CONDANNATI, PRESCRITTI, INDAGATI, IMPUTATI E RINVIATI A GIUDIZIO(Pd)
Partito democratico (18)
Benvenuto Romolo: Ex Margherita, condannato in primo grado nel 1999 a 140 mila lire di ammenda per percosse all’ex
convivente. I fatti risalgono alla metà degli anni Novanta. Il legame fra i due si era ormai deteriorato. L’uomo politico pensò
bene di concluderlo a ceffoni. La donna lo denunciò e ne ottenne la condanna. In appello, poi, Benvenuto chiese scusa e risarcì
il danno, ottenendo la rimessione di querela, il «non luogo a procedere» e l’estinzione del reato.
Bubbico Filippo: Ex Ds, rinviato a giudizio e poi assolto in primo grado per abuso d’ufficio nel processo sulla defenestrazione
del direttore generale dell’Asl di Venosa (Potenza); indagato a Catanzaro dal pm Luigi De Magistris per truffa aggravata
all’Unione europea in un’inchiesta su 20 miliardi di lire di fondi comunitari stanziati per un progetto di bachicoltura in
Basilicata mai decollato; indagato ancora a Catanzaro nell’inchiesta «Toghe lucane» del pm De Magistris con le accuse di
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associazione per delinquere, abuso e truffa in relazione a diverse operazioni del presunto «comitato d’affari» lucano nella
sanità e nei finanziamenti europei a villaggi turistici in Basilicata.
Carra Enzo: Ex Dc ed ex Margherita, condannato in via definitiva a 1 anno e 4 mesi per false dichiarazioni al pubblico
ministero. Per i giudici, Carra è un falso testimone che, con il suo «comportamento omertoso» e la sua «grave condotta
antigiuridica», ha giurato il falso dinanzi al pool di Milano nel 1993, tentando di «assicurare l’impunità a colpevoli di
corruzione, falso in bilancio e finanziamento illecito» nella maxitangente Enimont.
Castagnetti Pierluigi: Ex Dc ed ex Margherita, ha una prescrizione per corruzione. Il 5 dicembre 2002 il pm di Ancona Paolo
Gubinelli ha chiesto il suo rinvio a giudizio per corruzione, accusandolo di aver ricevuto una tangente di 15 milioni di lire nel
1991-92 dall’imprenditore anconetano Luigi Marrino in cambio del decreto di concessione dell’Istituto vendite giudiziarie.
Secondo l’accusa, Castagnetti – all’epoca capo della segreteria politica del segretario Dc Mino Martinazzoli – avrebbe
accettato quel denaro «per compiere atti contrari ai doveri del suo ufficio rivestito» nell’interesse non solo di Marrino, ma
anche di un monsignore di Reggio Emilia, Pietro Iotti, che aspirava a ottenere una quota dell’Ivg. Ma il 15 aprile 2003 il gup
Sante Bascucci gli concede le attenuanti generiche e dichiara così prescritto il reato.
Cocilovo Luigi: Ex Dc ed ex Margherita, rinviato a giudizio a Palermo per corruzione, viene assolto nel 2002 pur essendo
ritenuto responsabile del reato, cioè di una mazzetta di 350 milioni versatagli da un imprenditore edile del Ragusano,
Domenico Mollica, in cambio della “pace sindacale” nei suoi cantieri. Colpevole, ma assolto: com’è possibile? Semplice. Il
Tribunale e poi la Corte d’appello di Palermo, in base alla cosiddetta legge costituzionale del «giusto processo», sono costretti
a cestinare la confessione dell’imprenditore che l’aveva corrotto: utilizzata per condannare Mollica per aver corrotto Cocilovo,
non può essere usata per condannare Cocilovo per essere stato corrotto da Mollica. Motivo: è stata resa dinanzi al pm, ma non
ripetuta in tribunale, dunque inutilizzabile nei confronti di terze persone. Che però Cocilovo si sia fatto corrompere, i giudici
del Tribunale lo ritengono più che assodato, tant’è che lo definiscono «collettore di tangenti... disposto a concedere favori
sindacali».
