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Gli abusi che non fanno scandalo

Ultimo Aggiornamento: 15/05/2010 08:05
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13/05/2010 23:55
 
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Abusi sui minori. Il Vaticano tace nella giornata mondiale

il Fatto 6.5.10


Basso profilo. Nessuna dichiarazione della Chiesa nella Giornata Mondiale contro la Pedofilia, nessuna partecipazione “ufficiale” alle manifestazioni in Italia.

Se ci sono stati sacerdoti o organizzazioni che hanno partecipato in qualche modo, non lo hanno dichiarato.

Eppure sono stati 80 i casi di pedofilia del clero in Italia, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Associazione Meter di Don Di Noto.

Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro, ha sostenuto che
“la Chiesa si è resa conto dei problemi e ha fatto dei passi in avanti per contrastare il fenomeno degli abusi sui minori da parte dei religiosi”.

Il rapporto degli abusi sui minori stilato dal Telefono Azzurro parla di un 1,2 per cento di segnalazioni che riguardano figure di religiosi.

Gli abusi sessuali sui minori sono il 4% di tutti i maltrattamenti sui bambini.

Tra il primo gennaio 2008 al 15 marzo 2010, su 6.623 casi segnalati alle linee di ascolto dell’associazione quelli relativi ad abusi sessuali sono stati 269.

Si tratta di segnalazioni provenienti soprattutto da Lombardia, Lazio e Veneto (30%). Per quanto riguarda le forme di abuso segnalate, molto numerosi (88) sono però i casi di abusi sessuali in cui chi ha fatto la denuncia non riesce a definire l’atto, ma sono presenti comunque segni fisici o comportamentali che fanno sorgere sospetti di abuso.

Diffusissimo infine il traffico di materiale pedopornografico su Internet: dal luglio 2007 a febbraio di quest’anno la linea di Telefono azzurro per le segnalazioni web ha ricevuto 4.124 “allerta” su materiale pedopornografico in rete.

Il giro d’affari è di oltre 4 miliardi di dollari l’anno.
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13/05/2010 23:56
 
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La diocesi di Oakland scrisse al pedofilo
"Non ti spretiamo, il Vaticano non vuole"


La Repubblica 11.4.10

di Angelo Aquaro


NEW YORK - Caro pedofilo, ci dispiace ma il cardinale Ratzinger vuole che continui a fare il prete. Firmato: la tua diocesi.

Nell´agghiacciante vicenda che accusa il Papa spunta un documento di imbarazzante franchezza. È il 1986 e il reverendo George E. Mockel, del tribunale ecclesiale della diocesi di Oakland, spiega a Stephen Miller Kiesle - il sacerdote allora già condannato a tre anni per abusi - che a frenare la sua richiesta di rimettere la tonaca è il futuro pontefice in persona.

La lettera con cui Ratzinger, "per il bene della Chiesa universale", si rifiutava di spretare il pedofilo

- il "Pifferaio Magico" violentatore confesso di "tonnellate di bambini", poi finito perfino nell´inchiesta per l´omicidio di una piccolina - è stata resa nota venerdi dall´Associated Press.

È la prima volta che la firma di Benedetto XVI compare direttamente su un documento così compromettente ma l´avvocato della Santa Sede negli Usa, Jeffrey Lena, accusa la stampa di «giudizio frettoloso».

Quel documento scritto in latino del 1985, dice in un comunicato, è «una lettera formale, di quelle che vengono solitamente spedite all´inizio di ogni caso di laicizzazione». Anzi: quando il Papa chiede a John Cummins, il vescovo che gli sollecitava il caso, di esercitare «il massimo della cura paterna», fa riferimento alla formula con cui ci si raccomanda di evitare che i preti compiano altri abusi. Tant´è che «durante l´intero corso del procedimento il prete rimase sotto il controllo, l´autorità e la cura del vescovo locale».

La formula usata dall´avvocato è importante.

Roma scarica sui vescovi la responsabilità del controllo degli abusi mentre gli avvocati delle vittime stanno cercando di arrivare all´incriminazione del Papa proprio in quanto responsabile ultimo dei sacerdoti. «Checché ne dica l´avvocato del Vaticano, i documenti dimostrano il contrario», replica a Repubblica Jeff Anderson, l´avvocato che accusa Ratzinger di aver coperto il molestatore dei bimbi sordi del Milwaukee e ora ha scovato la lettera discussa. «Altro che prendersi cura: nulla è stato fatto fino all´87, quando il sacerdote fu finalmente spretato. Il Vaticano ora dovrà rispondere dei suoi atti: anche in tribunale».

Ma davvero la lettera potrebbe essere un format? «Che si trattasse di una lettera-format è ciò che indigna di più. Vuol dire che sono state usate in migliaia di altri casi. È una risposta stupida. E triste».

Oggi il vescovo Cummins spiega che dietro la frenata della pratica voluto da Giovanni Paolo c´era la grande fuga di preti da seminari e conventi seguita al Concilio Vaticano II e al 1968.

Versione smentita dal Vaticano. Il carteggio tra la diocesi di Oakland e il Vaticano, pubblicato dal New York Times, è sconcertante.

