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Non credo, dunque, esisto

Ultimo Aggiornamento: 08/04/2009 21:58
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08/04/2009 21:58
 
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Una riflessione sull'esistenza di Dio e l'essere laici o credenti, a partire da una campagna pubblicitaria.Fantascienza? Forse, ma non troppo.

Dio non esiste. Anzi sì. Beh, insomma, dipende dalla concessionaria di pubblicità. Si potrebbe provocatoriamente raccontare così la vicenda accaduta a Genova nelle scorse settimane. La UAAR - Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti — decide di affittare uno spazio pubblicitario su due autobus dell’Azienda Municipalizzata Trasporti genovese per far circolare uno slogan: “La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.” L’iniziativa segue quelle analoghe già sperimentate con successo a Londra e Barcellona, anche se lì gli slogan erano leggermente più edulcorati.

La reazione è più che scontata, in uno Stato come quello italiano la cui compenetrazione con quello Vaticano somiglia sempre di più a una vera e propria simbiosi. Dopo un primo ok della IGP Decaux, la società concessionaria, le gigantesche polemiche — che hanno visto scendere in campo tutti, addirittura a livello nazionale - hanno costretto la suddetta società a un rapido dietrofront. Alla fine si è arrivati a un accordo sul messaggio che poi è stato effettivamente pubblicato, e cioè: “La buona notizia è che in Italia ci sono milioni di atei. L’ottima è che credono nella libertà d’espressione.”



Lo slogan iniziale, oggettivamente provocatorio in una realtà come quella italiana e genovese, ha comunque centrato in pieno l'obiettivo di attirare l’attenzione, visto che l’UAAR ha raggiunto in pochi giorni notorietà nazionale e un cospicuo aumento delle donazioni. Proprio in questi giorni, inoltre, tale slogan è riapparso su dieci grandi cartelloni affissi per le strade del capoluogo ligure. Resta desolante il fatto che si sia costretti, nell’anno 2009, a fare scandalo per parlare di un tema, certamente sensibile, ma serenamente affrontabile in un qualsiasi paese civile.

Mentre la realtà italiana è rimasta indietro anche su questo punto, la realtà fantascientifica ha già da decenni sviscerato l’argomento con passione e intelligenza. In effetti il confronto con il trascendente è uno dei temi più elevati della letteratura, soprattutto di quella di fantascienza, la cui base positivista non può che porsi, prima o poi, il dilemma su dove (e se) termina la razionalità e dove invece inizia l’irrazionale. Non a caso due tra le opere sci-fi più importanti della storia, 2001: Odissea nello spazio (1968) e Solaris (1961), affrontano proprio questo tema. Sempre non per caso i due artefici di queste opere, Stanley Kubrick e Stanislaw Lem, sono due personalità complesse e articolate, certamente per nulla inclini al fideismo ma che non si sono sottratti al confronto, e neanche si sognavano di farlo.

Non mancano esempi di fantascienza orientata al misticismo, come ad esempio l’esegesi filosofica e religiosa espressa dalla trilogia di Valis (1981-1982) di Philip K. Dick, o la sofferta riflessione espressa da James Blish in Guerra al grande nulla (1959). Ma il versante di critica, più o meno aperta, è comunque predominante. Dal razionalismo deciso di Isaac Asimov alla New Wave britannica, fino al Cyberpunk e alle nuove tendenze del ventunesimo secolo, la fantascienza si è misurata con il divino da posizioni mutevoli, ma sempre libere, attraverso opere a volte poetiche, a volte serie, altre volte ironiche e dissacranti. Basti ricordare la feroce messa alla berlina di tutte le religioni operata da Robert A. Heinlein nel suo capolavoro Straniero in terra straniera (1961); oppure l’ateismo radicale di Douglas Adams, che permea, neanche troppo sottilmente, le pagine del suo ciclo della Guida galattica per gli autostoppisti (1979). Sotto questo aspetto risulta emblematico L’ultimo viaggio di Dio (1995), geniale e dissacrante romanzo dell’americano James Morrow; l’immagine del cadavere del Creatore, un uomo alto tre chilometri alla deriva davanti alle coste africane, è di quelle destinate a lasciare il segno. D’altro canto, un raffinato e profondo autore quale Lester Del Rey ha affrontato in diverse opere brevi il rapporto tra l’uomo e il suo bisogno di trovare conforto in un essere superiore. Racconti come Superstizione (1954) e Non avrai altro popolo (1973) rendono chiara la visione di Del Rey; soprattutto il secondo, l’epopea dell’umanità che si trova a combattere contro invasori alieni guidati da Dio in persona, è forse una delle migliori sintesi di ciò che il pensiero razionale è riuscito a esprimere attraverso il filtro della fantascienza. Il racconto non è un manifesto di ateismo radicale, in quanto l’esistenza di Dio non viene negata, anzi; infatti il protagonista, il parroco di una piccola cittadina, ha un incontro faccia a faccia con il Creatore. Ma la constatazione che Dio non solo esiste, ma si è schierato contro l’umanità, anziché demoralizzare gli uomini rafforza in loro la consapevolezza che l’esistenza dell’umanità stessa non dipende, e non è mai dipesa, dai capricci di una qualsiasi divinità. Il non credere diventa premessa sufficiente per stabilire la centralità degli esseri umani, secondo un ragionamento tipico del filosofo Kant, non a caso citato nel racconto.

Si tratta pertanto della riscoperta di un ideale del tutto laico, ma non per questo meno potente. È la fiducia nell’umanità, nell’unione di intenti fra esseri intelligenti che esprime dapprima volontà di pura sopravvivenza, e poi di rivincita e conquista. È in fondo lo spirito di ricerca primordiale, quello che ha spinto gli uomini a evolversi e a superare i propri limiti non in nome e per conto di una divinità, quale che fosse, ma in nome e per conto del proprio bisogno di libera espressione del pensiero, di fatto fonte principale del progresso scientifico e sociale. Tornando alla vicenda iniziale, l’iniziativa pubblicitaria sugli autobus genovesi ha come ultimo scopo l’affermazione di un principio: la libera espressione del pensiero è la vera e autentica “divinità” di cui l’essere umano non può fare a meno, essendo connaturata alla stessa qualità dell’esistenza. In questo senso, affermare che non si ha bisogno di Dio equivale a dire che l’Uomo è perfettamente in grado di trovare da sé la propria strada, utilizzando gli strumenti dell’etica e del raziocinio, e affidandosi all’istinto che ogni creatura intelligente si porta nel DNA. Non c’è nulla di male nel nutrire un sentimento religioso, ma se la libertà di culto è un diritto, questo non può comunque tradursi in una limitazione del diritto altrui di non credere ad altri se non in sé stessi e nel prossimo, poiché anche l’ideale ateo risponde al bisogno di dare un senso al vivere che vada oltre la semplice sopravvivenza. Se il pensiero razionale ha però una freccia in più, questa freccia la scaglia nella direzione della maggior inclusione possibile; infatti, solitamente, chi è ateo non impedisce a chi è religioso di esprimersi. Raramente invece accade il contrario, almeno nel nostro paese.




www.fantascienza.com/magazine/rubriche/12131/1/non-credo-dunque...
[Modificato da kelly70 08/04/2009 22:00]



La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Apocalisse Laica
Le religioni dividono. L'ateismo unisce


Il sonno della ragione genera mostri (Goya)


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