Chi ha visto il motu proprio?

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Claudio Cava
00lunedì 25 giugno 2007 18:16

"Una comunità mette in questione se stessa, quando considera improvvisamente proibito quello che fino a poco tempo prima le appariva sacro e quando ne fa sentire riprovevole il desiderio. Perché le si dovrebbe credere ancora? Non vieterà forse domani, ciò che oggi prescrive?"
Questa puntuale e velenosa frecciata alla Chiesa Cattolica, che non stonerebbe in bocca al più esasperato dei laicisti, è stata lanciata dieci anni fa dal cardinale Joseph Ratzinger in persona, amareggiato dalla triste fine del mai abbastanza rimpianto rito tridentino, la meravigliosa liturgia celebrata in latino in cui il sacerdote dava le spalle ai fedeli e i fedeli ripetevano preghiere incomprensibili, ma tanto affascinanti. Dopo la riforma liturgica avviata negli anni ’60 dal Concilio Vaticano II, celebrare la messa in latino è diventato estremamente difficile: i richiedenti devono rivolgersi al vescovo, che ben raramente concede l’autorizzazione.

Di fronte a cotanta ingiustizia, Benedetto XVI ha sempre mostrato di non voler restare con le mani in mano. Già nello scorso autunno si è cominciato a parlare di un “motu proprio” che avrebbe liberalizzato l’accesso al rito di Pio V, ma a quanto pare Bersani non è l’unico ad incontrare difficoltà in questi casi di liberalizzazione estrema: c’è qualcuno che rema contro. Il testo è già dato per pronto in ottobre; a dicembre è “di prossima pubblicazione”; a marzo si dice che “si avvicina” e che potrebbe essere pubblicato entro Pasqua; a maggio è pronto e vedrà la luce molto presto; la settimana scorsa salta fuori che è stato firmato, lo stanno traducendo e la pubblicazione è “questione di giorni”. Come mai tanto ritardo? Chi è che non vuole il ritorno alla tradizione?

Beh, pare che i principali oppositori del provvedimento siano i vescovi francesi, che temono il rafforzarsi delle comunità tradizionaliste, prima tra tutte quella Fraternità Sacerdotale San Pio X fondata da Marcel Lefebvre in aperto contrasto con la piega ecumenica e libertaria presa dal Concilio, e in particolar modo con la scelta di abbandonare il rito tridentino. La chiesa francese sta assistendo da anni al crollo verticale dell’affluenza a messa, e non vede di buon occhio quella che potrebbe passare come una legittimazione dell’avversario a tutti gli effetti.

Ma la strategia vaticana è più raffinata: i lefebvriani non ci seguono perché siamo troppo moderni? Torniamo al passato, che in fin dei conti non ci dispiaceva mica, e riappacifichiamoci nel segno di Pio V e dei bei tempi andati. Il sistema è accattivante, e a questo punto si potrebbe andare oltre. I lefebvriani, dopotutto, non sono che la punta dell’iceberg tradizionalista generato dal Concilio: ci sono i sedeprivazionisti, per dire, che credono che i pontefici dopo Pio XII siano papi “materialmente” ma non “formalmente”; ci sono i sedevacantisti, che li ritengono eretici, e pertanto considerano nulla la loro elezione; ci sono perfino i conclavisti, che passano dalle parole ai fatti ed ogni tanto mettono su un Conclave, tirando fuori un Antipapa. Sentite anche voi quell’atmosfera un po’ retrò? Non siete affascinati? E allora lasciamo perdere i progressisti, scegliamo la tradizione, e veniamo incontro a questi fratelli che sono rimasti fermi al Medioevo. Troviamoci a metà strada, che so, il 1500 dovrebbe andare bene.

giornalettismo.ilcannocchiale.it/post/1534987.html
kelly70
00giovedì 28 giugno 2007 14:02
CITTA' DEL VATICANO - La messa in latino potrà
essere celebrata di nuovo se richiesta dai fedeli. Un documento "motu proprio" in questo senso, è stato presentato ieri ufficialmente dal Papa a un gruppo ristretto di cardinali e vescovi in rappresentanza degli episcopati di tutto il mondo. Lo ha reso noto oggi il Vaticano. Il documento, atteso ormai da mesi, sarà ora inviato ai vescovi ed entro la prossima settimana sarà reso noto al grande pubblico.

Il Papa, informa un comunicato della Santa Sede, ha avuto "un'approfondita discussione per circa un'ora" con una quindicina di presuli. Per l'Italia c'erano il cardinale vicario Camillo Ruini e il presidente della Conferenza episcopale monsignor Angelo Bagnasco, oltre al cardinal Tarcisio Bertone, quest'ultimo però in qualità ovviamente di segretario di Stato vaticano. Tra gli altri intervenuti, sempre secondo fonti attendibili, c'erano il cardinale tedesco Karl Lehman, l'inglese Cormac Murphy O' Connor, l'americano Patrick O'Malley, i francesi Jean Pierre Ricard (presidente dell'episcopato d'oltralpe) e Philippe Barbarin, lo svizzero Koch.

Nell'incontro, spiega ancora il Vaticano, è stato illustrato "il contenuto e lo spirito dell'annunciato 'motu proprio' del Santo Padre sull'uso del messale promulgato da Giovanni XXIII nel 1962". Il messale promulgato dal Papa "buono" era un aggiornamento di quello tridentino di Pio V che prevedeva la messa in
latino.

"La pubblicazione del documento, che sarà accompagnato da un'ampia lettera personale del Santo Padre ai singoli vescovi, è prevista - afferma ancora la nota della Santa Sede - entro alcuni giorni, quando il documento stesso sarà stato inviato a tutti i vescovi con l'indicazione della sua successiva entrata in vigore".

La decisione del Papa di presentare in anteprima ai rappresentanti degli episcopati del mondo il suo nuovo documento rivela, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto sia stata travagliata e problematica la stesura del 'motu proprio' che tornerà a liberalizzare la messa in latino, mettendola sullo stesso piano di quella post conciliare voluta da Paolo VI nelle lingue nazionali.

(28 giugno 2007)


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