Caso Englaro

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=omegabible=
00lunedì 19 gennaio 2009 12:50
Esempio del regime in atto

Per 5 anni, tanto quanto è durata la scorsa legislatura di Berlusconi, si è discusso se c’era o meno un regime in atto. E forse sarebbe stato meglio occupare il tempo per costruire un progetto solido e credibile per l’Italia del futuro.
Oggi di questa discussione non c’è traccia. Forse perché la domanda ormai ha avuto risposta: si, il regime è in atto.
Il caso Englaro è esemplare in questo senso.
Secondo me stiamo sottovalutando la gravità di questa vicenda. Non si tratta solo dell’ennesima negazione del diritto all’autodeterminazione; si stanno mettendo in discussione, a mio parere, le basi della democrazia. Una sentenza definitiva non viene applicata perché un’altra autorità (il ministro) minaccia ritorsioni, con un atto che in sé non ha alcun valore giuridico e quindi non è nemmeno impugnabile. Questo significa che da ora in poi ciascuno che ritenga di averne l’autorità, può decidere a sua discrezione se una sentenza va applicata o meno. Le conseguenze sono inimmaginabili.
D’altro canto la clinica - così come tutte le cliniche d’Italia - non ha giustificazioni né giuridiche né morali per il rifiuto. Erano in pochi, ma qualcuno c’è pur stato che rifiutò obbedienza al regime fascista: possibile che nessuna clinica in Italia abbia il coraggio di opporsi al diktat di un ministro di uno Stato che pretende ancora di definirsi democratico?
Dice Sergio sul sito della UAAR: “Dire che ci sono 300 posti di lavoro in pericolo è la stessa cosa che dire: ho famiglia (e quindi mi piego, mi prostro, faccio tutto quello che volete e vi dico anche grazie). “Tengo famiglia” è intraducibile in altre lingue, l’espressione è tipicamente italiana.”
Meno drammatico, ironico e leggero, forse grottesco, ma altrettanto agghiacciante a ben pensarci, è il caso degli autobus con la campagna a favore dell’ateismo, rifiutata dall’agenzia pubblicitaria. Poiché l’esistenza di Dio è questione di opinioni (in caso contrario resterebbe l’onere della dimostrazione), non accettare lo slogan : “La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno”, significa impedire la libera espressione di un’opinione.
Se ne deduce (sempre dal sito dell’UAAR, dove, per fortuna, ci sono molti spiritosi) che: “La buona notizia è che Dio non esiste, la cattiva è che in Italia non si può dire”.

Abbiamo fatto tante manifestazioni, per tante ragioni (alcune alte e nobili, altre meno...). Tutto questo non meriterebbe un po' più di mobilitazione?

Manuela Faccani, Ravenna

(19 gennaio 2009)


Fonte: Micromega.net

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Poi uno si incazza ehhhhh!!!! [SM=x789071] [SM=x789071] [SM=x1413487]


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pcerini
00lunedì 19 gennaio 2009 18:59
Eh,sai quante volte io vado dicendo che siamo in una dittatura,ho postato articoli di vario tipo,uno che addirittura parlava di neo-fascismo berlusconiano.

Ma tanto,agli italiani,basta che gli dai la carota e il pezzo di pane e se ne stanno tutti a carponi ,proprio come i cani quando ricevono un'osso dal padrone rimanendo contento.

Il problema e' che ancora mi vengono a rompere il cazzo con la solita manfrina che anche la sinistra era cosi',bla bla bla bla....

E intanto,riconoscendo senza dubbio anche i gravi torti della sinistra,non credo proprio che sarebbero stati comunque capaci di portarci alla dittatura come ora,grande merito,come vado dicendo,e' la "pancia" , il calcio e il pisello, ecco cosa conta veramete per gran parte degli italiani.

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