Crisi di coscienza

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)lullaby(
00lunedì 30 novembre 2009 16:21
Fedeltà a Dio o alla propria religione? Parole franche di un testimone di Geova
di Franz Raymond V.
Ho acquistato questo libro nel periodo della mia dissociazione , l'ho letto con lo stato d'animo di rabbia che nutrivo in quel periodo e molte cose mi erano sfuggite a causa del mio stato emotivo non sereno , a distanza di 5 anni lo sto rileggendo, adesso assume un sapore diverso in quanto letto con quasi totale distacco e freddezza.
Sorrido quando mi soffermo su certe questioni che tratta il libro, ad esempio la leggerezza con cui il corpo direttivo decideva sulla vita anche privata ed intima dei fratelli emanando "leggi" o regole che non erano nemmeno supportate dalle scritture.
Qualcuno qui ha avuto modo di leggerlo?
Babila il grande
00lunedì 30 novembre 2009 18:49
Re:

Carissima Lullaby,

ho avuto occasione di leggere il libro descritto.

Come d'altra parte ho letto il seguito, intitolato "Alla ricerca della libertà cristiana".

D'altronde ho consultato tanti - forse troppi! - libri sui TdG.

E ne posseggo ancora molti.

Da Achille Aveta - Walter Palmieri "TdG: essere o non essere" fino a Weiss: "I TdG: testimoni di Dio?", mi sono creata una discreta biblioteca, che raccoglie pure altri libri di critica neotestamentaria, ateismo e sette minori.

Che dire?

Tutti questi libri - ad eccezione di quello scritto dalla compianta M.Castiglione "I TdG: ideologia religiosa e consenso sociale" - peccano, secondo me, di un difetto e cioè quello di basarsi esclusivamente sul raffronto "teologico" e quindi viziato ab origine dalla credenza religiosa che l'autore esprime.

Il mio interesse per i TdG si è manifestato tanto tempo fa, quando mi accorsi che non ero in grado di sostenere un confronto "biblico" con alcuni di loro.

Piccato per la mia ignoranza, mi buttai a capofitto nella lettura di tutto quello che passava la bibliografia di allora.

Ed era, purtroppo, quasi tutta merce cattolica.

Ma grazie al confronto con i TdG ed al contestuale approfondimento delle credenze religiose mi ritrovai finalmente libero da condizionamenti fideistici, e quindi radicalmente ateo e areligioso.

Con nessun dubbio.

Babila.



pyccolo
00lunedì 30 novembre 2009 19:25
Re:
)lullaby(, 30/11/2009 16.21:

Fedeltà a Dio o alla propria religione? Parole franche di un testimone di Geova
di Franz Raymond V.



Che differenza passerebbe fra "Fedltà a Dio o alla propria religione"?

Pyccolo


(Gladio)
00martedì 1 dicembre 2009 01:34
Re: Re:
pyccolo, 30/11/2009 19.25:



Che differenza passerebbe fra "Fedltà a Dio o alla propria religione"?

Pyccolo






Ottimo appunto caro Pyccolo.........la domanda è pertinente,semplice e profonda.

Il lettore di questo monumentale opera adesso avrà sicuramente le idee più chiara sulla distinzione ........ [SM=x789052]
nevio63
00martedì 1 dicembre 2009 05:33
Re: Re:
pyccolo, 30.11.2009 19:25:

Che differenza passerebbe fra "Fedeltà a Dio o alla propria religione"? Pyccolo




La fedelta' a Dio e', pure, fedelta' alla propria religione, per il credente in Dio, quando la propria religione, ad un esame, pur non feroce, dei fatti, rappresenta, per coerenza dottrinale e pragmatica, Dio e la Sua volonta'.
Allorche', dopo tale approfondito esame, la propria religione si discostasse in maniera significativa, quando non drammatica, da cio' che il sincero credente in Dio ritenesse essere la volonta' di Dio sresso, quindi, la vera dottrina intorno a Lui e la giusta e coerente prassi, a tale dottrina conseguente, la fedelta' alla religione di appartenenza o a Dio diventano posizioni inconciliabili e una, pur dolorosa, scelta, per onesta' intellettuale, si imporra'. nevio63

 


nevio63
00martedì 1 dicembre 2009 05:45
Re:
)lullaby(, 30.11.2009 16:21:

Fedeltà a Dio o alla propria religione? Parole franche di un testimone di Geova di Franz Raymond V. Ho acquistato questo libro nel periodo della mia dissociazione , l'ho letto.... chi ha avuto modo di leggerlo?



nevio63: Ho scaricato i due libri di R.Franz e altri da E-mule, pochi mesi fa e li ho letti con voracita' (erano anni che non leggevo piu' un libro). Sono, ambedue i libri di R. Franz, molto impattanti, perche' uniscono i pregi del saggio letterario a quelli di un narrato pervaso di emotivita' e umanita'. Il primo libro demolisce e getta il credente TdG nello sconforto, il secondo libro, pur completando l'opera demolitiva del primo, suggerisce delle vie d'uscita. nevio63
Sonnyp
00martedì 1 dicembre 2009 08:22
Uso delle religioni....
Babila il grande, 30/11/2009 18.49:


Tutti questi libri - ad eccezione di quello scritto dalla compianta M.Castiglione "I TdG: ideologia religiosa e consenso sociale" - peccano, secondo me, di un difetto e cioè quello di basarsi esclusivamente sul raffronto "teologico" e quindi viziato ab origine dalla credenza religiosa che l'autore esprime.

