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“Non c'è traccia di peccato originale nel racconto della Genesi”

Ultimo Aggiornamento: 01/06/2011 18:14
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30/05/2011 20:59
 
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intervista a James Kugel, a cura di Matthieu Mégevand in “Le Monde des religions” del 19 maggio 2011

 

Peccato Originale(traduzione: www.finesettimana.org). 
Incontro con James Kugel, professore emerito di letteratura ebraica all'università di Harvard e insegnante alla Bar Ilan University di Gerusalemme, in occasione dell'uscita del suo libro La Bible expliquée à mes contemporains (Bayard, pp. 1003, € 49)
Perché è importante conoscere e comprendere la Bibbia oggi?
Da centocinquant'anni c'è stata una rivoluzione nella nostra conoscenza della Bibbia. Il mondo nel quale essa è stata creata è ormai accessibile grazie all'archeologia, alla filologia semitica e a tutte le altre scienze applicate alla Bibbia. L'ambiente universitario propone ormai una concezione assolutamente nuova di questi testi e del loro significato. Ho voluto rendere accessibile il risultato di queste ricerche attraverso il mio libro, ma ho cercato allo stesso tempo di vederle in una prospettiva più ampia, quella della storia dell'interpretazione biblica.


Lei dice che il libro riguarda “il modo di interpretare la Bibbia da due punti di vista radicalmente diversi, quello degli antichi interpreti e quello dei biblisti moderni”. Ci spieghi.
Credo che la seconda corrente sia più o meno conosciuta, e la maggior parte della gente sa che c'è stata una rivoluzione nello studio moderno della Bibbia. Invece, la Bibbia come era letta negli ambienti religiosi, sia cristiani che ebrei, è assolutamente diversa. È stata perfino modificata con un atto di reinterpretazione che si è operato nell'Antichità, verso la fine del periodo biblico.
 A dire il vero, questa lettura dei testi biblici (gran parte dei quali risaliva già a diversi secoli prima) era radicale quanto quella dei ricercatori moderni, e la trasformazione del senso apparente di questi testi non era affatto meno significativa. Esistevano in effetti diverse scuole di interpreti, alla fine del periodo biblico, tra il terzo e il primo secolo prima dell'era cristiana, il cui scopo era di modificare il senso evidente del testo, a favore di una lettura più attuale e spesso più moralizzante. Per fare questo, cercavano ovunque un senso nascosto dietro il senso apparente.
Un esempio tra gli altri è la storia di Adamo ed Eva. Tutti sanno che questa storia tratta del peccato originale e della caduta dell'uomo. All'inizio, Adamo ed Eva avrebbero dovuto vivere una vita eterna e senza peccato in un meraviglioso giardino. Ma il diavolo, sotto la forma di un serpente, sarebbe venuto a tentare Eva con la mela dell'albero proibito, e avrebbe provocato la caduta di questa prima coppia di esseri umani, e da allora gli uomini vivono una vita mortale e dolorosa. Tutti sanno questo, eppure, nessuno di questi dettagli figura nel racconto della Genesi. Non c'è traccia di peccato originale, né della “caduta dell'uomo”. Il testo non parla mai di una esistenza eterna, non c'è neppure traccia del diavolo, ma solo di un serpente parlante. Anche la presentazione del frutto come mela non si trova nel testo. Tutti questi dettagli sono dovuti agli antichi interpreti e si sono imposti sul racconto biblico e continuano ad imporvisi ai nostri giorni.
L'Antico Testamento è ricco di esempi simili: l'interpretazione tradizionale ha presentato Abramo come il primo monoteista e Giacobbe come “Giacobbe il Giusto”, ma un esame scrupoloso della Scrittura rivela che queste idee non provengono dal testo scritto. Di nuovo, sono il frutto degli antichi interpreti.

Come sono state veicolate queste interpretazioni del testo biblico?