La prima segnalazione è dell´81. Il vescovo Cummins spiega che Kiesle è stato arrestato «con l´accusa di aver fatto sesso con almeno sei ragazzi tra gli 11 e i 16 anni». L´ufficio del futuro Papa risponde chiedendo più informazioni. Dalla California arrivano altre accuse. Niente. È il reverendo Mockel a scrivere ancora a Ratzinger. Silenzio. Mockel allora chiede al suo vescovo di premere: «Lo farei io stesso ma non rispondono ai sacerdoti semplici come me!». Cummins torna all´attacco. Scrive a monsignor Thom Herron, il braccio destro di Ratzinger. Poi ancora a Ratzinger.

Per conoscenza e richiesta di intermedizione al Nunzio Vaticano a Washington, Pio Laghi. La risposta, negativa, arriva solo nell´87.

È a questo punto che Mockel prende carta e penna e scrive al pedofilo. "Caro Steve, abbiamo finalmente avuto una parola da Roma sulla tua richiesta. Temo non sia incoraggiante. Una lettera firmata dal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede dice che hanno bisogno di più tempo per pesare la situazione, per capire se la laicizzazione sarebbe un bene per te come per la chiesa. C´è anche preoccupazione che la dispensa possa ‘provocare scandalo tra i fedeli´. Leggendo tra le righe, sembrano incoraggiarci a mandare altre informazioni. Il vescovo è intenzionato ad andare avanti se tu sei interessato. Mi piacerebbe discuterne con te nei dettagli di persona o al telefono. Intanto" conclude la lettera del 13 gennaio 1986 "ti faccio tanti auguri di buon anno.

Fraternamente tuo, in Cristo".
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13/05/2010 23:58
 
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Chiesa e pedofilia

Copyright by THEA 2010

I casi di pedofilia nella Chiesa cattolica non devono essere usati né come forma di denigrazione per una religione che non viene approvata né come forma di contenimento del potere di un'organizzazione.

Devono essere letti per quelli che sono: la riprova che la Chiesa non ha nessun diritto a ergersi a dispensatrice della morale; in altri termini, come è spiegato in questo
video, un uomo moderno e positivo non ha bisogno del papa per trovare la sua strada.

Infatti, i dati mostrano che non si tratta di casi isolati, come ha sempre cercato di far credere la Chiesa cattolica, ma di un tratto comune a tutte le nazioni dove è ben presente la religione cattolica.
 
Austria
 
Partiamo con questo Paese perché è recentissima (marzo 2010) la dichiarazione del portavoce della Santa Sede, padre Lombardi: "in Austria sono 17 i casi di pedofilia che riguardano la Chiesa, ma ben 510 quelli al di fuori; quindi si deve prestare attenzione anche al di fuori della Chiesa e non puntare i riflettori solo su di essa".

Purtroppo la "statistica" di padre Lombardi ha convinto molti cattolici dotati di scarso
spirito critico a ritenere che "tutto sommato, che ci siano preti pedofili è normale".

In realtà l'affermazione del portavoce vaticano è un boomerang pazzesco.

I dati austriaci rilevano che su 32 pedofili uno è un prete.

Cioè circa il 3,12% della popolazione pedofila è rappresentato da sacerdoti.

In Austria ci sono 0,31 sacerdoti ogni 1.000 abitanti, cioè circa lo 0,062% della popolazione maschile. Non è difficile concludere che:

un prete ha 50 possibilità in più di essere pedofilo che un comune cittadino.


Si noti che fra i comuni cittadini sono compresi anche assassini, ladri, prostitute, evasori fiscali e chiunque abbia commesso un reato.

50 (3,12 diviso per 0,062) non è un numerino e padre Lombardi avrebbe dovuto sotterrarsi dalla vergogna invece di presentarsi alle telecamere; e papa Benedetto XVI dovrebbe evitare di parlare di relativismo morale di chi cattolico non è.

Il dato austriaco è confermato anche dai dati di altre nazioni. Per esempio, nella popolazione statunitense il numero di accuse per pedofilia è di 1 caso ogni 2.000 abitanti. Quindi per la popolazione laica, lo 0,05% è coinvolta in denunce per pedofilia contro il 4% indicato dal rapporto Jay (vedi oltre).
 
Gran Bretagna
 
Risalgono al 1997 le prime cause: oltre 240 che riguardano, oltre che abusi sessuali, anche violenze fisiche e morali in orfanotrofi.
 
Irlanda
 
Risale al 1994 il primo scandalo con la condanna di Brendan Smith: durante il processo furono accertati a suo carico 74 casi di abusi su minore.

Nel 2006 la Bbc mandò in onda uno speciale (Sex crimes and the Vatican) in cui si raccontavano gli abusi subiti da un centinaio di bambini a opera di 26 sacerdoti irlandesi.

Nel 2009 la Child Abuse Commission, la commissione istituita dall'allora primo ministro irlandese Bertie Ahern, concluse i suoi lavori dopo nove anni di inchieste e presentò un dossier con le testimonianze di 2.500 vittime di violenze, avvenute tra gli anni '40 e gli anni '80, negli istituti gestiti da preti e suore in Irlanda.
 
Stati Uniti
 
Le prime notizie sui casi di pedofilia risalgono agli anni '90 quando le pressioni dei media costrinsero la Chiesa a istituire una commissione indipendente retta dal governatore dell'Oklahoma, F. Keating, che però abbandonò l'incarico denunciando forti pressioni da parte della Chiesa.

