Graziella
Nella foto allegata Salvatore e Beppino "Eluana non voleva morire" Lettera aperta di Pietro Crisafulli
La redazione di Tgcom ha ricevuto questa lettera da Pietro Crisafulli (fratello di Salvatore che nel 2005 si risvegliò dopo due anni di stato vegetativo nel quale era caduto dopo un grave incidente stradale) e ha deciso di pubblicarla integralmente:
"Le bugie del padre Beppino"
In questi giorni di passione e sofferenza, nei quali stiamo seguendo con trepidazione il "viaggio della morte" di Eluana Englaro, non posso restare in silenzio di fronte a un evento così drammatico.
Era il maggio del 2005 quando per la prima volta ho conosciuto Beppino Englaro. Eravamo entrambi invitati alla trasmissione "Porta a Porta". Da quel giorno siamo rimasti in contatto ed amici, ci siamo scambiati anche i numeri di telefono, per sentirci, parlare, condividere opinioni. Nel marzo del 2006 andai in Lombardia, a casa di Englaro, in compagnia di un conoscente (la foto in alto a destra lo testimonia, ndr).
Dopo l'appello a Welby da parte di Salvatore, Beppino capì che noi eravamo per la vita. Da quel momento le strade si divisero.
All'epoca anch'io ero favorevole all'eutanasia. Facemmo anche diverse foto insieme, e visitai la città di Lecco. Nella circostanza Beppino Englaro mi fece diverse confidenze, tra le quali che i rappresentanti nazionali del Partito Radicali erano suoi amici. Ma soprattutto, mentre eravamo a cena in un ristorante, in una piazza di Lecco, ammise una triste e drammatica verità.
Beppino Englaro si confidò a tal punto da confessarmi, in presenza di altre persone, che 'non era vero niente che sua figlia avrebbe detto che, nel caso si fosse ridotta un vegetale, avrebbe voluto morire'. In effetti, Beppino, nella sua lunga confessione mi disse che alla fine, si era inventato tutto perché non ce la faceva più a vederla ridotta in quelle condizioni. Che non era più in grado di sopportare la sofferenza e che in tutti questi anni non aveva mai visto miglioramenti. Entro' anche nel dettaglio spiegandomi che i danni celebrali erano gravissimi e che l'unica soluzione ERA FARLA MORIRE e che proprio per il suo caso, voleva combattere fino in fondo in modo che fosse fatta una legge, proprio inerente al testamento biologico.
In quella circostanza anch'io ero favorevole all'eutanasia e gli risposi che l'unica soluzione poteva essere quella di portarla all'estero per farla morire, in Italia era impossibile in quanto avevamo il Vaticano che si opponeva fermamente.
Ma lui sembrava deciso, ostinato e insisteva per arrivare alla soluzione del testamento biologico, perché era convinto che con l'aiuto del partito dei Radicali ce l'avrebbe fatta. (...)
Questa è pura verita'. Tutta la verita'. Sono fatti reali che ho tenuto nascosto tutti questi anni nei quali comunque io e i miei familiari, vivendo giorno dopo giorno accanto a Salvatore, abbiamo fatto un percorso interiore e spirituale. Anni in cui abbiamo perso la voce a combattere, insieme a Salvatore, a cercare di dare una speranza a chi invece vuol vivere, vuol sperare e ha diritto a un'assistenza e cure adeguate. E non ci siamo mai fermati nonostante le immense difficoltà e momenti nei quali si perde tutto, anche le speranze.
E non ho mai reso pubbliche queste confidenze, anche perché dopo aver scritto personalmente a Beppino Englaro, a nome di tutta la mia famiglia, per chiedere in ginocchio di non far morire Eluana, di concedere a lei la grazia, fermare questa sua battaglia per la morte, pensavo che si fermasse, pensavo che la sua coscienza gli facesse cambiare idea. Ma invece no. Lui era troppo interessato a quella legge, a quell'epilogo drammatico. La conferma arriva, quando invece di rispondermi Beppino Englaro, rispose il Radicale Marco Cappato, offendendo il Cardinale Barragan, ma in particolare tutta la mia famiglia.
CASO ELUANA ENGLARO
SE QUESTA E' UNA DONNA
Riccardo Cascioli
“Lei è una donna. Una donna di trentotto anni: ha la mia stessa età. Ha il ciclo mestruale come ogni donna. Apre gli occhi di giorno e li chiude la notte. Respira benissimo e da sola, serenamente. Il suo cuore batte da solo, tenace e forte. Ci sono momenti nei quali forse sorride e altri nei quali forse socchiude gli occhi. Ma quanti sanno davvero che Eluana non è attaccata a nessuna macchina? Quanti sanno che nella sua stanza non c’è un macchinario, ma due orsacchiotti di peluche sul suo letto? Che non ha una piaga da decubito? Che in diciassette anni non ha preso un antibiotico?”.