Crisafulli Vladimiro: Ex Ds, ha visto finire in archivio l’indagine a suo carico per concorso esterno in associazione mafiosa
alla Procura di Caltanissetta, nata dal del filmato dei carabinieri che lo ritraeva in un hotel di Pergusa mentre abbracciava e
baciava il boss di Enna, Raffaele Bevilacqua, e discuteva con lui di appalti pubblici, assunzioni e favori vari; in un’altra
indagine, aperta per rivelazione di segreti d’ufficio dalla Procura di Messina, la sua posizione è stata stralciata con richiesta di
archiviazione al gip, che non s’è ancora pronunciato.
Cusumano Stefano: Ex Dc, nel 1999 quand’era sottosegretario al Tesoro per l’Udeur nel governo D’Alema, ma non
parlamentare, fu arrestato a Catania per concorso esterno in associazione mafiosa e turbativa d’asta nell’indagine sugli appalti
truccati da 120 miliardi di lire per la costruzione dell’ospedale Garibaldi; il 13 aprile 2007 è stato assolto dall’accusa di mafia,
mentre la turbativa d’asta è caduta in prescrizione.
D’Alema Massimo: Ex Ds, s’è salvato per prescrizione del reato (accertato) di finanziamento illecito nel processo a proposito
di 20 milioni di lire in nero versatigli nel corso di una cena, negli anni 80, dal boss delle cliniche Francesco Cavallari, legato
alla Sacra corona unita; ha poi avuto un’archiviazione a Reggio Emilia per i presunti fondi neri incamerati dal Pci-Pds;
archiviata a Roma anche l’inchiesta per finanziamento illecito nata a Venezia, che lo vedeva indagato con Achille Occhetto e
con Bettino Craxi; a Parma invece, dove Calisto Tanzi sosteneva di averlo finanziato con inserzioni pubblicitarie sulla rivista
della sua fondazione Italianieuropei, D’Alema è rimasto un semplice testimone; infine la Procura di Milano sta ancora
vagliando la sua posizione nell’ambito delle indagini sulla scalata dell’Unipol alla Bnl di Consorte nell’estate del 2005: il gip
Clementina Forleo, che ipotizzava un suo concorso nell’aggiotaggio di Consorte, ha trasmesso gli atti alla Procura, sostenendo
che non è necessario il permesso del Parlamento europeo per usare nei suoi confronti le famose intercettazioni telefoniche.
De Filippo Vito: Ex Margherita, indagato e arrestato nel 2002 nell’inchiesta del pm Woodcock, che chiedeva di condannarlo a
1 anno e 6 mesi per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d’asta (presunte mazzette pagate
dalla ditta De Sio per vincere appalti da enti come Inail ed Eni-Agip in Val d’Agri), De Filippo viene assolto alla fine del 2004
insieme ad altri politici coinvolti (mentre vengono rinviati a giudizio gli imprenditori presunti corruttori); indagato nel 2004,
sempre a Potenza, per associazione a delinquere di stampo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, corruzione e turbativa
d’asta per presunti rapporti con esponenti della cosche della ’ndrangheta e poi archiviato in fase d’indagine; rinviato a giudizio
e assolto dall’accusa di abuso d’ufficio per uno scandalo della sanità. A quest’ultimo proposito, come per il suo coimputato
Bubbico, il pm chiede la condanna sua (e di altri 10 imputati) a 1 anno e 8 mesi per aver cacciato nel 2001 dalla direzione
generale dell’Asl 1 di Venosa (Potenza) Giuseppe Panio e averlo sostituito a Giancarlo Vainieri, gradito alla giunta e in
particolare ai Ds, sebbene i giudici del lavoro avessero reintegrato al suo posto il dirigente defenestrato. Ma nella tarda serata
del 3 marzo 2008, proprio mentre a Roma i vertici del Pd lo inseriscono nelle liste per le elezioni politiche, il Tribunale assolve
lui e gli altri imputati perché «il fatto non costituisce reato». Forse perché, dopo la controriforma dell’abuso del 1996, il reato
