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Una prova per l'autenticità "purgatorio"

Ultimo Aggiornamento: 16/11/2010 15:09
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15/11/2010 19:02
 
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Di solito il Signore Iddio non è prodigo nel dare delle prove sulla verità e realtà delle apparizioni, per il semplice motivo, che al trimenti verrebbe eliminata l'esame della fede. Egli dà sempre una prova di verità nei casi di favori mistici. Margherita Schoeffer, morta il venerdì Santo nel 1949 a 86 anni nella casa ricovero per anziani, Baden, dopo 68 anni di sofferenze offerte in riparazione per le pove re anime, come scrive il Prof. Giorgio Siegmund nel suo scritto - "Dei nostri morti" chiese a Dio un segno come prova, che essa non era vittima di un inganno, e anche per dissipare il suo stesso dubbio, di non essere magari vittima della propria fantasia o di influssi dia bolici. Allora le apparvero due volte anime di defunti, che misero la loro mano in un fazzoletto lasciando impronta di bruciato e così lasciarono la prova desiderata.

Questa impronta della mano lei la dovette poi mandare all'Or dinariato Arcivescovile a Friburgo in Bresgau per l'esame del fatto..." Anna Caterina Emmerich trasmise una prova di verità del tutto sin golare: seguendo le cose o le tracce conosciute attraverso le sue vi sioni furono fatti diversi scavi molto importanti (tomba di S. Pietro in Vaticano) per es.: l'ultima abitazione della Madonna a Efeso.

La prova di autenticità per Eugenia von der Leyen consistet te nel fatte che un'anima del Purgatorio le predisse in maniera oscura la data della sua morte. Il dr. Prof. Antonio Seitz dell' Università di Monaco nel suo studio: Principali valutazioni del diario di Eugenia von der Leyen ha studiato molto a fondo questo fatto.

Nel giorno della commemorazione di tutti i fedeli defunti nel 1925 Eugenia chiese a un Padre Domenicano: "Sai tu quando moriró? ed ebbe questa indicazione precisa per rispetto ai numeri: "3 volte 9".

Alla sua osservazione "non riesco a capire questa cosa" le fu ri sposto: "non devi affatto capirla". Essa morì il 9 Gennaio 1929 infatti e troviamo in questa data tre volte il numero 9.



Il Pensiero del Cardinal Luciani circa le Rivelazioni Private

Il futuro Papa Giovanni Paolo I ha dato una splendida risposta a tutti coloro, che credono di poter far a meno o negare le apparizioni della Madonna, incontri con le anime dei trapassati ed altre cose simi li, "perché sono rivelazioni private".

Quando Albino Luciani era ancora Patriarca di Venezia, egli concelebró il 10.7.1977 una S. Messa con Vescovo J. Venancio di Leiria a Fatima; il giorno seguente si recó a trovare S. Lucia, la veggente di Fatima nel Convento di Coimbra. In un racconto in proposito il Car. Luciani scrive: "A questo punto qualcuno potrebbe chiedere: ma un Cardinale si interessa di rivelazioni private? non sa che il Vangelo contiene tutto? Non sa che anche le apparizioni ricono sciute non sono articoli di Fede? "Certo, lo so benissimo. Ma appun to in un articolo di fede contenuto nella Sacra Scrittura si dice pure (Marco 16.17): che coloro che crederanno, saranno seguiti da miracoli!

Se oggi è diventato tanto di moda "cercare e studiare i segni dei tempi e che noi ci troviamo in una inflazione e desolazione di segni, io credo che ció sia un segno che ci si occupa di cose che vengono espressamente confermate con un segno".

Nota della Rivista "Il Cuore della Madre" organo dell'armata azzurra Gennaio 1978.

Anche il Concilio Vaticano II aveva posto sull'avviso di fronte alla minimizzazione o poca stima di questi carismi: "Questi doni di grazia, che siano di uno straordinario potere illuminante, o siano diffusi in maniera piú semplice e generale, dovrebbero essere accolti con riconoscenza e conforto, perché sono particolarmente adatti e utili ai bisogni della Chiesa....

Il giudizio della loro verità e il loro uso ordinato spetta a coloro che nella Chiesa hanno la guida e ai quali si conviene, non spegnere lo spirito ma esaminare tutto e tenere ció che è buono. (Vaticano II costituzione sulla Chiesa 13).

tratta dal I MIEI COLLOQUI CON LE POVERE ANIME

EUGENIA VON DER LEYEN




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Discendiamo all'inferno fin che siamo vivi (cioè riflettendo su questa terribile realtà) - diceva Sant'Agostino - per non precipitarvi dopo la morte".
nell'aldilà

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15/11/2010 19:55
 
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15/11/2010 21:18
 
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Non è facile accettare che ci siano persone convinte di quanto ci ha testimoniato il nostro Jon. Npon mi capacitavo di come la mente umana potesse partorire cose come quella scritta qui. Ma poi un giorno, nella libreria universitaria di medicina, sono passato davanti ad una serie di scaffali dedicati ai testi di psichiartria e ho capito...



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Generalità: Giordano Bruno

Sono eretico, ironico e autoironico, ateo, dissacrante, cinico, odioso. Inutile cercare in me qualcosa di apprezzabile. Meglio evitarmi.
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16/11/2010 03:32
 
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Santo? No, pazzo scatenato. La sindrome di manifestazione mistica

Blumare369, 15/11/2010 21.18:

Non è facile accettare che ci siano persone convinte di quanto ci ha testimoniato il nostro Jon. Npon mi capacitavo di come la mente umana potesse partorire cose come quella scritta qui. Ma poi un giorno, nella libreria universitaria di medicina, sono passato davanti ad una serie di scaffali dedicati ai testi di psichiartria e ho capito...




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«…l’idea religiosa determina l’evoluzione regressiva della personalità…» Emile Murisier (1899)
«…Il misticismo teologico deturpa lo spirito […], con l’ignoranza, con la paura, con le superstizioni, con le ammirazioni per le estasi isteriche dei santi e con le lunghe pratiche dei rituali religiosi, rende lo spirito inetto a recare il contributo per il miglioramento della società. […]. Il misticismo riempie la psiche di frenesia e con veemenza […] la trasporta lontana dalla vita sociale e dai sentimenti di solidarietà; impedisce la formazione della volontà umana e produce un graduale decadimento psichico fino al delirio […]. Contro il morbo del misticismo bisogna agire con i metodi della medicina scientifica…» Nicola Milano (1914)


