolica la cui sigla "Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sette", da qualche anno si è trasformata in "Gruppo di Ricerca e Informazione Socioreligiosa": un cambiamento non casuale che fa riflettere sul senso e le implicazioni insite nella parola "setta".

Il 27 Marzo del 2000, a dieci giorni dal massacro ugandese, fui intervistata dal giornalista del Corriere del Ticino Carlo Silini insieme a Massimo Introvigne, direttore del CESNUR, Centro Studi "indipendente da qualunque organizzazione religiosa o confessionale". Carlo Silini è uno dei pochissimi giornalisti seri e professionali che abbia mai incontrato.

Ricordo con piacere questa persona con la quale ho parlato al telefono e che mi è parsa subito degna di fiducia e sinceramente interessata a informare in modo corretto su una controversia difficile da comprendere per chi non è addetto ai lavori.

Devo dire che la mia esperienza con i giornalisti è stata, nella maggior parte dei casi, molto deludente. La maggior parte di loro tende a scrivere articoli che attirino e impressionino un pubblico a digiuno di informazioni, utilizza metafore vecchie e inconsistenti, induce al timore verso sette pericolose che fanno il lavaggio del cervello e diffonde un allarmismo che non giova a nessuno perchè è talmente fuori da ogni realtà che alla fine risulta perfino esilarante.
Un esempio recente di questa informazione spazzatura è l'articolo pubblicato il 16 maggio scorso su Repubblica intitolato "L'Italia delle psicosette" che mi è stato segnalato e che ho letto con difficoltà perchè, dopo le prime due righe, sono stata tentata di non andare oltre: un'accozzaglia di luoghi comuni ed espressioni colorite che preferisco non commentare per carità cristiana verso chi lo ha scritto e chi ne ha approvato la pubblicazione. Mi sembrerebbe di "sparare sulla Croce Rossa".

Di questa "informazione" sono piene le pagine web e quelle di testate giornalistiche prestigiose, nonchè trasmissioni televisive di reti pubbliche finanziate dai cittadini onesti che pagano il canone.


Chiudo subito questa parentesi spiacevole sul presente per tornare ai bei ricordi del passato.

Quando ho riletto la vecchia intervista di Carlo Silini, mi sono resa conto che non è affatto "vecchia" e che oggi, a otto anni di distanza, se qualcuno mi ponesse le stesse domande, tutto sommato, risponderei nello stesso modo, anche se le mie risposte si inquadrerebbero in una prospettiva diversa.

La diversità di prospettiva dipende dal percorso culturale e personale che ho compiuto in questi ultimi otto anni. Mentre allora i miei interessi erano prevalentemente di tipo "pastorale", nel tempo si sono orientati ad approfondire anche le modalità con cui il mondo della cultura laica (storia, sociologia e psicologia della religione) affronta il problema delle derive settarie e come gli esseri umani vivono la loro esperienza religiosa, indipendentemente da quale religione o spiritualità professino.

Fatta questa doverosa precisazione, gli stralci dell'intervista che riporto contribuiscono ad aggiungere un altro tassello a quel mosaico che sta pian piano prendendo forma.

Quell'intervista, infatti, è stata il primo tentativo di dialogo con un esponente del mondo dei sociologi ritenuti "difensori delle sette", quel genere di dialogo che Michael Langone da alcuni anni si sforza di proporre e realizzare, e di cui ho già parlato in questo blog.

Si trattava di un dialogo "a distanza" per mettere in evidenza le due diverse posizioni su alcuni temi di grande importanza.

Fu un'occasione interessante per mostrare chiaramente le diversità di vedute tra due mondi che possono, a mio avviso, coesistere e confrontarsi per studiare e affrontare il medesimo fenomeno.

Ecco le parti salienti dell' intervista, con la quale chiudo questo terzo tassello che, mi auguro, sia un ulteriore stimolo alla riflessione e un contributo alla diffusione di informazioni corrette e attendibili.




QUANTI LITIGI ATTORNO ALLE SETTE
Pagina di Carlo Silini

Gli specialisti divisi: chi studia in modo più scientifico il fenomeno?