scatta solo se è dimostrato l’interesse patrimoniale di chi fa e di chi riceve il favore e la volontà specifica di agevolare qualcuno
e sfavorire qualcun altro. C’è infine un’indagine sulle pressioni politiche per alcune nomine ai vertici delle aziende ospedaliere
lucane. Il pm Woodcock, nel 2007, chiede al Gip di inoltrare al Parlamento la richiesta di usare le intercettazioni telefoniche
«indirette», in cui alcuni indagati chiacchierano con 9 parlamentari (tra i quali il governatore De Filippo e l’allora ministro
Mastella, che parlano della rimozione del direttore generale dell’ospedale San Carlo di Potenza, Michele Cannizzaro, dopo il
coinvolgimento di quest’ultimo nell’inchiesta «toghe lucane» a Catanzaro). Il gip respinge la richiesta, perché nel frattempo la
Consulta ha demolito la legge Boato, sostenendo che non occorre il permesso delle Camere per usare telefonate in cui compaia
la voce di un parlamentare nei confronti di persone intercettate, ma non indagate. Dunque il pm potrà proseguire il suo lavoro
senza chiedere nulla al Parlamento. In questa indagine, secondo un quotidiano locale della Basilicata, è inquisito anche De
Filippo. Ma questi smentisce e la Procura tace.
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Gozi Sandro: Fedelissimo di Romano Prodi, è indagato – secondo «Panorama» – per associazione per delinquere, truffa e
violazione della legge Anselmi sulle logge segrete dalla Procura di Catanzaro, nell’ambito dell’inchiesta «Why Not» sui fondi
pubblici succhiati da consulenze fittizie e società create da politici calabresi (e non) di destra e di sinistra. «Why Not» è una
società di lavoro interinale (appartenente al consorzio Clic) che fa capo al ciellino Antonio Saladino, leader calabrese della
Compagnia delle Opere, che nel 2006 avrebbe promesso e forse anche raccolto voti per il centrosinistra.
Laganà Fortugno Maria Grazia: Ex Margherita, la vedova di Franco Fortugno – il medico e vicepresidente del Consiglio
regionale calabrese assassinato in un agguato mafioso il 16 ottobre 2005 davanti al seggio dove si vota per le primarie
dell’Unione – è indagata in una delle inchieste della Procura di Reggio Calabria sulla malasanità nell’ospedale di Locri, dove il
marito era primario in aspettativa e la signora vicedirettrice sanitaria. Ipotesi di reato: truffa ai danni dello Stato, per presunte
forniture sanitarie irregolari.
Latorre Nicola: Ex Ds, è stato indagato a Potenza per favoreggiamento, poi ha visto la sua posizione finire in archivio:
ascoltando alcune telefonate di un gruppo di uomini d’affari in rapporti con lui e con l’ex presidente del Perugia Calcio,
Luciano Gaucci, i magistrati avevano ipotizzato che fosse stato Latorre ad avvertire l’imprenditore dell’indagine a suo carico.
Altre intercettazioni telefoniche l’hanno portato Latorre a un passo dal finire indagato a Milano per le scalate bancarie dei
furbetti del quartierino. La sua voce è stata infatti registrata più volte, mentre discuteva con il numero uno di Unipol, Giovanni
Consorte, dell’assalto alla Bnl, e addirittura con Stefano Ricucci, impegnato nella scalata al Corriere. Il gip Forleo, quando si è
trattato di trasmettere le conversazioni al Parlamento per ottenere l’autorizzazione al loro utilizzo, ha scritto che almeno otto
telefonate di Latorre (e D’Alema) attestano «i ruoli attivi ricoperti» nella scalata Unipol a Bnl, «contrassegnati all’evidenza da
consapevole contributo causale» all’aggiotaggio addebitato a Consorte. Ora la sua posizione è al vaglio della Procura di
Milano, a cui il gip Forleo ha trasmesso gli atti, dopo che il Senato ha negato l’ok all’uso delle intercettazioni a suo carico.
