La scuola italiana si è ormai scissa in due realtà contrapposte. Da un lato, raccoglie bocciature da tutti gli enti di valutazione internazionali. Fatto anche più grave, le bocciature si fanno via via più pesanti mano a mano che dalle medie si passa alle superiori e poi all’università. Il risultato netto è che i nostri figli sapranno le tabelline a memoria ma non saranno mai in grado di trovarsi un lavoro decente. Dall’altro lato, gli organismi di valutazione internazionale riconoscono all’Italia ben sei centri di eccellenza, chiaramente in grado di servire solo una esigua minoranza degli studenti.
In buona sostanza, chi è in grado di pagare si limita a mandare i propri figli nelle scuole “giuste”, siano esse in Italia o all’estero, e gli altri si rassegnagno a restare i perdenti che sono. C’est le Capitalism…
Di fronte a questa situazione, quasi ogni anno, la nostra nazione è chiamata a decidere cosa deve essere insegnato ai nostri figli e come. Forse vale la pena fare qualche riflessione su questo tema.
Insegnamento della Religione Cattolica
Grazie ad un trattato, firmato a nostro nome da Benito Mussolini prima (!) e da Bettino Craxi dopo (!!), noi tutti, Atei e Credenti, siamo tenuti, per legge, a rendere possibile ed a finanziare economicamente l’Insegnamento della Religione Cattolica nelle scuole dell’obbligo (!!!).
Vi prego di notare che si tratta dell’insegnamento della sola religione cattolica, non “della religione” in senso lato o di un’altra cosa. Si tratta quindi della più spudorata ed arbitraria azione di indottrinamento religioso che nessun paese occidentale abbia mai messo in atto ai danni di giovani innocenti. Cose simili non si verificano da nessun’altra parte, tranne che in alcuni paesi islamici (ma non in tutti).
Fatto ancora più grave, questa vergognosa azione di indottrinamento viene pagata dallo stato italiano con le nostre tasse (circa un miliardo di euro l’anno) ma viene gestita dalla Chiesa Cattolica. La nomina dei docenti dipende infatti da un apposito “nulla osta” rilasciato dal vescovo o dalla competente autorità ecclesiastica locale. Nel caso che venisse a mancare questo nulla osta, un docente di ruolo di religione non può essere licenziato. Viene mantenuto dallo stato italiano a non fare nulla!
Prima di ogni altra cosa, l’Insegnamento della Religione Cattolica è una violenza “culturale” e psicologica nei confronti dei minori. Subito dopo, è un lusso che un paese povero come il nostro non può più permettersi da almeno 30 anni.
Il giorno che qualche governo si deciderà a rivedere (od abolire) il concordato ed a abolire questo abominio, sarà sempre troppo tardi.
Storia delle Religioni
Una religione può avere alle spalle una storia assolutamente cristallina ma essere ugualmente pericolosa sul piano sociale e filosofico. Cosa pensare, ad esempio, di molte nuove sette che sono ancora troppo giovani per avere commesso i loro (forse inevitabili) misfatti ma che predicano comunque una sottile forma di razzismo o di elitarismo? Una religione può avere una storia interessante ma essere ormai irrilevante, per molte ragioni. Cosa pensare, ad esempio, dell’antico culto della Dea della Fertilità africana?
Insegnare la Storia delle Religioni, invece delle Religioni in quanto tali, fornisce certamente una prospettiva più equilibrata e più ampia ma non risolve il problema di fondo: valutare e capire il senso della Religione, in senso lato, e delle singole Religioni.
Analisi Comparativa delle Religioni
Questo problema può essere risolto attraverso l’insegnamento comparativo delle Religioni. “In fatto di masturbazione la Chiesa Cattolica sostiene questo mentre il Buddismo tantrico sostiene quest’altro.”
Efficace, certo. Ma è anche utile?
Servirebbe a qualcosa far perdere una o più ore di lezione ai nostri giovani per indagare su quesi temi? Ad un essere umano ancora “neutro” e “vergine” dovrebbe davvero interessare qualcosa di ciò che pensa questa o quella religione di questo o quel tema?