Il mio interesse per i TdG si è manifestato tanto tempo fa, quando mi accorsi che non ero in grado di sostenere un confronto "biblico" con alcuni di loro.

Piccato per la mia ignoranza, mi buttai a capofitto nella lettura di tutto quello che passava la bibliografia di allora.

Ed era, purtroppo, quasi tutta merce cattolica.

Ma grazie al confronto con i TdG ed al contestuale approfondimento delle credenze religiose mi ritrovai finalmente libero da condizionamenti fideistici, e quindi radicalmente ateo e areligioso.

Con nessun dubbio.

Babila.



Mi accodo Babila alla tua analisi dei fatti. Aggiungo, se me lo permetti, la mia personale esperienza in questo campo del confronto teologico OBBLIGATORIO, per chi esce da un movimento settario.
L'unico confronto prioristico, è dettato dalle origini cristiane che portano tutte alla prima chiesa primitiva. Da qui, l'errore di crederla tramandata nel tempo, come l'assoluta religione giusta basata sulle tradizioni e sull'apostolato cattolico. Niente di più falso! Analizzando a fondo gl'insegnamenti della chiesa, ho potuto appurare che nemmeno lei è sfuggita al potere di comandare, di autoreferenziarsi unica sovrana dela fede. Oggi, seppur credente ancora molto razionalemtne in un Dio o essere supremo, ho capito che le religioni, tutte le religioni, sono il mezzo per sedare e dirigere le masse.... Di spirituale, seppur ci fosse, ce n'è veramente poco e annacquato. Anche io concludo alla tua maniera.... Con nessun dubbio. Shalom. Se v'interessa, stò analizzando in questo forum, il potere del condizionamento mentale.... penso che la cosa potrebbe interessarvi......

Macchè forum


pyccolo
00martedì 1 dicembre 2009 13:05
Re: Re: Re:
nevio63, 01/12/2009 5.33:

pyccolo, 30.11.2009 19:25:

Che differenza passerebbe fra "Fedeltà a Dio o alla propria religione"? Pyccolo




La fedelta' a Dio e', pure, fedelta' alla propria religione, per il credente in Dio, quando la propria religione, ad un esame, pur non feroce, dei fatti, rappresenta, per coerenza dottrinale e pragmatica, Dio e la Sua volonta'.
Allorche', dopo tale approfondito esame, la propria religione si discostasse in maniera significativa, quando non drammatica, da cio' che il sincero credente in Dio ritenesse essere la volonta' di Dio sresso, quindi, la vera dottrina intorno a Lui e la giusta e coerente prassi, a tale dottrina conseguente, la fedelta' alla religione di appartenenza o a Dio diventano posizioni inconciliabili e una, pur dolorosa, scelta, per onesta' intellettuale, si imporra'. nevio63

 






Questione molto complessa quella della fedeltà.
Fedeltà a Dio o alla religione?

Bell'enigma.

Posta in questo modo sembrerebbe tutto molto semplice.
Non è affatto così.

Domando: di cosa è fatta la fedeltà? Cosa intendiamo definire con questo termine, tutto sommato, astratto, tant'è che per alcuni potrebbe essere una cosa per altri tutt'altra faccenda?

Fedeltà a cosa e perchè?

Ciò a cui bisogna essere fedeli di che cosa è fatto?
E' qualcosa che sta all'interno del linguaggio o fuori dal linguaggio, ovverossia qualcosa che è costruito dai nostri pensieri o invece esistente autonomamente indipendentemente dai nostri pensieri?

In entrambi i casi non può che trattarsi di stringhe linguistiche, di proposizioni belle e buone che, partendo da alcune premesse date per certe, concludono con il richiamo assoluto alla fedeltà.

Quali sarebbero le premesse su cui si fonda il concetto di fedeltà?
Sulla base di che criterio quelle premesse sono date per certe?

Si provi a portare alle estreme conseguenze tutta l'interrogazione e vediamo su quale sponda si approda.

