Eluana Englaro, sì del giudice "Interrompere l'alimentazione"

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Claudio Cava
00mercoledì 9 luglio 2008 17:05

La Corte d'appello civile di Milano autorizza il padre Beppino Englaro
a sospendere il trattamento che tiene in vita la figlia, in coma da sedici anni .

Le prima reazione del genitore: "Ora la libereremo, ha vinto lo Stato di diritto".


MILANO - Eluana Englaro, la ragazza di Lecco in coma da sedici anni, adesso può morire.

E suo padre, che da un decennio chiede che siano staccate le macchine che la tengono in vita, ha vinto una battaglia destinata a entrare nella storia della giurisprudenza italiana, un po' come il caso di Terry Schiavo negli Stati Uniti.

"Ora la libereremo", sono state le parole di Beppino Englaro, che ha sempre preferito parlare di "libertà" e non di "morte cerebrale" o "eutanasia". Oggi i giudici della Corte d'appello civile di Milano lo hanno autorizzato a interrompere il trattamento di idratazione ed alimentazione forzato che fa sopravvivere la figlia, che rimase vittima di un incidente stradale il 18 gennaio 1992.

Una decisione "inevitabile" per i giudici della prima sezione civile della Corte d'appello di Milano, vista "la straordinaria durata dello stato vegetativo permanente" di Eluana e "l'altrettanto straordinaria tensione del suo carattere verso la libertà e la sua visione della vita", come spiega il giudice Filippo Lamanna.

Il decreto con cui si autorizza la sospensione del trattamento segue le indicazioni stabilite dalla Cassazione lo scorso 16 ottobre. La Corte aveva disposto un nuovo processo per il caso di Eluana e stabilito la sospensione dell'alimentazione artificiale soltanto in presenza di due circostanze concorrenti: che fosse provata e accertata l'irreversibilità dello stato vegetativo permanente della ragazza e dimostrato il convincimento etico di Eluana, quando era "in piena coscienza". Insomma, la decisione era vincolata alla certezza che la giovane avrebbe scelto di morire e non di vivere artificialmente, privata delle capacità percettive e di qualsiasi contatto con il mondo esterno.

La Corte d'Appello, infatti, ha espressamente "escluso" che la richiesta del tutore, nonchè padre di Eluana, "sia stata espressione di un suo personale giudizio sulla qualità della vita" della figlia. Una conclusione a cui i giudici sono giunti anche grazie alla valutazione del curatore speciale della ragazza, l'avvocato Franca Alessio, nominata proprio per "controllare la mancanza di interessi egoistici del tutore in potenziale conflitto con quelli di Eluana".Una prova a cui si sono aggiunte le testimonianze di alcune amiche della ragazza.

Il provvedimento dei giudici di appello teoricamente può essere ancora soggetto a ricorso davanti alla Cassazione e la Procura Generale, come aveva fatto in passato, potrebbe impugnare la sentenza. Ma è comunque una vittoria per Beppino Englaro, che ha più volte parlato di accanimento terapeutico e dal 1999 ha ripetutamente chiesto la sospensione del trattamento, ricevendo solo risposte negative.

Adesso, però, i sanitari potranno staccare il sondino che tiene Eluana legata alla vita. Fonti giudiziarie rivelano infatti che il provvedimento dei giudici di Milano stabilisce l' interruzione dell'alimentazione e dell'idratazione artificiale sia "immediatamente efficace". Spetterà alla sensibilità del padre di Eluana, e del curatore speciale, l'avvocato Franca Alessi, attendere il termine di legge di sessanta giorni, per l'eventuale impugnazione in Cassazione. E ora Beppino Englaro finalmente può dire: "Ha vinto lo stato di diritto".

Le istruzioni per staccare la spina. Nell'ultima pagina del provvedimento col quale la Corte d'Appello di Milano autorizza la sospensione dell'alimentazione forzata a Eluana Englaro, i giudici scrivono anche una sorta di 'prontuario' al quale attenersi nel momento in cui si "staccherà la spina" che tiene in vita la giovane. Nel paragrafo intitolato "disposizioni accessorie cui attenersi in fase attuativa", i giudici scrivono: "(...) in accordo con il personale medico e paramedico che attualmente assiste o verrà chiamato ad assistere Eluana, occorrerà fare in modo che l'interruzione del trattamento di alimentazione e idratazione artificiale con sondino naso-gastrico, la sospensione dell'erogazione di presidi medici collaterali (antibiotici o antinfiammatori ecc.) o di altre procedure di assistenza strumentale avvengano in hospice o altro luogo di ricovero confacente. (...) Durante il periodo in cui la sua vita si prolungherà dopo la sospensione del trattamento e in modo da rendere sempre possibili le visite, la presenza e l'assistenza, almeno dei suoi più stretti familiari".

I commenti. Mina Welby, vedova di Piergiorgio Welby, deceduto il 21 dicembre del 2006, è tra i primi a commentare la vicenda di Eluana. "Sono soddisfatta della decisione dei Giudici della corte di appello di Milano. Ora spero solo che la politica si metta la mano sulla coscienza, poichè non credo che tutte le volte che si solleva un caso come questo, o come quello di mio marito, debba intervenire la giustizia". Ciò di cui c'è bisogno, osserva ancora la donna, "è una legislazione efficace sui diritti civili della persona". "Piergiorgio aveva diritto di chiedere di morire, così come Giovanni Nuvoli", spiega la donna. Mina Welby, chiede ancora una volta alla politica di "calendarizzare quanto prima una proposta di legge per introdurre la possibilità di stilare un testamento biologico. Lo si faccia presto ce ne è bisogno davvero".

www.repubblica.it/2008/07/sezioni/cronaca/eluana-eutanasia/eluana-eutanasia/eluana-eutana...

pcerini
00mercoledì 9 luglio 2008 17:50
Il Vaticano dice: "Scelta grave". E allora? Che vorrebbero fare? Andare dal papa' della ragazza e metterlo al rogo?

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pcerini
00venerdì 11 luglio 2008 11:55
Riporto un commento dal sito dell'UAAR..

da www.uaar.it/news/2008/07/10/eluana-padre-replica-vaticano/

MAT scrive:

11 Luglio 2008 alle 10:54
Qualcuno ha visto ieri sera verso le 23 su sky tg24 il dibattito sul caso di Eluana?
E’ intervenuto al telefono il padre di Eluana spiegando in pochi minuti le sue ragioni con parole toccanti e soprattutto condivisibili da ogni persona di buon senso.
Ma il peggio doveva ancora arrivare…in studio c’ernano un prete (tale Don Mario) e l’”onorevole” Roccella (sottosegretario alla sanità!!!) che sono riusciti a dire che la sentenza della Corte li “inorridisce” perchè consente a un uomo (come se il papà di Eluana fosse un estraneo) di decidere della vita di un’altra persona (morta da 16 anni) togliendole il cibo e l’acqua e facendola morire soffrendo (invece non stava soffrendo in questi 16 anni no) e la cosa più sconvolgente è che contestano la sentenza perchè deriva non da una volontà scritta di Eluana ma la volontà di non essere attaccata ad una macchina si desume dallo stile di vita che aveva eluana ( come se una ragazza a 16 anni si dovesse mettere a scrivere il testamento davanti a un notaio invece di pensare a viversi la vita). E poi hanno continuato sul fatto che si tratta di EUTANASIA, sbagliatissimo perchè l’interruzione dell’alimentazione forzata è un rifiuto di una cura medica (come quella signora che decise di non farsi amputare la gamba malata e si lasciò morire).
Personaggi come questi 2 rendono il nostro Paese medioevale e ancestrale….e mi fa paura pensare che ce ne sono tanti così.


Ho messo in evidenza la frase che mi interessave,perche',secondo Vaticano e company,una persona in stato vegetativo "soffrirebbe" nel morire di fame e sete dopo aver staccato la spina.

pcerini
00venerdì 11 luglio 2008 13:20
da www.uaar.it/news/2008/07/09/eluana-giudici-autorizzano-fine-alimentazione-...

Enrico scrive:

9 Luglio 2008 alle 19:04
Che brutta notizia. Non riesco a concepire come un padre possa pensare di sopprimere una figlia perchè era sua volontà. In una società ordinata i padri vogliono dai figli obbedienza e che perpetuino le tradizioni non che essi in nome della libertà facciano ciò che vogliono.



SM scrive:

10 Luglio 2008 alle 01:19
Enrico..
di solito non rispondo ai troll.
Ma.
Io ho la sclerosi multipla.
La mia vita e’ degna di essere vissuta.. ADESSO. E’ una vita piena e gioiosa, e io ne godo ogni momento, sapendo che e’ l’unica che ho, per quanto un pochino fallata sia risultata.
Ma e’ la mia vita e non sai quanto amore mi diano ed io possa dare, tu che lo sprechi in una folle e delirante fantasia dietro un onnipotente ed inesistente toppa per le tue insicurezze.

Pero’.. voglio essere IO a decidere quando non sara’ piu’ cosi’.
Se il tuo dio non e’ d’accordo… venga giu’ e me lo dica in faccia.
Perche’ non accettero’ niente di meno.
Ed avrei un sacco di cose da dirgli, se esistesse.
Perche’ sarebbe anche una divinita.. ma ti garantisco… ti giuro.. non avrebbe la mia rabbia.

Il principio di non disponibilita’ della vita e’ una parafrasi per il diritto che i tuoi preti di (censura) vogliono arrogarsi di decidere al posto mio, per fare della mia vita un manifesto pubblicitario dei loro schifosissimi fini.
IO NON HO BISOGNO DEL VOSTRO DIO E LA MIA VITA E’ A MIA TOTALE ED ASSOLUTA DISPOSIZIONE.
MIA, non tua, non di uno o piu’ dei, non di preti o ministri o dittatori.
Questo lo pretendo, sapendo quello che la malattia puo’ farmi.
Se decidero’ di andare avanti inchiodato in un letto, con una macchina che mi fa respirare, una che mi nutre ed una che mi fa cagare e pisciare, sara’ il mio dono a chi mi stara’ vicino ed a chi sara’ in condizioni simili alle mie, non al vostro dio che ha la sola ottima scusa di non esistere per avermi fatto questo.
Se decidero’ che non ne vale la pena…
sara’ una mia decisione, e sfido chiunque altro ad arrogarsela e guardarsi allo specchio.

Se tu non sei d’accordo…
allora non sei umano.
Ed allora ti auguro una diagnosi come la mia.
Poi ne riparliamo di questi temi, eh.
Prima… tu non hai il diritto di parlare di queste cose.

Qualche anno fa, un uomo e’ entrato con una pistola in un ospedale, ha allontanato tutti da sua moglie in coma vegetativo ed ha staccato la spina.
Quell’uomo e’ un eroe.
Non riesco a scriverne senza piangere di commozione.
Spero che qualcuno lo fara’ per me, se servira’.
…la pistola era scarica.
ma i nani attorno a lui non lo sapevano.

mi scusino gli altri per il cibo dato ad un troll che non lo merita.





SM scrive:

10 Luglio 2008 alle 12:08
Ringrazio tutti della solidarieta’, ma ci tengo a precisare una cosa.
Non tutti quelli colpiti da questa malattia finiscono in carrozzina in pochi mesi, non tutti hanno immediatamente grossi problemi fisici, ed io sono uno dei fortunati che (ancora) non ne ha (e spero di non averne mai, o il piu’ tardi possibile).