CORRIERE DEL TICINO - LUNEDI' 27 MARZO 2000 - p.39



E' possibile un approccio obiettivo al mondo della religiosità alternativa? Sociologi, gruppi scettici, centri di ricerca legati a religioni propongono letture tra loro diversissime.

Il 17 marzo scorso alcune centinaia di persone sono morte nel rogo di una chiesa in Uganda in quello che è stato presentato come un suicidio o massacro collettivo. E come sempre in questi casi una domanda è stata riproposta con forza: le sette sono pericolose? A leggere certi giornali si direbbe di sì. A sentire il parere degli esperti si direbbe: forse. Perché gli esperti, o quelli che noi definiamo tali, tra loro non sono molto d'accordo.

Ci sono organizzazioni legate alla Chiesa cattolica come il GRIS (Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sette) secondo le quali c'è setta e setta, molte sono innocue, alcune usano tecniche per manipolare i propri aderenti - ad esempio il lavaggio del cervello - che attentano ai diritti fondamentali della persona.

Ce ne sono altre, come il CESNUR (Centro Studi Nuove Religioni) - considerato un punto di riferimento, non solo in Italia, per la conoscenza della materia - che già contestano l'uso della parola «setta», perché ha una connotazione negativa, ritengono superati concetti quali il lavaggio del cervello e si mostrano prudenti nell'accogliere le testimonianze di ex-adepti a gruppi religiosi.

Chi ha ragione? Chi si occupa in modo più corretto, scientifico, di religiosità alternativa? Rispondere a questo interrogativo significa immergersi forzatamente in un mare di polemiche, a volte velenose, fra accademici. Noi preferiamo svelenirne i toni discutendo pacatamente con la dottoressa Raffaella di Marzio del GRIS e col direttore del CESNUR Massimo Introvigne.



RAFFAELLA DI MARZIO

"Io, cattolica, non sono contro le sette - Ma è giusto vigilare sui loro abusi"


Dottoressa Di Marzio, l'esperto svizzero Jean-François Mayer ha scritto che non si studiano impunemente le sette per anni, che se ne esce difficilmente indenni e con assai meno certezze rispetto alla partenza. Condivide questa affermazione?


"Sì. Quando ci si avvicina allo studio di questi movimenti, all'inizio si ritiene di comprendere tutto. Ma siccome questi movimenti sono costituiti da persone e le persone sono complesse, ci si rende anche conto che il proprio punto di vista non è sempre necessariamente quello giusto. D'altra parte lo studio di queste forme di religiosità coinvolge aspetti di tipo filosofico, psicologico, religioso e sociale talmente vasti che è molto difficile valutarli in maniera obiettiva, intendendo per obiettivo tutto ciò che è scientifico, cioè valutabile e misurabile. Lo studioso può rischiare sia di essere troppo coinvolto, sia di tentare di essere così obiettivo da non coinvolgersi affatto e quindi da non conoscere la realtà del movimento".


Da quali presupposti parte per la sua ricerca sulla religiosità alternativa?

"Poiché la mia attività è soprattutto quella di ascoltare le persone che si rivolgono a noi per chiedere aiuto, il mio presupposto è quello di verificare insieme a queste persone quali problemi dal punto di vista psicologico e sociale l'affiliazione di un membro comporta per il gruppo sociale ristretto della famiglia".

E dal punto di vista dottrinale invece, lei da che posizione parte?

"Sono cattolica e sono impegnata in un gruppo di ricerca il cui statuto è stato approvato dalla Conferenza episcopale italiana. Ma questo non significa che in quanto cattolica io necessariamente guardi ai nuovi movimenti con sospetto. L'insegnamento della Chiesa cattolica è molto fermo sul problema della libertà religiosa e ribadisce continuamente il diritto di tutti gli uomini ad essere liberi nella loro scelta religiosa. Per cui rispetto le nuove forme di religiosità. Soltanto nel momento in cui mi accorgo che con la scusa della religione possono essere esercitati abusi sulle persone mi sento coinvolta, non solo come cattolica, ma come persona, nel tentare di risolvere queste difficoltà, se possibile".