Lolli Giovanni: Ex Ds, è imputato in udienza preliminare a Bari per favoreggiamento nell’inchiesta sui presunti abusi della
Missione Arcobaleno. Nel 1999 il governo D’Alema lancia l’operazione umanitaria «Arcobaleno» per sostenere i profughi
kosovari fuggiti in Albania durante la guerra civile. Secondo l’accusa, durante e dopo la Missione, la Protezione civile allora
presieduta da Franco Barberi, grazie a una fitta rete di complicità e amicizie con «esponenti apicali della politica», mise in
piedi una «associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati contro la Pubblica amministrazione» (peculato,
concussione, corruzione, abuso d’ufficio) e «ogni altro reato necessario o utile per i perseguimento degli scopi illeciti». In
pratica la magistratura ritiene di aver scoperto enormi ruberie, tangenti e dirottamenti degli ingenti fondi pubblici stanziati per i
profughi, ma in realtà rimasti in Italia. Per questo la Procura barese ha chiesto nel febbraio del 2007 il rinvio a giudizio di 26
persone, a cominciare da Barberi, giù giù fino a Lolli. Nel 1999, quand’era responsabile nazionale Associazionismo e Sport
dei Ds, Lolli avrebbe informato due indagati che il loro telefono era sotto controllo, facendo così saltare gli accertamenti in
corso da parte degli investigatori. Di qui l’accusa di favoreggiamento. L’udienza preliminare è in corso dal 10 maggio 2007. I
reati, a tale distanza dai fatti (l’indagine partì nel gennaio del 2000), rischiano la prescrizione.
Lusetti Renzo: Ex Dc, ex Margherita, già pupillo di De Mita, già assessore a Roma nella giunta Rutelli, in quest’ultima veste
nel 2001 è stato condannato dalla Corte dei conti a risarcire il Comune di Roma oltre 2 miliardi di lire per consulenze
ingiustificate. In appello l’importo è stato ridotto di un quinto.
Margiotta Salvatore: Ex Margherita, è indagato a Potenza per falso ideologico e a Catanzaro, secondo l’Ansa, per abuso
d’ufficio. La prima inchiesta è condotta dal pm Henry John Woodcock, che nel luglio del 2006 ha proposto al gip Alberto
Iannuzzi di chiedere alla Camera l’autorizzazione a utilizzare conversazioni telefoniche in cui compare anche la voce di
Margiotta. Il caso – dov’è indagata anche la signora Margiotta, cioè il capo della Mobile di Potenza, Luisa Fasano, per abuso
d’ufficio – nasce dalle indagini che il 6 maggio 2006 portarono all’arresto del faccendiere Massimo Pizza, accusato di aver
messo in piedi un’organizzazione specializzata in grosse truffe ai danni di imprenditori. Dalle intercettazioni telefoniche saltò
fuori che Fasano e Margiotta parlavano di una contravvenzione per eccesso di velocità fatta all’autista del deputato e, secondo
l’accusa, si interessavano per farla annullare. Margiotta avrebbe addirittura stilato una dichiarazione ufficiale, su carta intestata
della Camera dei Deputati, per attestare che il suo autista correva perché lui doveva assolutamente arrivare in tempo a una
riunione con un importante ministro della Margherita. Di qui l’accusa di falso ideologico. Ma dalle conversazioni della Fasano
– sia con il marito, sia con altre persone – emergerebbe anche una fitta rete di rapporti con uomini politici (soprattutto del
centrosinistra), amministratori locali, alti magistrati di Potenza (in particolare il sostituto procuratore generale Gaetano
Bonomi) e uomini delle forze dell’ordine, finalizzati a interessi personali e di carriera. Di qui l’ipotesi di peculato e rivelazione
di segreto d’ufficio. L’inchiesta di Catanzaro, che riguarda anche i coniugi Margiotta, è quella denominata «Toghe lucane» e
condotta dal pm Luigi De Magistris: l’episodio per cui sarebbe indagato Margiotta per abuso d’ufficio è il suo presunto ruolo
nella nomina di Michele Cannizzaro (marito della pm potentina Felicia Genovese, indagata e trasferita a Roma) a direttore
generale dell’ospedale San Carlo di Potenza. Nella stessa inchiesta è indagata certamente per abuso d’ufficio anche la moglie
Luisa Fasano, che il 7 giugno 2007 ha subito anche una perquisizione a casa e in ufficio: in quel momento si è appreso che è
accusata di aver «influenzato» – dalla postazione privilegiata di capo della Mobile di Potenza – varie indagini aperte dalla
Procura, «insabbiandone» alcune, ostacolando l’attività di magistrati e investigatori, operando per «non garantire il genuino
andamento dei procedimenti», cercando di «influire sul loro corretto andamento», «insabbiandone» alcuni e favorendo «il
ruolo politico del marito» deputato. Letta la notizia sull’Ansa, Margiotta ha smentito di essere sotto inchiesta («non mi risulta
essere indagato e comunque che non ho ricevuto alcun avviso di garanzia»), confermando che invece lo è la sua signora.