Commenti biblici appaiono già nei manoscritti del mar Morto e in Filone d'Alessandria ad esempio. Però la forma scelta dagli antichi interpreti non è quella del commento, ma piuttosto la scelta di raccontare in modo nuovo il testo. La cosa funzionava a livello della frase, con la sostituzione ad esempio di una parola attuale ad una parola desueta, al fine di rendere accessibile il testo. Ma avveniva soprattutto a livello del racconto. Certe cose che non erano contenute nella Genesi o nell'Esodo venivano raccontate con ogni sorta di particolari inediti.
Come ad esempio nel Libro dei Giubilei, un testo apocrifo redatto all'inizio del II secolo prima dell'era cristiana, che racconta quasi tutto il libro della Genesi ed una parte dell'Esodo con particolari nuovi. Credo che l'uomo che lo ha scritto avesse l'intenzione che fosse accettato come parte integrante del corpus mosaico. Del resto, il testo è scritto imitando in maniera molto rigorosa l'ebraico biblico, una lingua che non era più di uso quotidiano per l'autore e per i suoi lettori.

Come possono conciliarsi la ricerca biblica moderna e l'ebraismo o il cristianesimo tradizionale?

Sia nell'ebraismo che nel cattolicesimo, l'interpretazione biblica è sempre stata qualcosa di molto tradizionale, e il vero senso del testo era in larga misura quello degli antichi interpreti. Le due religioni hanno quindi resistito alle conoscenze moderne, che in gran parte si opponevano all'interpretazione tradizionale. Al contrario, il protestantesimo aveva già dall'inizio un atteggiamento molto più positivo nei confronti della nuova conoscenza della Bibbia; questo offriva un argomento forte per denigrare l'autorità del papa, e comportava un riesame delle dottrine cristiane più fondamentali, il che era dopo tutto uno dei principali scopi della Riforma. È vero che negli ultimi cinquanta o sessanta anni, il cristianesimo e l'ebraismo riformato si sono mostrati più aperti verso questa nuova conoscenza della Bibbia, ma l'ebraismo ortodosso ha continuato a voltarle le spalle.
A mio avviso, non si può ignorare l'esistenza di ciò che l'archeologia, la filologia e le altre discipline hanno potuto scoprire a proposito della Bibbia. Nessuno vuol far parte di una religione che chiude gli occhi di fronte alla realtà. Ma allo stesso tempo, la sostituzione di questo nuovo modo di comprensione arci-letterale del testo rappresenta una deformazione di ciò che la Bibbia è sempre stata.
Fin dall'inizio, ancor prima che le ultime parti dell'Antico Testamento avessero visto la luce, e molto prima che il canone biblico venisse fissato in maniera definitiva, si leggevano questi testi alla maniera autorizzata dagli antichi interpreti.
La bibbia non si riduceva mai alle sole parole sulla pagina. La cosa era assolutamente chiara per quanto riguarda l'ebraismo. L'idea principale dell'ebraismo come religione è che tutte le azioni di ogni uomo e donna nella vita quotidiana dovrebbero essere rivolte a Dio.
Per fare questo, esiste la Bibbia, certo, che serve da guida. Ma l'ebraismo non si riduce mai a ciò che è scritto nel Pentateuco. Ci sono delle benedizioni, delle preghiere da recitare, e tutti gli altri atti – rituali e altro – da fare nel corso della giornata, passando da una moltitudine di prescrizioni sullo shabbat, sulle feste, ecc. Obbedendo a queste leggi, conformandovisi al meglio, si rivolge – almeno in teoria – la propria attenzione verso Dio. Per far questo, il testo letterale della Bibbia era solo un punto di partenza, e molto spesso era evidente che non si poteva prendere il testo alla lettera.
Nel libro propongo l'esempio della famosa legge del taglione, dove l'ingiunzione occhio per occhio viene reinterpretata dai rabbini in senso opposto. Un occhio perduto deve essere risarcito, ma in nessun caso vendicato con la stessa azione. Nelle interpretazioni si ritrova sempre questa idea, che il testo dice una cosa, ma che in verità significa altro. E molto spesso tra il testo e la sua interpretazione si fanno sentire grandi differenze.