Nello studio delle nuove religiosità lei si basa di più sulle esperienze di osservazione partecipante (che consistono nella partecipazione dello studioso alla vita di un movimento), o sulle testimonianze di ex-adepti? E tiene conto di chi denuncia lavaggi del cervello all'interno di una setta?

"Per studiare le nuove religiosità bisogna utilizzare diverse metodiche. L'osservazione partecipante può essere valida se è effettuata in un lungo lasso di tempo e se non utilizzata come unica risorsa, perché molti movimenti si presentano agli studiosi che partecipano alle loro attività soltanto in una veste positiva. Allora è necessario ascoltare anche le persone che hanno fatto parte di questi gruppi e che possono provare che ci sono altre cose che i movimenti nascondono agli studiosi perché non sarebbe piacevole che questi poi scrivessero queste cose nei loro libri. Bisogna ascoltare sia gli uni che gli altri. Riguardo poi alla questione del lavaggio del cervello: all'interno di qualsiasi gruppo sociale ci sono metodiche per effettuare il controllo dei membri da parte del gruppo e da parte del leader. Questo avviene anche all'interno dei movimenti religiosi. L'entità del controllo sociale può essere variabile. In alcuni casi è molto blanda e lascia le persone libere, in altri è molto forte e condiziona pesantemente le persone".

[...]

Nello studio delle sette e poi nelle misure giuridiche nei loro confronti di che cosa bisogna tener conto?

"La nostra società dovrebbe imparare a mediare tra le libertà fondamentali dell'uomo: la libertà religiosa ma anche la libertà all'autodeterminazione del singolo, affinché la religione non diventi uno strumento di violazione delle coscienze nella libertà umana. Se gli studiosi riuscissero ad avviare un dialogo fruttuoso su questa finalità generale ne risentirebbe positivamente tutto l'ambiente. Anche i nuovi movimenti religiosi che non esercitano un controllo negativo sugli adepti. Mentre verrebbe reso evidente l'abuso che alcuni gruppi, anche se in numero limitato, compiono sui membri".




MASSIMO INTROVIGNE

"Gli approcci religionisti o ideologici però cadono fuori dalla scienza"


Introvigne, da quali presupposti parte la sua ricerca sulla religiosità alternativa?

"Per uno studioso di scienze sociali si parla di un approccio che prescinde dai valori personali del ricercatore e cerca di descrivere una situazione senza partire né da una posizione dottrinale propria (per esempio il cattolicesimo), né da posizioni ideologiche (per esempio il laicismo). Questi due approcci di tipo "religionista" e "ideologico" hanno un loro campo legittimo di applicazione nell'opera dei polemisti, ma cadono al di fuori della scienza. La regola che le associazioni internazionali di sociologia delle religioni hanno sempre promosso è quella di una laicità della ricerca e di un agnosticismo metodologico".

E che spazio dovrebbero avere nella ricerca l'osservazione partecipante, la testimonianza di ex-membri e le considerazioni sui lavaggi del cervello?

"L'osservazione partecipante è una tecnica principe, ma non dispensa dall'esame dei
documenti e dalle interviste sia a membri, sia a ex-membri. Attenzione però: in genere per ex-membri l'opinione pubblica intende quelli che sono diventati oppositori del movimento, gli "apostati", in termini tecnici. Ma fra gli "ex" gli apostati sono una minoranza, dal 10 al 15 per cento. Il restante 85% non va a proporsi ai giornalisti o alle organizzazioni anti-sette, ma la ricerca deve scovarli perché hanno delle reazioni più miste. Ci diranno che nel movimento c'erano aspetti buoni e aspetti cattivi. È un errore metodologico tra i più gravi quello di scambiare l'ex-membro che si offre di sua iniziativa a giornali e studiosi come rappresentativo della maggioranza degli ex-membri".

E il lavaggio del cervello?

"È una nozione condivisa da una piccola ma combattiva minoranza di studiosi a livello
accademico e che è dichiarata non corrispondere a nessuna verità empirica dalla grande maggioranza degli studiosi di nuovi movimenti religiosi".

Non c'è il rischio che con un simile approccio al problema i gruppi come il CESNUR offrano un'immagine incompleta, snaturata, innocentista di queste realtà?