«…l’esagerazione del sentimento religioso sociale porta al fanatismo, l’esagerazione del sentimento religioso individuale porta al distacco e all’indifferenza. Il misticismo è dunque una malattia…» Roger Bastide (1931)
Si ritiene opportuno esaminare le manifestazioni esternate da quegli individui, convenzionalmente indicati come “mistici” (1), in quanto è chiaramente documentata l’univocità patogenetica di tali manifestazioni con quelle esternate dai cosiddetti “indemoniati” tanto che nell’ambito del “sacro” colpisce persino la notevole analogia tra le immagini degli “angeli” e quelle dei “diavoli”: sia gli uni che gli altri sono degli inviati speciali al servizio della suprema divinità e sia gli uni che gli altri sono forniti di ali, anche se stupende quelle dei primi ed orrende quelle dei secondi (2) , sebbene con la differenza che i “mistici” “lottano” contro il “demonio” tentatore, riuscendo ad evitare di esserne “posseduti”.
A riguardo si ricordano due casi esemplari costituiti dalle insidiose tentazioni diaboliche subite da Sant’Antonio eremita e dalle violente aggressioni diaboliche subite da Padre Pio di Pietrelcina in pieno secolo XX: «…Verso il 251 [d. C.], Sant’Antonio eremita viveva sulle montagne della Tebaide, in penitenza […]: aveva fatto il voto di castità assoluta e voleva mantenerlo in una rassegnata tristezza; spirito contemplativo, consacrava se stesso alla adorazione di Gesù e la sua coscienza diveniva un oceano di profonde onde mistiche che gli davano l’ebrezza della lotta contro il demone della carnalità. Satana intanto con sagacia fecondava i pensieri lascivi […]: gli apparve con l’aspetto di femmina formosa ed invitante, Antonio era seduto a terra in un angolo della cella, immobile sotto la violenza della concupiscenza che si sviluppava dalla femmina sussultante al desiderio dell’amplesso, nella libidine invincibile. Antonio meditò su Cristo, torturato e crocefisso per l’umanità, e vinse la voluttà che gli invadeva i nervi ed il cervello. Satana incominciò con la titillazione ad eccitarlo alla venere solitaria [cioè, alla masturbazione]; a distoglierlo dalla preghiera; a fargli diventare rosso il viso con le oscene immagini, riproducenti chimeriche e voluttuose carezze d’amore [un vero e proprio film pornografico allucinatorio!].
Ma Antonio con nobiltà ed intelligenza castigo il suo corpo con la flagellazione [!!], digiunò e pregò: così armato vinse. Mangiava pane con sale e dormiva sulla nuda terra: affermava che quanto più si debilita il corpo col sopprimere la voluttà, tanto più si rafforza l’anima. Satana voleva vincere Antonio e, conoscendo quali fossero i pervertimenti sessuali di quel tempo, gli inviò nella cella un faniulletto. Questo era bellissimo e formosissimo, e, secondo l’uso, castrato fin dalla nascita [cosa impossibile nella realtà non allucinatoria, poiché alla nascita i testicoli non sono ancora scesi nello scroto!] in quanto, assumendo forme femminee e voluttuose movenze, servisse meglio al mal costume. Il fanciulletto gli si gettò addosso e gli suggerì la voluttà della mollizia, e con la titillazione cercava di eccitarlo alla fornicazione asessuale in vaso indebito [cioè, nell’ano]. Antonio invocò grazia e forza dal Signore, pregò, col flagello s’inflisse tali piaghe [da esperto masochista] che per il dolore cadde a terra. […]. Si rimise in ginocchioni e gridò ai demoni: “Io sono Antonio, niente mi allontana dall’amore di Cristo, non temo voi e le vostre battiture!”. […]. Non mancarono ad Antonio le visioni di bestie feroci che assalgono frequentemente gli affetti da delirio erotico. I Diavoli, di notte e con strepitio, aprirono le pareti della cella e si mutarono in leoni, in orsi, in pantere, in leopardi, in tori infuriati, in serpenti, in scorpioni, in lupi […]. Ma, Antonio, avendo vinto nella lotta, vide una gran luce discendere dal cielo sino a lui…» (3); «…In paese sapevano delle lotte che ogni notte Il Padre [Pio da Pietrelcina] sosteneva con Satana. A volte, il fracasso di ciò che accadeva nella [sua] stanza era così forte da essere udito anche da molto lontano. A notte alta, i vicini erano costretti ad uscire da casa, spaventati per ciò che stava succedendo. Al mattino la mamma di Padre Pio trovava la camera del figlio a soqquadro: il materasso, le sedie, il letto, tutto era rovesciato. Il Padre aveva il corpo pieno di lividi per le botte [che, naturalmente, si era autoinferte]…» (4) e Padre Pio da Pietrelcina stesso, in alcune lettere scritte al suo “padre spirituale”, dichiara: «…Quanta guerra mi muove Satana! […]. Quel cosaccio, da verso le 10 che mi misi a letto fino alle 5 della mattina non fece altro che picchiarmi continuamente: credevo che quella fosse l’ultima notte della mia esistenza […]. Quei cosacci [i demoni] mi si scagliarono addosso come tante tigri affamate, maledicendomi, minacciandomi che me l’avrebbero fatta pagare. […]. Da quel giorno mi hanno quotidianamente percosso. […]. Ormai sono passati 22 giorni continui che Gesù permette a costoro di sfogare la loro ira su di me. Il mio corpo è tutto ammaccato per le tante percosse. […]. Questi cosacci non cessano di percuotermi, di perseguitarmi e di sbalzarmi dal letto, giungendo persino a togliermi la camicia e percuotermi in tale stato…». Tuttavia, i “mistici”, mentre “lottano” contro il “demonio” tentatore, riuscendo ad evitare di esserne “posseduti”, si lasciano possedere con voluttà dalla “divinità”, abbandonandosi in atteggiamenti estatici (Fig. 4-5), spesso riuscendo a rievocare masochisticamente su se stessi le sofferenze, come immaginano siano state “patite” dalla “divinità umanizzata”. In tal senso, pur non mancando numerosi esempi maschili (5), sono più numerosi gli esempi femminili di cui se ne riportano alcuni casi tra i più emblematici. Santa Teresa d’Avila (1515-1582), fatta entrare giovanissima in monastero dal padre per salvaguardarla dal suo abbandono “con iscompigliata leggerezza ad un secreto amore, trascinata dalle perfide suggestioni di un parente, che avrebbe potuto perderla” con le seguenti conseguenze: «…La mortificazione dei sensi e delle gioie della vita gli determinano i tipici effetti della loro repressione. Nella coscienza confusa dell’istinto sessuale che si espande, Teresa crea il simbolo luminoso dell’amore in un’immagine di sovrana bellezza ieratica: vede Gesù che ha alla sua destra padre Graziano, un uomo membruto e carezzevole, […]. Teresa scrive: “il divino maestro afferrò la mano destra di ambedue [cioè di lei e di Graziano] e le strinse unite alla sua dicendo: Ecco il padre che tu devi tenere in luogo mio, […] Tutto questo mi ha lasciato una quiete di spirito così dolce che ne stupisco e sento che questa è la volontà del Signore e non del demonio […], pare all’anima mia di restare sospesa in quelle divine braccia, appoggiata a quel divino costato a quelle poppe divine e non sa fare altro che godere cibata con quel latte divino, col quale la va cibando lo sposo e, migliorandola [l’anima] per poterla accarezzare […]. Questo latte divino nutre, aumenta e fortifica le virtù eroiche, questo amore dolce è quello che Dio dà […], dopo del bacio l’anima viene a queste poppe […].
Dalla soavità che l’anima riceve da queste divine poppe, vengono a volte svenimenti e si rimane sospesa e rapita […]”. Teresa battezza Graziano col nome di Eliseo e lo vede tanto simile a Gesù da descriverlo così: “Vidi il mio Eliseo risplendente di una bellezza incomparabile con in capo una corona tutta formata di ricchissimi diamanti ed una numerosa schiera di vergini andavano innanzi a lui cantando inni di lode al Signore. Mi sforzavo di spalancare gli occhi per distrarmi da quello spettacolo, ma indarno [= invano] […]. Mentre mi beavo di quella musica ed osservavo che non vi era altro uomo che il padre Graziano, il Signore mi disse: Egli è ben degno di stare in mezzo a tutte queste vergini […]. Il frutto che ne trassi fu un maggior affetto per il mio Eliseo […], pregando un giorno il Signore, dopo la comunione, con tutto il fervore del mio cuore, che non volesse privarmi del caro padre dopo avermelo dato egli stesso, l’adorabile Redentore mi disse: Non temere! […]”. […]. L’amore compresso dalle immagini mistiche […] le dava le convulsioni ovariche. L’istinto sessuale, represso dalla meditazione e dalla regola monastica, genera fantasmi smisurati. Teresa si rivolge a Gesù con un rigurgito di affetti e di gonfia concupiscenza e, resa serva dalla passione, scrive così della sua anima: “…Essa sente vivissimamente tali trasporti amorosi e vorrebbe frenarli, ma talora sono così violenti che deve per forza sfogarsi in parole di accesissimo affetto ed è costretta ad esclamare: O vita della mia vita, o mio dolce pascolo e mio ristoro! Ed altri simili sospiri di amore. Ciò accade quando dal seno immenso del suo amore Dio fa scaturire in copia il latte delle celesti consolazioni che infonde nuova vita nelle potenze dell’anima e nei sensi del corpo […]”. Teresa, col ventre pallido e contratto, si contorce nella sua cella in una solitaria estasi, dedicata al Signore Gesù Cristo; il delirio erotico trascina la sua anima alle accese parole di amore, violenza sacra alla verginità morale. L’orgasmo fisico venereo le dilata i vasi sanguigni, sotto i baci celesti di Gesù, in una sofferenza strana che termina solamente quando scaturisce il latte delle celesti consolazioni […] e scrive: “Talora il corpo non si riconosce più, si sente scorrere per le vene quella forza misteriosa onde Dio riempie l’anima quando, fattala entrare nella sua cella secreta, l’inebria del vino del suo amore. Il corpo sente la novella vita, che gli viene da quel centro, come sente l’effetto del vino che gli ingagliardisce le membra”. […]. Nel silenzio claustrale, notturno, ella sente la nuova forza dell’amplesso umido di Gesù il quale bagna il suo corpo di rugiada celeste che descrive così: “Lo sposo divino fa godere in un istante tutta la bellezza, tutta la gloria del paradiso in una maniera così ineffabile che non c’è altro gusto spirituale che gli rassomigli. […]. Alcune volte mi fa tanto uscire di me l’amore che non mene accorgo, se non facessi con tutto il mio senno dei lamenti amorosi […]. Una volta mi apparve un angelo tangibile nella sua costituzione carnale, era bellissimo, ed io vedevo nella sua mano un lungo dardo d’oro con all’estremità una punta di fuoco [(Fig. 4)]. L’angelo mi penetrò con il dardo fino alle viscere e quando lo ritirò mi lasciò tutta bruciata d’amore per Dio […]. Il dolore della ferita era così vivo che mi strappava dei deboli sospiri, ma questo indicibile martirio, che mi faceva nello stesso tempo gustare le delizie più soavi [tipica espressione di “parafilia masochistica”], non era costituito da sofferenze corporali anche se il corpo vi partecipava nella forma più completa…”. Teresa, dopo queste continue apparizioni, che si dileguavano, soffriva di nevrosi cardiaca […] le funzioni di moglie di Gesù gli davano l’angoscia. A riguardo così scrive “Per l’addietro il dolore non era tanto intenso […] e nel pieno uso dei miei sensi mi costringeva a sfogarmi in grida acutissime, senza potermi frenare. Poi il dolore, fattosi più acuto, mi pare che trafigga da banda a banda il mio cuore […]”. La passione per lo sposo divino squassava il suo corpo per la scarica anormale dell’istinto sessuale, ed ella si sentiva trafiggere ed istupidire dall’amplesso, mancato e desiderato di compiere con un uomo di questa terra. […]. Così, esausta di adorazione, Teresa creava dentro di sé il misticismo amoroso e le convulsioni paragonabili, per la gravità, solamente ai sintomi parasifilitici…»; «…Santa Maria Maddalena (1556-1607) [(Fig. 6)], carmelitana fiorentina, […] si agitava fra le spine [(Fig. 7)], si faceva gocciolare cera bollente sulla cute, si lasciava insultare, calpestare il viso e frustare, ed andava in visibilio quando tutto ciò accadeva in presenza della priora […], esempio classico di una flagellante ascetica [(Fig. 8)], pervertita sessuale [affetta da “parafilia masochistica”, secondo la nomenclatura moderna] […], [continuamente invano “tentata” dai “demoni”, specialmente ad assumere cibi (Fg. 9) in quanto era anoressica e, come lei stessa asserisce «…il 26 aprile 1685 gli si presentò Gesù tutto luminoso e splendente e la sposò. Erano testimoni Sant’Agostino e Santa Caterina da Siena e Gesù le disse: “vieni, sposa mia, riposo e stimolo del mio spirito” ed essa gli rispose “Ecce venio, venio”. Gesù la tenne tra gli amplessi fino alla mattina. Il possesso di Gesù la esaltava, si cingeva con una fascia irta di grossi chiodi e sigettava a giacere sulle spine. Ma, passate le notti insonni, si produsse in lei una grave malattia finché fu vista scossa da un sussulto mistico, con le vene del collo gonfie e con voce compressa, dire: “Muoio, muoio soffocata!”