Caso Englaro

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00venerdì 19 dicembre 2008 19:40
Di quale stato è ministro Maurizio Sacconi. ???



di Michele Martelli

La circolare emanata dal ministro della Salute, il piddiellista ex socialista Maurizio Sacconi, che diffida qualsiasi ospedale della Struttura sanitaria nazionale a praticare l’interruzione di alimentazione e idratazione, perché sarebbe «contro legge», fa sorgere spontanea la domanda: ma di chi, di quale governo e di quale Stato è ministro il ministro Sacconi? Dello Stato italiano o di un qualche Stato straniero?
La domanda è tutt’altro che pereegrina. Esaminiamo i fatti.
L’atto sacconiano è di una tempestività straordinaria; arriva poche ore prima che Eluana Englaro fosse trasferita all’ospedale di Udine; l’ovvio scopo è di ostacolarne il trasferimento. Inevitabili i dubbi, i ripensamenti, le riserve della regione Friuli e dell’equipe ospedaliera di Udine che avevano accettato di accogliere Eluana. Il suo calvario e quello della sua famiglia sembra non aver più termine. Lasciamo da parte il cinismo e la prepotenza di chi calpesta la libertà di scelta e il dolore dei coniugi Englaro, custodi delle volontà di sua figlia. E la pervicacia di chi vuole continuare a torturare con le macchine un corpo martoriato, senza coscienza, in stato vegetativo permanente, definitivamente privo di una vita degna d’essere vissuta. Carità cristiana se ci fosse non dovrebbe suggerire a tutti, indistintamente, compreso il ministro Sacconi e la sua sottosegretaria ultracattolica e ultraepiscopale Eugenia Roccella, compassione per chi soffre e rispetto per la libertà e dignità altrui?
Ma il problema è politico. Perché per il servizio sanitario italiano interrompere le crudeli terapie ad Eluana sarebbe «contro legge»? Contro quale legge? Custode della legge italiana è la magistratura. Ma il supremo organo della magistratura, la Corte di Cassazione ha dato via libera all’interruzione delle terapie ad Eluana, tenuta, ibernata in stato vegetativo irreversibile da quasi 17 anni. E la Suprema Corte si è appellata alla suprema legge dello Stato italiano, la Costituzione repubblicana (art. 32, comma 2). Dunque: applicare la sentenza della Cassazione è costituzionalmente legale, conforme alla legge. L’atto di Sacconi invita invece a disapplicarla.
Dunque, di quale Stato è ministro il ministro Sacconi?
Oggi in Italia sembra che esistano non uno, ma tre paesi: l’Italia repubblicana, Berlusclonia e la Chiesa/Città del Vaticano. Il primo è quello della Costituzione ancora vigente, dove il parlamento è il potere legislativo e la magistratura il potere giudiziario. «Le leggi non le fa Sacconi, ma il parlamento», ha detto il legale di Englaro. Si riferiva all’Italia repubblicana. Dimenticava l’altra Italia, quella di Berlusclonia. Uno strano paese in cui le leggi non le fa il parlamento, sempre più svuotato di potere, ma il Consiglio dei ministri, che si sostituisce al parlamento e legifera a forza di decreti-leggi. Poco o nulla conoscendo di quello che approva, il governo di Belusclonia tutto e il contrario di tutto in pochi minuti approva, purché abbia l’imprimatur del suo Capo, l’Unto del Signore. Lui, che ha definito il suo governo come il paradiso. Il suo paradiso. Quello delle leggi ad personam. E dei continui strappi alla Costituzione. Tra cui l’attacco permanente all’autonomia della magistratura, il tentativo di piegarla ai propri voleri e interessi miliardari, di delegittimarne l’operato, se contrasta col suo paradiso. In questo quadro di delegittimazione si colloca il divieto di Sacconi (e di Roccella ultraepiscopale) di sospendere le terapie ai malati terminali, in netto contrasto con la Corte di Cassazione, supremo organo giudiziario della Repubblica italiana.
Ma il legale di Englaro dimenticava anche la terza Italia: quella in mano alle gerarchie cattolico-vaticane. Che da anni rivendicano con Ratzinger «l’ingresso di Dio nella sfera pubblica», cercando di imporre al parlamento il proprio programma bioeticistico (tra cui il no all’eutanasia). Senza soste, negli ultimi tempi, la campagna mediatica di papa, vescovi e cardinali per negare ad Eluana il diritto di morire di morte naturale, finalmente sottratta a quelle infernali macchine di idroalimentazione che la tengono artificialmente in vita. Ora, se il programma di ingerenze bioeticistiche di Cei e Vaticano è in evidente contrasto con la laicità dello Stato italiano, non lo è con Berlusclonia, il paese di un miliardario autocrate a sua volta in conflitto mortale con l’Italia laica e democratica. Un paese, al contrario di quest’ultima, abitato da ogni sorta di teocon e atei devoti, integralisti e opportunisti (pseudo)religiosi, di vecchio e nuovo conio. E guidato da un governo di “Signorsì al Vaticano”. Disposti per es. non solo a distruggere la scuola pubblica statale a favore di quella cattolica. Ma anche ad affannarsi a trasformare in legge dello Stato la proposta antieutanasia del “fine vita” di Bagnasco e della Cei. E col fiato alla gola. Per impedire a Eluana (e ad altri più di duemila malati terminali in condizioni analoghe alle sue) di morire in pace. E poiché la legge non è ancora pronta, ecco l’intervento tempestivo di Sacconi.
Risorge la domanda: di quale Stato è ministro il ministro Sacconi?
Dell’Italia laica repubblicana, di Berlusclonia o dello Stato/Chiesa vaticano?
Al lettore l’ardua risposta.