Non sarebbe invece più utile fornire ai giovani le conoscenze oggettive necesarie a formarsi una loro opinione personale sui fatti? “La masturbazione non fa diventare ciechi, non consuma l’attrezzo e non è un reato. Punto e basta.”
Io voto per questa seconda soluzione.
Spiritualità
Ogni tanto, si sente proporre l’insegnamento della “spiritualità”.
Sono a favore, a patto che qualcuno riesca a darmi una definizione comprensibile ed utilizzabile di questo termine ed a mettere nero su bianco un piano di studi che abbia una sua personalità ed un minimo di significato.
(Storia della) Filosofia
Altri sostengono che si debba insegnare la Storia della Filosofia o la “Tecnica” della Filosofia (il “come” filosofare).
La Filosofia, quella vera, è una disciplina complessa, non meno della Medicina o dell’Ingegneria dei Materiali. Si è evoluta nel corso di millenni fino a raggiungere un livello di complessità difficile da gestire persino per gli addetti ai lavori. Tentare di insegnarla alle superiori, come avviene oggi, è quasi sempre una perdita di tempo.
Il problema di fondo è che per “filosofare” bisogna avere una conoscenza adeguata della Vita e del nostro Universo, sia da un punto di vista tecnico (Cultura) che umano (Sensibilità). Questo vuol dire che è necessaria tutta la maturità di una persona già adulta, magari adeguatamente preparata su altri temi e personalmente interessata a questo tipo di analisi. Persino l’insegnamento della sola Storia della Filosofia resta uno sterile esercizio nozionistico in assenza di queste condizioni.
Nonostante questo, si tenta di insegnarla nella speranza che “apra la mente” dei nostri giovani. Nobile intento.
Per ottenere questo risultato sarebbe però molto più semplice e molto più efficace insegnare i primi rudimenti di quelle discipline che la Filosofia ha prodotto nel corso dei millenni.
La geometria e la matematica, prima di evolvere a ciò che sono ora, erano uno dei campi di applicazione della Filosofia. Lo stesso vale per la Geografia, l’Astronomia e le Scienze Naturali in genere. La Filosofia, infatti, è quella disciplina che cerca di ampliare il campo dell’indagine razionale e di fondare nuove discipline specialistiche che poi avranno una loro evoluzione indipendente. In altri termini, la Filosofia sta alla Cultura umana come il reparto di Ricerca e Sviluppo di un’azienda sta al suo reparto di Produzione.
Meglio allora insegnare Scienze Naturali, Biologia, Geografia, Astronomia, Teoria del Linguaggio ed altre discipline “mature” e ormai ben formalizzate. Dalla loro conoscenza, inevitabilmente, nascono vecchie e nuove riflessioni di tipo filosofico. Come è sempre avvenuto, anche per i filosofi professionisti, dall’osservazione e dalla conoscenza del mondo nasce la riflessione filosofica (la “speculazione”). Questo è il cammino “naturale” e produttivo: dalla scienza (“conoscenza”) alla filosofia. Non l’inverso.
L’esplorazione è una attività molto formativa ed affascinante ma per poter essere vissuta ha bisogno di qualcosa da esplorare. L’esplorazione dello spazio delle idee (la “filosofia”) ha bisogno di un territorio di idee e di informazioni per avere luogo.
Con questo non voglio dire che non si debba almeno tentare di insegnare i rudimenti della Filosofia ai nostri giovani. Intendo dire che non si può fare Filosofia o Storia della Filosofia senza insegnare seriamente tutto il resto.
Laboratorio di Fisica e di Chimica
La Scienza è l’insieme di tre cose: un insieme di modelli della realtà, le dimostrazioni di coerenza interna di questi modelli e la dimostrazione della loro aderenza alla realtà attraverso degli opportuni esperimenti.
Le nostre scuole sono molto ben attrezzate per insegnare i modelli (il modello del sistema solare, il modello dell’atomo, etc.) e le dimostrazioni (logica e matematica). Sono molto meno attrezzate per occuparsi della aderenza della scienza alla realtà. Il risultato netto è che intere generazioni di studenti e di ex-studenti mostrano un livello di comprensione della scienza praticamente nullo.