…» (6)]. La salesiana francese Marguerite Marie Alacoque (1647-1690) [internata in convento a soli 8 anni, a 15 anni comincia a ritenersi “fidanzata con Gesù” e riferisce. Persino, che un giorno Gesù gli si mise sopra con tutto il suo peso e che alle sue proteste rispose: “Lascia che ti usi a mio piacere perché ogni cosa fa fatta a suo tempo. Adesso io voglio che tu sia l’oggetto del mio amore, abbandonata alle mie volontà, senza resistenza da parte tua, in modo che io possa godere di te” (tipico coito ideogeno da repressione sessuale!)] si incise il monogramma di Gesù sul petto, e quando la ferita guariva troppo in fretta, la bruciava di nuovo con una candela. A volte beveva soltanto l’acqua uscita nel lavaggio dei panni, mangiava pane ammuffito, verdura marcia, puliva con la lingua il vomito dei pazienti, e nell’autobiografia descrive la felicità provata riempiendosi la bocca delle feci d’un uomo che soffriva di diarrea [inoltre, come lei stessa riferisce: “…Una volta che avevo dimostrato una certa ritrosia nel servire una malata di dissenteria, Gesù mi rimproverò così severamente che, per riparare, mi riempii la bocca dei suoi escrementi e li avrei ingurgitati se la Regola non avesse proibito di mangiare fuori dei pasti…”!]. Per simile coprofeticismo però di notte doveva baciare a lungo il cuore di Gesù, che teneva a portata di mano [d’altra parte si apprende che «…nel luglio 1667 fu visitata nella cella da Gesù che, dopo averla abbracciata, le poggiò il capo sul seno e le dichiarò il suo amore; poi si tolse il cuore dal petto e, dopo averlo fatto arrostire in una fornace ardente, glielo ripose e disse: “Prendi, o mia diletta, un pegno prezioso dell’amor mio che fino all’ultimo istante ti consumi…”. La Santa, dopo aver consumato le delizie del puro amore di Gesù, vede lo sposo divino in una fornace con due cuori che ardevano: il suo e quello del religioso padre Colombini. La voce divina disse: “Così unisce il santo amor mio questi tre cuori per sempre”. Nel cuore della Santa l’amore di Gesù si allea a quello per il suo confessore, padre Colombini…» (7)]. Papa Pio IX la fece santa nel 1864! […]. Caterina da Genova (1447-1510) strappava e masticava la sporcizia degli abiti dei poveri, inghiottendo sterco e pidocchi: fu canonizzata nel 1737. Sant’Angela da Foligno (1248-1309) sorseggiava l’acqua dei lavacri dei lebbrosi [dalla sua biografia si rileva che durante le crisi estatiche avvertiva le seguenti sensazioni: “…era come se fossi posseduta da uno strumento che mi penetrava e si ritirava strappandomi la carne […]. Venivo riempita d’amore e saziata di una pienezza inestimabile […]. Le mie membra di frantumavano e si rompevano di desiderio mentre languivo […]. Quando poi rinvenivo da questi rapimenti d’amore mi sentivo così leggera e appagata da voler bene anche ai demoni…” (tipica sensazione post-orgasmica!)]. […]. Il mistico succedaneo sessuale delle suore fu Gesù […], poiché esse venivano consacrate come sue “spose” […]. Le “sponsae Christi” e le “copulatae Christo” […] concedevano allo sposo celeste non soltanto l’anima […], ma anche il corpo. […]. Reprimendo il loro istinto materno e sessuale, le suore si trastullavano entusiaste col bambino Gesù […]. [Ad esempio] Margareta Ebner (1291-1351), una domenicana bavarese, che portava con sé un Gesù in legno dentro una culla, sente la sua voce: “Se non mi allatti, mi toglierò dalla tua vista, poiché mi ami sopra ogni cosa”. Margareta, obbediente, accosta la statuetta al seno nudo, provando un grandissimo piacere. Ma Gesù non si accontenta, diventa invadente, le appare anche in sogno, così che lei gli rivolge la parola dicendo “Perché non fai l’educato e non mi lasci dormire?” e il bambino: “Non voglio lasciarti dormire, devi prendermi con te”. “Allora piena di desideri e di gioie lo tolsi dalla culla e me lo misi in grembo. Era davvero un bambino vivace; io gli dissi: Baciami, così voglio dimenticare che mi hai privato del riposo!. Allora mi prese con le sue braccia, me le mise al collo e mi baciò; quindi chiesi di sapere da lui qualcosa intorno alla sua santa circoncisione”. È una tematica che occupa con insistenza quasi tutte le spose di Dio. […]. Santa Caterina da Siena (1347-1380) [(8)], che strillando si rotolava per terra e chiedeva con insistenza gli “abbracci” del suo “dolcissimo ed amatissimo” Gesù [(Fig. 12)], aveva al dito il suo bel prepuzio invisibile, regalatole da Lui in persona [!!]. Il confessore di Caterina ci racconta con gran pudore che ella gli aveva confessato di vedere sempre l’anello, anzi, che non c’era momento che non lo vedesse. E quando anche il dito di Caterina divenne a sua volta reliquia diverse persone devote che pregavano lì davanti scorsero l’anello, quantunque invisibile per gli altri. Ancora nel 1874 esso mandava in sollucchero anche le due giovani stigmatizzate Célestine Fenouil e Marie- Julie Jahenny; Quattordici uomini lo videro gonfiarsi al dito di quest’ultima e diventare rosso sotto la pelle; il loro vescovo era al colmo dell’entusiasmo [!]. […]. Ma che cosa è tutto ciò paragonato all’esperienza prepuziale della suora Agnes Blannbekin, morta a Vienna nel 1715, le cui rivelazioni restano documentate dal benedettino austriaco Perez!? Costui narra che la Blannbekin fin dalla giovinezza aveva dolorosamente pianto per la parte [cioè il prepuzio] una volta perduta dal giovanissimo Gesù. Essa era sempre solita “compiangere profondamente nella solennità della circoncisione la perdita di sangue che il Cristo aveva dovuto subire così presto all’inizio della sua fanciullezza” […]. Subito dopo aver ricevuto la comunione la pellicina del pene del Signore si trovava letteralmente sulla sua lingua; “Così compiangendo e commisurando Cristo ? tramanda l’informatissimo Perez ? cominciò a riflettere su dove si trovasse il prepuzio; ed ecco, sentì subito sulla lingua una minuscola pellicina, uguale a quella di un uovo, ripiena di grandissima dolcezza, ed essa la inghiottì Ma l’aveva appena ingoiata che la sentì nuovamente con la sua dolcezza sulla lingua, e la ingurgitò di nuovo. E lo fece più di cento volte […] E le venne rivelato che il prepuzio era resuscitato insieme al Signore il giorno della resurrezione. Era talmente grande la dolcezza provata nell’inghiottire tale pellicina, che provò per tutte le membra e tutti i muscoli una dolcissima trasformazione”. Il fondamento libidinoso di tutto codesto circo d’amore con Gesù, Vergine, Prepuzio, Capezzoli, Fallo e Latte materno potrebbe mai essere più evidente? Se si pone da un canto l’aspetto meramente letterario, non c’è nessuna differenza rilevante fra una mistica “autentica” ed una “inautentica”, una elevata ad una bassa mistica, fra mistica e misticismo; dappertutto appare la “neutralità” nel “soprannaturale”, la “sessualità” nella “spiritualità”, l’Eros nell’Agape, differenti certo nella manifestazione esterna, ma non nella sostanza: sia che si strilli il nome di Gesù rotolandosi al suolo sia che ci si masturbi col Crocifisso, si tratta in ogni caso semplicemente di surrogati di un’istintualità tenacemente repressa…» (9), «…Suor Maria Villani (1616) asseriva di essere stata presa in sposa da Gesù con il permesso della Vergine […]. Gesù la stringeva forte tra le sue braccia di sposo legittimo. Nell’ultima domenica di carnevale del 1621 […] Gesù va a trovare la santa donna e le dice che le avrebbe fatto godere le delizie d’amore […]. Essa fu stancata dagli amplessi di Gesù, dalle sensazioni squisitamente voluttuose che le davano i toccamenti delle dita divine e deliziosamente gridava: “Amor mio non più, Signor Dio mio, non posso più perché moro di amore!”. Santa Caterina da Bologna nella notte di Natale del 1435, dopo molte preghiere, in sulla mezza notte, vide la Vergine che le diede il suo divino figluolo. Lei l’abbraccio e “fu liquefatta di amore: la consolazione durò tredici minuti. Mentre, con tale divino abbraccio attingeva la santità, fu colta dal flusso mestruale e, anelante, gridava: “Gesù mi vorrei svenare per te!”. L’amore che non genera le dava voluttà sovrumane. […]. Santa Veronica Giuliani la notte di Natale del 1727 […]. Vide il bambino Gesù di cera diventare di carne e crescere fino a diventare adulto. Quindi, le tolste il cuore dal petto, lo sostituì col suo e le comunicò le cinque piaghe […]; Gesù passo la notte fra gli amplessi di Santa Veronica. La mattina Veronica gridava: “Dove siete, mio sposo, senza voi non posso stare, ricordatevi che sono vostra, venite! venite! Nulla altro io voglio che il vostro amore”. Dopo queste voluttà divine la Santa ebbe dolori fortissimi al capo e cadde svenuta al suolo. […]. Santa Maria Giovanna di Gesù nel 1721 vide l’eterno padre che le faceva dono del suo unigenito figlio Gesù affinché fosse tutto suo e si deliziasse con lui. Turbata la mente dallo istinto sessuale, gridava: “Datemi il vostro amore, Sposo mio!” e lo supplicava che la facesse tutta sua. […]. Gesù volle farle assaggiare delizie grandissime e la Santa racconta: “…In tale chiamata mi strinse nel suo divino seno, dimostrandomi un’intima intrinsechezza d’amorosissimo sposo che non riuscivi più a distaccarmi da lui…”. […]. La sua anima ed il suo corpo erano tenuti dallo sposo divino in un abbraccio poderoso tenendola in quella situazione tutta la giornata […]. Gli atti virili di Cristo davano alla Santa la suprema gioia dell’amore mistico; essa si contraeva violentemente nella vertigine ed il respiro le veniva a mancare, la languidezza di amore le dava le dolcezze della divinità sollecita al suo affetto. Intanto,l’esaurimento nervoso faceva passi giganteschi in questo onanismo sacro. La serva di Dio Eleonora Ramirez Montalvo nel dicembre 1640 mentre stava tutta nuda nella cella com’era suo costume, per penitenza, prima di coricarsi. Le comparve Gesù, sorridente e nudo […], e con soavi abbracciamenti temprò la gran sete di amore della Santa. La chimò sorella, figlia, diletta sposa. Nella profondità del mistero d’amore, la Santa passo quella notte e molte altre negli amplessi di Gesù. La neurastenia poi la colse con dolori fortissimi come spine che si conficcavano nella sua testa, le spinte dello sposo divino! […]. Santa Lutgarda, in una notte del 1182, rimasta sola nella chiesa, mentre baciava i piedi del crocifisso questo diventò di carne e, schiodato un braccio dalla croce, l’abbracciò, la strinse dolcemente al seno e le fece succhiare il dolce sangue che sgorgava dal costato piagato. […]. Santa Brigida in una sera del 1302 fu sposata da Gesù e la vergine le disse: “Il figlio mio ti ama d’infinito amore, amalo anche tu perfettamente, preparati a ricevere il tuo sposo che tanto ti ama” Ed ecco arriva, in una nube lucida e bianca, Gesù lo sposo divino che le dice: “Io ti ho eletta per mia sposa per manifestarti i miei ineffabili segreti”. E Gesù comunicò a Brigida gli ineffabili segreti d’amore degli amplessi mistici nella solitudine benigna della cella. […]…» (10) D’altra parte, non mancano “mistici” che riescono persino a riprodurre, stigmatizzate sul proprio corpo, le lesioni che sarebbero state inferte alla “divinità umanizzata”, ispirandosi, ingenuamente, ai modelli offerti dall’iconografia dell’arte sacra, e non secondo la realtà storica, come ampiamente documentato nell’Art. XIX.