Nel 2002 il Boston Globe denunciò i primi scandali nell'arcidiocesi di Boston dove più di 200 sacerdoti (su circa 1.500) furono accusati di abusi sessuali.

Sempre il Boston Globe nel 2004 pubblicò un aggiornamento della situazione con il coinvolgimento di dieci Stati.

Il rapporto (2004) commissionato dai vescovi americani allo studio legale John Jay evidenziò che dal 1950 al 2002 4.392 sacerdoti americani (su oltre 109.000, circa il 4%) sono stati accusati di relazioni sessuali con minorenni (sia casi di pedofilia sia casi di rapporti sessuali con adolescenti; l'81% dei casi riguarda bambini o adolescenti di sesso maschile): il 50,9% delle vittime aveva una età compresa tra gli 11 e i 14 anni, 27,3% tra i 15 anni e i 17, il 16% tra gli 8 e i 10 anni e circa il 6% sotto i 7 anni.

Nel 2007 fu la volta dell'arcidiocesi di Los Angeles, con 508 vittime e 113 preti coinvolti, arrivando a un accordo extragiudiziario che prevedeva un risarcimento della cifra record di 774 milioni di dollari.

Secondo una stima (2007) di Andrew Greeley, sacerdote dell'arcidiocesi di Chicago e professore di sociologia alle Università di Chicago e dell'Arizona, dal 1950 al 2002, da 2.000 a 4.000 preti avrebbero abusato di 100.000 minori, spesso senza che alcun provvedimento venisse preso al riguardo.

Nel novembre del 2007, in Alaska la Compagnia di Gesù è arrivata a un accordo extragiudiziale (che non prevede un riconoscimento di colpevolezza da parte dei Gesuiti) di 50 milioni di dollari con 110 presunte vittime di abusi sessuali (1959-1986) in 15 villaggi Yupik.
Nel 2008 toccò all'arcidiocesi di Chicago risarcire per circa 80 milioni di dollari le vittime di oltre 260 casi di pedofilia.
 
Canada
 
Nel 2009 ad Antigonish sono venuti alla luce casi di abusi sessuali su alcune dozzine di persone negli anni 1950; ironia della sorte volle che il vescovo Lahey, dopo aver accettato di pagare un risarcimento di 15 milioni di dollari canadesi, fosse poi colpito da mandato d'arresto per possesso di materiale pedopornografico.
 
Brasile
 
In Brasile circa 1.700 preti (10% del totale) sono stati coinvolti in casi di cattiva condotta sessuale tra cui violenze e abusi sui minori.
 
Spagna
 
In una dichiarazione al settimanale cattolico Vida Nueva (giugno 2009) il cardinale Claudio Hummes, Prefetto della Congregazione per il Clero, ha dichiarato al settimanale cattolico spagnolo che "i casi di pedofilia a volte non arrivano nemmeno al 4% dei sacerdoti", correggendo una sua precedente dichiarazione (gennaio 2008 all'Osservatore Romano), in cui dichiarava che tra i sacerdoti "neppure l'1% ha a che fare con problemi di condotta morale e sessuale".
 
Australia
 
Fino al 2009 in Australia si registrano 107 casi di condanne di sacerdoti o religiosi (nel 2005 c'erano in Australia poco più di 3.000 sacerdoti) per abusi sessuali su minori, ma secondo i gruppi di supporto le vittime si contano a migliaia e solo dopo le prime condanne stanno uscendo allo scoperto.
 
Italia
 
In Italia il diffuso spirito religioso ha sempre annebbiato la coscienza statistica della popolazione, riportando i casi di abusi a errori del singolo, a casi isolati. In realtà, negli ultimi anni sono una trentina i religiosi condannati.


Gli insabbiamenti della Chiesa


Ovviamente fanno clamore le notizie che riguardano un coinvolgimento dei papi.

Nel marzo 2010 il New York Times uscì con un articolo in cui si denunciava che le gerarchie ecclesiastiche non presero le misure necessarie contro un religioso del Wisconsin (Lawrence C. Murphy) che aveva abusato sessualmente di circa 200 ragazzini di un istituto per sordi tra il 1950 e il 1974; e questo nonostante i vescovi americani avessero ripetutamente avvertito la Santa Sede che la vicenda avrebbe potuto creare grave imbarazzo alla Chiesa.

Secondo il New York Times, risulta evidente la preoccupazione di proteggere la Chiesa dallo scandalo. Infatti nel 1996 il cardinale Ratzinger, alla guida della Congregazione per la dottrina della fede, non rispose a due lettere sulla vicenda inviate dall'arcivescovo di Milwaukee Rembert G. Weakland.

Dopo otto mesi il suo vice, cardinale Tarcisio Bertone, oggi segretario di Stato vaticano, incaricò i vescovi del Wisconsin di avviare un processo canonico segreto per l'allontanamento di padre Murphy.

Secondo il New York Times, lo stesso Bertone fermò il processo dopo che padre Murphy scrisse personalmente al cardinale Ratzinger spiegando che non avrebbe dovuto essere messo sotto processo perché pentito e in cattive condizioni di salute.

Padre Murphy non ricevette mai punizioni o sanzioni, ma fu trasferito in segreto in varie parrocchie e scuole cattoliche ed è morto nel 1998.