Pero’ tutti ricevono un colpo psicologico terribile, perche’ si ha la prospettiva concreta, personale, di potere averne, con probabilita’ molto maggiore di chi non e’ malato, e di potere venire a trovarsi, nella peggiore delle ipotesi, nelle condizioni di un Welby (che se non erro aveva una malattia ancora peggiore, la SLA, che non e’ cosi’ “gentile” come la mia)

Per questo e’ cosi’ importante per me la notizia riportata qui e la battaglia per il diritto di decidere se continuare o no la propria vita.
Mi da una forza enorme pensare di avere questo diritto.. pensare che qualunque cosa mi possa fare la SM, la scelta se subirlo o no sara’ mia.

In nome di questo, rivendico tale diritto.
Nel massimo rispetto di chi la propria forza per affrontare i propri problemi, piu’ piccoli o piu’ grandi del mio, la trova nella sua religione, chiedo il diritto di poter trovare la mia nella mia visione del mondo.
Soprattutto perche’ eventuali conseguenza di questa mia visione del mondo riguardano me e solo me.. non le impongo a nessuno.

Rainboy
00venerdì 11 luglio 2008 16:47

SM scrive:

10 Luglio 2008 alle 01:19
Enrico..
di solito non rispondo ai troll.
Ma.
Io ho la sclerosi multipla.
La mia vita e’ degna di essere vissuta.. ADESSO. E’ una vita piena e gioiosa, e io ne godo ogni momento, sapendo che e’ l’unica che ho, per quanto un pochino fallata sia risultata.
Ma e’ la mia vita e non sai quanto amore mi diano ed io possa dare, tu che lo sprechi in una folle e delirante fantasia dietro un onnipotente ed inesistente toppa per le tue insicurezze.

Pero’.. voglio essere IO a decidere quando non sara’ piu’ cosi’.
Se il tuo dio non e’ d’accordo… venga giu’ e me lo dica in faccia.
Perche’ non accettero’ niente di meno.
Ed avrei un sacco di cose da dirgli, se esistesse.
Perche’ sarebbe anche una divinita.. ma ti garantisco… ti giuro.. non avrebbe la mia rabbia.

Il principio di non disponibilita’ della vita e’ una parafrasi per il diritto che i tuoi preti di (censura) vogliono arrogarsi di decidere al posto mio, per fare della mia vita un manifesto pubblicitario dei loro schifosissimi fini.
IO NON HO BISOGNO DEL VOSTRO DIO E LA MIA VITA E’ A MIA TOTALE ED ASSOLUTA DISPOSIZIONE.
MIA, non tua, non di uno o piu’ dei, non di preti o ministri o dittatori.
Questo lo pretendo, sapendo quello che la malattia puo’ farmi.
Se decidero’ di andare avanti inchiodato in un letto, con una macchina che mi fa respirare, una che mi nutre ed una che mi fa cagare e pisciare, sara’ il mio dono a chi mi stara’ vicino ed a chi sara’ in condizioni simili alle mie, non al vostro dio che ha la sola ottima scusa di non esistere per avermi fatto questo.
Se decidero’ che non ne vale la pena…
sara’ una mia decisione, e sfido chiunque altro ad arrogarsela e guardarsi allo specchio.

Se tu non sei d’accordo…
allora non sei umano.
Ed allora ti auguro una diagnosi come la mia.
Poi ne riparliamo di questi temi, eh.
Prima… tu non hai il diritto di parlare di queste cose.

Qualche anno fa, un uomo e’ entrato con una pistola in un ospedale, ha allontanato tutti da sua moglie in coma vegetativo ed ha staccato la spina.
Quell’uomo e’ un eroe.
Non riesco a scriverne senza piangere di commozione.
Spero che qualcuno lo fara’ per me, se servira’.
…la pistola era scarica.
ma i nani attorno a lui non lo sapevano.

mi scusino gli altri per il cibo dato ad un troll che non lo merita.





SM scrive:

10 Luglio 2008 alle 12:08
Ringrazio tutti della solidarieta’, ma ci tengo a precisare una cosa.
Non tutti quelli colpiti da questa malattia finiscono in carrozzina in pochi mesi, non tutti hanno immediatamente grossi problemi fisici, ed io sono uno dei fortunati che (ancora) non ne ha (e spero di non averne mai, o il piu’ tardi possibile).

Pero’ tutti ricevono un colpo psicologico terribile, perche’ si ha la prospettiva concreta, personale, di potere averne, con probabilita’ molto maggiore di chi non e’ malato, e di potere venire a trovarsi, nella peggiore delle ipotesi, nelle condizioni di un Welby (che se non erro aveva una malattia ancora peggiore, la SLA, che non e’ cosi’ “gentile” come la mia)

Per questo e’ cosi’ importante per me la notizia riportata qui e la battaglia per il diritto di decidere se continuare o no la propria vita.
Mi da una forza enorme pensare di avere questo diritto.. pensare che qualunque cosa mi possa fare la SM, la scelta se subirlo o no sara’ mia.

In nome di questo, rivendico tale diritto.
Nel massimo rispetto di chi la propria forza per affrontare i propri problemi, piu’ piccoli o piu’ grandi del mio, la trova nella sua religione, chiedo il diritto di poter trovare la mia nella mia visione del mondo.
Soprattutto perche’ eventuali conseguenza di questa mia visione del mondo riguardano me e solo me.. non le impongo a nessuno.



Commenti stupendi.

Questo è un vero individuo del XXI secolo, una coscienza matura per le sfide che questa epoca ci prospetta. E' in mano a gente come lui che metterei i miei diritti e le mie più profonde aspettative di giustizia.



=omegabible=
00venerdì 11 luglio 2008 17:41
Re:
Rainboy, 11/07/2008 16.47:


Commenti stupendi.

Questo è un vero individuo del XXI secolo, una coscienza matura per le sfide che questa epoca ci prospetta. E' in mano a gente come lui che metterei i miei diritti e le mie più profonde aspettative di giustizia.






La mia speranza è che ci siano sempre di più uomini così perchè solo con essi si costruiscono vere Società e veri Stati. AMEN


omega [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=x789056]


ps.Scusate l'AMEN ma mi è scappato!!! [SM=g27827]






Mauro di Arcisate
00venerdì 11 luglio 2008 17:55
Re:
pcerini, 11/07/2008 11.55:


E poi hanno continuato sul fatto che si tratta di EUTANASIA, sbagliatissimo perchè l’interruzione dell’alimentazione forzata è un rifiuto di una cura medica (come quella signora che decise di non farsi amputare la gamba malata e si lasciò morire).



infatti si tratta di rifiuto di un accanimento terapeutico (rifiuto di una terapia nel caso della donna che rifiuto' di farsi amputare la gamba).

Tutta la mia solidarieta' ai genitori di Eluana contro le offese che loro ricevano da preti e clericali. Pure io, se per ipotesi un giorno fossi in coma, sottoposto a alimentazione forzata, respirazione artificiale e dialisi, preferirei morire, seguendo la natura, anziche' rimanere anni e anni in quello stato solo per far contenti preti e clericali in genere.

ciao


pcerini
00sabato 12 luglio 2008 16:55
stavo leggendo da infotdg questo post che pone degli interrogativi:

da freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=7668556&p=2

Mi chiedo
Ciao a tutti,
mi chiedevo in questi giorni, ma siamo proprio sicuri che Eluana non possa sentire e percepire niente? ne dolore ne gioia ne nient'altro?
Qualcuno di noi o dei medici ha sperimentato la condizione di Eluana?
Pensiamo per un solo istante che possa sentire qualcosa ma non possa esprimersi, quale sofferenza patirebbe nel morire di fame e sete?
Come si sentirebbe senza poter far nulla? Per essere sicuri di non poterla farla soffrire bisognerebbe "accompagnarla" alla morte e quindi all'eutanasia. Da qui il levarsi di scudi della CC che io condivido in pieno. Quello che non passa per legge passa per la magistratura. Tutto questo non fa altro che legittimare e far passare come pratica compassionevole l'eutanasia.

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A parte il fatto che bisognerebbe sempre trovare delle prove di cio' che si afferma,ossia che una persona in stato di coma vegetativo possa "soffrire" nel morire di fame e sete,ma credo che solo l'amico Rain possa essere in grado di dare un netto chiarimento.
Rainboy
00sabato 12 luglio 2008 19:35
L'amico Rain ti assicura che uno stato vegetativo di sedici anni riduce il cervello dell'individuo all'ombra di sé stesso. Il non uso delle aree superiori ne causa la totale atrofia... cosa che sappiamo ormai da molto tempo e che, se qualcuno avesse dubbi, può verificare cercando i risultati (taciuti dalla stampa naturalmente) dell'autopsia di Terry Schiavo, il cui cervello risultò pesare LA META' di quello che aveva prima dell'incidente.

All'autore/autrice di quel commento dovrei dire: non ti è venuto in mente che se tutti i medici del pianeta equiparano, dal punto di vista intellettivo (non da quello fisiologico) lo stato vegetativo permanente alla morte cerebrale, magari è per una buona ragione?
@nounou@
00sabato 12 luglio 2008 21:20
Non si può giudicare una notizia riportata dai giornali, con mille esposizioni pro e contro, ma si può dare dignità ad una ragazza, che, dopo 16 anni, non avrebbe alcuna altra via, che quella di tornare a Dio.
pcerini
00domenica 13 luglio 2008 11:39
Re:
Rainboy, 12/07/2008 19.35:

L'amico Rain ti assicura che uno stato vegetativo di sedici anni riduce il cervello dell'individuo all'ombra di sé stesso. Il non uso delle aree superiori ne causa la totale atrofia... cosa che sappiamo ormai da molto tempo e che, se qualcuno avesse dubbi, può verificare cercando i risultati (taciuti dalla stampa naturalmente) dell'autopsia di Terry Schiavo, il cui cervello risultò pesare LA META' di quello che aveva prima dell'incidente.

All'autore/autrice di quel commento dovrei dire: non ti è venuto in mente che se tutti i medici del pianeta equiparano, dal punto di vista intellettivo (non da quello fisiologico) lo stato vegetativo permanente alla morte cerebrale, magari è per una buona ragione?




Purtroppo,c'e' anche chi afferma il contrario anche dal mondo della medicina stessa,per esempio,c'e' questo commento del neurologo Giuliano Dolce che prendo da www.piforum.it/b.aspx?i=2349625&m=2354653


Intervista al professore Giuliano Dolce, un luminare nella cura degli stati vegetativi. La giovane lecchese, spiega, morirà di fame e il dolore fisico in questi pazienti è dimostrato in maniera scientifica.
Questo, conclude, E' OMICIDIO.


«L'agonia di Eluana sarà lunga e dolorosa»
Il neurologo che ha visitato la giovane: sta bene, per spegnersi impiegherà almeno 15 giorni

E luana non morirà in fretta. Ci vorranno almeno due settimane, dal momento della sospensione dell'alimentazione con il sondino, prima che la sua vita si spenga. Il corpo della giovane è infatti in buone condizioni grazie alle cure ricevute in questi 16 anni dalle Suore Misericordine della clinica lecchese «Talamoni» . E per lei saranno giorni di sofferenza fisica.

Lo assicura Giuliano Dolce, 80 anni, direttore scientifico della clinica Sant'Anna di Crotone, scienziato di fama internazionale, uno dei luminari italiani nella cura degli stati vegetativi. Il quale precisa: «Non parlo per sentito dire. Ho visitato Eluana lo scorso gennaio, d'accordo con la famiglia e i legali. Ho visto che è stata curata bene e con molto affetto dalle suore. Per questo affermo che, quando le verrà tolto il sondino per l'alimentazione, ci vorranno almeno due settimane prima che arrivi la morte. Il suo sarà un viaggio lungo, come accadde per la povera Terry Schiavo negli Stati Uniti qualche anno fa».