"Guardi, gli standard scientifici e metodologici del CESNUR sono gli stessi della maggior parte delle grandi organizzazioni internazionali di storia e di sociologia delle religioni".

E che valore hanno per lei i contributi di gruppi definiti "anti-sette" o "contro le sette"?

"Credo che siano potenzialmente interessanti, sia come oggetto di studio perché lo studioso deve considerare le critiche religioniste e laiciste ai movimenti religiosi. Sia perché non si può escludere che al loro interno ci siano persone di valore in grado di fare osservazioni interessanti".

Ma il dialogo fra studiosi resta difficile...

"Sì perché i movimenti anti-sette o contro le sette si sono accorti che un ostacolo ai loro progetti, soprattutto sul piano della traduzione in proposte di legge delle loro idee, è rappresentato dagli studiosi e in genere attaccano gli studiosi come apologisti delle sette".
[...]

Pubblicato da dimarzio a 11.54 1 commenti
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mercoledì 7 maggio 2008
Tasselli di esperienza - Introduzione

Con questo contributo inizia la costruzione di un mosaico in continuo divenire.


Metterò a disposizione di tutti gli interessati i "tasselli" di esperienza che ho accumulato negli ultimi 15 anni, dedicati a fornire assistenza e aiuto a tutte quelle persone che si sono rivolte a me per chiedere informazioni e consigli.

Con il tempo spero di trasformare questi "appunti sparsi" in un contributo sistematico e scientifico sull'argomento.

Scelgo il Blog come mezzo di divulgazione perchè assomiglia molto a un diario e per questo è più adatto a comunicare dei contenuti "in divenire".

Il mio impegno (sempre offerto a titolo volontario) ha avuto inizio all'interno di una associazione ed è proseguito a titolo personale. Nei primi anni ho potuto fare tesoro dell'esperienza altrui, come sempre accade a chi inizia una qualsiasi attività, ma, dall'inizio, ho sempre pensato che l'attività di assistenza non potesse essere separata da quella dello studio e dell'aggiornamento in settori della conoscenza strettamente legati ai fenomeni che si verificano nei gruppi religiosi e/o spirituali.

E' stata questa convinzione (insieme al bagaglio culturale accumulato grazie ai miei studi) che mi avrebbe salvato e che, in seguito, mi avrebbe impedito di continuare a commettere sempre gli stessi errori.

Durante il tempo libero dal lavoro e dalla famiglia rispondevo alle chiamate di persone che chiedevano aiuto:

1) nel 90% dei casi, non per loro stessi ma per parenti, amici, conoscenti che erano incappati in una setta

2) del restante 10%:

- 2a) una minima parte delle chiamate proveniva da persone che erano ancora affiliate a un gruppo e, in questo caso, si trattava di persone in crisi per qualche motivo che avevano dubbi sulla loro stessa affiliazione

- 2b) un numero ancora più ridotto di persone chiamava per chiedere aiuto dopo aver fatto la scelta di uscire dal gruppo.

Qual era il mio atteggiamento e l'assistenza che offrivo a chi mi metteva di fronte a queste richieste?

Innanzitutto, essendo ancora agli inizi, seguivo le indicazioni di coloro che avevano più esperienza di me.

Questo perchè non esiste alcun centro di formazione, non esiste un tirocinio o una fase preliminare di conoscenza per chi si occupa di questi casi.

Chi comincia, armato di buona volontà e di desiderio di dare aiuto, comincia e basta.

Fatta questa doverosa (e inquietante) premessa, vorrei precisare che l'attività di assistenza e consulenza si svolgeva in una prima fase telefonicamente e in seguito con incontri diretti.

E' difficile spiegare sinteticamente realtà e situazioni diverse fra loro. Tuttavia credo sia possibile identificare alcuni elementi comuni, alcune costanti presenti nella stragrande maggioranza dei casi.

I prossimi "Tasselli" saranno dedicati a raccontare queste "costanti", ma troverò il tempo anche per valorizzare le eccezioni, quei casi "diversi" che mi hanno stimolata a non dare mai tutto per scontato e a rimanere sempre attenta e flessibile nell'osservazione dei fenomeni.