Esiste un pericolo nel separare la scienza biblica moderna, che permette di contestualizzare storicamente, da una comprensione secondo cui tutto quello che è scritto deve necessariamente applicarsi direttamente alla nostra vita di oggi?


Questo pericolo esiste, soprattutto in assenza di una interpretazione tradizionale, perché allora tutto rimane aperto. Si sono viste ad esempio, soprattutto dopo la riforma protestante, delle interpretazioni che giustificavano la pena di morte per la violazione dello shabbat, o che legittimavano la schiavitù, ad esempio. A dire il vero, credo che questo pericolo può presentarsi anche negli ambienti dell'interpretazione più tradizionale.
Chiunque conosca la storia dell'interpretazione biblica sa, ahimè, che le persone hanno sempre avuto la tendenza a sviare il senso del testo a favore delle proprie idee politiche o altro.

La scienza biblica moderna non tende a sminuire la forza della Bibbia per i lettori contemporanei?

Se il nostro testo è solo il prodotto di autori e di redattori anonimi, e se ciò che racconta viene contraddetto dalle nostre conoscenze in storia, scienze, ecc., come si può continuare a pretendere che si tratti di un testo ispirato da Dio? Dico spesso che l'ispirazione divina, che, per i credenti, definisce il testo, è la sola cosa sulla quale la ricerca moderna non ha niente da dire. Perché, in effetti, come si potrebbe distinguere un testo con o senza ispirazione di Dio? Evidentemente questo non è possibile, ed è assolutamente ragionevole accettare l'esistenza di editori, redattori umani, senza abbandonare la credenza nell'ispirazione divina del testo. Questo significa che la scienza biblica non è un pericolo per il credente, poiché l'una e l'altro non si occupano del testo sullo stesso piano. Ognuno considera il libro, la Bibbia, ad un livello diverso.




La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
Apocalisse Laica
Le religioni dividono. L'ateismo unisce


Il sonno della ragione genera mostri (Goya)


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01/06/2011 18:14
 
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Mircea Eliade, abitualmente ritenuto il maggior storico delle religioni mai esistito, ha dimostrato sulla base di una amplissima analisi comparativa come il mito del Genesi rientri all'interno della categoria dei cosiddetti "miti delle origini", che secondo Eliade avrebbero avuto una diffusione universale.
Insomma, il racconta della coppia dei progenitori, del serpente, della cacciata dell'Eden ecc. rientra in un modello culturale davvero antropologico e non costituisce affatto un unicum: è soltanto una delle moltissime varianti di un mito. (cfr. ad esempio di Eliade "Il mito dell'eterno ritorno").
Storicamente, il racconto genesiaco è la ristrutturazione, frutto di una secolare e caotica rielaborazione, di miti e leggende del Vicino Oriente antico, molto anteriori al giudaismo.
L'idea del peccato originale è certamente assente nel Genesi, anzi non si ritrova affatto nell'Antico Testamento, né negli insegnamenti di Gesù, conformi all'ortodossia giudaica. Essa si è sviluppata, molto gradualmente, a partire da Paolo di Tarso, che ha innestato sul racconto del Genesi, rapportando alla sua teologia della Passione, idee e spunti provenienti da altre religioni. Una nozione analoga (non identica però) di peccato originale si ritrovava nella dottrina di Zoroastro, da cui il giudaismo ha tratto le idee di giudizio finale, risurrezione dei corpi, la figura del diavolo (per l'essenziale), il messia inteso come figura sovrumana ecc. E' possibile quindi che il peccato originale cristiano sia una derivazione, anche in questo, dello zoroastrismo, seppure reinterpretato in modo diverso ed originale.
Diversi studiosi hanno comunque fatto notare che il paleo-cristianesimo era molto vago ed incerto sul piano dottrinario. La codificazione della dottrina del peccato originale, qual'è accolta oggi dalla chiesa cattolica, spetta ad Agostino d'Ippona.
[Modificato da Ego sum nemo 01/06/2011 18:15]
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