La risposta a domande come queste dovrebbe mettere chi si interroga nella condizione di ricevere risposte, anch'esse stringhe linguistiche, proposizioni, ma in qualche modo risposte in grado di fugare, nel bene o nel male, ogni dubbio sulla questione. [SM=x789060]

Saluti

Pyccolo

spirito!libero
00martedì 1 dicembre 2009 14:20

“la propria religione, ad un esame, pur non feroce, dei fatti, rappresenta, per coerenza dottrinale”



Coerenza dottrinale ? La wts negli anni ha cambiato tante e tali dottrine da rendere irriconoscibili i primi tdg da quelli odierni se non nel nome che li caratterizza (anzi con i primissimi nemmeno il nome è uguale)



“E' qualcosa che sta all'interno del linguaggio o fuori dal linguaggio”



Ma che palle…
nevio63
00martedì 1 dicembre 2009 14:45
Re: Re: Re: Re:
pyccolo

Questione molto complessa quella della fedeltà.
Fedeltà a Dio o alla religione?
Bell'enigma.
Posta in questo modo sembrerebbe tutto molto semplice.
Non è affatto così.
Domando: di cosa è fatta la fedeltà?
Fedeltà a cosa e perchè?
Pyccolo


nevio63: Dio, per chi crede, e' una persona spirituale. Egli ha una personalita' che, pur non interamente, emerge, per chi ci crede, da due delle sue opere: L'universo fisico, terra pianeta, compresa la sua biosfera, e la Sacra Scrittura, per chi ci crede, ispirata da Dio stesso. Alcune delle qualita' di Dio sono, l'amore altruistico, la giustizia, la totale sapienza, la totale potenza. Ripromettersi fedelta' a tale persona, Dio, vuol dire riconoscerne le qualita', il diritto di esercitare autorita' su ogni Sua, per chi ci crede, creazione, offrire culto alla Sua persona, dovendo scegliere in una qualche contesa, schierarsi dalla sua parte, amarlo, approfondendone la conoscenza, anche attraverso lo studio delle Sue opere, ponendo ogni questione che lo riguardasse, prima e al di sopra di ogni altra e altro. La religione, vera se interpreta realmente la volonta' de Dio, se offre al credente una giusta teologia, richiede anch'essa, essendo di Dio emanazione e rappresentazione, per chi ci crede, una forma di fedelta', ma relativa, che coincide con quella dovuta a Dio, se significa attenersi alle prescrizioni, norme e al culto, da Dio stabiliti e dalla religione solo tramandati. Ci si schierera' in favore della giusta religione, ma non si adorera', ne' si idoleggera' la religione in quanto tale. La questione della coincidenza di fedelta', per chi ci crede in Dio, allora si ridurra' alla questione di accertamento di veracita' della propria religione, rispetto alla pretesa di essere quella stabilita da Dio. nevio, saluti a tutti.


pyccolo
00martedì 1 dicembre 2009 14:47
Re:
spirito!libero, 01/12/2009 14.20:


“la propria religione, ad un esame, pur non feroce, dei fatti, rappresenta, per coerenza dottrinale”



Coerenza dottrinale ? La wts negli anni ha cambiato tante e tali dottrine da rendere irriconoscibili i primi tdg da quelli odierni se non nel nome che li caratterizza (anzi con i primissimi nemmeno il nome è uguale)



“E' qualcosa che sta all'interno del linguaggio o fuori dal linguaggio”



Ma che palle…




Sgonfiale se ne sei capace!!!


Pyccolo


pyccolo
00martedì 1 dicembre 2009 15:20
Re: Re: Re: Re: Re:
nevio63, 01/12/2009 14.45:

pyccolo

Questione molto complessa quella della fedeltà.
Fedeltà a Dio o alla religione?
Bell'enigma.
Posta in questo modo sembrerebbe tutto molto semplice.
Non è affatto così.
Domando: di cosa è fatta la fedeltà?
Fedeltà a cosa e perchè?
Pyccolo


nevio63: Dio, per chi crede, e' una persona spirituale. Egli ha una personalita' che, pur non interamente, emerge, per chi ci crede, da due delle sue opere: L'universo fisico, terra pianeta, compresa la sua biosfera, e la Sacra Scrittura, per chi ci crede, ispirata da Dio stesso. Alcune delle qualita' di Dio sono, l'amore altruistico, la giustizia, la totale sapienza, la totale potenza. Ripromettersi fedelta' a tale persona, Dio, vuol dire riconoscerne le qualita', il diritto di esercitare autorita' su ogni Sua, per chi ci crede, creazione, offrire culto alla Sua persona, dovendo scegliere in una qualche contesa, schierarsi dalla sua parte, amarlo, approfondendone la conoscenza, anche attraverso lo studio delle Sue opere, ponendo ogni questione che lo riguardasse, prima e al di sopra di ogni altra e altro. La religione, vera se interpreta realmente la volonta' de Dio, se offre al credente una giusta teologia, richiede anch'essa, essendo di Dio emanazione e rappresentazione, per chi ci crede, una forma di fedelta', ma relativa, che coincide con quella dovuta a Dio, se significa attenersi alle prescrizioni, norme e al culto, da Dio stabiliti e dalla religione solo tramandati. Ci si schierera' in favore della giusta religione, ma non si adorera', ne' si idoleggera' la religione in quanto tale. La questione della coincidenza di fedelta', per chi ci crede in Dio, allora si ridurra' alla questione di accertamento di veracita' della propria religione, rispetto alla pretesa di essere quella stabilita da Dio. nevio, saluti a tutti.




