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Queste si che sono notizie fondamentali

Ultimo Aggiornamento: 26/06/2008 11:43
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24/06/2008 15:43
 
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Da corriere.it

Da verificare attendibilità racconto. La sorella di Emanuela: senza prove non ci credo
«Orlandi rapita per ordine di Marcinkus»
La testimonianza ai pm: «Sette mesi prima della morte di Emanuela la consegnai a un sacerdote in Vaticano»
NOTIZIE CORRELATE
Portai la Orlandi in auto dai boss della Magliana (21 giugno 2008)


Emanuela Orlandi sui manifesti all'epoca della scomparsa. Nello stesso periodo si erano perse le tracce di un'altra quindicenne, Mirella Gregori (Ansa)
ROMA - Emanuela Orlandi sarebbe stata uccisa e il suo corpo, rinchiuso dentro un sacco, sarebbe stato gettato in una betoniera a Torvaianica. La rivelazione è della donna che ebbe una relazione con il boss della banda della Magliana, Enrico De Pedis, detto Renatino, e che è stata sentita nelle scorse settimane dalla squadra mobile e dai magistrati che conducono le indagini. La donna ha detto anche che la ragazza sarebbe stata prelevata per ordine di mons. Marcinkus, all'epoca il presidente dello Ior, la banca vaticana. E nel suo racconto avrebbe parlato anche di una cena a casa di Giulio Andreotti. Intanto, la sorella della giovane, tuttavia, fa sapere che non crederà a questa nuova versione fino a che non avrà la possibilità di verificare le prove dell'avvenuto omicidio. «Non dò credito a nulla di quello che viene detto in queste ore - è il commento di Natalina Orlandi - finchè non si accerta per davvero quello che è accaduto e lo si possa provare».


«UN MESSAGGIO A QUALCUNO» - Il coinvolgimento di Marcinkus, secondo quanto riferisce l'agenzia Agi, è una delle ultime rivelazioni che la supertestimone ha fatto durante un colloquio investigativo con i dirigenti della squadra mobile, avvenuto il 14 marzo scorso. Sempre secondo quanto apprende l'Agi, alla specifica domanda, tramite chi Renato era stato delegato a prendere Emanuela, la donna risponde: «tramite lo Ior…quel monsignor Marcinkus…Renato ogni tanto si confidava». Sulle motivazioni del sequestro, afferma poi: «stavano arrivando secondo me sulle tracce di chi…perchè secondo me non è stato un sequestro a scopo di soldi, è stato fatto un sequestro indicato. Io ti dico monsignor Marcinkus perchè io non so chi c'è dietro…ma io l'ho conosciuto a cena con Renato…hanno rapito Emanuela per dare un messaggio a qualcuno». La testimone sottolinea di non sapere chi materialmente prese Emanuela: «Quello che so è che (la decisione, ndr) era partita da alte vette…tipo monsignor Marcinkus…È come se avessero voluto dare un messaggio a qualcuno sopra di loro. Era lo sconvolgimento che avrebbe creato la notizia». La donna fa un paragone con la morte di Roberto Calvi: «gli hanno trovato le mani legate dietro, perchè tu mi vuoi dare un messaggio».

«GUERRA DI POTERE» - In un colloquio successivo, del 19 marzo, la donna aggiunge: «Renato, da quello che mi diceva, aveva interesse a cosare con Marcinkus perchè questi gli metteva sul mercato estero i soldi provenienti dai sequestri». La teste, sentita successivamente dal procuratore aggiunto Italo Ormanni e dai pm Andrea De Gasperis e Simona Maisto, ipotizza come ragione della scomparsa della giovante una «guerra di potere»: «Io la motivazione esatta non la so - dice ai magistrati -, però posso dire che con De Pedis conobbi monsignor Marcinkus. Lui era molto ammanicato con il Vaticano, però i motivi posso immaginare che fossero quelli di riciclare il denaro».

INCONTRI PARTICOLARI - «...Io a monsignor Marcinkus a volte portavo anche le ragazze lì, in un appartamento di fronte, a via Porta Angelica - dice ancora la testimone ai magistrati -…Sarà successo in totale quattro o cinque volte, tre-quattro volte»…Lui era vestito come una persona normale». Secondo la donna, l'iniziativa partiva da Renato. «C'era poi il segretario - rivela -, un certo Flavio. Non so se era il segretario ufficiale. Comunque gli faceva da segretario. Mi telefonava al telefono di casa mia e mi diceva: «C'è il dottore che vorrebbe avere un incontro». Embè, me lo faceva capire al telefono. Poi, a lui piacevano più signorine («minorenni, no»)! Quando entravo, vedevo il signore; non che mi aprisse lui, c'era sempre questo Flavio. Mi facevano accomodare i primi cinque minuti, poi io dicevo: «Ragazze, quando avete fatto, prendete un taxi e ve ne andate. Ci vediamo, poi, domani»». La teste, rispondendo alle domande dei magistrati, precisa che le modalità in cui avvenivano questi incontri era diverse da quelle riferite sull'episodio del Gianicolo. «Mi ricordo che una volta - conclude - Renato portava sempre delle grosse borse di soldi a casa. Sa, le borse di Vuitton, quelle con la cerniera sopra. Mi dava tanta di quella cocaina, per contare i soldi dovevo fare tutti i mazzetti e mi ricordo che contò un miliardo e il giorno dopo lo portammo su a Marcinkus».

RIVELAZIONE A TAVOLA - Quanto all'episodio specifico dell'omicidio della Orlandi, l'ex compagnia di De Pedis ha spiegato come ne è venuta a conoscenza. «Renato mi portò a pranzo in un ristorante a Torvaianica, da «Pippo l'Abruzzese» - ha raccontato- lui aveva un appuntamento con questo Sergio (che, a suo dire, faceva da autista a Renato) il quale portò quel bambino: Nicitra; il nome non me lo ricordo. Portò, dice lui, il corpo di Emanuela Orlandi. Io non lo so che c'era dentro (i sacchi ndr) perchè rimasi in macchina. Dice che, però, era meglio sterminare tutto, lui la pensava così. Sterminare tutto così non ce stanno più prove, non ci sta più niente. Lui mi disse che dentro a quella betoniera ci buttò quei due corpi. Poi, non lo so, insomma».