(18 dicembre 2008)

Fonte Micromega



C'è veramente da vergognarsi di avere in parlamento delle persone così!!! [SM=x789074] [SM=x789074]


omega [SM=x789054] [SM=x789054] [SM=x789054]



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00giovedì 25 dicembre 2008 09:56
Caso Englaro
CHI SEI???


Da Sacconi un atto eversivo di estremismo clericale
di Felice Mill Colorni

Com’è possibile che, in una classe politica preoccupata solo dei sondaggi di opinione, priva di principi e ormai di qualunque riferimento a qualcosa che abbia a che fare alla lontana con l’etica pubblica, vi sia questo sostegno acritico, ottuso e pressoché plebiscitario, unico nell’Europa occidentale, per le posizioni più oscurantiste dell’integralismo cattolico clericale?
Com’è possibile che non sia travolto da un’ondata di ripulsa e di discredito generalizzati un ministro che ingiunge a un’azienda privata di rifiutarsi di dare esecuzione a una decisione giurisdizionale passata al vaglio della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale, e che minaccia in caso contrario di distruggere economicamente quell’azienda?
È quanto ha osato fare il ministro Sacconi, rendendosi responsabile di un comportamento apertamente eversivo e di un delitto che non solo non ha cercato di nascondere, ma che non ha neppure smentito. Bene hanno fatto i radicali a denunciarlo per violenza privata (anche se andrebbe fatto loro notare che in futuro, se si attuerà una qualche forma di subordinazione dell’azione penale a indicazioni del potere politico come sembrano auspicare, tutta la classe politica avrà licenza piena di delinquere – se non addirittura, in un paese in cui la correttezza della politica è ormai una barzelletta, di utilizzare sistematicamente l’arma dell’azione penale contro i propri oppositori).
Sacconi è un ex socialista, mai segnalatosi in precedenza per tendenze clericali, tanto meno estremiste ed eversive. Ma chi glielo ha fatto fare? Che cosa pensa di guadagnarci? La grande maggioranza degli italiani è da anni, secondo ogni sondaggio condotto in materia, largamente favorevole perfino all’eutanasia vera e propria. Anche l’edizione di quest’anno, appena uscita, del rapporto sulla secolarizzazione della società italiana, condotto dalla fondazione Critica liberale e dal settore Nuovi Diritti della Cgil nazionale, non su opinioni raccolte in interviste ma su incontrovertibili registrazioni statistiche di comportamenti effettivi, conferma che, nella loro vita reale, gli italiani sono sempre più lontani, ogni anno che passa, dalle prescrizioni della gerarchia cattolica: nessuna “revanche de Dieu”, nessun “ritorno del religioso”, in nulla di quel che concerne l’autodeterminazione dell’individuo nelle sue scelte etiche e di vita personali, nessun passo indietro, come vuole l’ottusa vulgata politico-mediatica ripetuta fino allo sfinimento, rispetto alla stagione politico-culturale in cui si sono affermati divorzio, aborto, contraccezione, libertà sessuali, ecc. Al contrario: i valori della laicità saranno anche del tutto sconosciuti alla maggioranza dei nostri concittadini, ma la secolarizzazione avanza inesorabile e trionfa sulle intimazioni di Papa e vescovi.
