Divorziati: Vangelo o comunione?

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.ariel.
00domenica 10 settembre 2006 04:09
Gentile direttore, la teologia insegnata alla Facoltà Teologica di Milano, è avanti un pochino rispetto alla teologia del Vaticano, ma è sempre ben distante dal vangelo. Alberto Bonandi, docente di teologia morale, sull’ultimo numero di “Teologia”, la rivista della Facoltà, propone una nuova via (lunga, difficile e complicata!) per ammettere alla comunione i divorziati risposati. Le condizioni indispensabili per concedere l’eucaristia al povero divorziato risposato, dovrebbero essere: a) riconoscimento della gravità del peccato dell’infedeltà, e della intangibilità dell’unico matrimonio; b) accoglimento della penitenza proposta dal sacerdote; c) serietà piena dell’impegno nell’unione presente, che coinvolge l’intera vita di persone quali la convivente e i figli. Mi limito a riassumere in cosa dovrebbe consistere il cammino penitenziale per il malcapitato: esso prevede l’intervento di un sacerdote il quale fa riferimento al vescovo o a un suo delegato penitenziere. Richiede inoltre una certa durata da stabilire con sapienza e comprende alcune delle seguenti opere penitenziali, secondo il tradizionale triplice modello di preghiera, digiuno ed elemosina, ritmate su una scadenza giornaliera o settimanale per alcuni mesi… recita del rosario, pellegrinaggi, digiuno moderato dal cibo e dal divertimento…E come se non bastasse: l’ammissione ai sacramenti non può essere decisa privatamente dal singolo fedele in base a un proprio individuale giudizio di coscienza, ma passa integralmente attraverso la celebrazione ecclesiastica e il ministero sacerdotale. Viva la teologia! Ma non basta un’occhiata al vangelo per rendersi conto che Gesù qui e ora non rifiuterebbe l’eucaristia a nessuno? Nella parabola del grande convito (Lc 14,15s) Cristo non fa dire dal padrone al servo: «Va’ per le strade e lungo le siepi e forzali ad entrare, affinché la mia casa sia piena»? I pani e pesci non furono forse distribuiti a tutta la folla adagiata sull’erba, senza distinzioni di sorta? Ed il pane spezzato ed il vino dell’ultima cena non furono offerti a tutti, apostolo traditore compreso?

La lettera di Renato Pierri è stata pubblicata oggi sull’Unità
Gentile direttore, la teologia insegnata alla Facoltà Teologica di Milano, è avanti un pochino rispetto alla teologia del Vaticano, ma è sempre ben distante dal vangelo. Alberto Bonandi, docente di teologia morale, sull’ultimo numero di “Teologia”, la rivista della Facoltà, propone una nuova via (lunga, difficile e complicata!) per ammettere alla comunione i divorziati risposati. Le condizioni indispensabili per concedere l’eucaristia al povero divorziato risposato, dovrebbero essere: a) riconoscimento della gravità del peccato dell’infedeltà, e della intangibilità dell’unico matrimonio; b) accoglimento della penitenza proposta dal sacerdote; c) serietà piena dell’impegno nell’unione presente, che coinvolge l’intera vita di persone quali la convivente e i figli. Mi limito a riassumere in cosa dovrebbe consistere il cammino penitenziale per il malcapitato: esso prevede l’intervento di un sacerdote il quale fa riferimento al vescovo o a un suo delegato penitenziere. Richiede inoltre una certa durata da stabilire con sapienza e comprende alcune delle seguenti opere penitenziali, secondo il tradizionale triplice modello di preghiera, digiuno ed elemosina, ritmate su una scadenza giornaliera o settimanale per alcuni mesi… recita del rosario, pellegrinaggi, digiuno moderato dal cibo e dal divertimento…E come se non bastasse: l’ammissione ai sacramenti non può essere decisa privatamente dal singolo fedele in base a un proprio individuale giudizio di coscienza, ma passa integralmente attraverso la celebrazione ecclesiastica e il ministero sacerdotale. Viva la teologia! Ma non basta un’occhiata al vangelo per rendersi conto che Gesù qui e ora non rifiuterebbe l’eucaristia a nessuno? Nella parabola del grande convito (Lc 14,15s) Cristo non fa dire dal padrone al servo: «Va’ per le strade e lungo le siepi e forzali ad entrare, affinché la mia casa sia piena»? I pani e pesci non furono forse distribuiti a tutta la folla adagiata sull’erba, senza distinzioni di sorta? Ed il pane spezzato ed il vino dell’ultima cena non furono offerti a tutti, apostolo traditore compreso?

La lettera di Renato Pierri è stata pubblicata sull’Unità

uaar.it/news/2006/08/31/divorziati-vangelo-comunione/
claudio.41
00lunedì 11 settembre 2006 10:22
Re:

Scritto da: .ariel. 10/09/2006 4.09
Ma non basta un’occhiata al vangelo per rendersi conto che Gesù qui e ora non rifiuterebbe l’eucaristia a nessuno? Nella parabola del grande convito (Lc 14,15s) Cristo non fa dire dal padrone al servo: «Va’ per le strade e lungo le siepi e forzali ad entrare, affinché la mia casa sia piena»? I pani e pesci non furono forse distribuiti a tutta la folla adagiata sull’erba, senza distinzioni di sorta? Ed il pane spezzato ed il vino dell’ultima cena non furono offerti a tutti, apostolo traditore compreso?

La lettera di Renato Pierri è stata pubblicata sull’Unità

uaar.it/news/2006/08/31/divorziati-vangelo-comunione/





Più che la "parabola del Gran convito" che ha ben altro significato, và ricordato ai ministri , "mediatori tra l'uomo e il Signore [SM=g27829] ", che Gesù Cristo , alla donna di Samaria, al pozzo, che aveva avuto 5 mariti e l'uomo con cui conviveva al momento dell'incontro con Gesù, non era suo marito, disse : "se tu me lo chiedessi ti darei fiumi d'acqua viva" (intendendo lo Spirito Santo).

Quando la gente capirà che per entrare a far parte della Chiesa di Cristo,(di Cristo), serve ben altro che mediatori umani che decidono il bello e il cattivo tempo, forse Gesù Cristo sarà più amato dalle persone, e forse diventerà per esse, DAVVERO Signore
)Mefisto(
00martedì 12 settembre 2006 10:33
Infatti è una domanda che mi sono sempre chiesto, ma chi gli ha "dato" la libertà e l'autorità ai preti e cattolici, di decidere chi è degno di fare la comunione e chi no? [SM=g27833]

E' anche vero, che a Mio Parere, fare o non fare la comunione non ha NESSUN significato, se non il rimanere legati ad una superstizione e bigottismo, ma tant'è molti la fanno e come dicono a Roma: "Ciò che non ammazza ingrassa". [SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828]


)Mefisto(
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