NOTE (1) Il termine “mistico” deriva dal sostantivo greco ”
mustikov
” (”occulto”, “nascosto”, “misterioso”, ecc.). Quindi, l’uso di questo termine non tardò ad essere usato per indicare l’individuo che si abbandona a sensazioni ed a comportamenti interpretabili come vissuti esperenziali di fusione con l’occulto, con il trascendente, con il divino per cui il correlativo termine “misticismo” è comunemente usato per indicare la fusione dell’umano con il divino implicanti, oltre l’”ascesi” e l’”estasi”, anche il relegarsi all’umiltà, alla solitudine, alla mortificazione ed alla meditazione, fino all’autodeterminarsi fenomeni dispercettivi (illusori ed allucinatori) e ad avere la convinzione illusoria di essere posseduti da Dio (”delirio-mistico-religioso”). Si configura, così, un vero e proprio “stato teopatico” nel senso di Delacroix (1932) (cfr. Delacroix H.: «Le grande mystiques chrétiens», Paris, 1932) oppure, se di minore intensità, una “nevrosi mistica dovuta a delirio d’immaginazione” nel senso di Dupré e Logre (cfr. Dupré E., Logre M.: «Les délires d’imagination», L’Encéphale, 6, 209, 1911 e Dupré E., Logre M.: «Les délires d’imagination. Mythomanie délirante», L’Encéphale, 6, 338, 1911). Pertanto, ormai si ritiene che il “misticismo”, a seconda dell’entità delle relativa manifestazioni fisiche (cfr. Tedeschi M.: «Fenomeni fisici del misticismo», Roma, 1962) può essere espressione di lievi disarmonie psichiche, di più o meno gravi anomalie della sfera affettivo-emotiva, di particolari psicopatie della sessualità, fino a veri e propri stati psicotici. (2) I “demoni” con orrende ali membranose di pipistrello compaiono nell’iconografia sacra dal XII secolo in poi, come evidenziato da Baltrusaïtis (1955) (cfr. Baltrusaïtis J.: «Le Moyen Age fantastique, Antiquités et exotismes dans l’art gothique», Paris, 1955), per il seguente motivo così riassunto da Teyssedre (1985): «…Fin dall’antichità, la rappresentazione delle ali a membrana aveva avuto un’evoluzione continua nell’arte cinese, ma in un ambito chiuso. Improvvisamente, nel XIII secolo, è stato adottato dall’Occidente che fino allora aveva conosciuto solo demoni apteri o dotati di ali d’uccello come gli angeli; questo trasferimento dalla Cina in Europa si è effettuato per la mediazione dei conquistatori mongoli, eredi di Gengis Khan…» (Cfr. Teyssedre B.: «Le Diable et l’Enfer au temps de Jesus», Paris, 1985). (3) Cfr. Milano N.: «Psicologia del misticismo. La psicopatia sessuale dei religiosi», Napoli, 1914. (4) Cfr. Allegri R.: «Padre Pio. L’uomo della speranza», Milano, 1984. (5) Fra i casi maschili descritti da Milano (1914) si ricordano i seguenti: «…Nel 1674. San Giovanni Giuseppe Della Croce si flagellava, portava sandali trapuntati da chiodini, sul petto una croce con cinque ordini di pungenti ferri. Gli compariva la Vergine che si tratteneva con lui in amorosi colloqui e, dopo le vive flagellazioni, gli porgeva tra le braccia il bambino Gesù. San Casimiro (1478) era innamorato di Maria […]. La Vergine accettava gli omaggi e passava le notti con lui. Casimiro le fu fedele e finì di esaurimento nervoso a venticinque anni. San Vincenzo Ferreri (1337) nel suo trattato della vita spirituale raccomanda le giaculatorie fervorose per mantenere intatto il fiore della verginità. Una donna voleva peccare con lui, ma Vincenzo fuggì in convento […]. Nella insonnia Maria gli dava del tu, lo consolava ed ammirava l’atteggiamento del santo tormentato dallo smarrimento sessuale. […]. San Filippo Benizzi nel 1253, dopo che sacrificò alla Vergine tutte le sue contorsioni sessuali, la vide su un cocchio, tutto fiammante di oro e di gemme con una schiera di angeli […]. Sant’Andrea di Avellino (1541) volle imitare la purezza verginale di Maria: piagava il proprio corpo, digiunava e vegliava adorando Maria. Una donna volle sedurlo, ma egli fuggì nel convento ed adorò Maria disperdendo in convulsioni la frenesia dello amplesso inibito. Il beato Bernardo da Corleone nel 1625 digiunava tutti i venerdì in onore di Maria Vergine ed offri a lei la rinunzia sessuale della carne e dello spirito, […] non guardava in faccia le donne e avvertiva i religiosi più giovani di lui con le seguenti parole: “Fuggite l’aspetto delle donne poiché in una aperta di mano fanno crollare le colonne di santa chiesa”. Per domare il suo priapismo si batteva sette volte al giorno con una grossa palla di cera attaccata ad una corda e tutta armata all’intorno con pezzetti di vetro rendendo più dolorose le piaghe con un emoimpiastro fatto di sego misto a sale. Era divenuto sensibile ad ogni minimo stimolo sessuale ed una volta, toccato per sbaglio da una vecchia, ne ebbe talmente eccitato il priapo da dover restare quindici giorni in ritiro spirituale per poter ritornare all’antica serenità. […]. Offriva a Maria vergine i suoi sforzi per domare l’istinto sessuale. Il servo di Dio Umile da Biusignano nel 1604 […] insinuava a tutti la necessità di essere devoti di Maria, di invocarla sempre con affetto e di seguire gli ammaestramenti di lei che volle essere vergine. Egli si cingeva i lombi con una catena di ferro, armata di punte, per ricordare a se stesso di essere nemico di Venere. La Vergine gli compariva spesso e si tratteneva con lui in amorose conversazioni in una grotticella, sita nel giardino del convento di Bisignano, alla quale egli aveva dato il nome di “paradiso terrestre”. San Giovanni di Dio nel 1530 riceveva frequenti visite da Mara Vergine che gli asciugava persino il sudore e gli poneva sulla testa una corona di spine, intessuta da lei, per procurargli le stesse sofferenze che provò Gesù. San Pasquale Baylon nel 1560 dovette difendere la sua verginità da una donna di grande bellezza che glirivelò l’indomabile passione per lui e che, nella ebrezza della sua passione, tentò di annebbiare il verginale candore del santo; ma, Pasquale fuggì da lei. Quindi si cinse i lombi con una catena di ferro a triplice giro, si cibò di pane nero e duro, di rifiuti di erbe e radici, di frutte già vizze e, così, vinse l’impulso sessuale ed udì la voce della Vergine che lo rincuorava. […]. San Stanislao Kosta (1565) fuggiva le donne, era dedito alla flagellazione, ascoltava la messa due volte al giorno, digiunava e passava le notti in preghiere dirette a Maria. Nella cieca agitazione dell’appetito sessuale egli spasimava,ansava, si sentiva avvampare tutto e poi sveniva ai piedi del simulacro della Vergine: ed essa venne, una notte nella sua cella, a consolarlo e gli pose sul letto il bambino Gesù e, mentre si scambiavano vezzi e carezze in deliziosi divini abbracci, il corpo del bambino Gesù diffondeva celesti profumi. San Giuseppe da Copertino (1642) era preso dallo spasimo dell’amore per la Vergine. singhiozzava, si percuoteva le anche con la flagellazione, digiunava e gridava “Oh amore! Oh amore!”. […]. Egli si levò a volo per l’aria, mosso dalla frenesia di abbracciare e baciare i piedi di Maria per i quali aveva una speciale devozione,. Nel cenobio di Montevecchio scoprì in un agnellino la persona di Gesù: tremando lo baciò, se lo strinse al seno e stette più di due ore a pregare ed a vagheggiare questo agnello divino. Nel 1580 si rese famoso San Luigi Gonzaga che sfuggiva le donne e non le guardava mai in faccia perché gli suscitavano idee contrarie alla verginità;. Ma, godeva nel torturarsi, nel domare le concupiscenze carnali col dormire a terra e con le speronate. Guardava solamente la statua di Maria e le offriva in tributo il domato eretismo del priapo, Morì giovanissimo (a 23 anni) consunto dall’onanismo. Dieci giovanetti, che vollero imitare la verginità, morirono in età giovanissima e furono santificati dalla chiesa: è notevole fra essi Giovanni Berchmans che ebbe la vera ossessione del peccato sessuale e non si toccava mai gli organi genitali per nessun motivo, volle essere più vergine di San Luigi Gonsaga e mori a 17 anni. La storia di santi che furono vittime della verginità potrebbe continuare: non vi è che l’imbarazzo della scelta!…» (cfr. Milano N.: Op. cit., Napoli, 1914). (6) Cfr. Milano N.: Op. cit., Napoli, 1914. (7) Cfr. Milano N.: Op. cit., Napoli, 1914. (8) Santa Caterina da Siena (1347-1380) è stata dichiarata “compatrona d’Italia” da Pio XII nel 1942 e “dottore della Chiesa” da Paolo VI nel 1970, nonostante fosse stata palesamente “megalomane vanagloriosa” (Fig. 10) e talmente pervertita da bere il pus spremuto dalle piaghe infette (Fig. 11) e da godere voluttuosamente abbandonandosi in fantasie di sangue, come attestano i seguenti passi tratti dalle sue lettere: «…Voglio spandere il sangue mio per lo dolce sposo Gesù […], che egli ci guidi a sbranare e a macellare li corpi nostri […]. Annegatevi nel sangue di Cristo crocefisso e bagnatevi nel sangue e saziatevi del sangue e vestitevi di sangue […]. Nascondetevi nelle piaghe del Cristo crocefisso, annegatevi nel sangue di Cristo […] ci dobbiamo attaccare al petto di Cristo [(Fig. 13)] e dalla carne sua trarremo il latte che nutrisce l’anima nostra […]. Inebriatevi del sangue e saziatevi del sangue […] mi voglio vestire di sangue e spogliarmi di ogni vestimento […] Gesù, sangue, fuoco, inestimabile amore! […]. Or godiamo […]. Nascondiamoci nella caverna del costato di Cristo crocefisso, dove si trova l’abbondanza del sangue…» (cfr. Dupré Theseider E.: «Epistolario di Santa Caterina», Roma, 1940 e “Lettere di santa Caterina da Siena” raccolte da Colombo M. in «Vestitivi di sangue, Lettere ai fedeli di Caterina da Siena», Milano, 1991)! (9) Cfr. Deschner K.: «Das Kreuz mit der Kirke. Eine Sexualgeschichte des Christentums», München, 1989). (10) Cfr. Milano N.: Op. cit., Napoli, 1914.