Una persona in coma soffre se le viene tolta l'alimentazione?

«Si, la sofferenza fisica è scientificamente provata nei pazienti in stato vegetativo. L'incredibile sentenza del tribunale di Milano presenta comunque diversi aspetti contraddittori dal punto di vista medico».

Quali?

«A mio avviso la contraddizione scatta nel punto in cui viene comunque imposta, oltre che un'indispensabile umidificazione frequente delle mucose con l'ovatta bagnata sulle labbra, anche una somministrazione di ' sostanze idonee ad eliminare l'eventuale disagio da carenza di liquidi'. Tradotto, la paziente deve essere idratata per evitarle sofferenza. Quindi non morirà di sete, ma di fame. E voglio vedere dove troverà un posto che la ospiterà pr morire. Non è un caso di eutanasia, perché, ad esempio, in Olanda si essa viene praticata su un malato che soffre molto e negli ultimi giorni della sua esistenza e ne fa richiesta. Questo è un omicidio e dal punto di vista deon tologico per un medico è inaccettabile».

Il punto è: alimentazione e idratazione sono o no un atto terapeutico?

«No. In Francia e Germania sono un atto dovuto per legge. In Italia la legge la sta facendo il tribunale di Milano e non il Parlamento e contrasta con quanto deciso dalla Commissione nazionale di bioetica. Eluana è come un neonato: se le togli il latte muore perché non è in grado di alimentarsi da sola. Come si può dire che nutrirla è un atto di cura? Clinicamente non è malata, è un paziente guarito con difetto».

Cosa significa?

«La ragazza è in coma per una cerebropatia grave causata da un incidente stradale. Dopo un anno in medicina chi sopravvive è considerato clinicamente guarito. Quindi non viene più curato, ma sottoposto a nursing, cioè alla nutrizione, alla riabilitazione passiva quotidiana e alle cure che prevengono, ad esempio, le piaghe da decubito. Ma è guarito con difetto, nel suo caso gravissimo, perché non ha ripreso coscienza. Quindi va considerata una disabile, probabilmente sulla frontiera estrema della disabilità. La sentenza si basa sulle teorie di chi sostiene che la vita in stato vegetativo sia peggiore della morte. Invece per me, che mi occupo di questi pazienti da molto tempo, è vita vera. Al momento la donna ha una sua vita sociale, è assistita da una suora che le vuole bene e che quando la ragazza se ne andrà probabilmente soffrurà moltissimo. La famiglia e gli amici la vanno a visitare, le fanno sentire affetto, non è sola. Non ci manda segnali, ma chi sa cosa prova in silenzio davanti a questo amore?».

Possono provare emozioni i pazienti nelle sue condizioni?

«Certo. A Crotone, in 12 anni abbiamo verificato le alterazioni provocate dall'ascolto della voce della mamma. In altri casi arrossiscono. Dipende dalle loro condizioni».

Eluana Englaro è in stato vegetativo da 16 anni. C'è un limite temporale oltre il quale non ci si risveglia?

«Non si può dirlo con cognizione scientifica. All'ultimo convegno mondiale sui danni cerebrali di Lisbona, in aprile, è stato citato il caso di un paziente statunitense che si è risvegliato dopo 18 anni. In letteratura ci sono molti esempi di persone risvegliatesi dopo molto tempo. Superati i primi due anni di coma, si può sopravvivere a lungo. È superato il termine di stati vegetativi ' permanenti' usato nella sentenza milanese, la definizione corretta è ' persistenti'. Perciò per la nostra professione l'esecuzione della sentenza è pericolosa, perché potrebbe lasciare a qualcuno, medico o giudice, il potere di stabilire quando finisce la vita, varcando frontiere etiche e di civiltà».

Quanti sono i pazienti in stati vegetativo in Italia?

«Diverse migliaia, impossibile stabilirlo in mancanza di una banca dati. Nel 2005 erano 2500, un terzo bambini. L'incidenza è di 1800 nuovi casi all'anno. La Lombardia ad esempio tre mesi fa ha approvato la creazione di 500 nuovi posti letto in hospice. Oltre ai pazienti in coma per trauma, ci sono quelli il cui cervello è rimasto danneggiato per mancanza di ossigeno, chi ha avuto un ictus, chi un infarto. Gli ultimi anni di vita dei malati di Alzheimer spesso vengono trascorsi in stato vegetativo. Dopo Eluana potrebbero verificarsi molti casi».

Lei fa parte di un'associazione di bioeticisti laici e cattolici, «Vi.ve», vita vegetativa. Cosa farete?

[ Mi viene il sospetto che possa essere un commento di parte]

«Prima di tutto faremo appello al procuratore generale della repubblica di Milano perché presenti ricorso contro la sentenza. Poi utilizzeremo tutti gli strumenti giuridici disponibili contro il medico che eseguirà la sentenza».

Rainboy
00domenica 13 luglio 2008 12:46

Il neurologo che ha visitato la giovane: sta bene, per spegnersi impiegherà almeno 15 giorni

E luana non morirà in fretta. Ci vorranno almeno due settimane, dal momento della sospensione dell'alimentazione con il sondino, prima che la sua vita si spenga. Il corpo della giovane è infatti in buone condizioni grazie alle cure ricevute in questi 16 anni dalle Suore Misericordine della clinica lecchese «Talamoni» . E per lei saranno giorni di sofferenza fisica.

Lo assicura Giuliano Dolce, 80 anni, direttore scientifico della clinica Sant'Anna di Crotone, scienziato di fama internazionale, uno dei luminari italiani nella cura degli stati vegetativi. Il quale precisa: «Non parlo per sentito dire. Ho visitato Eluana lo scorso gennaio, d'accordo con la famiglia e i legali. Ho visto che è stata curata bene e con molto affetto dalle suore. Per questo affermo che, quando le verrà tolto il sondino per l'alimentazione, ci vorranno almeno due settimane prima che arrivi la morte. Il suo sarà un viaggio lungo, come accadde per la povera Terry Schiavo negli Stati Uniti qualche anno fa».




E fin qui è inoppugnabile.



«Si, la sofferenza fisica è scientificamente provata nei pazienti in stato vegetativo.



Che che cosa intende dire il professore, che ci sono riflessi nervosi se la pungi con un ago? Questa è prova che i nervi nocicettori "comunicano" ancora con il tronco cerebrale e che questo risponde, cosa che avviene perfino in molte forme di coma... ma non è una prova che esista alcuna forma di coscienza o di percezione del dolore. Se affermasse questo, il professore direbbe il falso (e lo sa, per questo ha tagliato corto sull'argomento).
Mi spiego per gli utenti. Semplificando, ci sono tre fasi nell'acquisizione dello stimolo doloroso: una prima fase è quando i nervi trasmettono il segnale al tronco e questo, "per conto suo", può innescare una reazione riflessa al di fuori della nostra volontà, ad esempio tirare via la mano da una pentola che scotta. Lo stimolo parallelamente innesca una seconda via, che porta alla diagnosi di dolore, vale a dire che alcune aree profonde dell'encefalo computano il segnale e gli attribuiscono un significato; diagnosticano che si tratta di dolore. Queste aree re-impacchettano lo stimolo e lo spediscono a quelle coscienti, che ne prendono atto percependolo.
Nei pazienti come Eluana che si trovano in stato vegetativo permanente da molto tempo e che mancano di tutte le loro facoltà superiori, il terzo passaggio non esiste più (e anche i primi due hanno serie limitazioni).



«A mio avviso la contraddizione scatta nel punto in cui viene comunque imposta, oltre che un'indispensabile umidificazione frequente delle mucose con l'ovatta bagnata sulle labbra, anche una somministrazione di ' sostanze idonee ad eliminare l'eventuale disagio da carenza di liquidi'. Tradotto, la paziente deve essere idratata per evitarle sofferenza. Quindi non morirà di sete, ma di fame. E voglio vedere dove troverà un posto che la ospiterà pr morire. Non è un caso di eutanasia, perché, ad esempio, in Olanda si essa viene praticata su un malato che soffre molto e negli ultimi giorni della sua esistenza e ne fa richiesta. Questo è un omicidio e dal punto di vista deon tologico per un medico è inaccettabile».



Beh, certo è ridicolo fare morire lentamente di fame Eluana. Se ci fosse un briciolo di spina dorsale in Italia, si approverebbe almeno una procedura rapida e indolore (sebbene nel caso di Eluana "indolore" sia del tutto relativo) per eutanasizzare i pazienti in questa condizione.
Una dose di morfina, ad esempio.


«La ragazza è in coma per una cerebropatia grave causata da un incidente stradale. Dopo un anno in medicina chi sopravvive è considerato clinicamente guarito. Quindi non viene più curato, ma sottoposto a nursing, cioè alla nutrizione, alla riabilitazione passiva quotidiana e alle cure che prevengono, ad esempio, le piaghe da decubito. Ma è guarito con difetto, nel suo caso gravissimo, perché non ha ripreso coscienza. Quindi va considerata una disabile, probabilmente sulla frontiera estrema della disabilità.



Giochiamo con i termini. Qui si discute della gravità della condizione e della volontà previamente espressa dalla paziente di non accettare tale condizione, il fatto che per la medicina lei sia un corpo "malato" o "guarito con disabilità" è irrilevante.


Eluana Englaro è in stato vegetativo da 16 anni. C'è un limite temporale oltre il quale non ci si risveglia?

«Non si può dirlo con cognizione scientifica. All'ultimo convegno mondiale sui danni cerebrali di Lisbona, in aprile, è stato citato il caso di un paziente statunitense che si è risvegliato dopo 18 anni. In letteratura ci sono molti esempi di persone risvegliatesi dopo molto tempo. Superati i primi due anni di coma, si può sopravvivere a lungo.