Caro Nevio, ripeti spesso e volentieri la frase "per chi ci crede", con ciò volendo dire che certe cose sono solo per chi crede o vuol credere, dato che, e non potrebbe essere diversamente, non sarebbero evidentemente dimostrabili.

A che condizione si dovrebbe credere?

Di cosa è fatta la credenza?

E' un atto del pensiero (linguaggio) o è un atto che si dà fuori dal pensiero (linguaggio), come se quell'atto fosse dall'eternità lì, indipendentemente dal pensiero umano e dalle sue produzioni o dall'esistenza stessa degli umani?

Se fosse un atto al di fuori del linguaggio (dal pensiero) io come farei a saperne?
Come potrei sapere della volontà divina se non sottoponendola al vaglio del pensiero?

Tu dici:
"la fedelttà ... si ridurra' alla questione di accertamento di veracita' della propria religione, rispetto alla pretesa di essere quella stabilita da Dio."

In che modo potrei sapere se è da dio se, ad accertarla, dovrebbe essere il mio sistema pensante o quello di preposti all'esercizio del cosiddetto sacro?
Oppure vuoi dire che, in concreto, sia il mio sistema pensante a determinare se qualcosa è da dio o meno? ... questo per me vorrebbe dire che, in ultima analisi, è il tuo sistema pensante arbitro del vero e del falso.
In effetti tutti le religioni, costruendo con i propri pensieri, stabiliscono ciascuna per sè ciò che, sencondo la divinità, è vero o è falso (e qui trova spiegazione la questione dell' incoerenza della quale fa cenno Spiritolibero, incoerenza cui soccombono un pò tutte le religioni)

Un'altra domanda: che significato potrebbe avere la "fedeltà" relativa? [SM=x789063]

Saluti

Pyccolo


spirito!libero
00martedì 1 dicembre 2009 16:00

"Sgonfiale se ne sei capace!!! "



Ah io sono capacissimo di sgonfiarle, anzi di farmele sgonfiare, se tu invece hai problemi se vuoi ti mando qualche illustrazione ..... AHAHHAHAAHAHA



pcerini
00martedì 1 dicembre 2009 17:14
[SM=x789049] [SM=x789049] [SM=x789049]

Comunque,le tesi di pyccolo sono anche quelle di Luciano Faioni (uno psicanalista che a sua volta riprende una tesi dei sofisti greci).
Mi ci e' voluto un bel po' per scovare la fonte delle sue tesi,per lo meno si ha un punto di partenza per le varie critiche.

L'importanza di rivelare la fonte delle proprie tesi e' sempre importante,proprio per consentire di capire da dove nascano e che sviluppo abbiano avuto certe tesi.

Li' per li' quando pyccolo insisteva sul termine "analisti della parola" mi era venuto in mente la filosofia analitica del linguaggio,senza riuscire a trovare da dove partisserto certe tesi,confondendo per l'appunto "analisti della parola" con "filosofia analitica del linguaggio".

Alla fine sono riuscito a rintracciare le fonti di queste tesi,che partono da Luciano Faioni.

Luciano Faioni ha redatto diversi articoli in rete che si possono consultare,compresa la sua teoria del linguaggio
(basterebbe cercare per esempio l'associazione "Scienza della parola",Faioni ne e' il presidente).


Se un tdg o un ex-tdg si trova di fronte a certe risposte che mettono in campo determinate tesi, per lo meno dovrebbe sapere da dove partono codeste tesi,perche' capire l'origine la natura e la validita' metodologica o meno di critiche che partono da certe tesi e' sempre fondamentale.

nevio63
00martedì 1 dicembre 2009 21:07
Re: Re: Re: Re: Re: Re:
pyccolo, 01.12.2009 15:20:




Caro Nevio, ripeti spesso e volentieri la frase "per chi ci crede", con ciò volendo dire che certe cose sono solo per chi crede o vuol credere, dato che, e non potrebbe essere diversamente, non sarebbero evidentemente dimostrabili.

nevio: Dimostrabili dal punto di vista di un non credente non lo sono.
Chi (e non sono autobiografico) considera evidenti le prove dell'esistenza di un Creatore,nella realta' che percepisce o s'illude di percepire, neanche ritiene di dover fornire ulteriori dimostrazioni e ...e' un dibattito impossibile.

A che condizione si dovrebbe credere?

nevio: Alla condizione di voler credere, considerandola l'unica e ultima possibilita' per continuare a vivere per uno scopo che non sia solo quello di continuare fino a che dura.

Di cosa è fatta la credenza?

nevio: Di conoscenza, di sapienza, di innamoramento, di desiderio di accettazione, di desiderio di non deludere, di riconoscimento reciproco, di volonta', dettata dalla convenienza che la credenza sia vera.