LA RICOSTRUZIONE - Sollecitata a essere più precisa dal pm, la donna ha spiegato che «c'era un cantiere lì vicino, come dire, una cosa in costruzione. Noi riprendemmo tranquillamente la macchina e pensavo di dirigermi verso Roma. Lui mi disse: gira qui, vai li e andammo in questo…Disse: stanno costruendo. Dico: Che me devo fermà a fà?'. Dice: no, qui stanno a costruì delle case delle persone che conosco, sta a costruì un palazzo o a ristrutturare, non mi ricordo. E da lì a poco mi disse: fermate qua!. Mi fermai e arrivò Sergio con la sua macchina e ad un certo punto misero in moto la betoniera. Vidi Sergio con una sacco per volta…e dopo chiesi a Renato: aho, ma che c'era dentro a quel… Ah, è meglio ammazzalle subito, levalle subito le prove, dice. E chi c'era?. Dice: che te lo devo dì io! Poi, io andai a casa e spinta dalla curiosità, le dico la verità, lo feci pippà Renato, perchè poche volte l'ha fatto…sniffare, insomma. Però quando lo faceva ce stava due o tre giorni…spinta proprio dalla curiosità di voler sapere e lui me lo disse. Cioè lui mi disse queste cose».

LA CONVERSAZIONE - E ancora il pm: «dunque, esattamente le disse?» La donna: «Le prove si devono estirpare… Lui usava molto questa parola: dall'inizio, dalla radice. Non lo so se sta ragazza aveva visto qualcuno; non essendoci più nè i corpi, nè niente, era meglio togliere di mezzo tutto, la parola tua contro la mia, diceva lui». Il procuratore aggiunto Ormanni ha aggiunto: «Quindi, in questi due sacchi, in uno ci sarebbe stato il figlio di Nicitra e nell'altro ci sarebbe stata Emanuela Orlandi?». E la testimone: «Lo stesso giorno arrivò con questi due sacchi. Ce li aveva in macchina Sergio, dentro questa Audi bianca». Il racconto della donna andrà verificato, tra l'altro, per quanto riguarda le date, anche se la teste premette di non essere in grado di essere puntuale («le dico la verità, io sto in una comunità terapeutica, ho fatto uso per tanti anni di cocaina, psicofarmaci, insomma, un pò di tutto, non mi sono fatta mancare niente, per cui i miei ricordi sono anche…Cioè, io magari un giorno mi ricordo nitidamente una cosa, ci ripenso dopo qualche giorno e me la ricordo un pò così, poi mi ritorna in mente una frase...»). La donna ha riferito che la sua relazione con De Pedis iniziò nella primavera inoltrata dell'82 e andò avanti fino a novembre '84. Quindi, Renatino venne arrestato e lei lo avrebbe rivisto dopo la sua uscita dal carcere nell'87.

CONSEGNATA A UN SACERDOTE - La testimone ha poi rivelato di aver visto anche da viva la Orlandi, che sarebbe stata consegnata a un sacerdote prima della morte. Sarebbe stata proprio la donna, sei-sette mesi prima dell'episodio di Torvaianica, ad accompagnare in Bmw la ragazza dal bar del Gianicolo fino al benzinaio del Vaticano. La giovane, a dire della testimone, «non era assolutamente lucida», era «intontita». «Io arrivai lì al bar Gianicolo con una macchina - racconta - . Poi Renato, il signor De Pedis, con cui in quel tempo avevo una relazione, mi disse di prendere un'altra macchina, che era una Bmw e di accompagnare…Cioè arrivò questa ragazza, una ragazzina, arrivò questa ragazza e se l'accompagnavo fino a sotto, dove sta il benzinaio del Vaticano, che ci sarebbe stata una macchina targata Città del Vaticano che stava aspettando questa ragazza. Io l'accompagnai: così feci. Durante il tragitto…non so quanto tempo era passato dal sequestro di Emanuela Orlandi…la identificai come Emanuela Orlandi…Era frastornata, era confusa sta ragazza. Si sentiva che non stava bene: piangeva, rideva. Anche se il tragitto è stato breve, mi sembra che parlava di un certo Paolo, non so se fosse il fratello. Va bè, comunque, io quando l'accompagnai c'era un signore con tutte le sembianze di essere un sacerdote, c'aveva il vestito lungo e il cappello con le falde larghe. Scese dalla Mercedes nera, io feci scendere la ragazza: "Buonasera, lei aspettava me?'" "Sì. Sì, credo proprio di si"». Guardò la ragazza, prese la ragazza e salì in macchina sua. Poi, io, dopo che avevo realizzato chi era, dissi, quando tornai su, a Renato: A Renà, ma quella non era…'. Ha detto: Tu, se l'hai riconosciuta è meglio che non la riconosci, fatti gli affari tuoi«.

TESTIMONIANZA DA CONTROLLARE - La testimonianza della donna presenta però diverse incongruenze relative alle date dei delitti. Di Emanuela Orlandi si persero le tracce il 22 giugno dell'83. Domenico Nicitra, il bambino di 11 anni, figlio di Salvatore, imputato al processo per i delitti commessi dalla banda della Magliana, scomparve invece il 21 giugno 1993 assieme allo zio Francesco, fratello del padre. E De Pedis a quell'epoca era già morto: venne ammazzato il 2 febbraio del '90.

PERQUISITA LA SEDE DELL'AGI - I magistrati devono rispettare il ruolo della stampa, ha affermato Franco Siddi, segretario generale della Fnsi a proposito della perquisizione nella sede dell'Agenzia Italia per la vicenda di Emanuela Orlandi. Siddi sottolinea che se un giornalista viene in possesso di notizie che riguardano uno dei principali misteri italiani, ha il dovere etico e professionale di informare il pubblico.