Parallelamente alle rivelazioni del New York Times, nel marzo 2010 il quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung riporta la notizia del trasferimento per motivi disciplinari di un prete tedesco con precedenti di abusi sessuali ai danni di minori nella comunità della chiesa locale a Monaco di Baviera, durante il periodo in cui papa Benedetto XVI era arcivescovo di Monaco di Baviera e di Freising.

In un'intervista al quotidiano Passauer Neuen Presse sui presunti episodi di pedofilia nel coro di Ratisbona, il fratello del papa, Georg Ratzinger, direttore del coro dal 1964 al 1994, ha ricordato che alcuni ragazzi gli raccontarono come andavano le cose nella scuola di preparazione. Però, ha sottolineato, le loro storie non lo indussero a pensare di "dover intervenire in qualche modo".

Dopo le accuse all'attuale papa Benedetto XVI si sono diffuse accuse anche ad altri suoi predecessori, a partire da Paolo VI fino a Giovanni Paolo II.

Sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, nel 1985 Tom Doyle, un prete e canonico dell'ambasciata vaticana a Washington, inviò un rapporto confidenziale che avvertiva i funzionari cattolici americani della prossima bufera sulla pedofilia.
Secondo OC Weekly, già nel 1990 i vescovi inviavano i documenti potenzialmente incriminanti al delegato apostolico perché il suo ufficio godeva dell'immunità diplomatica. Nel 1993 papa Giovanni Paolo II si riferì allo scandalo degli abusi sessuali negli Stati Uniti accusando i media che non avevano perso "un'occasione di sensazionalismo"! Giovanni Paolo II si oppose alla politica della tolleranza zero, evitando di rimuovere il cardinale di Los Angeles R. Mahoney e il vescovo di Orange T. D. Brown, nonostante avessero preso le difese dei preti accusati di pedofilia.
 
Germania
 
In un'intervista al settimanale Focus (marzo 2010), il presidente della Conferenza episcopale tedesca, arcivescovo di Friburgo Robert Zollitsch, ha ammesso per la prima volta che la Chiesa cattolica tedesca ha nascosto "per anni" i casi di abusi sessuali commessi da religiosi nei confronti di minori.
 
Irlanda
 
Secondo la Bbc gli abusi denunciati durante la trasmissione Sex crimes and the Vatican sarebbero stati insabbiati dal Vaticano e dall'allora cardinale Ratzinger (papa Benedetto XVI), a capo della Congregazione della Dottrina della Fede.
Nel 2006 la commissione Murphy chiese dettagli al Vaticano circa i rapporti sugli abusi inviati dal 1975 al 2004 alla Santa Sede dall'arcidiocesi di Dublino, ma il Vaticano declinò la richiesta poiché non era passata attraverso gli usuali canali diplomatici, nonostante il carattere indipendente della commissione rispetto al governo irlandese non implicasse la necessità di tali canali. Una seconda inutile richiesta di informazioni e documenti venne avanzata nel febbraio 2007 al Nunzio apostolico a Dublino. Solo nel marzo 2010 Benedetto XVI ha reso pubblica una lettera pastorale ai cattolici d'Irlanda scaricando tutta la colpa sui preti responsabili e sulle autorità della Chiesa irlandese. Nessun commento sulle voci di un suo coinvolgimento nella vicenda.
 
Stati Uniti
 
Durante la vicenda del 2007 che ha coinvolto la Compagnia di Gesù in Alaska, un ex monaco benedettino e prete, Patrick Wall, ha dichiarato che le gerarchie gesuite erano a conoscenza delle tendenze dei sacerdoti accusati in quanto
"avevano il potere assoluto sulle persone e sulla cultura del luogo.
Avevano il potere politico.
Avevano il potere della razza.
Avevano il potere di farti andare all'inferno.
Per le vittime non c'era via di scampo".
 
Italia
 
In Italia spesso il sacerdote colpevole degli abusi viene semplicemente trasferito (incredibile il caso Marchese in cui dopo il trasferimento in altra località, nella nuova sede è stato accusato di ulteriori abusi sessuali nei confronti di minorenni).

Umoristico il caso di don Cantini: il cardinale Antonelli lo ritenne colpevole degli abusi sessuali attribuitigli dal 1973 al 1987 e, come pena, gli proibì per cinque anni di confessare, celebrare la messa in pubblico, assumere incarichi ecclesiastici. Gli fu ordinato di fare un'offerta caritativa e recitare ogni giorno il Salmo 51 o le litanie della Madonna.

Non rari i casi di  sacerdoti condannati o ricercati all'estero per reati di pedofilia trasferiti in Italia.

Clamoroso il caso di James Tully, condannato per pedofilia in Massachusetts: dopo la condanna, il Vaticano decise il trasferimento a Vicenza, salvo ritrasferirlo negli USA quando le vittime erano decise a tenere una conferenza stampa in Italia per denunciare l'accaduto. Identico il caso di Joseph Henn, ricercato in Arizona per molestie su tre giovani di età tra i 14 e i 15 anni, svanisce nel nulla a Roma, dove era agli arresti domiciliari nel 2005 presso la casa generalizia dei Padri Salvatoriani in via della Conciliazione, nei pressi del Vaticano.