Premesso che non mi stupirebbe se fossero casi mal diagnosticati (vedi sotto), il professore si dimentica di precisare in che stato si siano risvegliati questi pazienti che a sentir lui, erano in stato vegetativo da 18 anni; non lo commento perché chiunque può immaginarselo. In ogni caso, a meno che le informazioni trasmesse dai media sulle condizioni di Eluana non siano false, questo non è il suo caso!
Il professore infatti "trascura" di spiegare il fatto che ci sono molti tipi diversi di stato vegetativo: anche pazienti che mostrano ancora reattività spiccate (perfino capaci di intendere parzialmente le parole di un osservatore e di esprimere concetti elementari con semplici comunicazioni verbali) possono, per vari motivi fra cui spesso anche diagnosi errata o controversa, essere classificati come persone in stato vegetativo; giusto qualche mese fa ho letto uno studio che riportava come forse addirittura la metà dei pazienti dichiarati in stato vegetativo, potrebbe di fatto non soddisfare i reali criteri della diagnosi se fossero applicati con rigore. Perché? Perché questi pazienti per quanto fortemente disabili hanno ancora alcune capacità (poco evidenti e non sempre permanenti) che dimostrano l'esistenza di porzioni limitate di corteccia funzionanti e quindi, anche dopo molti anni, non subiranno l'atrofia e la regressione totale di tutte le loro facoltà, giacché non hanno mai smesso di usarle!
Altri pazienti invece fin da subito non mostrano nulla più di quello che basta a dare la definizione di stato vegetativo, magari appena un gradino sopra a quella del coma. Altri ancora, e sono pochi purtroppo, entro i primi mesi o al massimo entro un anno, riescono a riprendersi dal trauma abbastanza da uscire dallo stato vegetativo e da riacquistare funzioni cognitive superiori (il che non significa che tornino normali...).
Tutto ciò non deve stupirci e non deve neanche far pensare a enormi carenze nel sistema di classificazione neurologico: sempliciemente, oltre un certo limite siamo impossibilitati a classificare. La varietà e la gravità dei traumi che il cervello può subire è pressoché infinita, così come i fattori individuali che intervengono nella reazione che ha quest'organo al trauma.
L'insidia lessicale nel discorso di questo professore sta dunque nel fatto che alla voce "stato vegetativo" troviamo una categoria molto eterogenea di pazienti... e chi vuole fare morale, ha buon gioco a traslare sui casi estremi da un lato le caratteristiche dei casi estremi dall'altro.
Approcciarsi a questo drammatico problema umano con onestà, signfica invece considerare i pazienti uno ad uno e fare le dovute riflessioni. Se Eluana è in stato vegetativo permanente da addirittura sedici anni senza mostrare nulla se non minimi segni vitali del cervello, perfino senza i moderni supporti diagnostici qualsiasi medico sano di mente direbbe che è del tutto irragionevole aggrapparsi a false speranze.
Se poi, come è lecito sospettare, il padre ha preso misure più solide - ad esempio, far fare una RMN al cranio della figlia da portare in aula di tribunale per mostrare visibili regressioni dell'encefalo - allora esistono addirittura dei dati scientifici inconfutabili, e non c'è da stupirsi che perfino i giudici di questo paese "vegetativo" si siano dovuti svegliare dalla loro condizione di atrofia mentale.



È superato il termine di stati vegetativi ' permanenti' usato nella sentenza milanese, la definizione corretta è ' persistenti'. Perciò per la nostra professione l'esecuzione della sentenza è pericolosa, perché potrebbe lasciare a qualcuno, medico o giudice, il potere di stabilire quando finisce la vita, varcando frontiere etiche e di civiltà».



E' superato nella testa di questo individuo, forse. In Italia (e non solo qui) vige ancora la distinzione fra uno stato vegetativo persistente, che viene convenzionalmente definito per i primi sei mesi, e uno stato vegetativo permanente, che di solito viene definito dopo i sei mesi se si è in assenza totale di miglioramenti.



Lei fa parte di un'associazione di bioeticisti laici e cattolici, «Vi.ve», vita vegetativa. Cosa farete?

[ Mi viene il sospetto che possa essere un commento di parte]




Ma tu guarda... [SM=g27829]
pcerini
00domenica 13 luglio 2008 14:09
Mi sono accorto che la fonte originaria dell'articolo e' nientemeno che "Avvenire" ....

Che dire,quel giornale pubblica sempre articoli senza un reale contraddittorio...

[SM=x789048] [SM=x789048] [SM=x789048]
Rainboy
00domenica 13 luglio 2008 14:26
pcerini, 13/07/2008 14.09:

quel giornale pubblica sempre articoli senza un reale contraddittorio...
[SM=x789048] [SM=x789048] [SM=x789048]





Ma neanche un contraddittorio falso, se è per questo... [SM=x789055]
pcerini
00lunedì 14 luglio 2008 10:35
da freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=7668556&p=3

Sonnyp:"Eluana ha il diritto che venga rispettata la sua volontà, qualunque sia"

Polymetis:Ripeto: come puoi sapere che sia la sua volontà? Esprimere un parere anni prima non è la prova che quel parere sia attuale, o che a quel tempo fosse stato espresso in tutta convinzione. Inoltre, se anche avesse pensato che sarebbe stato meglio morire, avrebbe davvero fatto l'ultimo passo?

Questa affermazione cozza con il fatto che lo stato di Eluana,"attualmente",e' quello di non essere piu' consapevole,di non essere piu' in grado di decidere,a meno che tu non sia in grado di dimostrare scientificamente il contrario,fino ad ora gran parte della medicina asserisce il contrario di quello che tu pensi.Se da' fastidio che si pretenda di vedere rispettata una volonta' espressa anni prima,quando si era consapevoli e in salute,se i familiari affermano che la persona non ha mai cambiato idea in proposito,chi sei tu a dover dire che ha cambiato idea o potrebbe? Che prove hai per contestare la loro decisione? Cosa e' che conta di piu',la parola dei familiari o quella tua? Dovresti allora dimostrare che i familiari mentono o si sbagliano! Se una volonta' e' stata chiaramente manifestata,spetta ai familiari decidere cosa fare,non a te!


Polymetis:C'è molta gente che teoricamente vuole suicidarsi, e lo pensa, ma poi, arrivati sul cornicione del tetto, l'istinto di sopravvivenza prevale e rinunciano. Che ne sappiamo di cosa avrebbe scelto e deciso di fare la ragazza?

Di nuovo,tu che prova hai da poter dimostrare che Eluana "e' ancora consapevole",che sia in grado "di cambiare idea",etc.etc.etc?
Eppoi,parli di una situazione come il suicidio che non c'entra un'emerito nulla con uno stato di come vegetativo permanente,dovresti forse dimostrare che una persona che si trova in tale stato da decenni sia in grado di percepire e capire,tale da far sorgere i dubbi da te proposti.

Eppoi,se vogliamo stilare una statistica di coloro che nel mondo hanno deciso di farsi "eutanasizzare" oppure di ripristinare l'accanimento terapeutico (,per esempio,Welby che avrebbe potuto cambiare idea),mi devi trovare un solo caso in cui una persona in queste condizioni di particolare sofferenza (e non il caso del banale suicidio) abbia ad un certo punto cambiato idea,ma poi bisognerebbe vedere cosa gli ha fatto cambiare idea e che tipo di sollecitazione avrebbe ricevuto da indurre un simile cambiamento.

kelly70
00martedì 15 luglio 2008 14:20
Si sveglia dopo 18 anni o no?


Su Avvenire del 12 luglio Paolo Lambruschi intervista Giuliano Dolce, «80 anni, direttore scientifico della clinica Sant’Anna di Crotone, scienziato di fama internazionale, uno dei luminari italiani nella cura degli stati vegetativi» («L’agonia di Eluana sarà lunga e dolorosa», pp. 4-5). A un certo punto il professor Dolce fa una rivelazione ai lettori del quotidiano della Cei:
Eluana Englaro è in stato vegetativo da 16 anni. C’è un limite temporale oltre il quale non ci si risveglia? «Non si può dirlo con cognizione scientifica. All’ultimo convegno mondiale sui danni cerebrali di Lisbona, in aprile, è stato citato il caso di un paziente statunitense che si è risvegliato dopo 18 anni».


Si tratterebbe naturalmente di un caso eccezionale e probabilmente unico; le conseguenze sul caso Englaro potrebbero essere forse meno scontate di quanto sembra implicare Dolce – che peso dare ad eventi che hanno probabilità quasi nulle di verificarsi? – ma certo andrebbero prese in seria considerazione.

È strano però, a pensarci bene, che la notizia non abbia avuto grande risonanza mediatica; ma questo può capitare. Mi sono messo dunque a cercare il convegno mondiale sui danni cerebrali di Lisbona. Trovarlo non è stato difficile: si tratta del Seventh World Congress on Brain Injury, organizzato dalla International Brain Injury Association. Ciò che invece si è rivelato veramente arduo da rintracciare è la comunicazione relativa al paziente risvegliatosi dopo 18 anni. Ho scaricato il programma (pdf) del convegno, e ho dato una scorsa al nutritissimo calendario degli interventi. Nessuna traccia del caso in questione; ma i papers presentati sono veramente tanti, e mi potrebbe essere sfuggito. Ho cercato allora nel testo un po’ di termini chiave: «recovery», «PVS», «vegetative», «18 years», svariate combinazioni con la radice «wake».

Niente. L’unica cosa che assomiglia a quanto dice Dolce è una comunicazione letta l’11 aprile 2008 da Joseph Giacino, e intitolata «The Man Who Slept 19 Years: Lessons Learned from Terry Wallis». Sembrerebbe quello che stiamo cercando: il paziente – di cui si è parlato abbondantemente su tutti i media mondiali – è statunitense, e si è risvegliato dopo circa 18 anni; ma non da uno stato vegetativo persistente.

Terry Wallis è stato per tutti questi anni in uno stato di minima coscienza (Minimally conscious state), una condizione ben diversa da quella di Eluana Englaro.
Naturalmente non posso pensare neppure per un attimo che un «luminare» come il professor Dolce abbia mal compreso o addirittura intenzionalmente alterato i fatti; può darsi che Avvenire ne abbia riportato male il pensiero, oppure che ci troviamo di fronte a una coincidenza e che la comunicazione fosse un’altra, contenuta in un intervento il cui titolo non era abbastanza perspicuo – almeno non per me.

Il punto chiave, qui, è che chi dà queste notizie all’opinione pubblica (e chi le ospita) ha il dovere di renderle verificabili. Non ci vuole molto: è sufficiente aggiungere il nome di chi ha fatto la comunicazione al convegno. In gioco non c’è la mezz’ora che ho perso cercando di venire a capo della notizia, ma le speranze (o le illusioni) che così si inducono in chi ha un familiare in stato vegetativo. Teniamone conto.

Aggiornamento: in questi giorni viene richiamata spesso in rete da personaggi senza scrupoli anche la storia di Jan Grzebski, un polacco che si sarebbe risvegliato pure lui dopo 19 anni (passando direttamente dal comunismo alla Nato e alla Ue). Dalle descrizioni del caso, tutte abbastanza confuse (si parla sempre impropriamente di «coma»), si capisce comunque facilmente che questa persona non si trovava affatto in uno stato vegetativo persistente, ma probabilmente in qualche forma di sindrome locked-in.

Bioetiche
www.resistenzalaica.it/index.php?option=com_content&task=view&id=1244&Itemid=...
Rainboy
00sabato 19 luglio 2008 13:48
Il proseguo di questa discussione, in quanto off topic rispetto all'argomento del thread, è stato scisso e posto in un nuovo thread qui:

freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=7694503&p=1

Questa discussione viene temporaneamente chiusa per evitare postaggi OT inavvertiti. Sarà riaperta domani.


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RIAPERTA
pcerini
00martedì 22 luglio 2008 14:56
ELUANA: CASSAZIONE, MAI TRAVALICATO COMPITI ISTITUZIONALI
da www.cybermed.it/index.php?option=com_content&task=view&id=19014&It...