La scienza è scienza sperimentale. Non esiste e non ha senso senza esperimenti.
Quel miliardo di euro l’anno che usiamo per rendere i nostri figli sempre più schiavi di una casta sacerdotale, sempre più medievale e sempre meno al di sopra di ogni sospetto, potrebbe essere usato per questo. Quanti laboratori, quanto materiale sperimentale e quanti professori si possono pagare con un miliardo di euro l’anno?
Quante idiozie in meno, riguardo alla Scienza ed al Mondo, sentiremmo dire dai nostri simili se avessero visto un laboratorio di Fisica od uno di Chimica, almeno una volta in vita loro, invece di avere assistito ad infinite Messe?
Psicologia della Persuasione
Tra noi e le nostre opinioni ci sono di mezzo le informazioni di cui disponiamo (la nostra “cultura” in senso lato) e le emozioni che le altre persone sanno creare in noi. Questo secondo elemento è il territorio della Psicologia della Persuasione. Se non sapete di cosa sto parlando siete in guai seri (non con me: siete in guai seri col mondo e con la vita). Fatevi una cultura leggendo questo libro:
“Le Armi della Persuasione”
Come e perché si finisce per dire sempre di sì.
Di Robert B. Cialdini
Giunti - Saggi, 1999.
Pagg. 228,
ISBN 88-09-20567-7
O leggetevi queste pagine di Wikipedia:
en.wikipedia.org/wiki/Robert_Cialdini
en.wikipedia.org/wiki/Persuasion
Conoscere le principali tecniche di Psicologia della Persuasione è importante sia per non essere manipolati dagli altri che per riuscire a trattare gli altri in modo efficace.
Lo si dovrebbe insegnare già alle medie. Sarebbe anche un buon antidoto alle tecniche di persuasione utilizzate dalle religioni.
Sesso, Amore, Amicizia
Ogni tanto qualcuno suggerisce di insegnare “etica” o “educazione civica” nelle scuole. L’Etica e l’educazione civica sono una conseguenza delle nostre relazioni sociali. Non esistono senza di esse.
La nostra Etica viene costruita nel corso degli anni dalle nostre interazioni con le altre persone, siano esse amanti, parenti, amici, coniugi, figli, colleghi di lavoro, clienti o pazienti. Normalmente, sono le altre persone a comunicarci i loro bisogni ed a chiederci di tenerli presenti. Putroppo, però, imparare per esperienza diretta, in questo settore, comporta molti, dolorosi errori.
Non è impossibile insegnare i princìpi fondamentali delle relazioni umane ai giovani. Esiste un’intera branca della psicologia (la psicologia sociale) che si occupa di questo e le cognizioni necessarie sono già ben formalizzate e ben consolidate. Se volete “assaggiare” questa disciplina (o qualcosa che le assomiglia ma è più digeribile), potete leggere questo libro:
“A che gioco giochiamo”
Eric Berne,
Ed. Tascabili Bompiani Rcs,
Milano 2000.
ISBN: 8845246299
O potete leggervi questa pagina di Wikipedia:
it.wikipedia.org/wiki/Analisi_transazionale
Bisognerebbe insegnare ai nostri giovani qualcosa delle relazioni sociali, delle emozioni ad esse collegate e dei comportamenti tipici che ne derivano, giusti o sbagliati che siano. Presentarsi sulla scena della Vita con un minimo di formazione teorica permetterebbe loro di evitare alcuni errori marchiani e, comunque, di “razionalizzare” e “riassorbire” meglio gli errori inevitabili.
In conclusione, c’è ancora molto da insegnare ai nostri figli, anche senza portare a scuola la Bibbia, il Corano od i Veda.
Una questione di Credibilità
Il vero problema delle nostre scuole, tuttavia, non è cosa si insegni al loro interno ma come lo si insegna. La nostra società è evoluta nella direzione di una sempre maggiore “americanizzazione”. La tensione verso i consumi, la competizione sempre più accesa tra individui, l’arroganza tipica di una popolazione tutto sommato benestante, hanno relegato la Cultura e la Scuola al ruolo di semplice rottura di palle.