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“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer
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16/11/2010 11:38
 
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Re: Santo? No, pazzo scatenato. La sindrome di manifestazione mistica
Claudio Cava, 16/11/2010 3.32:





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«…l’idea religiosa determina l’evoluzione regressiva della personalità…» Emile Murisier (1899)
«…Il misticismo teologico deturpa lo spirito […], con l’ignoranza, con la paura, con le superstizioni, con le ammirazioni per le estasi isteriche dei santi e con le lunghe pratiche dei rituali religiosi, rende lo spirito inetto a recare il contributo per il miglioramento della società. […]. Il misticismo riempie la psiche di frenesia e con veemenza […] la trasporta lontana dalla vita sociale e dai sentimenti di solidarietà; impedisce la formazione della volontà umana e produce un graduale decadimento psichico fino al delirio […]. Contro il morbo del misticismo bisogna agire con i metodi della medicina scientifica…» Nicola Milano (1914)


«…l’esagerazione del sentimento religioso sociale porta al fanatismo, l’esagerazione del sentimento religioso individuale porta al distacco e all’indifferenza. Il misticismo è dunque una malattia…» Roger Bastide (1931)
Si ritiene opportuno esaminare le manifestazioni esternate da quegli individui, convenzionalmente indicati come “mistici” (1), in quanto è chiaramente documentata l’univocità patogenetica di tali manifestazioni con quelle esternate dai cosiddetti “indemoniati” tanto che nell’ambito del “sacro” colpisce persino la notevole analogia tra le immagini degli “angeli” e quelle dei “diavoli”: sia gli uni che gli altri sono degli inviati speciali al servizio della suprema divinità e sia gli uni che gli altri sono forniti di ali, anche se stupende quelle dei primi ed orrende quelle dei secondi (2) , sebbene con la differenza che i “mistici” “lottano” contro il “demonio” tentatore, riuscendo ad evitare di esserne “posseduti”.
A riguardo si ricordano due casi esemplari costituiti dalle insidiose tentazioni diaboliche subite da Sant’Antonio eremita e dalle violente aggressioni diaboliche subite da Padre Pio di Pietrelcina in pieno secolo XX: «…Verso il 251 [d. C.], Sant’Antonio eremita viveva sulle montagne della Tebaide, in penitenza […]: aveva fatto il voto di castità assoluta e voleva mantenerlo in una rassegnata tristezza; spirito contemplativo, consacrava se stesso alla adorazione di Gesù e la sua coscienza diveniva un oceano di profonde onde mistiche che gli davano l’ebrezza della lotta contro il demone della carnalità. Satana intanto con sagacia fecondava i pensieri lascivi […]: gli apparve con l’aspetto di femmina formosa ed invitante, Antonio era seduto a terra in un angolo della cella, immobile sotto la violenza della concupiscenza che si sviluppava dalla femmina sussultante al desiderio dell’amplesso, nella libidine invincibile. Antonio meditò su Cristo, torturato e crocefisso per l’umanità, e vinse la voluttà che gli invadeva i nervi ed il cervello. Satana incominciò con la titillazione ad eccitarlo alla venere solitaria [cioè, alla masturbazione]; a distoglierlo dalla preghiera; a fargli diventare rosso il viso con le oscene immagini, riproducenti chimeriche e voluttuose carezze d’amore [un vero e proprio film pornografico allucinatorio!].
Ma Antonio con nobiltà ed intelligenza castigo il suo corpo con la flagellazione [!!], digiunò e pregò: così armato vinse. Mangiava pane con sale e dormiva sulla nuda terra: affermava che quanto più si debilita il corpo col sopprimere la voluttà, tanto più si rafforza l’anima. Satana voleva vincere Antonio e, conoscendo quali fossero i pervertimenti sessuali di quel tempo, gli inviò nella cella un faniulletto. Questo era bellissimo e formosissimo, e, secondo l’uso, castrato fin dalla nascita [cosa impossibile nella realtà non allucinatoria, poiché alla nascita i testicoli non sono ancora scesi nello scroto!] in quanto, assumendo forme femminee e voluttuose movenze, servisse meglio al mal costume. Il fanciulletto gli si gettò addosso e gli suggerì la voluttà della mollizia, e con la titillazione cercava di eccitarlo alla fornicazione asessuale in vaso indebito [cioè, nell’ano]. Antonio invocò grazia e forza dal Signore, pregò, col flagello s’inflisse tali piaghe [da esperto masochista] che per il dolore cadde a terra. […]. Si rimise in ginocchioni e gridò ai demoni: “Io sono Antonio, niente mi allontana dall’amore di Cristo, non temo voi e le vostre battiture!”. […]. Non mancarono ad Antonio le visioni di bestie feroci che assalgono frequentemente gli affetti da delirio erotico. I Diavoli, di notte e con strepitio, aprirono le pareti della cella e si mutarono in leoni, in orsi, in pantere, in leopardi, in tori infuriati, in serpenti, in scorpioni, in lupi […]. Ma, Antonio, avendo vinto nella lotta, vide una gran luce discendere dal cielo sino a lui…» (3); «…In paese sapevano delle lotte che ogni notte Il Padre [Pio da Pietrelcina] sosteneva con Satana. A volte, il fracasso di ciò che accadeva nella [sua] stanza era così forte da essere udito anche da molto lontano. A notte alta, i vicini erano costretti ad uscire da casa, spaventati per ciò che stava succedendo. Al mattino la mamma di Padre Pio trovava la camera del figlio a soqquadro: il materasso, le sedie, il letto, tutto era rovesciato. Il Padre aveva il corpo pieno di lividi per le botte [che, naturalmente, si era autoinferte]…» (4) e Padre Pio da Pietrelcina stesso, in alcune lettere scritte al suo “padre spirituale”, dichiara: «…Quanta guerra mi muove Satana! […]. Quel cosaccio, da verso le 10 che mi misi a letto fino alle 5 della mattina non fece altro che picchiarmi continuamente: credevo che quella fosse l’ultima notte della mia esistenza […]. Quei cosacci [i demoni] mi si scagliarono addosso come tante tigri affamate, maledicendomi, minacciandomi che me l’avrebbero fatta pagare. […]. Da quel giorno mi hanno quotidianamente percosso. […]. Ormai sono passati 22 giorni continui che Gesù permette a costoro di sfogare la loro ira su di me. Il mio corpo è tutto ammaccato per le tante percosse. […]. Questi cosacci non cessano di percuotermi, di perseguitarmi e di sbalzarmi dal letto, giungendo persino a togliermi la camicia e percuotermi in tale stato…». Tuttavia, i “mistici”, mentre “lottano” contro il “demonio” tentatore, riuscendo ad evitare di esserne “posseduti”, si lasciano possedere con voluttà dalla “divinità”, abbandonandosi in atteggiamenti estatici (Fig. 4-5), spesso riuscendo a rievocare masochisticamente su se stessi le sofferenze, come immaginano siano state “patite” dalla “divinità umanizzata”. In tal senso, pur non mancando numerosi esempi maschili (5), sono più numerosi gli esempi femminili di cui se ne riportano alcuni casi tra i più emblematici. Santa Teresa d’Avila (1515-1582), fatta entrare giovanissima in monastero dal padre per salvaguardarla dal suo abbandono “con iscompigliata leggerezza ad un secreto amore, trascinata dalle perfide suggestioni di un parente, che avrebbe potuto perderla” con le seguenti conseguenze: «…La mortificazione dei sensi e delle gioie della vita gli determinano i tipici effetti della loro repressione. Nella coscienza confusa dell’istinto sessuale che si espande, Teresa crea il simbolo luminoso dell’amore in un’immagine di sovrana bellezza ieratica: vede Gesù che ha alla sua destra padre Graziano, un uomo membruto e carezzevole, […]. Teresa scrive: “il divino maestro afferrò la mano destra di ambedue [cioè di lei e di Graziano] e le strinse unite alla sua dicendo: Ecco il padre che tu devi tenere in luogo mio, […] Tutto questo mi ha lasciato una quiete di spirito così dolce che ne stupisco e sento che questa è la volontà del Signore e non del demonio […], pare all’anima mia di restare sospesa in quelle divine braccia, appoggiata a quel divino costato a quelle poppe divine e non sa fare altro che godere cibata con quel latte divino, col quale la va cibando lo sposo e, migliorandola [l’anima] per poterla accarezzare […]. Questo latte divino nutre, aumenta e fortifica le virtù eroiche, questo amore dolce è quello che Dio dà […], dopo del bacio l’anima viene a queste poppe […].
Dalla soavità che l’anima riceve da queste divine poppe, vengono a volte svenimenti e si rimane sospesa e rapita […]”. Teresa battezza Graziano col nome di Eliseo e lo vede tanto simile a Gesù da descriverlo così: “Vidi il mio Eliseo risplendente di una bellezza incomparabile con in capo una corona tutta formata di ricchissimi diamanti ed una numerosa schiera di vergini andavano innanzi a lui cantando inni di lode al Signore. Mi sforzavo di spalancare gli occhi per distrarmi da quello spettacolo, ma indarno [= invano] […]. Mentre mi beavo di quella musica ed osservavo che non vi era altro uomo che il padre Graziano, il Signore mi disse: Egli è ben degno di stare in mezzo a tutte queste vergini […]. Il frutto che ne trassi fu un maggior affetto per il mio Eliseo […], pregando un giorno il Signore, dopo la comunione, con tutto il fervore del mio cuore, che non volesse privarmi del caro padre dopo avermelo dato egli stesso, l’adorabile Redentore mi disse: Non temere! […]”. […]. L’amore compresso dalle immagini mistiche […] le dava le convulsioni ovariche. L’istinto sessuale, represso dalla meditazione e dalla regola monastica, genera fantasmi smisurati. Teresa si rivolge a Gesù con un rigurgito di affetti e di gonfia concupiscenza e, resa serva dalla passione, scrive così della sua anima: “…Essa sente vivissimamente tali trasporti amorosi e vorrebbe frenarli, ma talora sono così violenti che deve per forza sfogarsi in parole di accesissimo affetto ed è costretta ad esclamare: O vita della mia vita, o mio dolce pascolo e mio ristoro! Ed altri simili sospiri di amore. Ciò accade quando dal seno immenso del suo amore Dio fa scaturire in copia il latte delle celesti consolazioni che infonde nuova vita nelle potenze dell’anima e nei sensi del corpo […]”. Teresa, col ventre pallido e contratto, si contorce nella sua cella in una solitaria estasi, dedicata al Signore Gesù Cristo; il delirio erotico trascina la sua anima alle accese parole di amore, violenza sacra alla verginità morale. L’orgasmo fisico venereo le dilata i vasi sanguigni, sotto i baci celesti di Gesù, in una sofferenza strana che termina solamente quando scaturisce il latte delle celesti consolazioni […] e scrive: “Talora il corpo non si riconosce più, si sente scorrere per le vene quella forza misteriosa onde Dio riempie l’anima quando, fattala entrare nella sua cella secreta, l’inebria del vino del suo amore. Il corpo sente la novella vita, che gli viene da quel centro, come sente l’effetto del vino che gli ingagliardisce le membra”. […]. Nel silenzio claustrale, notturno, ella sente la nuova forza dell’amplesso umido di Gesù il quale bagna il suo corpo di rugiada celeste che descrive così: “Lo sposo divino fa godere in un istante tutta la bellezza, tutta la gloria del paradiso in una maniera così ineffabile che non c’è altro gusto spirituale che gli rassomigli. […]. Alcune volte mi fa tanto uscire di me l’amore che non mene accorgo, se non facessi con tutto il mio senno dei lamenti amorosi […]. Una volta mi apparve un angelo tangibile nella sua costituzione carnale, era bellissimo, ed io vedevo nella sua mano un lungo dardo d’oro con all’estremità una punta di fuoco [(Fig. 4)]. L’angelo mi penetrò con il dardo fino alle viscere e quando lo ritirò mi lasciò tutta bruciata d’amore per Dio […]. Il dolore della ferita era così vivo che mi strappava dei deboli sospiri, ma questo indicibile martirio, che mi faceva nello stesso tempo gustare le delizie più soavi [tipica espressione di “parafilia masochistica”], non era costituito da sofferenze corporali anche se il corpo vi partecipava nella forma più completa…”. Teresa, dopo queste continue apparizioni, che si dileguavano, soffriva di nevrosi cardiaca […] le funzioni di moglie di Gesù gli davano l’angoscia. A riguardo così scrive “Per l’addietro il dolore non era tanto intenso […] e nel pieno uso dei miei sensi mi costringeva a sfogarmi in grida acutissime, senza potermi frenare. Poi il dolore, fattosi più acuto, mi pare che trafigga da banda a banda il mio cuore […]”. La passione per lo sposo divino squassava il suo corpo per la scarica anormale dell’istinto sessuale, ed ella si sentiva trafiggere ed istupidire dall’amplesso, mancato e desiderato di compiere con un uomo di questa terra. […]. Così, esausta di adorazione, Teresa creava dentro di sé il misticismo amoroso e le convulsioni paragonabili, per la gravità, solamente ai sintomi parasifilitici…»; «…Santa Maria Maddalena (1556-1607) [(Fig. 6)], carmelitana fiorentina, […] si agitava fra le spine [(Fig. 7)], si faceva gocciolare cera bollente sulla cute, si lasciava insultare, calpestare il viso e frustare, ed andava in visibilio quando tutto ciò accadeva in presenza della priora […], esempio classico di una flagellante ascetica [(Fig. 8)], pervertita sessuale [affetta da “parafilia masochistica”, secondo la nomenclatura moderna] […], [continuamente invano “tentata” dai “demoni”, specialmente ad assumere cibi (Fg. 9) in quanto era anoressica e, come lei stessa asserisce «…il 26 aprile 1685 gli si presentò Gesù tutto luminoso e splendente e la sposò. Erano testimoni Sant’Agostino e Santa Caterina da Siena e Gesù le disse: “vieni, sposa mia, riposo e stimolo del mio spirito” ed essa gli rispose “Ecce venio, venio”. Gesù la tenne tra gli amplessi fino alla mattina. Il possesso di Gesù la esaltava, si cingeva con una fascia irta di grossi chiodi e sigettava a giacere sulle spine. Ma, passate le notti insonni, si produsse in lei una grave malattia finché fu vista scossa da un sussulto mistico, con le vene del collo gonfie e con voce compressa, dire: “Muoio, muoio soffocata!”…» (6)]. La salesiana francese Marguerite Marie Alacoque (1647-1690) [internata in convento a soli 8 anni, a 15 anni comincia a ritenersi “fidanzata con Gesù” e riferisce. Persino, che un giorno Gesù gli si mise sopra con tutto il suo peso e che alle sue proteste rispose: “Lascia che ti usi a mio piacere perché ogni cosa fa fatta a suo tempo. Adesso io voglio che tu sia l’oggetto del mio amore, abbandonata alle mie volontà, senza resistenza da parte tua, in modo che io possa godere di te” (tipico coito ideogeno da repressione sessuale!)] si incise il monogramma di Gesù sul petto, e quando la ferita guariva troppo in fretta, la bruciava di nuovo con una candela. A volte beveva soltanto l’acqua uscita nel lavaggio dei panni, mangiava pane ammuffito, verdura marcia, puliva con la lingua il vomito dei pazienti, e nell’autobiografia descrive la felicità provata riempiendosi la bocca delle feci d’un uomo che soffriva di diarrea [inoltre, come lei stessa riferisce: “…Una volta che avevo dimostrato una certa ritrosia nel servire una malata di dissenteria, Gesù mi rimproverò così severamente che, per riparare, mi riempii la bocca dei suoi escrementi e li avrei ingurgitati se la Regola non avesse proibito di mangiare fuori dei pasti…”!]. Per simile coprofeticismo però di notte doveva baciare a lungo il cuore di Gesù, che teneva a portata di mano [d’altra parte si apprende che «…nel luglio 1667 fu visitata nella cella da Gesù che, dopo averla abbracciata, le poggiò il capo sul seno e le dichiarò il suo amore; poi si tolse il cuore dal petto e, dopo averlo fatto arrostire in una fornace ardente, glielo ripose e disse: “Prendi, o mia diletta, un pegno prezioso dell’amor mio che fino all’ultimo istante ti consumi…”. La Santa, dopo aver consumato le delizie del puro amore di Gesù, vede lo sposo divino in una fornace con due cuori che ardevano: il suo e quello del religioso padre Colombini. La voce divina disse: “Così unisce il santo amor mio questi tre cuori per sempre”. Nel cuore della Santa l’amore di Gesù si allea a quello per il suo confessore, padre Colombini…» (7)]. Papa Pio IX la fece santa nel 1864! […]. Caterina da Genova (1447-1510) strappava e masticava la sporcizia degli abiti dei poveri, inghiottendo sterco e pidocchi: fu canonizzata nel 1737. Sant’Angela da Foligno (1248-1309) sorseggiava l’acqua dei lavacri dei lebbrosi [dalla sua biografia si rileva che durante le crisi estatiche avvertiva le seguenti sensazioni: “…era come se fossi posseduta da uno strumento che mi penetrava e si ritirava strappandomi la carne […]. Venivo riempita d’amore e saziata di una pienezza inestimabile […]. Le mie membra di frantumavano e si rompevano di desiderio mentre languivo […]. Quando poi rinvenivo da questi rapimenti d’amore mi sentivo così leggera e appagata da voler bene anche ai demoni…” (tipica sensazione post-orgasmica!)]. […]. Il mistico succedaneo sessuale delle suore fu Gesù […], poiché esse venivano consacrate come sue “spose” […]. Le “sponsae Christi” e le “copulatae Christo” […] concedevano allo sposo celeste non soltanto l’anima […], ma anche il corpo. […]. Reprimendo il loro istinto materno e sessuale, le suore si trastullavano entusiaste col bambino Gesù […]. [Ad esempio] Margareta Ebner (1291-1351), una domenicana bavarese, che portava con sé un Gesù in legno dentro una culla, sente la sua voce: “Se non mi allatti, mi toglierò dalla tua vista, poiché mi ami sopra ogni cosa”. Margareta, obbediente, accosta la statuetta al seno nudo, provando un grandissimo piacere. Ma Gesù non si accontenta, diventa invadente, le appare anche in sogno, così che lei gli rivolge la parola dicendo “Perché non fai l’educato e non mi lasci dormire?” e il bambino: “Non voglio lasciarti dormire, devi prendermi con te”. “Allora piena di desideri e di gioie lo tolsi dalla culla e me lo misi in grembo. Era davvero un bambino vivace; io gli dissi: Baciami, così voglio dimenticare che mi hai privato del riposo!. Allora mi prese con le sue braccia, me le mise al collo e mi baciò; quindi chiesi di sapere da lui qualcosa intorno alla sua santa circoncisione”. È una tematica che occupa con insistenza quasi tutte le spose di Dio. […]. Santa Caterina da Siena (1347-1380) [(8)], che strillando si rotolava per terra e chiedeva con insistenza gli “abbracci” del suo “dolcissimo ed amatissimo” Gesù [(Fig. 12)], aveva al dito il suo bel prepuzio invisibile, regalatole da Lui in persona [!!]. Il confessore di Caterina ci racconta con gran pudore che ella gli aveva confessato di vedere sempre l’anello, anzi, che non c’era momento che non lo vedesse. E quando anche il dito di Caterina divenne a sua volta reliquia diverse persone devote che pregavano lì davanti scorsero l’anello, quantunque invisibile per gli altri. Ancora nel 1874 esso mandava in sollucchero anche le due giovani stigmatizzate Célestine Fenouil e Marie- Julie Jahenny; Quattordici uomini lo videro gonfiarsi al dito di quest’ultima e diventare rosso sotto la pelle; il loro vescovo era al colmo dell’entusiasmo [!]. […]. Ma che cosa è tutto ciò paragonato all’esperienza prepuziale della suora Agnes Blannbekin, morta a Vienna nel 1715, le cui rivelazioni restano documentate dal benedettino austriaco Perez!? Costui narra che la Blannbekin fin dalla giovinezza aveva dolorosamente pianto per la parte [cioè il prepuzio] una volta perduta dal giovanissimo Gesù. Essa era sempre solita “compiangere profondamente nella solennità della circoncisione la perdita di sangue che il Cristo aveva dovuto subire così presto all’inizio della sua fanciullezza” […]. Subito dopo aver ricevuto la comunione la pellicina del pene del Signore si trovava letteralmente sulla sua lingua; “Così compiangendo e commisurando Cristo ? tramanda l’informatissimo Perez ? cominciò a riflettere su dove si trovasse il prepuzio; ed ecco, sentì subito sulla lingua una minuscola pellicina, uguale a quella di un uovo, ripiena di grandissima dolcezza, ed essa la inghiottì Ma l’aveva appena ingoiata che la sentì nuovamente con la sua dolcezza sulla lingua, e la ingurgitò di nuovo. E lo fece più di cento volte […] E le venne rivelato che il prepuzio era resuscitato insieme al Signore il giorno della resurrezione. Era talmente grande la dolcezza provata nell’inghiottire tale pellicina, che provò per tutte le membra e tutti i muscoli una dolcissima trasformazione”. Il fondamento libidinoso di tutto codesto circo d’amore con Gesù, Vergine, Prepuzio, Capezzoli, Fallo e Latte materno potrebbe mai essere più evidente? Se si pone da un canto l’aspetto meramente letterario, non c’è nessuna differenza rilevante fra una mistica “autentica” ed una “inautentica”, una elevata ad una bassa mistica, fra mistica e misticismo; dappertutto appare la “neutralità” nel “soprannaturale”, la “sessualità” nella “spiritualità”, l’Eros nell’Agape, differenti certo nella manifestazione esterna, ma non nella sostanza: sia che si strilli il nome di Gesù rotolandosi al suolo sia che ci si masturbi col Crocifisso, si tratta in ogni caso semplicemente di surrogati di un’istintualità tenacemente repressa…» (9), «…Suor Maria Villani (1616) asseriva di essere stata presa in sposa da Gesù con il permesso della Vergine […]. Gesù la stringeva forte tra le sue braccia di sposo legittimo. Nell’ultima domenica di carnevale del 1621 […] Gesù va a trovare la santa donna e le dice che le avrebbe fatto godere le delizie d’amore […]. Essa fu stancata dagli amplessi di Gesù, dalle sensazioni squisitamente voluttuose che le davano i toccamenti delle dita divine e deliziosamente gridava: “Amor mio non più, Signor Dio mio, non posso più perché moro di amore!”. Santa Caterina da Bologna nella notte di Natale del 1435, dopo molte preghiere, in sulla mezza notte, vide la Vergine che le diede il suo divino figluolo. Lei l’abbraccio e “fu liquefatta di amore: la consolazione durò tredici minuti. Mentre, con tale divino abbraccio attingeva la santità, fu colta dal flusso mestruale e, anelante, gridava: “Gesù mi vorrei svenare per te!”