E' un atto del pensiero (linguaggio) o è un atto che si dà fuori dal pensiero (linguaggio), come se quell'atto fosse dall'eternità lì, indipendentemente dal pensiero umano e dalle sue produzioni o dall'esistenza stessa degli umani?

nevio: e' un atto del pensiero individuale.

Se fosse un atto al di fuori del linguaggio (dal pensiero) io come farei a saperne?
Come potrei sapere della volontà divina se non sottoponendola al vaglio del pensiero?

nevio: Per chi crede la volonta' divina e' espressa nelle due delle opere che ha fatto. La creazione materiale e un libro sacro che puo' variare, a seconda, anche, della religione.

Tu dici:
"la fedelttà ... si ridurra' alla questione di accertamento di veracita' della propria religione, rispetto alla pretesa di essere quella stabilita da Dio."

nevio: Parlo della fedelta' dovuta alla religione che si ritenga giusta, previo accertamento da effettuare mediante l'osservazione diretta di una certa prassi religiosa e confronto con le prescrizioni e la teologia del libro sacro di riferimento a cui si decida di assegnare fiducia. E' tutta un auto-referenziazione, insomma.

In che modo potrei sapere se è da dio se, ad accertarla, dovrebbe essere il mio sistema pensante o quello di preposti all'esercizio del cosiddetto sacro?
Oppure vuoi dire che, in concreto, sia il mio sistema pensante a determinare se qualcosa è da dio o meno? ... questo per me vorrebbe dire che, in ultima analisi, è il tuo sistema pensante arbitro del vero e del falso.

nevio: C'e' la risposta gia' nelle tue parole.

In effetti tutti le religioni, costruendo con i propri pensieri, stabiliscono ciascuna per sè ciò che, sencondo la divinità, è vero o è falso (e qui trova spiegazione la questione dell' incoerenza della quale fa cenno Spiritolibero, incoerenza cui soccombono un pò tutte le religioni)

Un'altra domanda: che significato potrebbe avere la "fedeltà" relativa? [SM=x789063]

nevio: La fedelta' assoluta e' riservata, per definizione solo a uno, a Chi si adora come Dio, mentre alla religione, che e' un mezzo conveniente per servire Dio, non si offrirebbe che la fedelta' relativa, condizionata all'evoluzione del nostro rapporto con essa (la religione)

Saluti

Pyccolo

nevio salutoni, nevio.




pyccolo
00martedì 1 dicembre 2009 21:45
Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:

nevio63, 01/12/2009 21.07

nevio: Dimostrabili dal punto di vista di un non credente non lo sono.
Chi (e non sono autobiografico) considera evidenti le prove dell'esistenza di un Creatore,nella realta' che percepisce o s'illude di percepire, neanche ritiene di dover fornire ulteriori dimostrazioni e ...e' un dibattito impossibile.



Se qualcosa non è dimostrabile è davvero un dilemma, perchè risulta impossibile stabilire se quella credenza sia vera o falsa, per cui una credenza potrebbe valere quanto un'opinione e la sua contraria, tant'è che coloro che si pongono il problema dell'esistenza rispondono affermando tutto ed il suo contrario:
Per elencare alcune delle ipotesi:
1-Creazionismo.
2-Evoluzionismo.
3-Creazionismo seguito da evoluzionismo
4-Il caos che fa tesoro del calcolo delle probabilità lungo epoche titaniche ed a lungo andare genera forme primordiali di vita e poi sempre più evolute.
5-Il concetto che nulla si crea e nulla può distruggersi, per cui la vita, insieme alla materia, anche se si trasforma, c'è sempre stata.
6-Le varei divinità dai nomi più disparati
7-La reincarnazione.
Potremmo proseguire in un elenco lunghissimo, a cui aggiungere a pieno titolo antiche credenze egizie, greche, mesopotamiche, indiane, buddiste etc. etc.
Quale di queste credenze corrisponde al vero?
Impossibile saperlo.
Questo è il senso da assegnare al linguaggio quando si dice che produce fantasie che raccontano tutto ed il suo contrario.
A questo punto una fantasia vale l'altra e tutto si riduce ad una questione di gusto estetico, come dire,

A ME PIACE PENSARE COSI', esattamente come può piacere un quadro piuttosto che un altro, un piatto piuttosto che un altro, un'auto piuttosto che un'altra.