23 giugno 2008

Consiglio per chi non l'avesse visto il film: "Banchieri di Dio".



"il punto essenziale non è se una teoria piaccia o non piaccia, ma se fornisca previsioni in accordo con gli esperimenti. Dal punto di vista del buon senso l'elettrodinamica quantistica descrive una Natura assurda. Tuttavia è in perfetto accordo con i dati sperimentali. Mi auguro quindi che riusciate ad accettare la Natura per quello che è: assurda. (da QED. La strana teoria della luce e della materia, traduzione di F. Nicodemi, Adelphi, 1989)
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Padre Guardiano
24/06/2008 18:14
 
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re

Andrea,ho letto tutto senza batter ciglio.
Visto cosa ha fatto la CCR in 2000 anni pensi mi sia scomposto?????
Certo,le indagini vanno approfondite e il fatto che sia passato un quarto di secolo non facilita le cose.
Visti i nomi in gioco e la macchina SCV potrebbe essere di più e di peggio. [SM=x789071]


omega [SM=x789054] [SM=x789054]



O=============O===========O

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Il sonno della ragione genera mostri. (Goya)

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Querdenker evangelico anticonvenzionale del 1° secolo. "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam!" g.b.--In nece renascor integer ./Satis sunt mihi pauci,satis est unus,satis est nullus. Seneca-Ep.VII,11


Vivo fra lo Stato Sovrano della Fica e la Repubblica Popolare del Cazzo
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25/06/2008 00:52
 
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Questo scrive Polymetis:

"Ma non sono queste accuse. Il fatto di non volersi difendere da delle accuse non implica che non avrebbe voluto difendersi dalle seconde, anche perché un rapimento è una cosa più seria di una frode. "

Probabilmente ignora completamente che non si trattò di semplice frode ma del più grande intrigo che dimostrò le collusioni tra VATICANO, con a capo il Papa di allora e:
mafia
malavita romana e sarda
banche
trafficanti di armi
servizi segreti deviati
massoneria e loggia p2
politica !!!

Si veda, Polymetis, il film "banchieri di Dio" interamente basato sui documenti ufficiali delle procure che svolsero le indagini e gli atti dei processi che videro imputato Marcinkus e lo IOR.

Ne viene fuori una vera e propria associazione a delinquere di livello internazionale ! Uno schifo che supera ogni immaginazione possibile.

E' assurdo e immorale che si possa spendere anche solo una parola in difesa di costoro che hanno ucciso, truffato, ingannato, sovvertito, finanziato regimi e venduto armi. E' qualcosa che grida giustizia da ogni poro. E oggi il vaticano ha ancora il coraggio di difendere il nome di questo farabutto ? Non ho davvero parole. Questa organizzazione è, come diceva Nietzsche “l'unica grande depravazione interiore l'unico grande istinto di vendetta per cui nessun espediente è abbastanza velenoso, lugubre, sotterraneo e meschino: lo dichiaro l'unica macchia immortale del genere umano”


Rendo noto che i BILANCI dello IOR sono leggibili, oltre che dal presidente e da pochissimi cardinali nientemento che dal PAPA il quale deve APPROVARLO ! Nel bilancio ovviamente, come ogni documento contabile analitico, compaiono tutti gli investimenti comprese le elargizioni al banco ambrosiano di Calvi (anche il banco ambrosiano ovviametne era cattolico) e quelle a politici, governi, organizzazioni rivoluzionarie, ecc....

Non basta, è stranoto che la MAFIA ricilcava ampiamente il proprio denaro sporco propio attraverso lo IOR che garantiva ANONIMATO ASSOLUTO proprio per il fatto che i bilanci erano leggibili solo da pochissimi "eletti". Tra costoro, come ho già detto, vi era anche il Papa che ovviametne prendendo visione dei documenti SAPEVA chi portava il proprio denaro attraverso prestanomi (solo cittadini vaticani laici e clero di ogni parte del modno possono ufficialmente depositare denaro allo IOR) alle banche vaticane e soprattutto dove andava a finire !! (altro che opere religiose, vergognatevi!)

Marcinkus e il Papa erano in strettissima relazione e rapporto e questo è noto da tempo e ogni decisione chiave non poteva che essere approvata dal Papa stesso, a voi le dovute conclusioni.

Non sorprendono per nulla quindi le testimonianze della compagna di De Pedis uno dei Boss della banda della Magliana che accusano Marcinkus di essere stato il mandante del rapimento e dell’omicidio della piccola quindicenne Emanuela Orlandi. Non solo, la teste parla di prostitute che procurava al vescovo Marcinkus (vescovo = vicario di Cristo) quando il segretario di quest’ultimo (prete anche’esso) lo richiedeva “ per il dottore che voleva svagarsi”.


Ciliegina sulla torta, sapete dove è stato seppellito De Pedis ? nella basilica romana di Sant'Apollinare con autorizzazione da parte del vicario ! (cardinale) L’ennesima schifezza. Potete leggere in calce a questo post una intervista ad Andreotti (coinvolto anche lui nella faccenda visto che cenò più volte a casa sua con lo stesso De Pedis) nemmeno lui ha potuto trovare una qualche scusa plausibile per giustificare questo obrorio assoluto, ricordo infatti che Welby non solo non è stato sepolto in chiesa, ma gli sono stati negati anche i funerali, quindi “misericordia” per un pluriassassino schifoso perché colluso con i vertici vaticani e intransigenza assoluta per un povero malato che ha passato buona parte della proria vita nella sofferenza, complimenti vivissimi a questa organizzazione, giuro che mi chiedo come faccia gente dotata di cervello che venga a conoscenza di queste cose a non comprendere che semmai Gesù volesse una organizzazione umana di CERTO non può volerne una CRIMINALE.