Il parroco di Gordola, Canton Ticino (Svizzera), don Italo Casiraghi, condannato a 6 mesi con la condizionale, è stato trasferito a Sesto Calende (VA).



Conclusioni

Agghiacciante il fatto che diversi esponenti della Chiesa cattolica minimizzino i dati statistici, usando la legge dei piccoli numeri: dire che solo il 3% dei preti sono pedofili suona molto meno grave che ammettere che un prete ha 50 volte più probabilità di essere pedofilo che un cittadino comune perché 3 è minore di 50, anche se le due ammissioni sono equivalenti.

Per esempio, nel settembre del 2009 l'arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all'ONU a Ginevra, minimizzava dicendo che "nel clero cattolico solo tra l'1,5% e il 5% dei religiosi ha commesso atti di questo tipo".

Domandone a tutti coloro che non sono credenti praticanti, ma mandano i loro figli al catechismo per non dispiacere al coniuge, ai loro genitori, ai parenti con la classica scusa che "poi in fondo che male c'è, quando sarà grande deciderà lui" (
neofarisei): avete capito che in base ai dati stessi forniti dalla Chiesa, un prete su 66 (se va bene) o su 20 (se va male) commette reati sessuali?

Io in una scuola dove mio figlio avrebbe una probabilità 50 volte superiore di subire abusi rispetto alla media non lo manderei mai.
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14/05/2010 00:00
 
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Ratzinger e Wojtyla tra reato e peccato
 

il Fatto 10.4.10


di Paolo Flores d’Arcais 

Due Papi sono responsabili per tutti i crimini che non sono stati denunciati: molti non sarebbero stati perpetrati se i precedenti fossero stati sanzionati 

CINQUE ANNI FA durante la solenne Via Crucis del venerdì santo al Colosseo, Joseph Ratzinger esclamava:

“Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Cristo!”. In questi giorni ci è stato ripetuto che la “sporcizia” di cui si scandalizzava Ratzinger era proprio quella dei sacerdoti pedofili, a dimostrazione che la Chiesa gerarchica già allora (solo cinque anni fa, comunque) non aveva alcuna intenzione di “insabbiare”. Ma quanta di tale “sporcizia” è stata da Ratzinger realmente denunciata?

Denunciata, vogliamo dire, nell’unico modo in cui si denuncia un crimine, perché sia fermato e non possa essere reiterato: ai magistrati dei diversi Paesi. Quanti di quei sacerdoti pedofili? Nessuno e mai. Non nascondiamoci perciò dietro un dito. La copertura che è stata data per anni (anzi decenni) a migliaia di preti pedofili sparsi in tutto il mondo, non denunciandoli alle autorità giudiziarie, garantendo perciò ai colpevoli un’impunità che ha consentito loro di reiterare lo stupro su decine di migliaia di minorenni (talora handicappati), chiama direttamente e personalmente in causa la responsabilità di Joseph Ratzinger e di Karol Wojtyla.

Se responsabilità morale o anche giuridica, lo decideranno tra breve alcuni tribunali americani.

La responsabilità morale è comunque evidenziata dagli stessi documenti che l’Osservatore Romano (organo della Santa Sede) ha ripubblicato qualche giorno fa.


DECISIONE CONSAPEVOLE
Qui non stiamo infatti considerando i casi singoli di “insabbiamento” anche nell’ambito della “giustizia” ecclesiastica, ormai accertati e riportati dalla stampa soprattutto americana e tedesca, e che vanno moltiplicandosi man mano che si allenta la cappa di omertà, paura e rassegnazione.

Ci riferiamo invece alla responsabilità diretta e personale dei due Pontefici per tutti i delitti di pedofilia ecclesiastica che non sono stati denunciati alle autorità civili, molti dei quali, ripetiamolo

– mai come in questa circostanza orribile repetita juvant
– non sarebbero mai stati perpetrati se casi precedenti fossero stati denunciati e sanzionati nei tribunali statali.

La questione cruciale è infatti proprio questa: non la “Chiesa” in astratto, ma le sue gerarchie, e in particolare il Sommo Pontefice e il cardinal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, hanno imposto un obbligo tassativo a tutti i vescovi, sacerdoti, personale ausiliario ecc. sotto solenne giuramento sul Vangelo, di non rivelare se non ai propri superiori, e dunque di non far trapelare minimamente alle autorità civili, tutto ciò che avesse a che fare con casi di pedofilia ecclesiastica.

La confessione viene da loro stessi. L’Osservatore Romano ha ripubblicato il motu proprio di Giovanni Paolo II, che riservava al “Tribunale apostolico della Congregazione... il delitto contro la morale”, cioè“il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età”, e la “Istruzione” attuativa della Congregazione per la Dottrina della Fede, con queste inderogabili disposizioni:

“Ogni volta che l’ordinario o il gerarca avesse notizia almeno verosimile di un delitto riservato, dopo avere svolto un’indagine preliminare, la segnali alla Congregazione per la Dottrina della Fede”.

Tutte le “notitiae criminis” devono insomma affluire ai vertici, la Congregazione per la dottrina della Fede (Prefetto il cardinal Ratzinger, segretario monsignor Bertone) e il Papa.