Così ha parlato Margherita Coletta, la vedova di un carabiniere ucciso nell’attentato di Nassiriya (Iraq) il 12 novembre 2003, che negli ultimi mesi ha visitato più volte Eluana Englaro nella clinica di Lecco dove era ricoverata da 15 anni e che ha intessuto un rapporto di amicizia con Beppino, il padre di Eluana. Margherita Coletta ha parlato in una intervista pubblicata da Avvenire oggi, 4 febbraio 2009, in in cui racconta la sua esperienza con Beppino ed Eluana. Un’intervista tutta da leggere, ma quelle parole citate all’inizio sono da meditare e riproporre ovunque perché spezzano quel muro di ipocrisia e malignità che un gruppo di sciacalli ha eretto intorno alla famiglia Englaro, sfruttando il dolore di un padre evidentemente disorientato: “Credo sia soprattutto lui in uno stato simile a quello vegetativo”, ha detto di lui Margherita Coletta, con una espressione di filiale affetto.
Ieri sera al TG1 abbiamo assistito al vertice di questa “danza del male”, con l’intervista al primario anestesista della clinica “La Quiete” di Udine, Amato Da Monte, l’uomo che ha coordinato la “deportazione” di Eluana dalla clinica della vita alla camera della morte. Di notte; l’habitat naturale del “principe delle tenebre”. Alla domanda della giornalista che chiedeva sulla possibile sofferenza di Eluana, Da Monte ha risposto: “Eluana è morta 17 anni fa”. Rileggiamo quanto detto da Margherita Coletta: risulta al professor Da Monte che le persone morte aprano gli occhi di giorno, sorridano, abbiano il ciclo mestruale, respirino senza problema, abbiano il cuore che batte autonomamente? E se è così convinto che Eluana sia già morta, perché pensa di somministrarle dei sedativi durante il procedimento di sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione?
Solo chi è morto dentro può capovolgere la realtà fino a questo punto. E proprio lui aveva detto all’inizio dell’intervista che vedendo Eluana per la prima volta si sentiva “devastato”, perché era così diversa dalle foto che da mesi scorrono in tv e sui giornali e che si riferiscono ad Eluana prima dell’incidente. Certo che è molto diversa, così come lo stesso dottor Da Monte è diverso rispetto a 17 anni fa. E’ ciò che accade ai vivi: si cresce, si invecchia. Dei morti, invece, dopo 17 anni restano soltanto le ossa. Ma per Da Monte, Eluana è morta 17 anni fa.
La responsabilità di questa barbarie però, non si può scaricare evidentemente sul solo dottor Da Monte. Egli è soltanto l’immagine fedele di questa nostra società composta di “morti che camminano”, incapaci di dare o almeno di cercare un senso alla realtà, alla sofferenza come alla gioia, al lavoro come al riposo, incapaci di essere uomini e donne. E’ l’immagine dei tanti sciacalli che si sono avventati su Eluana, come prima avevano fatto con Welby, per imporre un’ideologia di morte, a cominciare dai militanti del Partito radicale e i loro avvocati che hanno spinto Beppino Englaro a portare fino in fondo un atto che lo tormenterà fino alla fine dei suoi giorni.
E’ l’immagine dei tanti Ponzio Pilato che affollano gli scranni dei tribunali italiani - e non solo -, che davanti a una evidente invasione di campo di qualche giudice militante, si preoccupano soltanto di stabilire la legittimità formale delle sentenze: la frase è corretta, l’inchiostro è giusto, si proceda all’esecuzione. E ci si permetta qui di correggere il presidente Napolitano, che ha invocato subito una legge sul testamento biologico perché i magistrati della Cassazione si sono inseriti in un vuoto legislativo. Caro presidente, non c’era alcun vuoto legislativo in Italia a proposito di eutanasia: essa è vietata, punto e basta. I giudici hanno compiuto un vero e proprio colpo di mano, e l’unica legge buona sarà quella che impedirà ad altri giudici di perseguire la stessa strada.
Tornando al discorso precedente, il dottor Da Monte è anche l’immagine nauseante di tanti politici incapaci di chiamare le cose con il loro nome e che si trincerano dietro il “rispetto per il dolore della famiglia” per avallare un atto che segna la condanna a morte, non di Eluana, ma dell’intera nostra società di cui dovrebbero essere loro i primi difensori.
E’ infine anche una domanda su ciascuno di noi, se abbiamo fatto tutto il possibile per affermare il Bene, per rispettare la vita di Eluana e sostenere il padre Beppino nella sofferenza.
E’ vero comunque che in tutta questa vicenda sono emersi anche segnali di speranza: abbiamo visto una grande mobilitazione di persone comuni sdegnate per questa barbarie, mobilitate nell’estremo tentativo di salvare Eluana. Segno che la sensibilità per la vita non è morta nel nostro popolo. E abbiamo visto anche dei politici fare il loro possibile per fermare la deriva di questa società, a cominciare dal ministro Sacconi e dal governatore della Lombardia Formigoni
Questo ci aiuta anche a vedere che la partita ancora non è finita. Abbiamo ancora tutti la possibilità di fare qualcosa.
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