Chissà se avrà il coraggio ancora di credere alla favola che il vaticano non è la chiesa ! Be certo, il Vaticano non PUO' essere la chiesa ne può aver NULLA a che fare con Gesù, ne il Vaticano ne i suoi gerarchi.

Mi viene solo da vomitare.

Saluti
Andrea

ROMA — Senatore Andreotti, cosa pensa di Enrico De Pedis, detto Renatino, leader della banda della Magliana, sepolto nella basilica di Sant'Apollinare, vicino piazza Navona?
«Certo, è singolare. Non so-no tante le sepolture recenti in chiesa. Mi ricordo il cardinale Clemente Micara, vicario di Roma, morto nel '65 e seppellito in Santa Maria sopra Minerva. E i Borghese, che hanno una cappella in Santa Maria Maggiore. E De Gasperi, che sta a San Lorenzo fuori le Mu-ra, ma nell’atrio...».

De Pedis che c'entra?

«L'unica spiegazione e che fosse un benefattore della chiesa».
E' proprio ciò che disse al cardinale vicario Ugo Poletti, nel marzo l990, il rettore di Sant'Apollinare, monsignor Vergari.

«Ecco, magari non era proprio un benefattore per tutti. Ma per Sant'Apollinare si».

Tra 1'altro, era stato già sepolto al Verano e lo dovettero estumulare.

«Chissà i permessi sanitari che hanno dovuto chiedere. Mi ricordo che per De Gasperi faticammo molto. Ma forse De Pedis, essendo morto ammazzato, presentava minori rischi infezioni».

Il fatto che fosse stato ucciso per la strada a colpi d'arma da fuoco non doveva allarmare il cardinale Potetti? II vicario invece diede il nulla osta per la sepoltura in chiesa. .

«Credo che il cardinale vicario potesse non sapere chi era davvero De Pedis».

Il giorno dopo la sua uccisione — 3 febbraio 1990 — il Corriere della Sera titolò: «Due killer per Enrico De Pedis, boss della mala romana, capo dei capi».

«Insomma, mi sembra una storia misteriosa. Alla Agata Christie».

Lei cosa dice, ora andrebbe portata via dalla chiesa, quella tomba?

«Seppellire i morti e sempre un gesto di misericordia. Uno spostamento andrebbe contro il rispetto dei morti. Ma si pub chiedere al Vicariato di dare tutte le spiegazioni».

Spiegazioni?

«E’ il Vicariato che diede 1'autorizzazione, il Vicariato che dovrebbe decidere l’eventuale spostamento e che potrebbe rispondere a tutti i perché. Ma c'è una cosa che non capisco».

Quale?

«Io non 1'ho conosciuto, ma cosa importava a uno come De Pedis di essere sepolto in basilica?».

Si era sposato lì e secondo la moglie aveva espresso questo desiderio.

«E faceva consistenti oboli».

Si

«Ciò gli sarà utile nell'altro mondo. Lassù non badano a ' dove si viene sepolti».

Nell'altro mondo terranno conto di tutte le attività di De Pedis?

«Penso di si. Qui esiste un'associazione che si chiama "Nessuno tocchi Caino". Manca però "Nessuno tocchi Abele"».
[Modificato da spirito!libero 25/06/2008 01:01]



"il punto essenziale non è se una teoria piaccia o non piaccia, ma se fornisca previsioni in accordo con gli esperimenti. Dal punto di vista del buon senso l'elettrodinamica quantistica descrive una Natura assurda. Tuttavia è in perfetto accordo con i dati sperimentali. Mi auguro quindi che riusciate ad accettare la Natura per quello che è: assurda. (da QED. La strana teoria della luce e della materia, traduzione di F. Nicodemi, Adelphi, 1989)
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25/06/2008 01:13
 
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e ancora se non bastasse:

a nota della Santa Sede fa riferimento agli articoli di giornale che, riportando le parole di Minardi, ex amante del boss della banda della Magliana, Enrico De Pedis, indicano in Marcinkus il mandante del rapimento di Emanuela Orlandi, scomparsa nel 1983 quando aveva 15 anni. Gli inquirenti potrebbero verificare se la chiesa romana di Sant'Apollinare, dove si trovano i resti di «Renatino», ucciso nel febbraio 1990, sia o meno sotto la giurisdizione dello Stato Vaticano. L'eventuale ispezione della tomba, che comunque dovrebbe essere autorizzata dalla Santa Sede, è stata più volte sollecitata dai familiari di Emanuela Orlandi. Tra l'altro, in una puntata del programma «Chi l'ha visto» di qualche anno fa andò in onda la telefonata di un uomo il quale sosteneva che per scoprire la verità sulla ragazza scomparsa 25 anni fa si doveva «andare a vedere nella tomba di De Pedis». In passato, alla richiesta di notizie sui motivi della sepoltura di «Renatino» a Sant'Apollinare, il Vaticano non ha mai risposto agli inquirenti. Nel 2005 inoltre il Vicariato di Roma non autorizzò la riesumazione del cadavere di De Pedis.

Per Antonio Mancini, soprannominato "accattone", oggi agli arresti domiciliari ed ex vertice della Banda della Magliana, Emanuela Orlandi non fu rapita per uno scambio con Alì Agca ma, «per soldi, sempre i soldi». «La banda -spiega Mancini- aveva prestato cifre da capogiro a Roberto Calvi, soldi girati al Vaticano». «Soldi -continua Mancini- che dovevano tornare prima o poi a casa». E, interpellato sulla possibilità che la famiglia Orlandi fosse stata davvero così importante da poter essere "oggetto" di trattative, il pentito della Banda afferma: «Secondo me sì, ma non mi vorrei sbilanciare». Quindi su chi rapì Emanuela Orlandi e se oggi la supertestimone dice cose verosimili, Mancini sottolinea: «In parte sì. Emanuela Orlandi fu sequestrata da Enrico De Pedis. Le trattative per il rilascio furono gestite in alto. Molto in alto. Per me -aggiunge ancora- De Pedis ammazzò la Orlandi e provò ad andare avanti lo stesso con le trattative. Però, ad un certo punto il Vaticano capì come poteva essere andata e scattò il panico». Secondo Mancini, inoltre, De Pedis è sepolto nella chiesa di Sant'Apollinare «perché ottenne anche questo nelle trattative». «De Pedis -sottolinea- era religiosissimo. Sì, ammazzava la gente, ma era religioso». Mancini conferma che il gruppo aveva le mani in pasta in affari di alto livello e ricorda come «il documento falso in cui si parlava del cadavere di Moro nel lago della Duchessa lo fece Antonio Chinchiarelli, uno di noi». «Dal nostro arsenale -afferma ancora- uscì la pistola che uccise Mino Pecorelli e le armi usate per il depistaggio sulla strage di Bologna. Verissimo», sottolinea inoltre Mancini, che loro individuarono la prigione di Moro. «Ce lo chiese -riferisce- Raffaele Cutolo di darci da fare, e trovammo la casa».

