Il ricordo è sempre il surrogato della nostalgia. Nostalgia per la giovinezza ed i momenti ad essa legati.
Rammentarsi, ad esempio, della confraternita dei Chierici Vaganti, così chiamati dalle matricole universitarie gli studenti dei corsi superiori che in preda al furore bacchico vagavano di bar in bar e di chiesa in chiesa alla ricerca del riso sguaiato.
Ed anche in onore di Carlo Orff e del suo” Carmina Burana”, inno in onore della spensieratezza e del dispregio dell’ipocrisia curiale cattolica.
Ne feci parte il terzo anno con un iniziazione tutta particolare: burlare il parroco della vicina chiesa con uno scherzo epocale.
Con l’aiuto di un amico del Dams creammo con la plastilina una merda arrotolata su se stessa e molto veritiera nella composizione d’insieme. Uno specie di pop art alla Warhol, perfetta, come appena depositata.
Cheti cheti ci recammo mezz’ora prima della messa grande che si svolgeva, se non ricordo male, alle 10,30 della domenica mattina.
Appurata la totale mancanza di fedeli la immergemmo con molta delicatezza nell’acqua lustrale all’entrata del portone principale ed uscimmo.
Poco prima dell’inizio della funzione ci recammo, perfettamente vestiti di tutto punto, nella chiesa ed entrammo.
Notammo subito un assembramento di fedeli con il parroco in testa affollare in cerchio e chiedersi stupiti di come avesse potuto quel maiale sacrilego cacare nell’acquasantiera.
Notevole poi il domandarsi di quanto fosse alta una persona per riuscire a defecare così in alto ed in quella posizione.
Ricordo sempre quell’ omone alto più di due metri uscire vergognoso dalla funzione perché additato come probabile colpevole.
E sì, bei tempi.
Babila.