. L’amore che non genera le dava voluttà sovrumane. […]. Santa Veronica Giuliani la notte di Natale del 1727 […]. Vide il bambino Gesù di cera diventare di carne e crescere fino a diventare adulto. Quindi, le tolste il cuore dal petto, lo sostituì col suo e le comunicò le cinque piaghe […]; Gesù passo la notte fra gli amplessi di Santa Veronica. La mattina Veronica gridava: “Dove siete, mio sposo, senza voi non posso stare, ricordatevi che sono vostra, venite! venite! Nulla altro io voglio che il vostro amore”. Dopo queste voluttà divine la Santa ebbe dolori fortissimi al capo e cadde svenuta al suolo. […]. Santa Maria Giovanna di Gesù nel 1721 vide l’eterno padre che le faceva dono del suo unigenito figlio Gesù affinché fosse tutto suo e si deliziasse con lui. Turbata la mente dallo istinto sessuale, gridava: “Datemi il vostro amore, Sposo mio!” e lo supplicava che la facesse tutta sua. […]. Gesù volle farle assaggiare delizie grandissime e la Santa racconta: “…In tale chiamata mi strinse nel suo divino seno, dimostrandomi un’intima intrinsechezza d’amorosissimo sposo che non riuscivi più a distaccarmi da lui…”. […]. La sua anima ed il suo corpo erano tenuti dallo sposo divino in un abbraccio poderoso tenendola in quella situazione tutta la giornata […]. Gli atti virili di Cristo davano alla Santa la suprema gioia dell’amore mistico; essa si contraeva violentemente nella vertigine ed il respiro le veniva a mancare, la languidezza di amore le dava le dolcezze della divinità sollecita al suo affetto. Intanto,l’esaurimento nervoso faceva passi giganteschi in questo onanismo sacro. La serva di Dio Eleonora Ramirez Montalvo nel dicembre 1640 mentre stava tutta nuda nella cella com’era suo costume, per penitenza, prima di coricarsi. Le comparve Gesù, sorridente e nudo […], e con soavi abbracciamenti temprò la gran sete di amore della Santa. La chimò sorella, figlia, diletta sposa. Nella profondità del mistero d’amore, la Santa passo quella notte e molte altre negli amplessi di Gesù. La neurastenia poi la colse con dolori fortissimi come spine che si conficcavano nella sua testa, le spinte dello sposo divino! […]. Santa Lutgarda, in una notte del 1182, rimasta sola nella chiesa, mentre baciava i piedi del crocifisso questo diventò di carne e, schiodato un braccio dalla croce, l’abbracciò, la strinse dolcemente al seno e le fece succhiare il dolce sangue che sgorgava dal costato piagato. […]. Santa Brigida in una sera del 1302 fu sposata da Gesù e la vergine le disse: “Il figlio mio ti ama d’infinito amore, amalo anche tu perfettamente, preparati a ricevere il tuo sposo che tanto ti ama” Ed ecco arriva, in una nube lucida e bianca, Gesù lo sposo divino che le dice: “Io ti ho eletta per mia sposa per manifestarti i miei ineffabili segreti”. E Gesù comunicò a Brigida gli ineffabili segreti d’amore degli amplessi mistici nella solitudine benigna della cella. […]…» (10) D’altra parte, non mancano “mistici” che riescono persino a riprodurre, stigmatizzate sul proprio corpo, le lesioni che sarebbero state inferte alla “divinità umanizzata”, ispirandosi, ingenuamente, ai modelli offerti dall’iconografia dell’arte sacra, e non secondo la realtà storica, come ampiamente documentato nell’Art. XIX.
NOTE (1) Il termine “mistico” deriva dal sostantivo greco ”
mustikov
” (”occulto”, “nascosto”, “misterioso”, ecc.). Quindi, l’uso di questo termine non tardò ad essere usato per indicare l’individuo che si abbandona a sensazioni ed a comportamenti interpretabili come vissuti esperenziali di fusione con l’occulto, con il trascendente, con il divino per cui il correlativo termine “misticismo” è comunemente usato per indicare la fusione dell’umano con il divino implicanti, oltre l’”ascesi” e l’”estasi”, anche il relegarsi all’umiltà, alla solitudine, alla mortificazione ed alla meditazione, fino all’autodeterminarsi fenomeni dispercettivi (illusori ed allucinatori) e ad avere la convinzione illusoria di essere posseduti da Dio (”delirio-mistico-religioso”). Si configura, così, un vero e proprio “stato teopatico” nel senso di Delacroix (1932) (cfr. Delacroix H.: «Le grande mystiques chrétiens», Paris, 1932) oppure, se di minore intensità, una “nevrosi mistica dovuta a delirio d’immaginazione” nel senso di Dupré e Logre (cfr. Dupré E., Logre M.: «Les délires d’imagination», L’Encéphale, 6, 209, 1911 e Dupré E., Logre M.: «Les délires d’imagination. Mythomanie délirante», L’Encéphale, 6, 338, 1911). Pertanto, ormai si ritiene che il “misticismo”, a seconda dell’entità delle relativa manifestazioni fisiche (cfr. Tedeschi M.: «Fenomeni fisici del misticismo», Roma, 1962) può essere espressione di lievi disarmonie psichiche, di più o meno gravi anomalie della sfera affettivo-emotiva, di particolari psicopatie della sessualità, fino a veri e propri stati psicotici. (2) I “demoni” con orrende ali membranose di pipistrello compaiono nell’iconografia sacra dal XII secolo in poi, come evidenziato da Baltrusaïtis (1955) (cfr. Baltrusaïtis J.: «Le Moyen Age fantastique, Antiquités et exotismes dans l’art gothique», Paris, 1955), per il seguente motivo così riassunto da Teyssedre (1985): «…Fin dall’antichità, la rappresentazione delle ali a membrana aveva avuto un’evoluzione continua nell’arte cinese, ma in un ambito chiuso. Improvvisamente, nel XIII secolo, è stato adottato dall’Occidente che fino allora aveva conosciuto solo demoni apteri o dotati di ali d’uccello come gli angeli; questo trasferimento dalla Cina in Europa si è effettuato per la mediazione dei conquistatori mongoli, eredi di Gengis Khan…» (Cfr. Teyssedre B.: «Le Diable et l’Enfer au temps de Jesus», Paris, 1985). (3) Cfr. Milano N.: «Psicologia del misticismo. La psicopatia sessuale dei religiosi», Napoli, 1914. (4) Cfr. Allegri R.: «Padre Pio. L’uomo della speranza», Milano, 1984. (5) Fra i casi maschili descritti da Milano (1914) si ricordano i seguenti: «…Nel 1674. San Giovanni Giuseppe Della Croce si flagellava, portava sandali trapuntati da chiodini, sul petto una croce con cinque ordini di pungenti ferri. Gli compariva la Vergine che si tratteneva con lui in amorosi colloqui e, dopo le vive flagellazioni, gli porgeva tra le braccia il bambino Gesù. San Casimiro (1478) era innamorato di Maria […]. La Vergine accettava gli omaggi e passava le notti con lui. Casimiro le fu fedele e finì di esaurimento nervoso a venticinque anni. San Vincenzo Ferreri (1337) nel suo trattato della vita spirituale raccomanda le giaculatorie fervorose per mantenere intatto il fiore della verginità. Una donna voleva peccare con lui, ma Vincenzo fuggì in convento […]. Nella insonnia Maria gli dava del tu, lo consolava ed ammirava l’atteggiamento del santo tormentato dallo smarrimento sessuale. […]. San Filippo Benizzi nel 1253, dopo che sacrificò alla Vergine tutte le sue contorsioni sessuali, la vide su un cocchio, tutto fiammante di oro e di gemme con una schiera di angeli […]. Sant’Andrea di Avellino (1541) volle imitare la purezza verginale di Maria: piagava il proprio corpo, digiunava e vegliava adorando Maria. Una donna volle sedurlo, ma egli fuggì nel convento ed adorò Maria disperdendo in convulsioni la frenesia dello amplesso inibito. Il beato Bernardo da Corleone nel 1625 digiunava tutti i venerdì in onore di Maria Vergine ed offri a lei la rinunzia sessuale della carne e dello spirito, […] non guardava in faccia le donne e avvertiva i religiosi più giovani di lui con le seguenti parole: “Fuggite l’aspetto delle donne poiché in una aperta di mano fanno crollare le colonne di santa chiesa”. Per domare il suo priapismo si batteva sette volte al giorno con una grossa palla di cera attaccata ad una corda e tutta armata all’intorno con pezzetti di vetro rendendo più dolorose le piaghe con un emoimpiastro fatto di sego misto a sale. Era divenuto sensibile ad ogni minimo stimolo sessuale ed una volta, toccato per sbaglio da una vecchia, ne ebbe talmente eccitato il priapo da dover restare quindici giorni in ritiro spirituale per poter ritornare all’antica serenità. […]. Offriva a Maria vergine i suoi sforzi per domare l’istinto sessuale. Il servo di Dio Umile da Biusignano nel 1604 […] insinuava a tutti la necessità di essere devoti di Maria, di invocarla sempre con affetto e di seguire gli ammaestramenti di lei che volle essere vergine. Egli si cingeva i lombi con una catena di ferro, armata di punte, per ricordare a se stesso di essere nemico di Venere. La Vergine gli compariva spesso e si tratteneva con lui in amorose conversazioni in una grotticella, sita nel giardino del convento di Bisignano, alla quale egli aveva dato il nome di “paradiso terrestre”. San Giovanni di Dio nel 1530 riceveva frequenti visite da Mara Vergine che gli asciugava persino il sudore e gli poneva sulla testa una corona di spine, intessuta da lei, per procurargli le stesse sofferenze che provò Gesù. San Pasquale Baylon nel 1560 dovette difendere la sua verginità da una donna di grande bellezza che glirivelò l’indomabile passione per lui e che, nella ebrezza della sua passione, tentò di annebbiare il verginale candore del santo; ma, Pasquale fuggì da lei. Quindi si cinse i lombi con una catena di ferro a triplice giro, si cibò di pane nero e duro, di rifiuti di erbe e radici, di frutte già vizze e, così, vinse l’impulso sessuale ed udì la voce della Vergine che lo rincuorava. […]. San Stanislao Kosta (1565) fuggiva le donne, era dedito alla flagellazione, ascoltava la messa due volte al giorno, digiunava e passava le notti in preghiere dirette a Maria. Nella cieca agitazione dell’appetito sessuale egli spasimava,ansava, si sentiva avvampare tutto e poi sveniva ai piedi del simulacro della Vergine: ed essa venne, una notte nella sua cella, a consolarlo e gli pose sul letto il bambino Gesù e, mentre si scambiavano vezzi e carezze in deliziosi divini abbracci, il corpo del bambino Gesù diffondeva celesti profumi. San Giuseppe da Copertino (1642) era preso dallo spasimo dell’amore per la Vergine. singhiozzava, si percuoteva le anche con la flagellazione, digiunava e gridava “Oh amore! Oh amore!”. […]. Egli si levò a volo per l’aria, mosso dalla frenesia di abbracciare e baciare i piedi di Maria per i quali aveva una speciale devozione,. Nel cenobio di Montevecchio scoprì in un agnellino la persona di Gesù: tremando lo baciò, se lo strinse al seno e stette più di due ore a pregare ed a vagheggiare questo agnello divino. Nel 1580 si rese famoso San Luigi Gonzaga che sfuggiva le donne e non le guardava mai in faccia perché gli suscitavano idee contrarie alla verginità;. Ma, godeva nel torturarsi, nel domare le concupiscenze carnali col dormire a terra e con le speronate. Guardava solamente la statua di Maria e le offriva in tributo il domato eretismo del priapo, Morì giovanissimo (a 23 anni) consunto dall’onanismo. Dieci giovanetti, che vollero imitare la verginità, morirono in età giovanissima e furono santificati dalla chiesa: è notevole fra essi Giovanni Berchmans che ebbe la vera ossessione del peccato sessuale e non si toccava mai gli organi genitali per nessun motivo, volle essere più vergine di San Luigi Gonsaga e mori a 17 anni. La storia di santi che furono vittime della verginità potrebbe continuare: non vi è che l’imbarazzo della scelta!…» (cfr. Milano N.: Op. cit., Napoli, 1914). (6) Cfr. Milano N.: Op. cit., Napoli, 1914. (7) Cfr. Milano N.: Op. cit., Napoli, 1914. (8) Santa Caterina da Siena (1347-1380) è stata dichiarata “compatrona d’Italia” da Pio XII nel 1942 e “dottore della Chiesa” da Paolo VI nel 1970, nonostante fosse stata palesamente “megalomane vanagloriosa” (Fig. 10) e talmente pervertita da bere il pus spremuto dalle piaghe infette (Fig. 11) e da godere voluttuosamente abbandonandosi in fantasie di sangue, come attestano i seguenti passi tratti dalle sue lettere: «…Voglio spandere il sangue mio per lo dolce sposo Gesù […], che egli ci guidi a sbranare e a macellare li corpi nostri […]. Annegatevi nel sangue di Cristo crocefisso e bagnatevi nel sangue e saziatevi del sangue e vestitevi di sangue […]. Nascondetevi nelle piaghe del Cristo crocefisso, annegatevi nel sangue di Cristo […] ci dobbiamo attaccare al petto di Cristo [(Fig. 13)] e dalla carne sua trarremo il latte che nutrisce l’anima nostra […]. Inebriatevi del sangue e saziatevi del sangue […] mi voglio vestire di sangue e spogliarmi di ogni vestimento […] Gesù, sangue, fuoco, inestimabile amore! […]. Or godiamo […]. Nascondiamoci nella caverna del costato di Cristo crocefisso, dove si trova l’abbondanza del sangue…» (cfr. Dupré Theseider E.: «Epistolario di Santa Caterina», Roma, 1940 e “Lettere di santa Caterina da Siena” raccolte da Colombo M. in «Vestitivi di sangue, Lettere ai fedeli di Caterina da Siena», Milano, 1991)! (9) Cfr. Deschner K.: «Das Kreuz mit der Kirke. Eine Sexualgeschichte des Christentums», München, 1989). (10) Cfr. Milano N.: Op. cit., Napoli, 1914.