La Corte di Cassazione "non ha in alcun modo travalicato il proprio specifico compito istituzionale di rispondere alla domanda di giustizia del cittadino, assicurando la corretta interpretazione della legge, nel cui quadro si collocano in modo primario i principi costituzionali e la Convenzione di Oviedo". E' quanto precisa il primo presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, in relazione al caso di Eluana Englaro.
La Corte di Cassazione "che si trova a Roma e non e' una Corte di Milano come un quotidiano erroneamente ha riportato', puntualizza Carbone, "ritiene opportuno precisare che la sentenza n.21748/07 sul caso in questione, che risale ormai all'ottobre del 2007, costituisce espressione della Corte di Cassazione nella sua funzione giurisdizionale. La Corte, con tale pronuncia si e' limitata ad affermare un principio di diritto sulla base dell'interpretazione costituzionalmente orientata della legislazione vigente'. Il principio affermato dalla Suprema Corte, ricorda il primo presidente, e' quello per cui 'senza il consenso informato l'intervento del medico e', al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessita', sicuramente illecito, anche quando e' nell'interesse del paziente'. Il consenso informato, aveva sancito la Cassazione, "ha come correlato la facolta' non solo di scegliere tra le diverse possibilita' di trattamento medico, ma altresi' di eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale". Nel "consentire al trattamento medico o nel dissentire dalla prosecuzione dello stesso sulla persona dell'incapace, la rappresentanza del tutore - stabilirono gli 'ermellini' - e' sottoposta a un duplice ordine di vincoli: egli deve, innanzitutto, agire nell'esclusivo interesse dell'incapace, nella ricerca del 'best interest' deve decidere non al posto dell'incapace ne' per l'incapace, ma con l'incapace: quindi, ricostruendo la presunta volonta' del paziente incosciente, gia' adulto prima di cadere in tale stato, tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita della coscienza, ovvero inferendo quella volonta' dalla sua personalita', dal suo stile di vita, dalle sue inclinazioni, dai suoi valori di riferimento e dalle sue convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche". In applicazione di tale principio, conclude Carbone, "la Corte d'appello di Milano, nella sua autonomia e valutando nel concreto le circostanze di fatto e le prove raccolte, ha deliberato che potessero essere sospesi alla Englaro i presidi che tuttora ne prolungano il riconosciuto stato vegetativo permanente".
kelly70
00giovedì 24 luglio 2008 22:13


venezia63jr scrive:

24 Luglio 2008 alle 18:43

Su DonnaModerna di luglio Fabrizio Rondolino intervista il prof Carlo Alberto Defanti,neurologo e fondatore della consulta bioetica e dice ” lo stato vegetativo in natura non esiste.E’ una delle tragedie provocate dall’evoluzione della medicina e delle tecniche rianimatorie”.
quando si dice che ne approffittano e ne usurpano i meriti della tecnologia.

UAAR
Rainboy
00giovedì 24 luglio 2008 22:16
Innegabile, direi...
=omegabible=
00giovedì 24 luglio 2008 22:28
Re:
Rainboy, 24/07/2008 22.16:

Innegabile, direi...



Guardare...udire....sospirare....mangiare....bere....palpitare...pensare....accarezzare....amare.....dove sono le cose della vita?????

omega [SM=g27812]


kelly70
00giovedì 24 luglio 2008 23:12
Stato vegetativo persistente


Uno stato vegetativo persistente, in inglese Persistent Vegetative State (PVS), noto anche come sindrome apallica oppure coma vigile, è una condizione dei pazienti con danno cerebrale severo nei quali il coma è progredito ad uno stato di veglia non corrispondente allo stato di consapevolezza o coscienza. Esistono molte controversie sia da un punto di vista medico che legale sul fatto che questa condizione sia irreversibile o meno.

La sindrome venne descritta nel 1940 da Ernst Kretschmer e per questo motivo è stata denominata sindrome di Kretschmer. (Das apallische Syndrom, in Neurol.Psychiatrie, 169,576-579 (1940).

Il termine venne coniato nel 1972 dal neurochirurgo scozzese Bryan Jennett e dal neurologo americano Fred Plum per descrivere una nuova sindrome che sembrava comparire grazie alle possibilità della medicina moderna di mantenere in vita i corpi dei pazienti.[1]

Noto anche come "morte corticale" o "coma vigile"
Lo stato vegetativo persistente è anche noto come morte corticale, ma non è l'equivalente del coma o della morte cerebrale.

I pazienti in uno stato vegetativo persistente sono ritenuti in genere come in stato di incoscienza e non consapevoli. Non rispondono agli stimoli esterni, eccetto, eventualmente, agli stimoli dolorosi. A differenza del coma, dove si osserva che gli occhi del paziente rimangono chiusi, questi pazienti nello stato vegetativo spesso aprono gli occhi. Possono seguire cicli sonno-veglia, oppure restare in uno stato di veglia cronico. Possono mostrare alcuni comportamenti che possono essere il prodotto di un parziale stato di coscienza, come il digrignamento dei denti, ingoiare, singhiozzare, sorridere, lacrimare e piangere, fare moine, farfugliare, sbuffare, oppure urlare senza alcuno stimolo esterno apparente.

Molti pazienti emergono da uno stato vegetativo in poche settimane, ma per quelli che non si riprendono entro 30 giorni si parla di stato vegetativo persistente. Le possibilità di recupero dipendono dall'entità della lesione al cervello e dall'età del paziente, con le migliori possibilità di recupero per i giovani rispetto agli anziani. Generalmente gli adulti hanno il 50% ed i bambini il 60% di chance di recuperare la coscienza da uno stato PVS nei primi 6 mesi.

Dopo un anno, le possibilità che un paziente in stato vegetativo persistente riguadagni la coscienza sono molto basse e la maggior parte dei pazienti che recuperano la coscienza sperimentano disabilità significative. Mentre quanto più a lungo un paziente si trova nel PVS, tanto maggiori saranno le disabilità risultanti. La riabilitazione può contribuire al recupero, ma molti pazienti non progrediscono mai al punto di essere capaci di prendersi cura di se stessi. Si registrano pochi casi di persone che si sono riprese da un lungo stato di coma vigile.

Alcune fonti autorevoli sostengono che il coma apallico sia, in effetti, irreversibile, e che i pochi pazienti di cui viene riportato il recupero non stavano soffrendo del vero PVS. Questa conclusione è oggetto di disputa, comunque, dal momento che ci sono stati casi come quello di un uomo in Australia che venne seguito attentamente per anni prima del suo improvviso 'risveglio'. Negli Stati Uniti, si è stimato che vi siano tra 15.000 e 40.000 pazienti in uno stato vegetativo persistente, ma dal momento che i registri di assistenza infermieristica domiciliare sono tenuti in modo impreciso, il numero esatto è difficile da determinare.

Nonostante tutto, rimangono ancora dispute sull'affidabilità della diagnosi di stato vegetativo persistente, in particolare quando questa diagnosi viene emessa da un numero limitato di fisiologi (oppure medici senza esperienza nell'area del PVS). Uno studio su 40 pazienti nel Regno Unito riteneva che il 43% di quelle diagnosi di stato di PVS fossero errate ed un altro 33% di questi pazienti riuscì a riprendersi mentre lo studio era in corso.[2]


Definizione medica
La terminologia in questa area é alquanto confusa. Mentre il termine 'stato vegetativo persistente' é il più frequentemente utilizzato dai media e negli articoli di legge, il suo uso viene scoraggiato dai neurologi, che preferiscono la tipologia proposta dal Royal College of Physicians (RCP) del 1996 che distingue tra stato vegetativo, lo stato vegetativo continuo, e lo stato vegetativo permanente. Questa tipologia distingue vari stadi della condizione piuttosto che utilizzare un termine generico per tutti. Nel suo libro più recente The Vegetative State, lo stesso autore Jennett adotta questa denominazione, sulle basi che la componente del termine "'persistente'...possa sembrare di voler suggerire irreversibilità". Il comitato australiano 'National Health and Medical Research Council ha suggerito come alternativa il termine non responsitività dopo il coma ("post coma unresponsiveness").


Definizione legale
In opposizione alla morte cerebrale, lo Stato Vegetativo Persistente (PVS) non viene riconosciuto come morte in nessun sistema legale. Questa area grigia legale ha portato ad alcuni processi riguardanti persone nello stato di coma vigile, con accesi dibattiti tra quelli che credono che vi debba essere il diritto a morire, e quelli che sono ugualmente determinati nella convinzione, che se esiste una seppur minima possibilità di recupero, le terapie debbano continuare.
Casi ben noti includono Paul Brophy, Sunny von Bülow e Tony Bland, che crearono un precedente nel Regno Unito. Il caso altamente pubblicizzato di Terri Schiavo negli Stati Uniti coinvolgeva dispute sulla diagnosi di SPV emanata da vari medici incaricati dalla corte. Gli appelli proposti alla corte furono respinti ed il sondino nasogastrico di alimentazione di Terri Schiavo venne rimosso, portando alla conseguente morte per fame e sete (defedazione).


Fonti
(EN) Hirsch, Joy. (May 2, 2005). "Raising consciousness". The Journal of Clinical Investigation. American Society for Clinical Investigation. 115(5): 1102.
(EN) Traumatic Brain Injury - NINDS

Note [modifica]
^ assets.cambridge.org/052144/1587/sample/0521441587ws.pdf
^ bmj.bmjjournals.com/cgi/content/full/313/7048/13

it.wikipedia.org/wiki/Stato_vegetativo_persistente

..Anna..
00venerdì 1 agosto 2008 15:16
a proposito di questo argomento

Per evitare situazioni di queso tipo, forse sarebbe il caso di fare un testamento biologico. Puo essere utile questo facsimile

link
pcerini
00venerdì 1 agosto 2008 15:30
da www.lucacoscioni.it/eluana_il_parlamento_strappa_la_toga_al_giudice_per_indossarla_in_nome_dello_sta...

Eluana. Il Parlamento strappa la toga al giudice per indossarla in nome dello Stato etico


Intervento della Senatrice Donatella Poretti, parlamentare Radicale-Partito Democratico

Hanno strappato la toga alla Procura di Milano e l'hanno indossata loro, tra i banchi del Parlamento! Questo è quanto ha fatto la maggioranza con l'accusa rivolta ai giudici che hanno sentenziato sulla vicenda di Eluana Englaro, di sostituirsi al legislatore, mistificando la reale invasione di campo che contemporaneamente sono riusciti in maniera cinica a realizzare. Dal deposito della mozione Cossiga-Quagliariello al voto di oggi e' avvenuto esattamente questo: il Parlamento e' divenuto il giudice e ieri sera, esattamente dopo il primo voto del Parlamento, quello della Camera, la Procura di Milano ha presentato appello!
Il procuratore aveva atto sapere che si sarebbe preso l'intero tempo che aveva a disposizione per studiare il ricorso. Il Parlamento si e' sostituito al magistrato, ha lavorato, ha trovato cavilli, ha suggerito motivazioni, ha portato carte sulla scrivania del Procuratore che alla fine non ha potuto far altro che ricorrere in appello! Alla faccia della separazione dei poteri e del rispetto per la Costituzione e per lo Stato di Diritto!
Il principio cattolico apostolico romano dell'indisponibilita' della vita lo vogliono vedere trasformato in principio della Costituzione repubblicana, attraverso uno stravolgimento del diritto alla vita in obbligo alla vita artificiale. Hanno i numeri per farlo, lo faranno, ma non utilizzino sotterfugi per trasformare uno Stato laico in uno confessionale e con un'etica di Stato senza passare da una riforma della Costituzione. Devono avere il coraggio, i senatori del Popolo delle liberta', di modificare la Costituzione e sopprimere la Liberta' dell'individuo.
Non stiamo parlando di questioni eticamente sensibili, stiamo parlando di diritti civili. Noi radicali siamo a difendere la loro praticabilita' e il loro esercizio. Altri a sentenziare su cio' che e' bene e cio' che e' male e ad imporlo anche a chi la pensa diversamente!