Per quanto riguarda il coinvolgimento di Marcinkus nel rapimento Orlandi, Maurizio Turco, deputato radicale del gruppo del Partito democratico, ricorda che l´alto prelato «fu implicato in un procedimento per bancarotta fraudolenta, ma fu graziato dalla Cassazione, che riconobbe lo Ior quale ente centrale della Chiesa cattolica e quindi, ai sensi dell'art. 11 del Trattato lateranense, esente "da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano"». «Non sappiamo se Marcinkus abbia riciclato i soldi della mafia, di certo attraverso lo Ior lo si poteva e lo si può ancora oggi fare impunemente», prosegue Turco in un comunicato. «Non è un caso - sostiene - che tutti i capitoli del libro di Curzio Maltese, "La Questua", siano stati vivisezionati tranne uno, quello sullo Ior. Proteggendo la memoria di Marcinkus il Vaticano difende il privilegio del presente».



Vorrei sottolineare questa frase perchè è il simbolo di questa chiesa simoniaca: era religiosissimo. Sì, ammazzava la gente, ma era religioso chissà a quanti si può affibbiare...
[Modificato da spirito!libero 25/06/2008 01:14]



"il punto essenziale non è se una teoria piaccia o non piaccia, ma se fornisca previsioni in accordo con gli esperimenti. Dal punto di vista del buon senso l'elettrodinamica quantistica descrive una Natura assurda. Tuttavia è in perfetto accordo con i dati sperimentali. Mi auguro quindi che riusciate ad accettare la Natura per quello che è: assurda. (da QED. La strana teoria della luce e della materia, traduzione di F. Nicodemi, Adelphi, 1989)
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25/06/2008 20:52
 
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e non è finita signori, lo schifo continua, Polymetiiiiiiiiiiiiis,Trianellooooooooooooooooo:

LA CHIESA cattolica è l'unica religione a disporre di una dottrina sociale, fondata sulla lotta alla povertà e la demonizzazione del danaro, "sterco del diavolo". Vangelo secondo Matteo: "E' più facile che un cammello passi nella cruna dell'ago, che un ricco entri nel regno dei cieli". Ma è anche l'unica religione ad avere una propria banca per maneggiare affari e investimenti, l'Istituto Opere Religiose.

La sede dello Ior è uno scrigno di pietra all'interno delle mura vaticane. Una suggestiva torre del Quattrocento, fatta costruire da Niccolò V, con mura spesse nove metri alla base. Si entra attraverso una porta discreta, senza una scritta, una sigla o un simbolo. Soltanto il presidio delle guardie svizzere notte e giorno ne segnala l'importanza. All'interno si trovano una grande sala di computer, un solo sportello e un unico bancomat. Attraverso questa cruna dell'ago passano immense e spesso oscure fortune. Le stime più prudenti calcolano 5 miliardi di euro di depositi. La banca vaticana offre ai correntisti, fra i quali come ha ammesso una volta il presidente Angelo Caloia "qualcuno ha avuto problemi con la giustizia", rendimenti superiori ai migliori hedge fund e un vantaggio inestimabile: la totale segretezza. Più impermeabile ai controlli delle isole Cayman, più riservato delle banche svizzere, l'istituto vaticano è un vero paradiso (fiscale) in terra. Un libretto d'assegni con la sigla Ior non esiste. Tutti i depositi e i passaggi di danaro avvengono con bonifici, in contanti o in lingotti d'oro. Nessuna traccia.

Da vent'anni, quando si chiuse il processo per lo scandalo del Banco Ambrosiano, lo Ior è un buco nero in cui nessuno osa guardare. Per uscire dal crac che aveva rovinato decine di migliaia di famiglie, la banca vaticana versò 406 milioni di dollari ai liquidatori. Meno di un quarto rispetto ai 1.159 milioni di dollari dovuti secondo l'allora ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta. Lo scandalo ior fu accompagnato da infinite leggende e da una scia di cadaveri eccellenti. Michele Sindona avvelenato nel carcere di Voghera, Roberto Calvi impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra, il giudice istruttore Emilio Alessandrini ucciso dai colpi di Prima Linea, l'avvocato Giorgio Ambrosoli freddato da un killer della mafia venuto dall'America al portone di casa.
Senza contare il mistero più inquietante, la morte di papa Luciani, dopo soli 33 giorni di pontificato, alla vigilia della decisione di rimuovere Paul Marcinkus e i vertici dello Ior.


Sull'improvvisa fine di Giovanni Paolo I si sono alimentate macabre dicerie, aiutate dalla reticenza vaticana. Non vi sarà autopsia per accertare il presunto e fulminante infarto e non sarà mai trovato il taccuino con gli appunti sullo Ior che secondo molti testimoni il papa portò a letto l'ultima notte.