Sarà la congregazione a decidere se avocare a sé la causa oppure “comandare all’ordinario o al gerarca, dettando opportune norme, di procedere a ulteriori accertamenti attraverso il proprio tribunale”. Papa e Prefetto, insomma, sono informati di tutto (sono anzi gli unici a sapere tutto) e sono loro, esclusivamente, ad avere l’ultima e la prima parola sulle procedure da seguire.

Decidano direttamente, per avocazione, o demandino il “processo” al Tribunale ecclesiastico diocesano, ovviamente la “pena” estrema (quasi mai comminata) è solo la riduzione allo stato laicale del sacerdote. In genere si limitato invece a spostare il sacerdote da una parrocchia all’altra. Dove ovviamente reitererà il suo crimine. “Pena” esclusivamente canonica, comunque.

Nessuna denuncia deve invece esser fatta alle autorità civili.

La Chiesa gerarchica si occuperà insomma del “peccato” (in genere con incredibile indulgenza) ma terrà segreto e coperto il “reato”. Che perciò resterà impunito. E potrà essere reiterato impunemente. Perché l’ordinanza della Congregazione, in ottemperanza al motu proprio del Papa, è imperativa e non lascia margini di scampo: “Le cause di questo genere sono soggette al segreto pontificio”.

Di cosa si tratta?

E’ spiegato in un documento vaticano del marzo 1974, una “Istruzione” emanata dall’allora segretario di Stato cardinale Jean Villot, seguendo le volontà espresse da Paolo VI in un’udienza ad hoc.

Leggiamone i passi cruciali.

“In taluni affari di maggiore importanza si richiede un particolare segreto, che viene chiamato segreto pontificio e che dev’essere custodito con obbligo grave... Sono coperti dal segreto pontificio...” e qui seguono numerosissimi casi, tra i quali due fattispecie in entrambe le quali rientrano i casi di pedofilia ecclesiastica.

Il punto 4 (“le denunce extra-giudiziarie di delitti contro la fede e i costumi, e di delitti perpetrati contro il sacramento della penitenza, come pure il processo e la decisione riguardanti tali denunce”)

e il punto 10 (“gli affari o le cause che il Sommo Pontefice, il cardinale preposto a un dicastero e i legati della Santa Sede considereranno di importanza tanto grave da richiedere il rispetto del segreto pontificio”).

Ancora più interessante il minuzioso elenco delle persone che “hanno l’obbligo di custodire il segreto pontificio”: “

1) I cardinali, i vescovi, i prelati superiori, gli officiali maggiori e minori, i consultori, gli esperti e il personale di rango inferiore, cui compete la trattazione di questioni coperte dal segreto pontificio;

2) I legati della Santa Sede e i loro subalterni che trattano le predette questioni, come pure tutti coloro che sono da essi chiamati per consulenza su tali cause;

3) Tutti coloro ai quali viene imposto di custodire il segreto pontificio in particolari affari;

4) Tutti coloro che in modo colpevole, avranno avuto conoscenza di documenti e affari coperti dal segreto pontificio, o che, pur avendo avuto tale informazione senza colpa da parte loro, sanno con certezza che essi sono ancora coperti dal segreto pontificio”. Insomma, certosinamente tutti.

Non c’è persona che possa direttamente o indirettamente entrare in contatto con tale “sporcizia” a cui sia concesso il benché minimo spiraglio per poter far trapelare qualcosa alle autorità civili e quindi fermare il colpevole. La “sporcizia” dovrà restare nelle “segrete del Vaticano”, pastoralmente protetta e resa inavvicinabile dalle curiosità troppo laiche di polizie e magistrati.

L’impunità penale dei sacerdoti pedofili sarà di conseguenza assoluta e garantita.

Per raggiungere questo obiettivo, che rovinerà la vita a migliaia di bambini e bambine, si esige anzi un giuramento dalla solennità sconvolgente.



IL SEGRETO
Recita l’istruzione: “Coloro che sono ammessi al segreto pontificio in ragione del loro ufficio devono prestar giuramento con la formula seguente: ‘Io... alla presenza di..., toccando con la mia mano i sacrosanti vangeli di Dio, prometto di custodire fedelmente il segreto pontificio nelle cause e negli affari che devono essere trattati sotto tale segreto, cosicché in nessun modo, sotto pretesto alcuno, sia di bene maggiore, sia di causa urgentissima e gravissima, mi sarà lecito violare il predetto segreto. Prometto di custodire il segreto, come sopra, anche dopo la conclusione delle cause e degli affari, per i quali fosse imposto espressamente tale segreto. Qualora in qualche caso mi avvenisse di dubitare dell’obbligo del predetto segreto, mi atterrò all’interpretazione a favore del egreto stesso. Parimenti sono cosciente che il trasgressore di tale segreto commette un peccato grave. Che mi aiuti Dio e mi aiutino questi suoi santi vangeli che tocco di mia mano”.

Formula solenne e terribile, che davvero non ha bisogno di commenti.

Dalle conseguenze tragiche e devastanti per migliaia di esistenze.


Tutte le Istruzioni di cui sopra sono ancora in vigore.

Il giuramento ha funzionato.

In questi giorni di aspre polemiche, infatti, la Chiesa gerarchica non ha potuto esibire un solo caso di sua denuncia spontanea alle autorità civili, con il quale avrebbe potuto rivendicare qualche episodio di non omertà e di “buona volontà”.