..Anna.., 01/08/2008 15.16:


Per evitare situazioni di queso tipo, forse sarebbe il caso di fare un testamento biologico. Puo essere utile questo facsimile

link






Uno volendo potrebbe anche iscriversi all'associazione Luca Coscioni e farsi preparare da loro un testamento biologico per il quale l'associazione garantisce il rispetto con azioni civili e legali.
MauriF
00sabato 2 agosto 2008 11:54
Caso Eluana. La Procura ricorre contro la Corte d'Appello. La soddisfazione di mons. Fisichella

La Procura Generale di Milano ha deciso di ricorrere contro il decreto con il quale la Corte d'Appello Civile aveva concesso al padre di Eluana Englaro, la giovane in stato vegetativo da 16 anni, di chiedere la sospensione delle cure. Contemporaneamente sempre la Procura Generale ha chiesto alla Corte d'Appello di sospendere il decreto emesso che, altrimenti, sarebbe esecutivo in qualsiasi momento. Oggi, intanto, è atteso il voto del Senato che dovrebbe decidere di seguire la strada della Camera, ovvero sollevare il conflitto di attribuzione presso la Consulta. La motivazione con cui la Procura generale milanese ha fatto ricorso è che non è stata accertata con sufficiente oggettività l’irreversibilità dello stato vegetativo di Eluana Englaro. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Roberto Piperno direttore di Medicina riabilitativa all'Ospedale Maggiore di Bologna e direttore della Casa dei Risvegli Luca De Nigris:

R. – Ci sono due zone di ambiguità: quando noi diciamo “stato vegetativo”, stiamo sempre più scoprendo che ne sappiamo veramente molto poco e stiamo scoprendo sempre più che dietro questa etichetta – basata sua una diagnosi di assenza, di consapevolezza, di relazioni con gli altri - ci sono in realtà molte situazioni diverse, alcune delle quali hanno anche delle attività di tipo cognitivo importanti, come la comprensione del linguaggio o il riconoscimento di volti. Nel concetto stesso di reversibilità, c’è poi un’altra zona di ambiguità e questo perchè la grande maggioranza dei casi diagnosticati in stato vegetativo nel corso degli anni mostrano cambiamenti. Bisogna, quindi, capire che valore si dà a questi cambiamenti: per alcuni sono importanti e determinanti, mentre per altri non sono sufficienti. E’ sempre un elemento che lascia incertezza. Se si intende tornare alla vita normale, esattamente come era prima, credo che si possa allora parlare di irreversibilità. Ma non credo che sia questo che si intende quando si parla di irreversibilità. Dovremmo allora parlare anche di cambiamenti possibili e di cambiamenti possibili ce ne sono sempre. Quando usiamo la parola “irreversibilità” dovremmo sempre essere estremamente prudenti, perchè è una condanna definitiva e chiude la porta su qualcosa di cui in realtà abbiamo ancora molte poche conoscenze.

D. – Quali sono gli strumenti che ha la medicina per arrivare ad accertare l’irreversibilità oggettiva?

R. – Io ho il dubbio se ci si arriverà mai a determinare una irreversibilità oggettiva. In questo momento, le tecnologie scientifiche ci mettono sempre più in condizione di intuire, e di intravedere delle attività cognitive che all’osservazione, alla semplice osservazione clinica non si vedono. Il fatto poi di definire una condizione di irreversibilità, ripeto, il problema sta nel dare un senso alla parola irreversibile.

D. – Ci può essere un conflitto in questo ambito tra diritto e medicina?

R. – Gli elementi di conflitto nascono quando ci sono delle ambiguità non risolte, anche nell’uso di metafore: quando si parla di stati vegetativi o di coma, si parla come di un qualcosa da cui ci si deve risvegliare, ma non è così; quando si parla di queste condizioni come di morte interrotte, ma non è così, perchè in realtà sono vite che hanno preso una strada diversa. Ma ci sono delle ambiguità anche nell’uso di parole e delle metafore che usiamo che creano, poi, veramente un problema a loro volta.

D. – La letteratura medica del passato e la casistica ci possono aiutare nel dirimere la questione?

R. – Sappiamo dalla statistica che la probabilità di evoluzione significativa dopo un anno di stato vegetativo è molto, molto, molto bassa. Esistono, però, lo stesso dei casi che si sono evoluti anche dopo questo limite. Questo non ci dà, quindi, delle certezze, ma ci dice “attenzione” e attenzione perchè ancora non sappiamo tutto.

D. – Questo è anche il suo parere?

R. – Certamente è il mio parere, poi sono delle famiglie che continuano a chiederci di andare avanti in qualche modo in questa strada, di cercare di capire sempre di più.

La vita è sempre un bene inviolabile: così in sintesi mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, a commento della decisione di ricorso della Procura generale di Milano. Lo ascoltiamo al microfono di Federico Piana:

R. – Fin dalle mie primissime dichiarazioni avevo sempre sostenuto che la sentenza della Corte d’Appello faceva acqua da tutte le parti e quindi sarebbe stata giusta una impugnazione da parte della Procura, cosa che è avvenuta. Siamo dinanzi ancora una volta a dover toccare con mano un duplice sentimento: il primo, è quello che rimette di nuovo in primo piano il valore della vita. Eluana è una ragazza che vive, non è attaccata a nessun apparecchio e non si tratta di staccare nessuna spina. Sarebbe significato soltanto non darle più da mangiare e da bere e questo sarebbe stato un crimine in ogni caso, un crimine immenso. Dall’altra parte, tocchiamo con mano che il ricorso riporta in primo piano anche il dubbio che la scienza non può dirimere, vale a dire fino a dove può intervenire la scienza, con quali certezze la scienza può dire che c’è irreversibilità di uno stato come quello che sta vivendo la ragazza, e ci riporta ancora al grande tema della inviolabilità della vita sempre, dovunque, nonostante tutto.

D. – Molti giuristi avevano paura che questa sentenza potesse creare dei pericolosi precedenti. Lei è d’accordo su questo?

R. – Questo è vero, perché una sentenza crea una giurisprudenza e quindi questo avrebbe portato a emettere, con molta probabilità, anche altre sentenze di questo genere. Questo ci riporta ancora una volta, a mio avviso, ad avere una forte attenzione su tante persone nel nostro Paese che vivono la stessa situazione. Io credo che noi dobbiamo fare il grande sforzo di essere vicini a queste persone, molto vicini ai familiari e chiedere anche con grande forza che nessuno abbia ad abbandonarli in questa condizione.

D. – Perché c’è questo accanimento contro la vita, anche se debole, anche se fragile?

R. – Io credo che ogni singolo caso porti con sé un dramma e quindi credo che nessuno di noi si possa sostituire né nel giudizio, né nelle scelte, a quella che è la condizione particolare che i familiari di questi casi vivono. Però, mi sembra che ci sia una forte pressione ideologica, una pressione che pensa che quando siamo dinanzi ad un altro concetto di vita, questa vita non meriti più di essere vissuta. C’è una visione ideologica che vuole porre come primato di tutto la libertà, ma la libertà esiste nella misura in cui c’è vita e nella misura in cui si valorizza la vita! E in ogni caso, davanti al richiamo assoluto della libertà, io penso che noi dovremmo aiutare a riflettere sul rapporto con la verità. Gli antichi dicevano, con una bella espressione: “Amicus Plato, sed magis amica Veritas” – Platone è amico, ma molto di più amica è la Verità. Io credo che la verità è condizione necessaria perché ci sia piena libertà nelle persone.

Radio Vaticana
pcerini
00sabato 2 agosto 2008 13:52
Re:
MauriF, 02/08/2008 11.54:

Caso Eluana. La Procura ricorre contro la Corte d'Appello. La soddisfazione di mons. Fisichella

E te pareva,il solito pallone gonfiato (a me me sta tanto sulle palle sto Fisichella..)


La Procura Generale di Milano ha deciso di ricorrere contro il decreto con il quale la Corte d'Appello Civile aveva concesso al padre di Eluana Englaro, la giovane in stato vegetativo da 16 anni, di chiedere la sospensione delle cure. Contemporaneamente sempre la Procura Generale ha chiesto alla Corte d'Appello di sospendere il decreto emesso che, altrimenti, sarebbe esecutivo in qualsiasi momento. Oggi, intanto, è atteso il voto del Senato che dovrebbe decidere di seguire la strada della Camera, ovvero sollevare il conflitto di attribuzione presso la Consulta. La motivazione con cui la Procura generale milanese ha fatto ricorso è che non è stata accertata con sufficiente oggettività l’irreversibilità dello stato vegetativo di Eluana Englaro. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Roberto Piperno direttore di Medicina riabilitativa all'Ospedale Maggiore di Bologna e direttore della Casa dei Risvegli Luca De Nigris:

Roperto Piperno e' neurologo e fisiatra,cosa che l'articolo non specifica.

R. – Ci sono due zone di ambiguità: quando noi diciamo “stato vegetativo”, stiamo sempre più scoprendo che ne sappiamo veramente molto poco e stiamo scoprendo sempre più che dietro questa etichetta – basata sua una diagnosi di assenza, di consapevolezza, di relazioni con gli altri - ci sono in realtà molte situazioni diverse, alcune delle quali hanno anche delle attività di tipo cognitivo importanti, come la comprensione del linguaggio o il riconoscimento di volti. Nel concetto stesso di reversibilità, c’è poi un’altra zona di ambiguità e questo perchè la grande maggioranza dei casi diagnosticati in stato vegetativo nel corso degli anni mostrano cambiamenti. Bisogna, quindi, capire che valore si dà a questi cambiamenti: per alcuni sono importanti e determinanti, mentre per altri non sono sufficienti. E’ sempre un elemento che lascia incertezza. Se si intende tornare alla vita normale, esattamente come era prima, credo che si possa allora parlare di irreversibilità. Ma non credo che sia questo che si intende quando si parla di irreversibilità. Dovremmo allora parlare anche di cambiamenti possibili e di cambiamenti possibili ce ne sono sempre. Quando usiamo la parola “irreversibilità” dovremmo sempre essere estremamente prudenti, perchè è una condanna definitiva e chiude la porta su qualcosa di cui in realtà abbiamo ancora molte poche conoscenze.

D. – Quali sono gli strumenti che ha la medicina per arrivare ad accertare l’irreversibilità oggettiva?

R. – Io ho il dubbio se ci si arriverà mai a determinare una irreversibilità oggettiva. In questo momento, le tecnologie scientifiche ci mettono sempre più in condizione di intuire, e di intravedere delle attività cognitive che all’osservazione, alla semplice osservazione clinica non si vedono. Il fatto poi di definire una condizione di irreversibilità, ripeto, il problema sta nel dare un senso alla parola irreversibile.

Da un'articolo sul corriere della sera,Piperno ne parlava in modo piu' specifico,in relazione allo stato di "minima coscienza",e riguardo gli strumenti scientifici,in questo articolo http://archiviostorico.corriere.it/2007/settembre/23/affermava: «Sottoponiamo a risonanza magnetica funzionale pazienti in stato vegetativo mentre un familiare racconta loro un episodio significativo della vita passata per verificare se le aree cerebrali associate a quelle esperienze danno segni di vita. Su tredici malati, in due casi l' esame ha dato un esito interessante».

D. – Ci può essere un conflitto in questo ambito tra diritto e medicina?

R. – Gli elementi di conflitto nascono quando ci sono delle ambiguità non risolte, anche nell’uso di metafore: quando si parla di stati vegetativi o di coma, si parla come di un qualcosa da cui ci si deve risvegliare, ma non è così; quando si parla di queste condizioni come di morte interrotte, ma non è così, perchè in realtà sono vite che hanno preso una strada diversa. Ma ci sono delle ambiguità anche nell’uso di parole e delle metafore che usiamo che creano, poi, veramente un problema a loro volta.