Il problema non è la credenza, ma chi la sfrutta fraudolentemente per condurre prigioniero a sè il pensiero ed assoggettarlo per sempre.
Una volta consegnato il proprio pensiero alle versioni di verità in circolazione nel mondo possiamo dare l'addio per sempre alle nostra libertà di scelta e di coscienza ed, in particolare, alla nostra autonomia di pensiero.
Basti guardare a cosa si riduce il dibattito cui fa cenno Pcerini sulla fantasia evoluzionistica o creazionista.
E' una delle tante dimostrazioni dell'assenza di libertà di pensiero autonomo, perchè, secondo costoro, del pensiero bisogna rendere conto.
Ovviamente lì ci sono interessi politici che serpeggiano, tesi a condurre il pensiero in un senso o nell'altro.
Se le religioni non avessero potere e rispettassero le libertà di scelta dei credenti quell'articolo non avrebbe avuto nessuna necessità d'essere, ed invece si impone perchè ciascuno cerca di affermare come vere le proprie fantasie, dimenticando che sono fantasie.

Per il resto credo che tu abbia compreso il senso complessivo del discorso.

Se la credenza fosse una questione personale della quale non si dovrebbe rendere conto a nessuno, se non al proprio pensiero, le religioni non avrebbero più motivo d'esistere.
Esisterebbe solo la religiosità, che è un'astrazione fantasiosa, così come esiste l'amore, acnh'esso astrazione fantasiosa, ma che, in molte circostanze fanno star bene, ma, in altre, anche male...ma questo è un discorso diverso.
Per esistere e sfruttare questo potere, che diventa poi potere economico e finanziario, devono necessariamente essere autorità ultime, depositarie dell'unica verità, punti di riferimento assoluti cui devesi fedeltà, "mater ed magistra".
Guai a chi si oppone.

Salutissimi [SM=x789061]

Pyccolo


nevio63
00martedì 1 dicembre 2009 22:04
Quando penso, pero' a certe estetiche, la faccione di una tigre, certi fiori o insetti, quando penso al mistero del pensiero e tutti i suoi bisogni irragionevoli, e alla potenza del cervello umano con l'area del linguaggio e quella del calcolo, dico a me stesso: Ma quale prova vo' cercare di piu', perche' non rassegnarsi, come fa un bambino quando vede fare le cose, che pure non afferra, ai grandi, semplicemente a credere che c'e' una ragione per tutto questo.  

pyccolo
00mercoledì 2 dicembre 2009 00:03
Re:
nevio63, 01/12/2009 22.04:

Quando penso, pero' a certe estetiche, la faccione di una tigre, certi fiori o insetti, quando penso al mistero del pensiero e tutti i suoi bisogni irragionevoli, e alla potenza del cervello umano con l'area del linguaggio e quella del calcolo, dico a me stesso: Ma quale prova vo' cercare di piu', perche' non rassegnarsi, come fa un bambino quando vede fare le cose, che pure non afferra, ai grandi, semplicemente a credere che c'e' una ragione per tutto questo.  




Rispetto il tuo immaginario, così come rispetto quello di ogni altro essere umano, sempre che non cozzi ed osteggi le libertà altri.

In pratica tu, dando per premessa sottintesa qualcosa di superpotente all'origine di tutto e, riflettendo sull'osservazione simpatica del faccione della tigre, di certi fiori o insetti, del mistero del pensiero e dei suoi bisogni irragionevoli e della potenza del cervello, CONCLUDI che qualcosa di di straordinariamente intelligente ne sia stata la causa.
Il tuo immaginario è rispettabilissimo, così come quello di tutti.

Qualcun altro, pur partendo dalle tue stesse osservazioni, ne aggiunge altre di stampo opposto, come la potenza distruttrice dello tsumani che ha fatto stragi di innocenti, i vari cicloni e tifoni, la potenza distruttrice dei terremoti, alluvioni, il faccione simpatico della tigre che non ha alcuna difficoltà a sbranare innocue antilopi, la vita che si perpetua a discapito di altra vita, virus che sono alla base di milioni di morti, per non parlare dell'influenza spagnola o del vaiolo o in genere di malattie e sofferenze che rendono invalidi milioni di persone al mondo e tutta una serie di altre tragedie etc. etc... si chiede come possa quel qualcosa di straordinariamente intelligente provocare nel contempo tanto bene, ma anche tanto male... da qui il dubbio giustificato per molti, dubbio che la fede, che è cieca, non accetta.
Qualcun altro, allora, nel tentativo di spiegare l'inspiegabile, ipotizza la presenza di due forze straordinariamente intelligenti, ma opposte: una del bene ed una del male.

La nostra struttura pensante ci consente di pensare questo ed altro, di ricavare dall'osservazione i tuoi ed altrui dati, di partire da premesse date per scontate quando invece non lo sono affatto, di ipotizzare cieli e paradisi, inferni e purgatori,
ma,
una cosa è supporre, ipotizzare,
come la dolce fanciulla che immagina l'amore per sempre,
tutt'altra cosa è provare almeno in qualche misura le nostre tesi,
dimostare in qualche modo di non viaggiare su del un terreno minato.
Se ciò non accade, se nulla è provabile, le nostre ipotesi possono essere infinite, come infinito si suppone l'universo, ma non si arriva da nessuna parte, se non ad esprimere una nostra opinione che vale tanto quanto le infinite altre.
Cerchiamo almeno di avere l'umiltà di considerare ogni nostra opinione rispettabile tanto quanto le altre, di non avanzare pretese di verità assolute e di non farci prendere dalla voglia di considerare le nostre fantasie verità da imporre, con la guerra o con la forza della persuasione, o con il terrore della paura del castigo o della scomunica seguita da discriminazione ed emarginazione. [SM=x789068]

