Un cittadino che aveva fatto regolare domanda di sbattezzo si è visto recapitare dalla parrocchia a cui si era rivolto (Santa Maria Oltrebut di Tolmezzo, in provincia di Udine) una lettera in latino:
“quod adnotatio in registrum Baptizatorum huius Paroeciae hodie a me adscripta est”. Il cittadino si è rivolto all’UAAR per una consulenza: e poiché la legge stabilisce che la conferma dell’avvenuta annotazione deve essere redatta in modo chiaro e comprensibile, d’intesa con l’associazione ha presentato ricorso. Il parroco ha sollecitamente inviato una traduzione, non mancando di evidenziare che “nell’ordinamento canonico della Chiesa cattolica di rito latino la lingua originale degli atti ufficiali è ovviamente la lingua latina”.
Il vicario generale della diocesi si è lamentato con il cittadino perché “il latino non è lingua straniera, ma lingua madre, per la quale la legislazione non richiede la traduzione”, ma ciononostante ha invitato il parroco, “al fine di non dare occasione in futuro a gravami, che evidentemente hanno mero scopo di alimentare polemiche, a corrispondere a casi analoghi, in Italia, usando la lingua italiana”. Poiché il parroco aveva nel frattempo provveduto a quanto richiesto, il Garante della privacy ha dichiarato il “non luogo a procedere” sul primo, e probabilmente ultimo, caso di debaptismum.
www.uaar.it/news/2009/04/30/primo-caso-debaptismum-finito-davanti-...
La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
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Il sonno della ragione genera mostri (Goya)