Piperno dice che "non e' cosi'",se affemrma che ci sono delle ambiguita',che certezze ha lui nell'asserire che certi stati irreversibili "sono vite che hanno preso una strada diversa"? Lui per caso ha delle certificazioni sicure? Credo che anche le sue affermazioni siano "ambigue".

D. – La letteratura medica del passato e la casistica ci possono aiutare nel dirimere la questione?

R. – Sappiamo dalla statistica che la probabilità di evoluzione significativa dopo un anno di stato vegetativo è molto, molto, molto bassa. Esistono, però, lo stesso dei casi che si sono evoluti anche dopo questo limite. Questo non ci dà, quindi, delle certezze, ma ci dice “attenzione” e attenzione perchè ancora non sappiamo tutto.

I casi di risveglio nei casi di coma da "molti anni" sono pochi,questo Piperno non lo dice.

D. – Questo è anche il suo parere?

R. – Certamente è il mio parere, poi sono delle famiglie che continuano a chiederci di andare avanti in qualche modo in questa strada, di cercare di capire sempre di più.

La vita è sempre un bene inviolabile: così in sintesi mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, a commento della decisione di ricorso della Procura generale di Milano. Lo ascoltiamo al microfono di Federico Piana:

R. – Fin dalle mie primissime dichiarazioni avevo sempre sostenuto che la sentenza della Corte d’Appello faceva acqua da tutte le parti e quindi sarebbe stata giusta una impugnazione da parte della Procura, cosa che è avvenuta.

Che strano,i costituzionalisti non la pensano cosi',altrimenti avremmo assistito all'impugnazione di incostituzionalita' della decisione della Corte D'Appello.Le motivazioni che sono alla base del ricordo della Procura sono di altro genere.Qui Fisichella percio' appoggia motivazioni che esulano dalla incostituzionalita'.

Siamo dinanzi ancora una volta a dover toccare con mano un duplice sentimento: il primo, è quello che rimette di nuovo in primo piano il valore della vita. Eluana è una ragazza che vive, non è attaccata a nessun apparecchio e non si tratta di staccare nessuna spina.


E che prove scientifiche ha costui? La mancanza di prove certe della morte cerebrale non costituisce prova di presenza di coscienza e quant'altro,percio' e' solo una questione di prudenza (principio etico) o di fede che lo porta ad asserire quelle cose.

Sarebbe significato soltanto non darle più da mangiare e da bere e questo sarebbe stato un crimine in ogni caso, un crimine immenso.

Forse Fisichella farebbe bene a leggere qualche testo di medicina in merito alle problematiche relative all fisiologia e anche a quelle relative allo stato di "minima coscienza".

Dall’altra parte, tocchiamo con mano che il ricorso riporta in primo piano anche il dubbio che la scienza non può dirimere, vale a dire fino a dove può intervenire la scienza, con quali certezze la scienza può dire che c’è irreversibilità di uno stato come quello che sta vivendo la ragazza, e ci riporta ancora al grande tema della inviolabilità della vita sempre, dovunque, nonostante tutto.


D'accordo,e' piu' che legittimo battere il tasto dell'assenza di prove certe,ma non ci sono prove certe nemmeno di quello che lui sostiene.

D. – Molti giuristi avevano paura che questa sentenza potesse creare dei pericolosi precedenti. Lei è d’accordo su questo?

R. – Questo è vero, perché una sentenza crea una giurisprudenza e quindi questo avrebbe portato a emettere, con molta probabilità, anche altre sentenze di questo genere. Questo ci riporta ancora una volta, a mio avviso, ad avere una forte attenzione su tante persone nel nostro Paese che vivono la stessa situazione. Io credo che noi dobbiamo fare il grande sforzo di essere vicini a queste persone, molto vicini ai familiari e chiedere anche con grande forza che nessuno abbia ad abbandonarli in questa condizione.


Fisichella,prima o poi una legge sul testamento biologico verra' fatta,rassegnati,e' inutile fare del puro moralismo se nessuno ha prove certe.

D. – Perché c’è questo accanimento contro la vita, anche se debole, anche se fragile?

Questa domanda e' faziosa e contorta,mi domando se l'intervistatrice sia di parte o no.

R. – Io credo che ogni singolo caso porti con sé un dramma e quindi credo che nessuno di noi si possa sostituire né nel giudizio, né nelle scelte, a quella che è la condizione particolare che i familiari di questi casi vivono. Però, mi sembra che ci sia una forte pressione ideologica, una pressione che pensa che quando siamo dinanzi ad un altro concetto di vita, questa vita non meriti più di essere vissuta. C’è una visione ideologica che vuole porre come primato di tutto la libertà, ma la libertà esiste nella misura in cui c’è vita e nella misura in cui si valorizza la vita! E in ogni caso, davanti al richiamo assoluto della libertà, io penso che noi dovremmo aiutare a riflettere sul rapporto con la verità. Gli antichi dicevano, con una bella espressione: “Amicus Plato, sed magis amica Veritas” – Platone è amico, ma molto di più amica è la Verità. Io credo che la verità è condizione necessaria perché ci sia piena libertà nelle persone.


Quale pressione ideologica? Fisichella,portami una sola prova certa che smentisca gli assunti medici della morte cerebrale e allora si' che ne riparleremo.I dibattiti si fanno sul campo scientifico,se nessuno delle parti porta prove indonfutabili delle proprie ragioni (ed e' su cio' che lei,caro Fisichella, punta maggiormente), allora sono due le cose: o lo stato impone le cure a forza (ed e' quello che sta facendo con il ricorso della Procura) in virtu' del principio etico di prudenza,oppure lascia campo aperto al principio costituzionale della liberta' di scelta,non sono certo le sue idee da cattotalebano a decidere la questione,caro Fisichella.

Radio Vaticana




MauriF
00sabato 2 agosto 2008 20:11

E te pareva,il solito pallone gonfiato (a me me sta tanto sulle palle sto Fisichella..)




Per forza...ve ne suona così tante! hehe..
MauriF
00sabato 2 agosto 2008 20:20
Eluana, le ragioni di un ricorso

Due esperti analizzano le argomentazioni di carattere giuridico e medico che hanno indotto i magistrati della Procura di Milano a chiedere alla Corte di Cassazione un pronunciamento sul caso Englaro. E che ridanno vigore alle speranze di far restare in vita la donna





il giurista

Massimo Vari

«In quelle pagine si riaffermano i valori della Costituzione»

DI VIVIANA DALOISO

Un ricorso che, nello spa­zio breve e lucido di po­che pagine, ripristina il valore che è alla base dell’inte­ro impianto costituzionale: quello della vita e della sua in­disponibilità. Massimo Vari, vi­cepresidente emerito della Cor­te Costituzionale, legge nel do­cumento redatto dalla Procura generale di Milano e deposita­to nel pomeriggio di giovedì in Cassazione un atto dovuto di ci­viltà giuridica, oltre che un pun­to di svolta fondamentale nel dibattito sul fine vita in corso nel nostro Paese.

Come ha accolto la notizia del ricorso presentato dalla Pro­cura di Milano in Cassazione sul caso di Eluana?

L’ho accolta con soddisfazione e speranza.

Per quali motivi?

Come uomo di legge posso af­fermare che il contenuto del ri­corso indica chiaramente qua­li sono i punti fondamentali da mettere a fuoco nella vicenda Englaro. Lo scorso 16 ottobre la Corte di Cassazione aveva ri­messo la causa alla Corte d’Ap­pello di Milano perché arrivas­se a una decisione sull’autoriz­zazione o meno a sospendere l’alimentazione e l’idratazione della ragazza sulla base di un ac­certamento in particolare: che la condizione di stato vegetati­vo fosse irreversibile in base a un rigoroso apprezzamento cli­nico e che non vi fosse alcun fondamento medico secondo gli standard scientifici ricono­sciuti a livello internazionale che potesse far supporre la ben­ché minima possibilità di un qualche – sia pur flebile – recu­pero della coscienza e di ritor­no a una percezione del mondo esterno. Ove tale presupposto non sussistesse, il giudice do­veva negare l’autorizzazione.

Che cosa è successo?

Semplicemente, che con 63 pa­gine di motivazione – una mo­le che già di per sé esprime la fragilità dell’argomentazione – i giudici della Corte d’Appello di Milano hanno deciso in manie­ra univoca su un nodo che in campo medico-scientifico è tut­tora oggetto di dibattito: dove, in presenza di uno stato vege­tativo, non esista nessuna pos­sibilità di ripresa e quindi si pos­sa porre la parola fine a una vi­ta. Una scoperta che, fosse sta­ta premio Nobel!

E invece...

E invece ha portato decisioni che entrano due volte, per così dire, in conflitto con altre com­petenze: con l’attività del Parla­mento – come è stato stabilito proprio in queste ore dalla Ca­mera e dal Senato – e con i com­piti propri della scienza e della ricerca medica. Oggi, infatti, di fronte ai progressi della scienza è difficilissimo dire quali siano i confini tra la vita e la morte e non tutti gli scienziati sono d’ac­cordo sul fatto che un stato ve­getativo permanente non pos­sa avere una regressione. Pro­prio per questo motivo se c’è un dubbio, in campo scientifico, vi­ge il principio di precauzione.

C’è, poi, la questione delle vo­lontà, o meglio – come le defi­nisce il ricorso – delle 'presun­te volontà' di Eluana...

Su questo punto il ricorso è più che mai fondato, a mio avviso per due ragioni. Primo: non si vede come il principio di auto­determinazione invocato dalla stessa Cassazione nella senten­za di ottobre possa, a un certo punto, essere delegato a terzi. Secondo: la legge garantisce sul piano civile la possibilità di ri­vedere e cambiare – per esem­pio in materia testamentaria – le volontà espresse in prece­denza.
Se Eluana lo avesse fat­to sulla propria vita?

Tecnicamente, è possibile dire quali saranno gli effetti di que­sto ricorso e della richiesta di sospendere l’esecutività del de­creto della Corte d’Appello di Milano?

Questa iniziativa cambia senz’altro il quadro della vicen­da dal punto di vista dei tempi e dei modi di attuazione. Spero che il ricorso, nella sua innega­bile fondatezza, induca la Cas­sazione a riesaminare con cura tutti gli aspetti della vicenda. Ma il significato del ricorso della Procura generale di Milano è ben più ampio.

In che senso?

Si tratta di un atto che dovreb­be indurre tutte le persone che credono nei valori, in primis quello della vita, a valutare il ri­schio dell’effetto dirompente insito in una vicenda di questo tipo. In tal senso possiamo co­gliere nel ricorso anche un ap­pello alla prudenza: se si com­pisse un atto così irreparabile quale quello di porre fine a un’e­sistenza, domani tutti ce ne pentiremmo. Vorrei aggiungere ancora che si tratta di un inter­vento che riafferma valori fon­danti della Costituzione.

A quale valori si riferisce?

A quelli dell’indisponibilità e i­nalienabilità della vita. Tutti noi, giudici compresi, non dovrem­mo mai dimenticare che la Co­stituzione mette al centro la vi­ta umana e la tutela della per­sona dalla nascita alla morte, come si ricava da vari articoli, tra i quali principalmente il 2 e il 3.