apocalisselaica.net/varie/scienza-ed-evoluzione/santo-no-pazzo-scatenato-la-sindrome-di-manifestazione...

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Ma dico non si possono spezzare le parti più importanti come faccio io , questo post io l'ho preso da una lunghissima lettera , che se lo postavo tutto sicuramente nessuno l'avrebbe letta .




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Discendiamo all'inferno fin che siamo vivi (cioè riflettendo su questa terribile realtà) - diceva Sant'Agostino - per non precipitarvi dopo la morte".
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16/11/2010 12:25
 
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Verso il 1850 a Foligno una suora morta in concetto di santità venne a chieder suffragi e mentre diceva: Ahi, quanto soffro! toccò colla palma della mano una porta del convento e vi lasciò impressa l'impronta d'essa come se fosse stata di ferro arroventato, riempiendo la stanza di fumo per il legno bruciato. La porta si conser va pur ora.

Un religioso francescano comparve a un do menicano dicendogli: Niente vi è sulla terra che possa dare un'idea delle mie pene! - E per dar gliene una prova stese la mano su una tavola che tosto andò come in fiamme e vi rimase fonda la impronta carbonizzata.

Un domenicano polacco vide un dì, mentre pregava per i defunti, un'anima purgante che era come un carbone in mezzo ad una fornace ar dente. Il religioso la interrogò se quel fuoco del Purgatorio era più penetrante che quello della terra. Quell'anima rispose: Ahimè! tutto il fuoco della terra, paragonato a quello del Purgatorio, è come un soffio-d'aria freschissima! - Riprese a dire il religioso: Vorrei farne una prova, a patto che ciò giovasse a farmi scontare un po' del Pur gatorio che mi toccherà fare. - Ma l'anima repli cò: Nessun mortale potrebbe sopportarne la mi nima parte, senza morire all'istante, se Dio non lo sostiene. Se vuoi convincerti, stendi la mano. - Senza temere il religioso stese la mano e l'anima del Purgatorio vi lasciò cader sopra una sola goc cia del suo sudore. Subito il religioso stramazzò al suolo con grida acute di spasimo. La goccia gli aveva forata la mano lasciandovi una gran piaga profonda. Una anno intero penò fra spasimi tre mendi causa quella piaga e poi morì, mentre quel fatto, divenuto notorio, rianimò il fervore di tutti i monasteri di quelle contrade.


Interessante è il fatto avvenuto nel 1946 nella persona dell'ingegnere Enzo Crozza, domiciliato a Torino, in via Ila rione Petitti, 34.

Questo ingegnere, ammalatosi nel 1942 si era fatto assistere in famiglia nelle ore notturne da una Suora del Cottolengo, certa Suor Angela Curti. Nel 1944 la Suo ra moriva nel Cottolengo; l'ingegnere non ne sapeva nulla.

Il Signor Crozza fu operato di appen dicite nella sua abitazione nel 1946 e, memore delle delicate cure di Suor Cur ti, mandò la moglie al Cottolengo per invitarla a venire ad assisterlo.

Mentre la moglie faceva le scale, in contrò la Suora.

- E voi, qui?... Venivo proprio in cer ca di voi!

- Ho saputo che vostro marito sta male e son venuta a cercarlo! -

Per quindici notti consecutive Suor Angela vegliò al capezzale dell'ingegne re; veniva la sera e partiva al mattino.

Finita la sua missione, si licenziò sen za chiedere alcun compenso.

Quando il Signor Crozza si ristabilì discretamente, andò al Cottolengo con la moglie per ringraziare ancora una volta la Suora. Quale non fu la sua meraviglia a senirsi dire: Cercate di Suor Angela?... Ma da due anni è al cimitero!... E' mor ta qui! - Eppure la Suora che mi assi steva era lei, in carne ed ossa! E non sono io solo a constatare il fatto, ma tut ta la famiglia!... -


Una sera Padre Pio stava riposan do in una stanza, al pianterreno del convento, adibita a foresteria. Era solo e si era da poco disteso sulla branda quando, improvvisamente, ecco com parirgli un uomo avvolto in un nero mantello a ruota. Padre Pio, sorpreso, alzandosi, chiese all'uomo chi fosse e che cosa volesse. Lo sconosciuto ri spose di essere un'anima del Pur gatorio. "Sono Pietro Di Mauro. Sono morto in un incendio, il 18 settembre 1908, in questo convento adibito, do po l'espropriazione dei beni ecclesia stici, ad un ospizio per vecchi. Morii fra le fiamme, nel mio pagliericcio, sorpreso nel sonno, proprio in questa stanza. Vengo dal Purgatorio: il Si gnore mi ha concesso di venirvi a chiedere di applicare a me la vostra Santa Messa di domattina. Grazie a questa Mes sa potrò entrare in Paradiso ".

Padre Pio assicurò che avrebbe appli cato a lui la sua Messa... ma ecco le parole di Padre Pio: "Io, volli accompagnarlo al la porta del convento. Mi resi pienamente conto di aver parlato con un defunto sol tanto quando usciti nel sagrato, l'uomo che era al mio fianco, scomparve improv visamente. Devo confessare che rientrai in convento alquanto spaventato. A padre Paolino da Casacalenda, Superiore del convento, al quale non era sfuggita la mia agitazione, chiesi il permesso di celebrare la Santa Messa in suffragio di quell'ani ma, dopo, naturalmente, avergli spiegato quanto accaduto".

Qualche giorno dopo, Padre Paolino, incuriosito, volle fare qualche controllo. Recatosi all'anagrafe del Comune di San Giovanni Rotondo, richiese ed ottenne il permesso di consultare il registro dei dece duti nell'anno 1908. Il racconto di Padre Pio, corrispondeva a verità. Nel registro relativo ai decessi del mese di settembre, Padre Paolino rintracciò il nome, il cogno me e la causale della morte: "In data 18 settembre 1908, nell'incendio dell'ospizio è perito Pietro di Mauro, fu Nicola



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16/11/2010 12:27
 
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RAIMOND DIOCRÉ

Ed ecco un altro fatto sconvolgente, avvenuto alla presenza di migliaia di testimoni ed esaminato in tutti i particolari dai dottissimi Bollandisti.

Era morto a Parigi il professore della Sorbona Raimond Diocré. Nella chiesa di Nòtre Dame si svolgevano i solenni funerali. Oltre a molti semplici fedeli vi parteciparono numerosi professori e di scepoli del defunto.

La salma era collocata nel mezzo della navata centrale, coperta, secondo l'uso di quel tempo, da un semplice velo. Cominciate le esequie, allorché il sacerdote disse le parole del rito: "Rispondimi: quante iniquità e peccati hai...?", si udì una voce sepolcrale uscire da sotto il velo funebre: "Per giusto giudizio di Dio sono stato accusato!".

Fu tolto subito il drappo mortuario, ma si trovò il defunto im mobile e freddo. La funzione, improvvisamente interrotta, fu subito ripresa fra il turbamento generale. Poco dopo il cadavere si alzò davanti a tutti e gridò con voce ancora più forte di prima: "Per giusto giudizio di Dio sono stato giudicato!".

Lo spavento dei presenti giunse al colmo. Alcuni medici si avvicinarono al defunto, ripiombato nella sua immobilità, e constatarono che era veramente morto. Non si ebbe però il coraggio, per quel giorno, di continuare il funerale e si rimandò al domani.

Intanto le autorità ecclesiastiche non sapevano che cosa decidere. Alcuni dicevano: "E' dannato; non è degno delle preghiere della Chiesa!". Altri osservavano: "Non si può essere sicuri che Diocré sia dannato! Ha detto di essere stato accusato e giudicato, ma non condannato".

Anche il Vescovo fu di questo parere. II giorno seguente fu ripetuto l'ufficio funebre, ma giunti alla stessa frase prevista dal rito: “Rispondimi...” il cadavere si alzò nuovamente da sotto il velo funebre e gridò: "Per giusto giudizio di Dio sono stato condannato all'inferno per sempre!".

Davanti a questa terribile testimonianza, cessarono i funerali e si decise di non seppellire il cadavere nel cimitero comune.

Il prodigio era evidentissimo e molti si convertirono.

Tra i presenti c'era un certo Brunone, discepolo e ammiratore del Diocré; era già un buon cristiano, ma in quell'occasione decise di lasciare le attrattive del mondo e di darsi alla penitenza. Altri seguirono il suo esempio. Brunone divenne fondatore di un Ordine Religioso, il più rigoroso della Chiesa Cattolica: l'Ordine dei Certosini. In seguito morì da Santo.

Chi va oggi a Serra San Bruno, in Calabria, può visitare il monastero fatto costruire dal Santo, ove sono sepolti, tra gli altri, non pochi uomini illustri che hanno lasciato tutto per dedicarsi interamente alla preghiera, al lavoro, all'aspra penitenza e al più rigoroso silenzio.

II mondo potrà giudicare pazzi costoro, ma in realtà sono sapienti; seguendo le orme del fondatore, al pensiero dell'inferno, perseverano nella vita di mortificazione per guadagnarsi il paradiso.



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Discendiamo all'inferno fin che siamo vivi (cioè riflettendo su questa terribile realtà) - diceva Sant'Agostino - per non precipitarvi dopo la morte".
nell'aldilà

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16/11/2010 14:05
 
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Re: Re: Santo? No, pazzo scatenato. La sindrome di manifestazione mistica
Jon Konneri, 16/11/2010 11.38:


Ma dico non si possono spezzare le parti più importanti come faccio io , questo post io l'ho preso da una lunghissima lettera , che se lo postavo tutto sicuramente nessuno l'avrebbe letta .




Non hai tutti i torti, caro.

Ma sono sicuro che questo lo leggeranno tutti per intero.
Tutti quelli che non rificcheranno la testa nella sabbia dopo le prime righe, ovviamente. [SM=x789064]

Ciao
Claudio
[Modificato da Claudio Cava 16/11/2010 14:06]





“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer
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Re:
Jon Konneri, 16/11/2010 12.27:

RAIMOND DIOCRÉ

II mondo potrà giudicare pazzi costoro, ma in realtà sono sapienti; seguendo le orme del fondatore, al pensiero dell'inferno, perseverano nella vita di mortificazione per guadagnarsi il paradiso.



Sono questi scritti che testimoniano di un fenomeno ben conosciuto sulla capacita collettiva delle menti di influenzarsi l'un l'altra.

Gli umani hanno delle menti che rispondono a delle necessità di gruppo, convincendosi di fatti raccontati o descritti da altri che sono citati da altri ancora.

Anche se io credo quasi certo che nascosto sotto il sarcofago vi fosse la possibilità per qualche religioso di pronunciare quelle frasi. Le chiese hanno mille pertugi, corridoi, segrete. Inoltre c'era una buona ragione per ingannare la gente che stava in chiesa: quella di accreditare l'aldilà. Un pò come una seduta medianica fatta di giorno. Insomma una sorta di spettacolo del mago Casanova ante litteram.

Ovviamnete ci sono frotte di persone come te, Jon, che pur di avere un supporto alla loro fede, credono a qualunque cosa.

Ma lo sai che ti invidio? Ma perché la mia mamma non mi ha fatto scemo? In tal modo avrei potuto credere anche io e vivere meglio... E partecipare attivamente asl tuo forum recitando giagulatorie e inneggiando al Grande Creatore.

Tanto senti, Jon, hai ragione tu. Sia io che te alla nostra morte finiamo nello stesso modo. Solo che tu, da bravo credulone, hai vissuto meglio. Un pò come il cornuto del villaggio, che crede sua moglie la più fedele delle donne... e non vede il sorrisetto sotto i baffi di quel paesano che ascoltandolo vantare le virtù della moglie, ripensa alle di lei grazie invereconde e lubrici appetiti gustati da poco nel talamo coniugale del povero cornuto credulone.




[SM=x789049]


[Modificato da Blumare369 16/11/2010 15:15]



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