Perché allora questa sfrenata e ottusa rincorsa ai favori della gerarchia vaticana anche da parte di un personale politico che non è neppure di formazione cattolica o democristiana? Saremmo portati ad escludere che alla sua non imberbe età il ministro Sacconi si sia improvvisamente scoperto un’inedita vocazione talebana, una conversione improvvisa e così irrefrenabile da costringerlo a calpestare in modo così plateale i suoi doveri di ministro della Repubblica.
La risposta è semplice, ed è tutta nel silenzio e nella rinuncia di quella che dovrebbe essere la parte laica, liberale e democratica della classe politica a svolgere il suo ruolo e a fare valere le ragioni della civiltà laica, liberale, democratica, europea occidentale, di fronte alle pretese, allo smisurato orgoglio ideologico e confessionale, alla smisurata e famelica volontà di potenza e di dominio sulle vite altrui della gerarchia cattolica. Quest’ultima, a differenza di una classe politica di sprovveduti, si sa perfettamente minoranza nella società italiana, ma non le par vero di poter trarre risorse pubbliche, potere mediatico e un ritrovato ruolo egemonico dallo squagliamento della politica laica.
Rispolverando più o meno consapevolmente un’antica analisi gramsciana di una società ancora prevalentemente contadina riletta attraverso il cinismo sovietico di Togliatti, il nuovo partito che si era proposto di interpretare le esigenze di modernizzazione della società italiana, rimasto quasi unico interlocutore di una destra aliena in Europa grazie agli artifici della legge elettorale, non si sogna di difendere le ragioni minime della civiltà liberale europea: la separazione dei poteri e le regole elementari dello Stato di diritto e del rule of law prima ancora che quelle della laicità, della libertà e dell’autodeterminazione degli individui, della pari dignità sociale di chi non è neppure cattolico.
Faceva altrettanto il gruppo dirigente del Pci, ma c’erano almeno altri partiti laici; e negli anni Settanta si era sviluppata almeno una vita democratica interna ai partiti che consentì perfino alle donne del Pci di imporre un mutamento di rotta ai vertici che, per non compromettere la strategia del “compromesso storico” e delle “larghe intese”, inizialmente non volevano impegnarsi a sostegno di una legge sull’aborto. Il Pd di oggi è infinitamente meno democratico al suo interno di quel che non fosse lo stesso Pci di trent’anni fa.
E così, nell’assenza o quasi di voci laiche, o anche minimamente interessate alle regole del gioco e alla correttezza democratica, a sostenere con qualunque mezzo, anche illegale, anche eversivo, qualunque pretesa degli estremisti clericali, magari non si guadagnerà molto, ma non si rischia pressoché nulla.

(21 dicembre 2008)

Fonte Micromega


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