Il “buon nome” della Chiesa è venuto sempre prima, sulla pelle di migliaia di bambini e infangando e calpestando quel “sinite parvulos venire ad me” (Vulgata, Matteo 19,14) del Vangelo su cui si è fatta giurare questa raccapricciante congiura del silenzio.

Sempre più testimonianze confermano anzi di una Chiesa gerarchica indaffarata per decenni a “troncare e sopire”, e anzi a negare l’evidenza (in una corte si chiamerebbe spergiuro) o a intimidire le vittime (in una corte si chiamerebbe ricatto o violenza) se qualche ex bambino ad anni di distanza trovava il coraggio di sporgere denuncia. I casi del genere ormai emersi sono talmente tanti che “il mio nome è Legione”, come dice lo “spirito immondo” di cui Marco, 5,9.



SQUADERNATA RESPONSABILITÀ
Di fronte a documenti ufficiali talmente “parlanti” si resta dunque allibiti che nessuno chieda ai vertici della Chiesa gerarchica, il Papa e il Prefetto della Congregazione per la Fede, ragione di tanta squadernata responsabilità. Monsignor Bertone, all’epoca della “Istruzione” di Ratzinger vescovo di Vercelli e segretario della Congregazione (il vice di Ratzinger, insomma, allora come oggi), in un’intervista del febbraio 2002 al mensile 30Giorni, ispirato da Comunione e Liberazione e diretto da Giulio Andreotti, si stracciava le vesti dall’indignazione all’idea che un vescovo potesse denunciare il sacerdote pedofilo alle autorità giudiziarie: al giornalista che si faceva eco delle ovvie preoccupazioni dei cittadini con un: “eppure si può pensare che tutto ciò che viene detto al di fuori della confessione non rientri nel ‘segreto professionale’ di un sacerdote...” rispondeva a muso duro: “Se un fedele non ha più nemmeno la possibilità di confidarsi liberamente, al di fuori della confessione, con un sacerdote... se un sacerdote non può fare lo stesso con il suo vescovo perché ha paura anche lui di essere denunciato... allora vuol dire che non c’è più libertà di coscienza”.

Libertà di coscienza, proprio così.

Quella libertà di coscienza che il mondo moderno, grazie all’eroismo di spiriti eretici mandati puntualmente al rogo, e all’azione del vituperatissimo illuminismo, è riuscito a strappare contro Chiesa (che la giudicava pretesa diabolica), viene ora invocata per garantire l’impunità a migliaia di preti pedofili.

Cosa si può dire di fronte a tanta... (lascio in sospeso il vocabolo, non sono riuscito a trovarne uno adeguato alla “cosa” e che rispetti il detto secondo cui “nomina sunt consequentia rerum”)?

Che senso ha, perciò, continuare a parlare di “propaganda grossolana contro il Papa e i cattolici” (l’Osservatore Romano), di “attacchi calunniosi e campagna diffamatoria” (idem), di “eclatante campagna diffamatoria” (Radio vaticana), di “furibonda fobia scatenata contro la Chiesa cattolica” (Joaquìn Navarro Vals), di “menzogna e violenza diabolica” (monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino), di “accuse menzognere” (cardinal Angelo Scola), di “accuse ignobili e false” (cardinal Carlo Maria Martini), e chi più ne ha più ne metta, visto che sono gli stessi documenti vaticani a confessare la linea di catafratto rifiuto della Chiesa gerarchica ad ogni ipotesi di denuncia dei colpevoli alle autorità giudiziarie secolari?

E si badi, il “Motu proprio” e l’“Istruzione” del 2001 segnano un momento considerato di maggiore severità di Santa Madre Chiesa nei confronti dei sacerdoti pedofili.

Possiamo immaginarci cosa fosse prima.


LA MIGLIOR DIFESA
Davvero di fronte a questo scandalo la miglior difesa è l’attacco, come sembrano aver deciso i vertici vaticani?

Punta di diamante di tale strategia è il cardinal Sodano, decano del Sacro Collegio, che sull’Osservatore Romano del 6-7 aprile tuona:
“La comunità cristiana si sente giustamente ferita quando si tenta di coinvolgerla in blocco nelle vicende tanto gravi quanto dolorose di qualche sacerdote, trasformando colpe e responsabilità individuali in colpa collettiva con una forzatura veramente incomprensibile”.

No cara eminenza, nessuno si sogna di coinvolgere in blocco la comunità cristiana, nemmeno nel più ristretto senso di comunità cattolica, qui si tratta solo della Chiesa gerarchica e delle sue massime autorità, che hanno imposto il silenzio del “segreto pontificio” e dunque impedito che le autorità statali mettessero i sacerdoti pedofili nella condizione di non nuocere.

E poiché nel catechismo è scritto innumerevoli volte che si può peccare in modo equivalente “per atti o per omissioni”, vorrà convenire che attraverso questa omissione resa solenne e inderogabile attraverso il ”segreto pontificio”, il Papa e il cardinal Prefetto si sono resi responsabili (di certo moralmente) delle migliaia di crimini di pedofilia che sollecite denunce alle autorità statali avrebbero invece impedito.