Giustamente (si: proprio giustamente) nessuno dei nostri figli è disposto ad essere discriminato rispetto agli altri perchè è ignorante o perchè copia. Persone più disoneste e più ignoranti di lui “vanno avanti” o “vivono alla grande” nella sua stessa società, in televisione e nella vita reale. Il genitore “trabascano” del suo compagno lo passa a prendere da scuola su un fuoristrada da 100.000 euro mentre noi, seri professionisti, dobbiamo dargli i soldi del bus. Anche senza arrivare a questi eccessi, resta comunque difficile dimostrare che il suo compagno meno volenteroso sia costretto a pagare per la sua pigrizia.
Noi, come genitori, che ci rendiamo conto ancora meglio di loro della situazione, siamo ancora meno disposti a vedere i nostri figli discriminati, anche se sono ignoranti e se copiano. Gente peggiore di loro e di noi ci comanda e vive “alla grande” sopra la nostra testa. Gente peggiore di loro e di noi vive al nostro fianco e non sta peggio di noi. Perchè allora punire i nostri figli più di quanto la vita già non faccia?
Gli insegnanti, che sono quasi sempre anche genitori, non possono che inchinarsi al volere degli altri genitori e della società. Perche discriminare il poveraccio che “non ci arriva” o che ha una famiglia disgraziata? Perchè punirlo più di quanto non lo farà la vita?
Ed allora, ecco che abbiamo i figli che scrivono “nn vgl stdr + xche m rmp l 00”. Abbiamo figli (maggiorenni) che devono consultare Wikipedia per scoprire dov’è la Croazia e che non distinguono una rana da una salamandra.
Colpa loro? Colpa nostra? Colpa degli insegnanti?
No, colpa dei “furbi” che sono riusciti a scivolare tra le maglie della rete e che, con il loro successo, hanno dimostrato l’inutilità del nostro “perbenismo”.
Che fare? Stringere le redini? Imporre un maggiore controllo? Lottare per una nuova alleanza tra insegnanti e genitori?
No, occorre invece insegnare ai nostri figli, ai nostri insegnanti ed a noi stessi che le regole sono necessarie ma non bastano. E’ necessario fare uso anche della cosidetta “riprovazione sociale”. In qualunque società c’è sempre una perniciosa minoranza di “furbi” che riesce a scivolare tra le maglie della rete ed a conquistare posizioni di potere a spese delle persone corrette. Queste persone vanno combattute, con lo stesso grado di furbizia che loro stessi utilizzano per combattere noi. La vita sociale, oltre che un insieme di regole, è anche una continua competizione (“battaglia”) e come tale va combattuta.
“Loro”, i “furbi”, raramente violano la legge in modo marchiano. Quasi sempre si limitano a sfruttare i limiti e le lacune di un sistema legislativo ipergarantista come il nostro. Vivono “sulla linea di confine”. Questo basta a dar loro il vantaggio necessario. Bisogna imparare a fare altrettanto: “camminare sulla linea di confine” ed impedire loro di dimostrare, con il loro successo nella vita, l’inutilità dei nostri princìpi. I furbi vanno emarginati e penalizzati sfruttando tutti i mezzi disponibili, anche quelli al limite della legge, senza farsi inutili sensi di colpa.
Se si vuole che i nostri figli credano nei nostri princìpi, bisogna almeno dimostrare loro che questi princìpi non sono in conflitto con il loro legittimo desiderio di avere successo nella vita. Bisogna dimostrare loro che le nostre regole sono state studiate anche a loro vantaggio e che devono essere rispettate perchè sono la soluzione migliore (“più giusta”) ad un problema che li coinvolge direttamente.
Se si vuole una società “etica”, si deve lottare in prima persona per averla. Ci si deve fare un punto d’onore di impedire a chi “fa il furbo” di emergere. Ogni furbo che emerge è un chiodo sulla bara della nostra credibilità e, di conseguenza dei nostri valori.
Alessandro Bottoni
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