Papania Antonio: Ex Margherita, il 24 gennaio 2002 ha patteggiato davanti al gip di Palermo una pena di 2 mesi e 20 giorni
di reclusione per abuso d’ufficio. La vicenda risale al 1998. Papania, all’epoca assessore regionale al Lavoro, venne coinvolto
in un’inchiesta condotta dalla Procura di Palermo su una compravendita di posti di lavoro. Secondo i magistrati, alcuni
esponenti di un sindacato, il Failea, avevano promesso assunzioni a quindici ex detenuti in cerca di lavoro in cambio di somme
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di denaro che arrivavano fino a 3 milioni di lire. Per le assunzioni i sindacalisti si sarebbero rivolti a pubblici ufficiali e politici.
A Papania, che aveva dato lavoro a disoccupati privi dei titoli richiesti dalla legge, i pm avevano contestato il concorso esterno
in associazione a delinquere e l’abuso d’ufficio. La prima accusa è stata però archiviata dal gip. Secondo gli investigatori,
Papania era stato contattato dall’organizzazione, guidata da Francesco Paolo Alaimo, arrestato, per ottenere l’inserimento dei
disoccupati. In un’intercettazione ambientale Alaimo parlava con un altro indagato di una percentuale del 3 per cento da pagare
a Papania solo quando fosse riuscito «a far traghettare i soldi gestiti dalla Regione a un’associazione costituita appositamente
suggerita dal politico». Secondo Papania però non vi fu mai nessuna promessa di tangente. L’indagine ha riguardato piani di
inserimento professionale, cantieri di lavoro, lavoratori socialmente utili, precari tante volte scesi in piazza per sollecitare
assunzioni, scatenando proteste con incidenti.
Rigoni Andrea: Ex Margherita, è stato condannato a 8 mesi di reclusione in primo grado per un abuso edilizio sul monte di
Porto Azzurro, all’isola d’Elba, insieme alla madre, alla sorella e al direttore dei lavori. In appello, poi, si è salvato grazie alla
prescrizione del reato.
Vitrano Gaspare: Ex Margherita, è stato condannato dalla Corte d’appello di Palermo a 9 mesi di reclusione per falso in atto
pubblico e imputato in Tribunale per abuso d’ufficio. Secondo l’accusa, per sanare una irregolarità che lo avrebbe fatto
decadere da deputato regionale della Sicilia per aver presentato in ritardo la domanda di aspettativa, avrebbe falsificato i
registri di presenza nel suo ufficio di dipendente dell’ente Regione, con la complicità di altri due funzionari.
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Allora, facciamo a chi ce li ha più grossi???
Forza sù, trovatemene uno che è pulito come un angioletto
Volete Berlusconi in galera?
Bene, allora devono sparire anche tutte le aziende che ha messo in piedi. Con buona pace di quelli che ci lavorano.
E smettetela una buona volta di sputare veleno nel piatto dove mangiate.
La Madre Badessa
[Modificato da kelly70 10/07/2008 19:05]
La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Le religioni dividono. L'ateismo unisce
Il sonno della ragione genera mostri (Goya)