Pubblicato da dimarzio a 6.24 0 commenti
Etichette: Tanti Tasselli per un grande Mosaico
domenica 4 maggio 2008
Tasselli di esperienza - Primo Tassello


Comincio con i casi che rientrano nella categoria N. 1, cioè persone preoccupate per parenti, amici, conoscenti, ecc., divenuti adepti di una setta.

Cerco di ricostruire le modalità con le quali fornivo assistenza:

Prima fase: rispondevo alla persona chiedendo a quale gruppo il parente si era affiliato. I gruppi più "nominati" erano nell'ordine: Testimoni di Geova, Scientology, Neocatecumenali, Soka Gakkai, Opus Dei, gruppi di varia matrice dove si praticano forme varie di meditazione, ecc.

Seconda fase: una volta chiarito qual era il gruppo incriminato cercavo notizie approfondite su di esso attingendo a fonti critiche, di diversa provenienza, ma, comunque, sempre e solo a fonti critiche.

Nell'ambiente delle associazioni che offrono assistenza in questo settore si è convinti (e anche io lo ero) che i sociologi che descrivono i gruppi senza fornire giudizi di valore oppure esprimendosi positivamente nei loro riguardi, fanno un lavoro inutile o, peggio, dannoso.

Leggere le loro pubblicazioni significa perdere tempo prezioso che, invece, va utilizzato per aiutare le persone.

Uso un' immagine per descrivere questo atteggiamento: una persona si accorge che qualcuno sta per annegare e si muove subito per aiutarla. L'urgenza di salvare la vita al malcapitato non consente al "salvatore" di mettersi a perdere tempo per ascoltare un osservatore che, da lontano, si accorge di quanto sta avvenendo e grida per spiegargli concitatamente che deve afferrare la persona alle spalle per portarla a riva. Fatto sta che, rifiutandosi di ascoltare per un attimo, il "salvatore" affoga insieme all'altro perchè, invece di prenderlo alle spalle, lo afferra di fronte e viene anche lui trascinato a fondo.

Credo che la metafora sia chiara.

Gli studiosi "teorici" che si trastullano con i loro dati statistici o vanno ignorati oppure, meglio ancora, combattuti. Tutto si può e si deve fare tranne che leggere quello che scrivono e cercare un confronto aperto con loro.
Ricordo che mi fu consigliato di evitare di dialogare con queste persone perchè "avrebbero potuto confondermi le idee". Ed io, inizialmente, accettai e seguii questo consiglio.

L'altra fonte che viene utilizzata è quella delle sette stesse. Si leggono cioè i loro libri e le loro pubblicazioni. La lettura viene fatta allo scopo di conoscere meglio le aberrazioni praticate nel gruppo e diffuse dalla sua dottrina. Si tratta di una lettura "guidata" da un punto di vista che è già definito e, di quanto si legge, si utilizza solo ciò che conferma il dato già assodato sulla pericolosità della setta.

Terza fase: dopo aver raccolto le informazioni le trasmettevo alla persona che aveva chiamato chiarendo ciò che bisognava sapere sulla dottrina e le pratiche della setta in questione. Poichè le informazioni che io davo provenivano da fonti "contrarie" e quindi, forse, chi le diffondeva tendeva un pò a "enfatizzare" le cose, l'effetto che esse producevano nel parente preoccupato era dirompente: se prima aveva solo qualche dubbio ed era in ansia ora cominciava a spaventarsi davvero.

A quel punto la domanda che mi veniva rivolta era sempre la stessa. "Ma se le cose stanno così, allora mio figlio (marito, fratello, sorella, amica ecc.) è proprio in pericolo. Cosa si può fare per farlo uscire?"

Quarta fase: tentativo di "liberare la vittima". Consigliavo la famiglia di proporre al familiare un colloquio, ma questo, nella quasi totalità dei casi, non era possibile perchè l'adepto non avrebbe mai accettato di parlare con me o con qualcun altro che volesse convincerlo ad abbandonare il suo gruppo.

