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Travaglio:"Così ho pagato le vacanze"

Ultimo Aggiornamento: 12/09/2008 09:36
12/09/2008 09:36
 
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da www.repubblica.it/2008/05/sezioni/politica/insulti-schifani/cosi-ho-pagato/cosi-ho-pag...

Caro Direttore, per la quarta volta da quando ho raccontato in tv una serie di fatti veri sul passato del presidente del Senato, Renato Schifani, sono costretto a difendermi dagli attacchi di Giuseppe D'Avanzo (altro che "polemicuzza personale"). Il quale, anziché delle strane amicizie del presidente del Senato, continua a occuparsi delle mie vacanze. Io indico la luna, lui parla del dito. Nel suo articolo del 14 maggio, svelava uno scoop sensazionale: "L'avvocato di Michele Aiello (un costruttore arrestato nel 2003 e poi condannato in primo grado per mafia, ndr)... dice di aver saputo dal suo assistito che, su richiesta di Pippo (Ciuro, un maresciallo della Direzione antimafia di Palermo, arrestato nel 2003 per mafia, poi assolto dalla mafia ma condannato per favoreggiamento di Aiello, ndr), Aiello ha pagato l'albergo a Marco (Travaglio, ndr).

Forse, dicono gli investigatori, un residence nei dintorni di Trabia". Poi citava una clamorosa telefonata dell'"8 agosto del 2002" fra me e il sottufficiale, che mi prestava un cuscino. Siccome nel 2002 passai le vacanze in un hotel di Trabia, il "Torre Artale", segnalatomi da Ciuro, ritenni che quella voce falsa e calunniosa divulgata da D'Avanzo si riferisse alle mie vacanze del 2002 nell'hotel di Trabia. Dissi subito che me le ero pagate io, visto che sono abituato così e che non ho mai visto né sentito questo Aiello. E promisi di dimostrarlo con le carte. Dopo lunghe ricerche, ho rintracciato l'estratto conto della mia carta di credito Diners con cui pagai la metà del conto (2 mila euro) e la fotocopia dell'assegno con cui saldai il resto (2.526,70 euro). Li ho pubblicati sul mio blog, per evitare di annoiare ancora i lettori di Repubblica con questa penosa faccenda.

Speravo che fosse finita, ma mi sbagliavo. Ieri D'Avanzo mi ha dedicato tre quarti di pagina, cambiando le carte in tavola. Dopo aver sempre parlato del 2002 e di Trabia, ora sostiene che "quei documenti provano poco": stavolta devo dimostrare che pagai anche la vacanza del 2003 in un residence di Altavilla Milicia ("è il saldo del soggiorno al Golden Hill a dover essere confermato"). E butta lì un simpatico "anche se quei documenti saltassero fuori...".

Bene, sono felice di comunicargli che il mio soggiorno di dieci giorni in un villino del residence Golden Hill ad Altavilla lo saldai con la proprietaria (il cui nome, se vuole, gli fornirò in privato) in data 21 agosto 2003 con un assegno della mia banca, San Paolo-Imi di Torino: assegno di 1000 euro numero 3031982994.

Per la fotocopia, farò subito richiesta alla banca e spero di averla tra qualche settimana, come l'altra. Casomai D'Avanzo gradisse qualche ragguaglio sulle mie ferie precedenti o successive (le faccio tutti gli anni), posso fornirgli la documentazione completa, onde evitare di dovergliene render conto a rate, per la gioia - immagino - dei lettori. Dopodiché, visto che "per vergognarsi c'è tempo", il collega potrà procedere a piè fermo. E poi, magari, occuparsi anche lui del passato di Schifani. Sarebbe la prima volta.

Due parole, infine, sulla nuova lezione di giornalismo che D'Avanzo ha voluto impartirmi dopo una lunga arringa difensiva pro Schifani, della quale il presidente del Senato gli sarà senz'altro grato (mi ha fatto causa civile chiedendomi un paio di milioni di euro). Egli sostiene di aver tirato in ballo le mie vacanze a proposito (si fa per dire) di Schifani per "applicare il principio 'tu quoque': atti uguali vanno valutati a uguali parametri". Bene, vediamoli questi "atti uguali".

A) Io conosco, come decine di cronisti giudiziari, un sottufficiale della Guardia di Finanza che lavora all'antimafia fin dai tempi di Falcone e che mi suggerisce un albergo a Trabia e un residence ad Altavilla. Io ci vado e, ovviamente, pago il conto (anzi, in albergo pago il doppio del prezzo inizialmente pattuito). Poi il maresciallo viene arrestato e condannato per aver passato notizie riservate a un indagato (Aiello).

B) L'avvocato Renato Schifani, alla fine degli anni 70, entra nella "Sicula Brokers"in società con l'amministratore dei cugini Salvo (arrestati di lì a poco per mafia da Falcone), con Benny D'Agostino (arrestato e condannato per mafia negli anni 90) e con Nino Mandalà (arrestato e condannato come boss di Villabate sullo scorcio degli anni 90). Non li incontra per il lavoro che fa: ci entra in società, ci fa soldi, affari, lucro. Prima di essere arrestato, Mandalà si sposa e Schifani presenzia al suo matrimonio. Poi diventa consulente urbanistico del comune di Villabate, nominato da una giunta considerata dai magistrati "nelle mani" di Bernardo Provenzano e Nino Mandalà. Poco tempo dopo, il comune di Villabate verrà infatti sciolto due volte per mafia.

Dimenticavo. A) Io sono un privato cittadino. B) Schifani, già capogruppo di Forza Italia al Senato, è la seconda carica dello Stato. Qualcuno davvero può pensare che A è uguale B? Qualcuno può davvero sostenere che non si dovessero raccontare, in vari libri e in tv, le frequentazioni del presidente del Senato?

Era poi tanto campata in aria una battuta, quella su lombrichi e muffe, che intendeva semplicemente segnalare lo scadimento della nostra classe politica e rammentare il principio universale secondo cui chi ricopre alti incarichi pubblici non dev'essere nemmeno chiacchierato? Troppo spesso, in Italia, "si guarda al dito anziché alla luna" perché "l'informazione che racconta la malattia del Paese, dei veleni che lo inquinano, dei detriti che ne condizionano le decisioni diventa, in questa interpretazione, addirittura una patologia e non una delle possibili terapie per immunizzare il discorso pubblico".

Ma "pensare che l'informazione sia la malattia del Paese e non una delle necessarie terapie alle patologie della politica può essere una strada senza ritorno alla vigilia di una stagione che, in modo esplicito, vuole attenuare i contrappesi di un potere che non riconosce alcun limite a se stesso. Dove si canta una sola nota, le parole... non conteranno più". Sono parole che condivido in pieno. Le ha scritte Giuseppe D'Avanzo su Repubblica il 1° agosto 2008. Chissà se le condivide anche lui.

Ciuro che tacerò. (G. D. A.)

(12 settembre 2008)
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