E’ purtroppo un dato di fatto acclarato che aver voluto trattare questi crimini semplicemente all’interno del diritto canonico, e nella maggior parte dei casi limitandosi oltretutto a spostare il sacerdote violentatore da una parrocchia all’altra, ha avuto il risultato di diffondere la peste pedofila.

Tentare di corresponsabilizzare tutti i fedeli è anzi un “gioco sporco”, cara eminenza.

Dubito che la grande maggioranza dei fedeli sapesse del “segreto pontificio” e delle sue implicazioni di dovere insuperabile del silenzio nei confronti di qualsiasi autorità esterna (polizie e magistrati) alle gerarchie ecclesiastiche.

Dubito che se ne avesse avuto conoscenza avrebbe approvato l’idea che i nomi dei preti pedofili dovessero restare sepolti nelle “segrete del Vaticano” a tutela del “buon nome” della Chiesa.


QUALE CHIESA
In questa orribile vicenda non è in discussione la Chiesa nell’accezione di “popolo di Dio” o comunità dei fedeli. E’ in discussione, cara eminenza, solo, sempre ed esclusivamente la Chiesa gerarchica e i suoi vertici. Timothy Shriver, figlio di Eunice Kennedy, dunque esponente della più famosa famiglia cattolica d’America, dunque parte della Chiesa in quanto comunità dei credenti, ha pubblicato sul Washington Post un appello – da cattolico – in cui è detto senza mezzi termini:

“Se questa Chiesa, con la sua attuale gerarchia, col suo Papa e i suoi vescovi, non saprà confessare la Verità; se continuerà a nascondere le proprie colpe, come Nixon lo scandalo Watergate; se si dimostrerà più votata al potere che a Dio, allora noi cattolici dovremo cercare altrove una guida spirituale”.

Solo il 27% dei cattolici americani (la Chiesa nel senso del “popolo di Dio”), interpellati da un sondaggio della Cbs il 2 aprile, ha espresso un giudizio favorevole e di fiducia in Ratzinger e nei suoi vescovi (la Chiesa nel senso della Gerarchia).

Addirittura solo uno su cinque, sulla questione specifica dell’atteggiamento verso lo scandalo dei preti pedofili.

Torniamo perciò al punto cruciale.

Wojtyla e Ratzinger hanno preteso e imposto che i crimini di pedofilia venissero trattati solo come peccati, anziché come reati, o al massimo come “reati” di diritto canonico anziché reati da denunciare immediatamente alle autorità giudiziarie secolari.

Queste omesse denunce sono responsabili di un numero imprecisato ma altissimo di violenze pedofile che altrimenti sarebbero state evitate.

Se l’attuale regnante Pontefice ha davvero capito l’enormità della “sporcizia” e la necessità di contrastarla senza tentennamenti anche sul piano della giustizia terrena, può dimostrarlo in un modo assai semplice: abrogando immediatamente con Motu proprio le famigerate “Istruzioni” che fanno riferimento al “segreto pontificio” e sostituendolo con l’obbligo per ogni diocesi e ogni parrocchia di denunciare immediatamente alle autorità giudiziarie ogni caso di cui vengano a conoscenza. E spalancando gli archivi, consegnandoli a tutti i tribunali che ne facciano richiesta, visto che alcuni paesi hanno deciso di aprire per la denuncia del crimine una “finestra” di un anno per sottrarre alla prescrizione anche vicende lontane.

Se non avrà questa elementare coerenza, non si straccino le vesti il cardinal decano e tutti i cardinali del Sacro Collegio nell’anatema contro i credenti e i non credenti che insisteranno nel giudicare corrivo l’atteggiamento attualmente scelto.

Tanto più che la Chiesa gerarchica, che in tal modo si rifiuterebbe di ordinare alle proprie diocesi la collaborazione per punire come reato il peccato di pedofilia dei suoi chierici e pastori, è la stessa che pretende di trasformare in reati, sanzionati dalle leggi dello Stato e relative punizioni, quelli che ritiene peccati (aborto, eutanasia, fecondazione eterologa, controllo artificiale delle nascite, ecc.), e che per tanti cittadini sono invece solo dei diritti, ancorché dolorosi o dolorosissimi.

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14/05/2010 00:02
 
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Utente Senior
15/05/2010 07:41
 
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ACCUSE SENZA FONDAMENTO?
Non credo che la magistratura possa fare delle insinuazioni senza avere delle prove.
Oggi prima di colpevolizzare si fanno degli accertamenti si mette alla prova il colpevole a sua insaputa e dopo scattano i provvedimenti.
Anche da noi è successo, dopo segnalazioni il sacerdote è stato messo sotto controllo, e poi sono scattati gli accertamenti, hanno trovato cassette e siti visitati pedopornografici,Si è discolpato dicendo che si stava interessando al fenomeno per aiutare i ragazzi...e tutto è stato messo a tacere ora è in un altro paese.
Noi ci rimettiamo alla grazia divina e che se sta sbagliando che Dio lo fulmini prima che rovini altri ragazzi, comunque grazie a questa denuncia la gente lo tratta con le pinze...non si sa mai
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Papa
15/05/2010 08:05
 
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Che ci andassero di mezzo anche preti innocenti era inevitabile, e me ne dispiaccio sinceramente, ma possono "ringraziare" l' ottusa omerta' della loro Chiesa, soprattutto quella degli ultimi due Papi.

Ciao
Claudio





“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer
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