Quinta fase: consigli da attuare temporaneamente per non peggiorare la situazione. Uno stratagemma che consigliavo sempre era quello di evitare lo scontro diretto con il parente irretito e tentare il dialogo sulla sua esperienza per cercare di comprenderne insieme le ragioni. L'idea era che, se l'adepto non avesse interrotto i rapporti con la sua famiglia, poteva essere più facile per lui comprendere e uscire dalla setta, anche se dopo molto tempo. In ogni caso lo scontro diretto voleva dire recidere definitivamente i legami con la famiglia e quindi andava evitato.

In questo modo si riusciva a far passare del tempo durante il quale le famiglie telefonavano anche quotidianamente per chiedere consigli su come trattare il familiare "plagiato", cosa evitare , cosa incoraggiare ecc.

Sesta fase: potevano trascorrere così anche mesi o anni, tuttavia arrivava sempre il giorno in cui mi veniva rivolta questa domanda: "Io ho fatto tutto quello che mi è stato consigliato. Mio figlio è sempre dentro la setta. Possibile che non si possa fare qualcosa?"

Ricordo quelle telefonate e quegli incontri come una spina nel fianco insieme alla sensazione di impotenza quando mi costringevo a dire: "Non si può obbligare nessuno a fare ciò che non vuole fare. Più di questo non posso dirle".

A quel punto mi è capitato diverse volte che il genitore mi chiedesse chi sono i deprogrammatori e se, in Italia, c'erano persone che svolgono questo "lavoro".

La telefonata o il colloquio si concludevano dopo aver spiegato che le attività dei deprogrammatori sono illegali e che per quanto ne sapevo (e ancora spero che sia così) in Italia non ce n'erano.

Ricordo che passavo ore al telefono a cercare di rassicurare e ridare speranza a persone convinte di aver perso per sempre il loro caro in una setta. Quei colloqui, spesso veramente strazianti, rafforzavano in me l'avversione per tutti questi gruppi e per i loro leaders che tanto male facevano a persone indifese.

Dopo un "tirocinio" di un paio d'anni e decine di telefonate concluse in questo modo ho cominciato seriamente a pensare che l'unica soluzione, di fronte a tanti casi di abuso psicologico perpetrato dentro gruppi settari, fosse quella di reintrodurre il reato di plagio abolito dalla Corte Costituzionale nel 1981.

Questa convinzione si basava sui seguenti assiomi:

a) le informazioni fornite dalla persona che chiede aiuto solo sempre e certamente affidabili

b) il congiunto incappato nella setta è cambiato e rifiuta la sua famiglia e i suoi vecchi amici per colpa della setta che controlla il suo comportamento, le sue emozioni, le informazioni che riceve e anche il suo modo di pensare (i miei "maestri" sono stati Steve Hassan e Margaret Singer)

c) le sette sono gruppi religiosi (o che si presentano come tali) che hanno come finalità quella di sedurre persone ignare e innocenti

d) una volta che la persona è stata adescata con l'inganno viene lentamente condizionata mentalmente dal leader e dal gruppo allo scopo di lasciare il suo gruppo di riferimento e fare della setta la sua nuova famiglia

e) nella setta la persona perde la sua libertà di scelta e la sua volontà di agire secondo ragione

f) poichè non c'è abuso più grande di quello di togliere all'altro la libertà e la razionalità, la soluzione sta nel punire energicamente queste azioni attraverso l'istituzione di un reato ad hoc.

Cosa c'era di sbagliato in questo "teorema"?

E cosa avevano a che fare con tutto questo gruppi cattolici come il Cammino Neocatecumenale e l'Opus Dei?

Appuntamento al prossimo "Tassello".

Pubblicato da dimarzio a 8.00 3 commenti
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Dal sito di Raffaella di Marzio




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Se la vita ti sorride,ha una paresi.(Paco D'Alcatraz)

Il sonno della ragione genera mostri. (Goya)

Apocalisse Laica

Querdenker evangelico anticonvenzionale del 1° secolo. "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam!" g.b.--In nece renascor integer ./Satis sunt mihi pauci,satis est unus,satis est nullus. Seneca-Ep.VII,11


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