La nuova squadra di Ratzinger si allena nel Sant’Uffizio

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snaplinx
00domenica 29 luglio 2007 19:51
La nuova squadra di Ratzinger si allena nel Sant’Uffizio




Roma 17 luglio 2006


Dias, Bertone, Lajolo, Lombardi... Nomina dopo nomina, Benedetto XVI cambia faccia al governo centrale della Chiesa. Con al centro lui e la congregazione per la dottrina della fede

di Sandro Magister




ROMA, 14 luglio 2006 – La sua seconda estate da papa Benedetto XVI l’ha aperta con un viaggio lampo in Spagna, a Valencia, e la chiuderà con una rimpatriata in Baviera, dal 9 al 14 settembre. Di ritorno a Roma ha già annunciato che il suo primo atto di governo sarà il cambio del segretario di stato, con il cardinale Tarcisio Bertone (nella foto) al posto del cardinale Angelo Sodano.

L’anticipo della notizia, resa pubblica con un comunicato ufficiale lo scorso 22 giugno, non era nei piani iniziali di Benedetto XVI. Ma le resistenze che egli ha incontrato dentro la curia l’hanno convinto a troncarle sul nascere così.

Bertone non solo non è un diplomatico di carriera, come invece lo furono quasi tutti i segretari di stato degli ultimi secoli, ma proviene dalle file della congregazione per la dottrina della fede, di cui è stato segretario dal 1995 al 2003. Era il numero due con Joseph Ratzinger prefetto e ora torna ad essere il suo primo collaboratore con lui divenuto papa.

Per il Sant’Uffizio è una rivincita storica. Così chiamata fino agli anni Sessanta, la congregazione era detta in Vaticano “la Suprema”. Suo massimo titolare era il papa e su di essa era incardinata la curia.

Ma poi arrivò Paolo VI e perno della curia diventò la segreteria di stato. Con Giovanni Paolo II, pochissimo interessato al governo corrente, il potere della segreteria di stato negli affari interni ed esteri della Chiesa aumentò ancor di più. Non sorprende che all’ultimo cambio di papa i due big della diplomazia e della curia, i cardinali Sodano e Achille Silvestrini, fossero anche i più contrari all’elezione di Ratzinger, così come poi hanno cercato di ostacolare la nomina di Bertone.

Più che in diplomazia, a Benedetto XVI importa che il suo segretario di stato sia ferrato “in attenzione pastorale e preparazione dottrinale”. E Bertone, a giudizio del papa, possiede entrambi i requisiti: oltre che professore di diritto canonico e rettore dell’università pontificia del suo ordine, i salesiani, è stato vescovo di Vercelli e ultimamente di Genova.

Ratzinger lo scoprì nel 1988 e da allora in poi lo mise all’opera sulle questioni più intricate e scottanti: lo scisma dell’arcivescovo supertradizionalista Marcel Lefebvre, la teologia della liberazione, i padri di famiglia ordinati preti nella Cecoslovacchia comunista, il terzo segreto di Fatima, le apparizioni di Medjugorje, lo scandalo dei preti pedofili negli Stati Uniti, il matrimonio dell’arcivescovo Emmanuel Milingo con una seguace della setta di Moon (1).

Da papa, Ratzinger ha continuato ad averlo come consulente ed amico: non è passata settimana senza che si sentissero o si vedessero. La battaglia contro il relativismo culturale e politico, tipo quello impersonato in Spagna da José Luis Rodríguez Zapatero, sarà uno dei primi esercizi del nuovo segretario di stato.

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Nella conferenza episcopale italiana, Bertone ha meritata fama di ratzingeriano di ferro. Nell’ultima assemblea generale, a metà maggio, si alzò a criticare le tesi di bioetica sostenute su “L’espresso” dal cardinale Carlo Maria Martini (2). Non l’avesse prescelto come segretario di stato, Benedetto XVI avrebbe pensato a lui come a futuro presidente della CEI, la cui nomina spetta al papa in quanto primate d’Italia.

Per affrettare la sostituzione dell’attuale presidente Camillo Ruini, il cardinale Sodano imbastì lo scorso inverno una manovra che produsse però due risultati opposti: la riconferma di Ruini da parte del papa e l’accelerato congedo dello stesso Sodano (3). Per indovinare il futuro nuovo presidente della Cei, bisogna vedere piuttosto chi Benedetto XVI nominerà arcivescovo di Genova al posto di Bertone. Il candidato prediletto da Ruini è l’attuale vescovo di Piacenza e Bobbio, Luciano Monari, nato come lui a Sassuolo. È esperto in Sacra Scrittura e gode di larga stima sia tra i conservatori che tra i progressisti moderati, tant’è vero che i vescovi della Cei l’hanno già eletto loro vicepresidente.

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Un altro cambio che Benedetto XVI effettuerà il 15 settembre è al governatorato e alla pontificia commissione per lo stato della Città del Vaticano. Al posto del cardinale Edmund Casimir Szoka, messo a riposo, andrà l’arcivescovo Giovanni Lajolo, attuale ministro degli esteri della Santa Sede.

Lajolo è un diplomatico che Ratzinger conosce bene da quand’era nunzio in Germania. E tra i diplomatici di curia è stato quello che più rapidamente si è messo in sintonia col nuovo papa (4). Promuovendolo al nuovo incarico, Benedetto XVI affida a lui di mettere ordine nel governo e nella finanza dello stato pontificio, d’intesa con un altro cardinale di sua fiducia, Attilio Nicora, presidente dell’amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica e autore di progetti di snellimento dell’apparato curiale già arrivati sulla scrivania del papa.