Saluti
Pyccolo






nevio63
00mercoledì 2 dicembre 2009 06:46
Re: Re:
nevio63
00mercoledì 2 dicembre 2009 07:01
pyccolo:Rispetto il tuo immaginario, così come rispetto quello di ogni altro essere umano.....
sempre che non cozzi ed osteggi le libertà altri


nevio63: Cosi', esattamente, la penso io. Stabiliamo solo un patto sociale, un'etica concordata e poi ognuno, nell'arco di una vita, creda cio' che voglia, che pure il credere si evolve e muta, proprio in mancanza di prove incontrovertibili.

pyccolo: ... una cosa è supporre, ipotizzare, tutt'altra cosa è provare almeno in qualche misura le nostre tesi,...

nevio63: Gia' fatta l'ammissione, nei precedenti post, che provare l'esistenza di Dio secondo i requisiti del metodo scientifico sperimentale e' impossibile, tanto quanto lo sara', pero', dimostrare, trovando una macchina fotografica senza cartellino che riconduca a una marca rintracciabile, che essa non sia il frutto di una combinazione casuale di pezzi, un tempo veicolati dall'acqua, assemblatisi in miliardi di anni di prove ed errori di assemblatura.

pyccolo: Cerchiamo almeno di avere l'umiltà di considerare ogni nostra opinione rispettabile tanto quanto le altre, di non avanzare pretese di verità assolute e di non farci prendere dalla voglia di considerare le nostre fantasie verità da imporre, con la guerra o con la forza della persuasione, o con il terrore della paura del castigo o della scomunica seguita da discriminazione ed emarginazione.

nevio63: Spero tu non abbia pensato a me formulando queste parole, perche' io non sono certo quella persona in ipotesi, per me ognuno puo' fare, dire, non dire, oggi questo, domani l'opposto di tutto nella piu totale liberta' di pensiero ed espressione, cercando di spiegare le proprie ragioni, cercando di essere convincente, in quanto sinceramente intenzionato e persuaso di certe cose, fermo tenendo l'impegno di non imporsi a nessuno in nessun modo.

nevio63: Quello che considero malefico, la morte, le malattie, l'ingiustizia, la violenza, m'irretisce, m'indigna, mi coinvolge molto, pyccolo. Cerco una tesi che metta d'accordo le mie osservazioni e non ne ho trovata una definitiva. Se guardo i resti del Colosseo, oltre ai quattro ordini architettonici sovrapposti, mi vengono in mente le atrocita' li' dentro perpetrate, mi viene una gran rabbia che, pero', non m'impedisce di credere che quell'edificio, tanto ingegneristicamente e architettonicamente valido, abbia avuto un progettista e dei costruttori.


Saluti Pyccolo

Salutoni a tutti, nevio63


pyccolo
00mercoledì 2 dicembre 2009 13:30
Re:

nevio63, 02/12/2009 7.01

Cosi', esattamente, la penso io. Stabiliamo solo un patto sociale, un'etica concordata e poi ognuno, nell'arco di una vita, creda cio' che voglia, che pure il credere si evolve e muta, proprio in mancanza di prove incontrovertibili.



Concordo: regole societarie paritarie, che tengano conto dell'uguaglianza degli esseri umani.
Vero, il credo (fantasia)DEVE EVOLVERSI, perchè, restando fermo, immobilizza l'autonomia di pensiero dell'uomo ... si può definire anche autocondizionamento.
In assenza di prove del credo, come affermi, si può dire tutto ed il suo contrario, ovvero come dire nulla.



nevio63: Gia' fatta l'ammissione, nei precedenti post, che provare l'esistenza di Dio secondo i requisiti del metodo scientifico sperimentale e' impossibile...



Quest'ammissione gioca senza meno a vantaggio della tua autonomia di pensiero ... pensa a quanti consentono, invece, che i loro pensieri vengano ipotecati da credenze altrui, rinunciando alla propria autonomia ed affidandola nelle mani di persone spesso senza scrupoli, convinti di agire nel nome di un dio.


..., tanto quanto lo sara', pero', dimostrare, trovando una macchina fotografica senza cartellino che riconduca a una marca rintracciabile, che essa non sia il frutto di una combinazione casuale di pezzi, un tempo veicolati dall'acqua, assemblatisi in miliardi di anni di prove ed errori di assemblatura.