Era lo Ior di Paul Marcinkus, il figlio di un lavavetri lituano, nato a Cicero (Chicago) a due strade dal quartier generale di Al Capone, protagonista di una delle più clamorose quanto inspiegabili carriere nella storia recente della chiesa. Alto e atletico, buon giocatore di baseball e golf, era stato l'uomo che aveva salvato Paolo VI dall'attentato nelle Filippine. Ma forse non basta a spiegare la simpatia di un intellettuale come Montini, autore della più avanzata enciclica della storia, la Populorum Progressio, per questo prete americano perennemente atteggiato da avventuriero di Wall Street, con le mazze da golf nella fuoriserie, l'Avana incollato alle labbra, le stupende segreterie bionde e gli amici di poker della P2.

Con il successore di papa Luciani, Marcinkus trova subito un'intesa. A Karol Wojtyla piace molto quel figlio di immigrati dell'Est che parla bene il polacco, odia i comunisti e sembra così sensibile alle lotte di Solidarnosc. Quando i magistrati di Milano spiccano mandato d'arresto nei confronti di Marcinkus, il Vaticano si chiude come una roccaforte per proteggerlo, rifiuta ogni collaborazione con la giustizia italiana, sbandiera i passaporti esteri e l'extraterritorialità. Ci vorranno altri dieci anni a Woytjla per decidersi a rimuovere uno dei principali responsabili del crac Ambrosiano dalla presidenza dello Ior. Ma senza mai spendere una parola di condanna e neppure di velata critica: Marcinkus era e rimane per le gerarchie cattoliche "una vittima", anzi "un'ingenua vittima".

Dal 1989, con l'arrivo alla presidenza di Angelo Caloia, un galantuomo della finanza bianca, amico e collaboratore di Gianni Bazoli, molte cose dentro lo Ior cambiano. Altre no. Il ruolo di bonificatore dello Ior affidato al laico Caloia è molto vantato dalle gerarchie vaticane all'esterno quanto ostacolato all'interno, soprattutto nei primi anni. Come confida lo stesso Caloia al suo diarista, il giornalista cattolico Giancarlo Galli, autore di un libro fondamentale ma introvabile, Finanza bianca (Mondadori, 2003). "Il vero dominus dello Ior - scrive Galli - rimaneva monsignor Donato De Bonis, in rapporti con tutta la Roma che contava, politica e mondana. Francesco Cossiga lo chiamava Donatino, Giulio Andreotti lo teneva in massima considerazione. E poi aristocratici, finanzieri, artisti come Sofia Loren. Questo spiegherebbe perché fra i conti si trovassero anche quelli di personaggi che poi dovevano confrontarsi con la giustizia. Bastava un cenno del monsignore per aprire un conto segreto".

A volte monsignor De Bonis accompagnava di persona i correntisti con i contanti o l'oro nel caveau, attraverso una scala, in cima alla torre, "più vicino al cielo". I contrasti fra il presidente Caloia e De Bonis, in teoria sottoposto, saranno frequenti e duri. Commenta Giancarlo Galli: "Un'aurea legge manageriale vuole che, in caso di conflitto fra un superiore e un inferiore, sia quest'ultimo a soccombere. Ma essendo lo Ior istituzione particolarissima, quando un laico entra in rotta di collisione con una tonaca non è più questione di gradi".

La glasnost finanziaria di Caloia procede in ogni caso a ritmi serrati, ma non impedisce che l'ombra dello Ior venga evocata in quasi tutti gli scandali degli ultimi vent'anni. Da Tangentopoli alle stragi del '93 alla scalata dei "furbetti" e perfino a Calciopoli. Ma come appare, così l'ombra si dilegua. Nessuno sa o vuole guardare oltre le mura impenetrabili della banca vaticana.

L'autunno del 1993 è la stagione più crudele di Tangentopoli. Subito dopo i suicidi veri o presunti di Gabriele Cagliari e di Raul Gardini, la mattina del 4 ottobre arriva al presidente dello Ior una telefonata del procuratore capo del pool di Mani Pulite, Francesco Saverio Borrelli: "Caro professore, ci sono dei problemi, riguardanti lo Ior, i contatti con Enimont...". Il fatto è che una parte considerevole della "madre di tutte le tangenti", per la precisione 108 miliardi di lire in certificati del Tesoro, è transitata dallo Ior. Sul conto di un vecchio cliente, Luigi Bisignani, piduista, giornalista, collaboratore del gruppo Ferruzzi e faccendiere in proprio, in seguito condannato a 3 anni e 4 mesi per lo scandalo Enimont e di recente rispuntato nell'inchiesta "Why Not" di Luigi De Magistris. Dopo la telefonata di Borrelli, il presidente Caloia si precipita a consulto in Vaticano da monsignor Renato Dardozzi, fiduciario del segretario di Stato Agostino Casaroli. "Monsignor Dardozzi - racconterà a Galli lo stesso Caloia - col suo fiorito linguaggio disse che ero nella merda e, per farmelo capire, ordinò una brandina da sistemare in Vaticano. Mi opposi, rispondendogli che avrei continuato ad alloggiare all'Hassler. Tuttavia accettai il suggerimento di consultare d'urgenza dei luminari di diritto. Una risposta a Borrelli bisognava pur darla!". La risposta sarà di poche ma definitive righe: "Ogni eventuale testimonianza è sottoposta a una richiesta di rogatoria internazionale".

I magistrati del pool valutano l'ipotesi della rogatoria. Lo Ior non ha sportelli in terra italiana, non emette assegni e, in quanto "ente fondante della Città del Vaticano", è protetto dal Concordato: qualsiasi richiesta deve partire dal ministero degli Esteri. Le probabilità di ottenere la rogatoria in queste condizioni sono lo zero virgola. In compenso l'effetto di una richiesta da parte dei giudici milanesi sarebbe devastante sull'opinione pubblica. Il pool si ritira in buon ordine e si accontenta della spiegazione ufficiale: "Lo Ior non poteva conoscere la destinazione del danaro".