Alla testa dell’Istituto per le Opere di Religione, la banca vaticana, resta saldo l’uomo che l’ha risanato, Angelo Caloia (5). Il cardinale Sodano, prima di uscire di scena, gli ha però messo alle costole il proprio segretario Piero Pioppo, rinverdendo per lui la carica di prelato dello IOR che era in disuso dal lontano 1993.

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Come nuovo ministro degli esteri al posto di Lajolo, il successore più accreditato è Fortunato Baldelli, attuale nunzio a Parigi e in precedenza in Perù e in Angola.

Baldelli, nativo dell’Umbria, non appartiene a nessuna delle tre famiglie geografiche in cui si suddivide il grosso dei diplomatici italiani di curia: la piemontese di Sodano, la romagnola di Silvestrini e l’emiliana del terzultimo segretario di stato Agostino Casaroli, indimenticato tessitore della Ostpolitik con l’impero sovietico (6).

Ma il segnale più eclatante della svolta impressa da Benedetto XVI alla politica internazionale della Santa Sede è stato il richiamo in curia del cardinale indiano Ivan Dias, arcivescovo di Bombay e in precedenza diplomatico in numerosi paesi del globo. Dias, che ha preso il posto del cardinale Crescenzio Sepe trasferito a Napoli, è il nuovo prefetto della congregazione “de Propaganda Fide” per l’evangelizzazione dei popoli, che sovrintende a più di un migliaio di diocesi in aree cruciali come l’Africa, la Cina, l’India e il resto dell’Asia (7).

Con Bertone, con Dias e col nuovo ministro degli esteri, la politica internazionale della Chiesa sarà meno statica e più interventista, meno “realista” e più “wilsoniana” (8), condotta su grandi battaglie ideali con la volontà che esse incidano sulle leggi, i costumi e la convivenza tra i popoli. In Italia, in Spagna, in Occidente i principi che Benedetto XVI definisce “innegoziabili” sono la vita, la famiglia, l’educazione. Nei paesi islamici anzitutto la libertà religiosa. Idem in Cina. Lì il nuovo corso della geopolitica vaticana è stato rafforzato dalla nomina a cardinale, risolutamente voluta da Benedetto XVI contro il parere di Sodano e dei suoi, del combattivo vescovo di Hong Kong, Giuseppe Zen Ze-kiun (9).

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In altri uffici della curia gli indirizzi del papa hanno già lasciato il segno con precedenti rimozioni, sostituzioni, accorpamenti, conferme.

Nel campo della liturgia il nuovo segretario della congregazione per il culto divino, l’arcivescovo Malcolm Ranjith, dello Sri Lanka, ha fatto capire che si preparano “correzioni” di certe tendenze postconciliari, sulle quali farà testo il documento che Benedetto XVI pubblicherà entro l’estate a coronamento del sinodo sull’eucaristia (10).

Alcune di queste “riforme della riforma” riguarderanno la musica. Il 30 giugno il preside del pontificio istituto di musica sacra, monsignor Valentino Miserachs Grau, ha annunciato che il papa a novembre andrà di persona a inaugurare il nuovo anno accademico. E ha detto d’attendersi la creazione di un nuovo ufficio vaticano “che coordini con autorità il lavoro di tutti gli operatori di musica sacra e vigili sulle celebrazioni liturgiche”.

Quale sia il pensiero di Benedetto XVI in proposito l’ha confermato il concerto in suo onore tenuto il 24 giugno nella Cappella Sistina dal maestro Domenico Bartolucci, uomo simbolo della musica liturgica ispirata al canto gregoriano e alla polifonia (11).

Altri avvicendamenti sono previsti in altri uffici di curia. Uno dei candidati a prefetto di congregazione è l’attuale segretario della congregazione per la dottrina della fede, Angelo Amato, che Ratzinger conosce benissimo e in cui ha piena fiducia (12). La promozione di Amato sarebbe un’ulteriore conferma della preminenza del Sant’Uffizio nella nuova curia, anche come fucina dei suoi massimi dirigenti.

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Infine, il cambio annunciato l’11 luglio alla direzione della sala stampa vaticana. Al posto di Joaquín Navarro-Valls, numerario dell’Opus Dei, arriva padre Federico Lombardi, gesuita.

Lombardi è già direttore generale della radio e della televisione vaticane, ed è stato in passato vicedirettore di “La Civiltà Cattolica”. La sua nomina prelude a un coordinamento degli organi di comunicazione al servizio del papa, oggi tra loro slegati e in disordine (13).

Anche per “L’Osservatore Romano” si aspetta un nuovo direttore che lo rifaccia da capo.

Mentre per il pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, ramo secco ed inutile, privo di un segretario da un anno e mezzo, si aspetta più semplicemente la scure.

Per un papa che ha tanto investito sulla predicazione della Parola, la buona comunicazione è tutto. È essa stessa messaggio.


www.paoloditarso.it/Quotidiano/pdf_PuntoIT/17luglio2006/5.asp
=omegabible=
00domenica 29 luglio 2007 20:32
re
Ragazzi,a noi non rimane che affilarci l'uccello e andargli sempre di più nel culo!!!! omega [SM=x789054] [SM=x789054] [SM=x789054]
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