Ragionamento, questo tuo, che ha convinto molti dell'esistenza di un qualche ente autonomo, intelligente e creativo, ma posto al di fuori del linguaggio.
Una regola del linguaggio dice che quando una premessa poggia su basi solide, fondate, anche la conclusione può essere altrettanto vera e fondata.
Ciò detto, tu sai già in partenza, nel caso della macchina fotografica, che essa è produzione dell'essere umano. Parti, cioè, da una premessa nota e, di conseguenza, sei in grado di giungere ad una conclusione altrettanto vera.
Nessuna persona al mondo metterebbe in dubbio che ad aver prodotto la macchina fotografica sia stato un essere provvisto di linguaggio (struttuta che consente di pensare).

Non è la stessa cosa per ogni altra cosa visibile che non abbia subito manipolazione umana.
Abbiamo già detto prima che le ipotesi della loro esistenza potrebbero essere infinite e che, in quanto ipotesi, sono tutte stringhe linguistiche prodotte dal linguaggio.
Qualunque ipotesi possa essere ritenuta vera resta comunque un'arbitraria produzione del pensiero, indimostrabile.
Se, dunque, una premessa non poggia su basi solide anche la conclusione non può essere ritenuta fondata.
Se interroghi, come abbiamo fatto per la macchina fotografica, tutti gli esseri umani sull'origine dell'esistenza dell'universo otterresti tante risposte quanti sono gli esseri umani, mentre, come detto, per la macchina fotografica otterresti unanimità indiscussa di risposte.
Il linguaggio consente di pensare ad un'esistenza al di fuori del linguaggio, come consente di pensare al concetto di infinito e di paradiso ed inferno, consente anche di costruire intorno a tutto ciò una logica ferrea, come fece Dante Alighieri con la Divina Commedia, ma non sarebbe in alcun modo provabile.
Il linguaggio può dunque produrre fantasie che trovano poi realizzazione nel concreto e fantasie che restano tali, in quanto non praticabili nel concreto.
Nè l'ipotesi "esistenza" potrebbe darsi fuori dal linguaggio, perchè, qualunque fantasia che sia all'interno del linguaggio o supposta fuori dal linguaggio, per essere prodotta, necessita del linguaggio e di null'altro. E' in ciò che consiste l'autonomia del pensiero e la necessità di appropriarsene.
Responsabile, perciò, dell'esistenza di tutto resta il linguaggio, ovvero il pensare dell'essere umano.


nevio63: Spero tu non abbia pensato a me formulando queste parole, perche' io non sono certo quella persona in ipotesi, per me ognuno puo' fare, dire, non dire, oggi questo, domani l'opposto di tutto nella piu totale liberta' di pensiero ed espressione, cercando di spiegare le proprie ragioni, cercando di essere convincente, in quanto sinceramente intenzionato e persuaso di certe cose, fermo tenendo l'impegno di non imporsi a nessuno in nessun modo.



I miei discorsi sono sempre di masssima generici.
Ho compreso perfettamente che, quanto meno, tu non affidi a terzi le tue decisioni e le tue scelte, come fanno credenti ed in genere benpensanti quando affidano a terzi, per quanto luminari, le loro conclusioni e le loro scelte.


nevio63: Quello che considero malefico, la morte, le malattie, l'ingiustizia, la violenza, m'irretisce, m'indigna, mi coinvolge molto, pyccolo. Cerco una tesi che metta d'accordo le mie osservazioni e non ne ho trovata una definitiva. Se guardo i resti del Colosseo, oltre ai quattro ordini architettonici sovrapposti, mi vengono in mente le atrocita' li' dentro perpetrate, mi viene una gran rabbia che, pero', non m'impedisce di credere che quell'edificio, tanto ingegneristicamente e architettonicamente valido, abbia avuto un progettista e dei costruttori.



Posso perfettamente comprendere ma, in ultima analisi, ciascuno di noi è responsabile di sè solo per ciò che lui produce sotto forma di idee e di fantasie.
L'etica e le regole societarie non sono divine.
Perchè gli esseri umani rinunciano ad un giusto convivere?
Spesso, molto spesso, sono le religioni ed in genere ogni ideologia che si ponga fuori dal linguaggio ad essere gli artefici di cotanto disordine.
Il loro tentativo di inglobare il pensiero e di uniformarlo non può che sortire la guerra fra chi vi si conforma, con la forza o la persuasione o con la paura, e chi dissente, perchè ha capito.
Religioni e sistemi politici possono non concordare su molte cose, ma concordano sul tenere sotto controllo il pensiero umano e, per questo, si offrono servigi a vicenda.

Per sè bisogna fare tutto quello che si può per migliorarsi, per gli altri dovrebbero essere gli altri a pensarci. Se tutti gradiscono farsi gestire mentalmente tu non puoi nulla per invertire quel percorso. Quello che potresti fare è promuovere la libertà di pensare
senza legami, o, almeno, promuovere il concetto di uguaglianza fra esseri umani e l'affermazione dei loro diritti già peraltro contemplati dalla carta costituzionale dei diritti umani fondamentali.

Salutoni

Pyccolo


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