Il secondo episodio, ancora più cupo, risale alla metà degli anni Novanta, durante il processo per mafia a Marcello Dell'Utri. In video conferenza dagli Stati Uniti il pentito [G]Francesco Marino Mannoia rivela che "Licio Gelli investiva i danari dei corleonesi di Totò Riina nella banca del Vaticano". "Lo Ior garantiva ai corleonesi investimenti e discrezione". Fin qui Mannoia fornisce informazioni di prima mano. Da capo delle raffinerie di eroina di tutta la Sicilia occidentale, principale fonte di profitto delle cosche. Non può non sapere dove finiscono i capitali mafiosi. Quindi va oltre, con un'ipotesi. "Quando il Papa (Giovanni Paolo II, ndr) venne in Sicilia e scomunicò i mafiosi, i boss si risentirono soprattutto perché portavano i loro soldi in Vaticano. Da qui nacque la decisione di far esplodere due bombe davanti a due chiese di Roma".

Mannoia non è uno qualsiasi, è secondo Giovanni Falcone "il più attendibile dei collaboratori di giustizia", per alcuni versi più prezioso dello stesso Buscetta. Ogni sua affermazione ha trovato riscontri oggettivi. Soltanto su una non si è proceduto ad accertare i fatti, quella sullo Ior. I magistrati del caso Dell'Utri non indagano sulla pista Ior perché non riguarda Dell'Utri e il gruppo Berlusconi, ma passano le carte ai colleghi del processo Andreotti. Scarpinato e gli altri sono a conoscenza del precedente di Borrelli e non firmano la richiesta di rogatoria. Al palazzo di giustizia di Palermo qualcuno in alto osserva: "Non ci siamo fatti abbastanza nemici per metterci contro anche il Vaticano?".

Sulle trame dello Ior cala un altro sipario di dieci anni, fino alla scalata dei "furbetti del quartierino". Il 10 luglio dell'anno scorso il capo dei "furbetti", Giampiero Fiorani, racconta in carcere ai magistrati: "Alla Bsi svizzera ci sono tre conti della Santa Sede che saranno, non esagero, due o tre miliardi di euro". Al pm milanese Francesco Greco, Fiorani fa l'elenco dei versamenti in nero fatti alle casse vaticane: "I primi soldi neri li ho dati al cardinale Castillo Lara (presidente dell'Apsa, l'amministrazione del patrimonio immobiliare della chiesa, ndr), quando ho comprato la Cassa Lombarda. M'ha chiesto trenta miliardi di lire, possibilmente su un conto estero".

Altri seguiranno, molti a giudicare dalle lamentele dello stesso Fiorani nell'incontro con il cardinale Giovanni Battista Re, potente prefetto della congregazione dei vescovi e braccio destro di Ruini: "Uno che vi ha sempre dato i soldi, come io ve li ho sempre dati in contanti, e andava tutto bene, ma poi quando è in disgrazia non fate neanche una telefonata a sua moglie per sapere se sta bene o male".
Il Vaticano molla presto Fiorani, ma in compenso difende Antonio Fazio fino al giorno prima delle dimissioni, quando ormai lo hanno abbandonato tutti. Avvenire e Osservatore Romano ripetono fino all'ultimo giorno di Fazio in Bankitalia la teoria del "complotto politico" contro il governatore. Del resto, la carriera di questo strano banchiere che alle riunioni dei governatori centrali non ha mai citato una volta Keynes ma almeno un centinaio di volte le encicliche, si spiega in buona parte con l'appoggio vaticano. In prima persona di Camillo Ruini, presidente della Cei, e poi di Giovanni Battista Re, amico intimo di Fazio, tanto da aver celebrato nel 2003 la messa per il venticinquesimo anniversario di matrimonio dell'ex governatore con Maria Cristina Rosati.

Naturalmente neppure i racconti di Fiorani aprono lo scrigno dei segreti dello Ior e dell'Apsa, i cui rapporti con le banche svizzere e i paradisi fiscali in giro per il mondo sono quantomeno singolari. E' difficile per esempio spiegare con esigenze pastorali la decisione del Vaticano di scorporare le Isole Cayman dalla naturale diocesi giamaicana di Kingston, per proclamarle "missio sui iuris" alle dirette dipendenze della Santa Sede e affidarle al cardinale Adam Joseph Maida, membro del collegio dello Ior. [questa è particolarmente gustosa perchè si vede chiaramente la connessione tra giurisdizione religiosa e traffici di denari]

Il quarto e ultimo episodio di coinvolgimento dello Ior negli scandali italiani è quasi comico rispetto ai precedenti e riguarda Calciopoli. Secondo i magistrati romani Palamara e Palaia, i fondi neri della Gea, la società di mediazione presieduta dal figlio di Moggi, sarebbero custoditi nella banca vaticana. Attraverso i buoni uffici di un altro dei banchieri di fiducia della Santa Sede dalla fedina penale non immacolata, Cesare Geronzi, padre dell'azionista di maggioranza della Gea. Nel caveau dello Ior sarebbe custodito anche il "tesoretto" personale di Luciano Moggi, stimato in 150 milioni di euro. Al solito, rogatorie e verifiche sono impossibili. Ma è certo che Moggi gode di grande considerazione in Vaticano. Difeso dalla stampa cattolica sempre, accolto nei pellegrinaggi a Lourdes dalla corte di Ruini, Moggi è da poco diventato titolare di una rubrica di "etica e sport" su Petrus, il quotidiano on-line vicino a papa Benedetto XVI, da dove l'ex dirigente juventino rinviato a giudizio ha subito cominciato a scagliare le prime pietre contro la corruzione (altrui).

Con l'immagine di Luciano Moggi maestro di morale cattolica si chiude l'ultima puntata dell'inchiesta sui soldi della Chiesa. I segreti dello Ior rimarranno custoditi forse per sempre nella torre-scrigno. L'epoca Marcinkus è archiviata ma l'opacità che circonda la banca della Santa Sede è ben lontana dallo sciogliersi in acque trasparenti. Si sa soltanto che le casse e il caveau dello Ior non sono mai state tanto pingui e i depositi continuano ad affluire, incoraggiati da interessi del 12 per cento annuo e perfino superiori. Fornire cifre precise è, come detto, impossibile. Le poche accertate sono queste. Con oltre 407 mila dollari di prodotto interno lordo pro capite, la Città del Vaticano è di gran lunga lo "stato più ricco del mondo", come si leggeva nella bella inchiesta di Marina Marinetti su Panorama Economy.

Secondo le stime della Fed del 2002, frutto dell'unica inchiesta di un'autorità internazionale sulla finanza vaticana e riferita soltanto agli interessi su suolo americano, la chiesa cattolica possedeva negli Stati Uniti 298 milioni di dollari in titoli, 195 milioni in azioni, 102 in obbligazioni a lungo termine, più joint venture con partner Usa per 273 milioni.

Nessuna autorità italiana ha mai avviato un'inchiesta per stabilire il peso economico del Vaticano nel paese che lo ospita. Un potere enorme, diretto e indiretto. Negli ultimi decenni il mondo cattolico ha espugnato la roccaforte tradizionale delle minoranze laiche e liberali italiane, la finanza. Dal tramonto di Enrico Cuccia, il vecchio azionista gran nemico di Sindona, di Calvi e dello Ior, la "finanza bianca" ha conquistato posizioni su posizioni. La definizione è certo generica e comprende personaggi assai distanti tra loro. Ma tutti in relazione stretta con le gerarchie ecclesiastiche, con le associazioni cattoliche e con la prelatura dell'Opus Dei. In un'Italia dove la politica conta ormai meno della finanza, la chiesa cattolica ha più potere e influenza sulle banche di quanta ne avesse ai tempi della Democrazia Cristiana.
(Hanno collaborato Carlo Pontesilli e Maurizio Turco)

(26 gennaio 2008)


Quando indago e leggo di queste cose mi sale la irrefrenabile voglia che le previsioni dei millenaristi si avverino.

Saluti
Andrea
[Modificato da spirito!libero 25/06/2008 20:53]



"il punto essenziale non è se una teoria piaccia o non piaccia, ma se fornisca previsioni in accordo con gli esperimenti. Dal punto di vista del buon senso l'elettrodinamica quantistica descrive una Natura assurda. Tuttavia è in perfetto accordo con i dati sperimentali. Mi auguro quindi che riusciate ad accettare la Natura per quello che è: assurda. (da QED. La strana teoria della luce e della materia, traduzione di F. Nicodemi, Adelphi, 1989)
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25/06/2008 21:57
 
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Andrea, faccio alcune osservazioni riguardo le collusioni tra Marcinkus e circoli malavitosi:


malavita romana e sarda



Per quanto ne sappia io, il faccendiere sardo Carboni non era legato alla malavita isolana, ma a circoli di potere e massoni, isolani italiani e svizzeri. Tuttavia, scorrendo l'unico elenco superstite della P2 (quello parziale sequestrato nella villa di L. Gelli), non si può non notare un numero impressionate di medici, politici e militari sardi che ancora oggi muovo le redini della politica sarda e italian (es. Pisanu, Aleffi, etc.). Più che nei circoli malavitosi, gli intrecci con detti personaggi si svolgeva negli ambiti istituzionali. In realtà, ritengo che "malavita" (secondo la concezione di questo sostantivo di noi persone oneste) sia più appropriato, in quanto questa ingloba qualsiasi forma di delinquenza, a prescindere dall'ambito dove si svolge.


E' assurdo e immorale che si possa spendere anche solo una parola in difesa di costoro che hanno ucciso, truffato, ingannato, sovvertito, finanziato regimi e venduto armi. E' qualcosa che grida giustizia da ogni poro. E oggi il vaticano ha ancora il coraggio di difendere il nome di questo farabutto ? Non ho davvero parole. Questa organizzazione è, come diceva Nietzsche “l'unica grande depravazione interiore l'unico grande istinto di vendetta per cui nessun espediente è abbastanza velenoso, lugubre, sotterraneo e meschino: lo dichiaro l'unica macchia immortale del genere umano”



Il Vaticano sa bene di che pasta era fatto Marcinkus e fino a quando ha potuto, lo ha protetto, per esempio negando la sua estradizione alle forze dell'ordine di tutto il globo. Il fatto che si ostini a difenderlo, non mira a riabilitare la figura di questo farabutto, quanto evitare che da uno scandalo di vaste proporzioni nascano nuove accuse alla chiesa cattolica, accuse che sono legittime e doverose da parte della parte sana della società. Insomma, si sa che certi scandali trascinano con sé credibilità e potere di un'Istituzione e la chiesa cattolica, che deve fare i conti col calo di credenti, matrimoni e battesimi, sa che l'unico baluardo su cui può fare affidamento è il potere e la credibilità. E poi, per dirla tutta, si sapeva fin dall'inizio che il sequestro Orlandi era stato progettato da un sinedrio di delinquenti, tra cui il Vaticano.
Comunque, mi sorge un dubbio: Marcinkus è morto alcuni mesi fa negli USA e questa testimone ha cantato solo dopo la sua morte. Io penso che se anche solo uno di loro parla, comincia a tremare tutta la baracca. Si tratta di una spelonca molto affollata...
[Modificato da Frances1 25/06/2008 22:05]



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26/06/2008 11:43
 
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"Io penso che se anche solo uno di loro parla, comincia a tremare tutta la baracca. Si tratta di una spelonca molto affollata"

Completamente d'accordo. Chissà cosa verrebbe fuori da quegli archivi spero solo di esserci quando e se un giorno succederà.




"il punto essenziale non è se una teoria piaccia o non piaccia, ma se fornisca previsioni in accordo con gli esperimenti. Dal punto di vista del buon senso l'elettrodinamica quantistica descrive una Natura assurda. Tuttavia è in perfetto accordo con i dati sperimentali. Mi auguro quindi che riusciate ad accettare la Natura per quello che è: assurda. (da QED. La strana teoria della luce e della materia, traduzione di F. Nicodemi, Adelphi, 1989)
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