Avvenire, 2 agosto 2008

CHI È

Massimo Vari è vicepresidente emerito della Corte costituzionale, della quale ha fatto parte fino al luglio del 2002. È stato anche Presidente di sezione della Corte dei conti italiana, della quale è Presidente onorario. Ha svolto attività di insegnamento presso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, l’Università degli Studi di Roma ' Tor Vergata' , la Libera Università Internazionale degli Studi Sociali ( Luiss), ove ha tenuto corsi sulla Corte dei conti europea e sulle finanze comunitarie.
Insegna attualmente Giustizia costituzionale presso l’Università Maria SS. Assunta ( Lumsa) di Roma. Relatore in numerosi convegni internazionali ( negli Stati Uniti, in Cile, in Brasile, in Colombia, in Uruguay, in Spagna, in Egitto), è autore di saggi sui diritti umani; sull’ordinamento delle autonomie locali, sulla disciplina dei controlli sulla pubblica amministrazione, con particolare riguardo alle funzioni della Corte dei conti.

Avvenire, 2 agosto 2008




il neurologo

Giuliano Dolce

«La scienza non può escludere che vi siano miglioramenti»

DI PAOLO LAMBRUSCHI

Lo stato vegetativo non può mai essere definito «per­manente » perché la scien­za non può escludere migliora­menti nel paziente. Quindi non è irreversibile. Questa «forte rac­comandazione » alla classe me­dica di tutto il pianeta risale al 1996 e arrivò in conclusione di un importante simposio medi­co, la Conferenza di Londra su­gli stati vegetativi. Era evidente­mente stata dimenticata, alme­no in Italia, nel caso Englaro. L’ha ripescata Giuliano Dolce, il neu­rologo che, dopo una lunga e brillante carriera in Germania e nel nostro Paese, oggi è diretto­re scientifico della casa di cura Sant’Anna di Crotone, punta a­vanzata nella ricerca e cura nel Mezzogiorno. Per Dolce il ricor­so della Procura generale contro la sentenza della Corte d’Appel­lo del 9 luglio scorso, contestan­do l’irreversibilità dello stato ve­getativo, è giustificato da un principio accettato dalla comu­nità scientifica. «Prima del 1996 – afferma Dolce – la neurologia distingueva tra stato vegetativo persistente, quando esso perdura per più di un mese dall’evento, e stato ve­getativo permanente quando le condizioni cliniche rimangono invariate per più di 3 mesi per i casi di origine non traumatica e per più di 12 mesi per quelli di o­rigine traumatica. La novità scientifica, ignorata in Italia, è che tala distinzione viene aboli­ta dalla conferenza di Londra. Clinicamente e umanamente la definizione di 'permanente' è oggi superata».

E quindi, tornando a Eluana?

«Quindi ha ragione la Procura di Milano a presentare ricorso. Non metto in dubbio la buona fede dei giudici della Corte d’Appello, ma hanno utilizzato, nella sentenza che autorizza a sospendere l’ali­mentazione, concetti anteceden­ti alla conferenza londinese. Nes­suno nel 2008 può dire con cer­tezza se uno stato vegetativo è ir­reversibile e permanente.».

Nemmeno nel caso della giova­ne lecchese?

«Senta, ho visitato Eluana En­glaro sette mesi fa e come medi­co non posso affermare che mi­gliorerà, allo stato attuale delle conoscenze mediche. Tuttavia, con altrettanta onestà, non pos­so neppure escludere suoi pas­saggi allo stato superiore di mi­nima coscienza, perché le re­centi scoperte scientifiche la­sciano intravvedere nuovi oriz­zonti. Per esperienza so che ol­tre il 50% degli stati vegetativi do­po alcuni anni passa alla co­scienza minima. Di certo nessu­no si sognerebbe di uccidere u­na persona con coscienza ridot­ta la quale risponde a determi­nate sollecitazioni. Quanti anni passano in genere perché un re­cupero anche modesto avven­ga? Non lo possiamo sapere. Questo è lo spirito di Londra e vale anche per Eluana».


Quali sono i progressi della ri­cerca in questo campo?

«Banalizzo. La corteccia cere­brale ha molti neuroni, ciascuno dei quali termina con un filo che lo collega a un altro neurone. Questi fili si chiamano neuriti, mettono in comunicazione le cellule cerebrali e formano la 'sostanza bianca' sotto la cor­teccia. Lo stato vegetativo è do­vuto alla mancanza di comuni­cazione tra i due emisferi cere­brali con il tronco a causa dei danni alla 'sostanza bianca'. Oggi le nostre conoscenze su questa materia stanno miglio­rando. Sappiamo che si deve in­tervenire proprio lì. Quindi è pre­vedibile che in un tempo non lontano vi siano farmaci che consentano un recupero di mol­te funzioni. Abbiamo insomma prospettive per le gravi cerebro­patie. Medicine che migliorano le condizioni che determinano lo stato vegetativo».

Se la donna non recuperasse an­che minimamente, sarebbe leci­to sospenderle l’alimentazione?

«Assolutamente no. Tutti i pun­ti di vista su Eluana sono rispet­tabili, però la questione dell’ali­mentazione e dell’idratazione è fuori discussione: è un atto do­vuto perché questa è una perso­na disabile allo stato estremo e nessuno può permettersi di ab­bandonarla. Perché sa che mo­rirà e quindi commette un omi­cidio. Questo è il punto».

Ma c’è vita nello stato vegetativo?

«Si, Eluana e i pazienti come lei non sono vegetali. Ci sono al­meno 15 lavori scientifici pub­blicati da riviste importanti ne­gli ultimi 10 anni a dimostrare come in queste condizioni sia­no misurabili fisicamente addi­rittura le emozioni».

Come è stato provato?

«Con la risonanza magnetica e con ricerche neurofisiologiche è stato dimostrato che il cervello di questi pazienti non solo vive, ma lavora in modo abbastanza com­plesso. Riconoscono ad esempio i segnali e il tempo che passa tra un segnale e l’altro. Abbiamo re­gistrato cambi di ritmo cardiaco provocate dall’ascolto della mu­sica o dalla voce di una persona conosciuta. Quindi emozioni. So­no persone isolate dal mondo e­sterno, vivono in un loro mondo interno».

A molti non basta per definirla vita dignitosa...

«Si può pensarla in tanti modi, ma non è certo compito del me­dico stabilire la qualità di una vi­ta o se vale la pena viverla».



Avvenire, 2 agosto 2008

CHI È

Nato a Pola nel 1928 il neurologo Giuliano Dolce, è attualmente direttore scientifico della clinica Sant’Anna di Crotone. Scienziato e docente di fama internazionale, ha diretto reparti ospedalieri in Germania e in Italia nel corso della sua lunga carriera. Autore di numerosi saggi e articoli sulla vita e sul cervello in stato di incoscienza e sulla riabilitazione, tradotti in diverse lingue, è considerato uno dei luminari italiani nella cura degli stati vegetativi. Il Sant’Anna è oggi un polo di riferimento per il Sud per la speciale unità per l’accoglienza prolungata (Suap) dei pazienti in stato vegetativo. Si tratta di un centro d’eccellenza scientifica e medica ideato da Giuliano Dolce sul modello delle strutture francesi. Lì Dolce ha condotto sperimentazioni per dimostrare che queste persone provano emozioni sottoponendoli all’ascolto di brani musicali di Boccherini, Grieg, Tchaikovsky e Moussorgsky o all’ascolto della voce materna e misurandone le reazioni con tecniche sofisticate.
Nel novembre 2006 sono stati pubblicati i risultati di una ricerca che il Sant’Anna ha realizzato in collaborazione con l’Università della Calabria, che dimostra come le persone in stato vegetativo provano emozioni in seguito a sollecitazioni esterne.

Avvenire, 2 agosto 2008
pcerini
00sabato 2 agosto 2008 20:27
Re:
MauriF, 02/08/2008 20.11:


E te pareva,il solito pallone gonfiato (a me me sta tanto sulle palle sto Fisichella..)




Per forza...ve ne suona così tante! hehe..





Questo pallone gonfiato che si fa chiamare Fisichella approfitta del fatto che gode di spazi mediatici a cui non possono accedere i professionisti di settore che potrebbero dire la loro,infatti, il giornaletto da 4 soldi (Avvenire) riporta guarda caso sempre le opinioni che concordano con quelle del popetto senza che venga mai pubblicata una opinione contraria.

Del resto,e' stato lo stesso Rainboy ad aver risposto all'opinione di G.Dolce proprio in questo thread,e forse ti e' sfuggito,preso come sei dalla foga clericale si piazzare le opinoni pro-life.

"Nes­suno nel 2008 può dire con cer­tezza se uno stato vegetativo è ir­reversibile e permanente."

Questo parere di Vari e' mal espresso,perche' quello che piu' e' corretto dire e' che se esistono parametri e protocolli in merito alla morte cerebrale,non esistono ancora per lo stato vegetativo irreversibile,e in merito a cio' il presidente degli anestesisti V.Carpino afferma che " È opportuno dunque, e alla luce della decisione della Cassazione si rende addirittura urgente, nominare una Commissione che stabilisca parametri e protocolli, così come si è fatto in passato per la morte cerebrale» (http://www.corriere.it/cronache/07_ottobre_16/anestesisti_stato_vegetativo.shtml)



kelly70
00domenica 3 agosto 2008 11:54
Il teologo Mancuso: libertà di scelta punto d' incontro tra laici e cattolici


MILANO - Professore, si può trovare un punto d' incontro, sul testamento biologico, tra l' etica cattolica e quella laica?
«Il punto è ragionare laicamente. Qui non si tratta di etica, si tratta di diritto. E la distinzione è decisiva». Oltre che delicata. Ma Vito Mancuso, autore del dibattutissimo L' anima e il suo destino, rappresenta un (raro) caso di teologo che ama parlar chiaro: «Prendiamo coscienza che nella nostra società ormai convivono diverse concezioni del mondo e quindi diverse etiche. Il diritto, d' altra parte, non può che essere unico e valido per tutti».

E allora?
«E allora il punto è semplice: il confine sta tra il deliberare sulla propria vita e sulla vita altrui. È lecito decidere per sé, non per gli altri. Io personalmente sono contrario a che si interrompa l' alimentazione di Eluana, ma la tragedia nella tragedia si dà proprio per l' assenza di un documento giuridicamente valido che ci dica la sua volontà: non sappiamo come la pensi lei. Per questo c' è bisogno del testamento biologico come strumento di libertà».

Da parte cattolica la libertà di scelta non è vista di buon occhio...
«Ma che potrei fare, da credente? Imporre la mia visione a chi non la pensa come me? Magari costringerlo a stare legato a una macchina? Ciò che per me può essere edificante, avere un senso, per un altro magari è una tortura. Da cattolico che ragiona per cercare un punto di accordo non vedo che la volontà di imporre con violenza un' etica. Va bene evangelizzare, un progetto culturale alla Ruini, una battaglia di idee, la lotta delle "cifre" di Jaspers. Ma l' etica, per definizione, non si impone».

E la sacralità della vita?
«La chiave di volta è pensare che la sacralità della vita è la vita libera. Questo è il senso profondo della creazione: Dio ci ha voluto liberi, perché senza libertà non c' è amore. Penso a ciò che disse il cardinale Carlo Maria Martini: la prosecuzione della vita umana fisica non è di per sé il principio primo e assoluto, sopra di esso sta la dignità umana. E dove si dà questo principio di dignità se non nel rispetto delle convinzioni altrui?».

Ma un uomo, per chi crede, può decidere della propria fine?
«Guardi, il discorso qui diverrebbe enorme. Se noi cattolici ragioniamo sul fatto che è Dio a decidere quando finisce la vita, si apre l' immane voragine delle morti insensate e assurde. Un ubriaco in auto uccide due ragazze. Un bimbo di tre anni muore di leucemia. L' ha voluto Dio? Il fine della creazione è imporre un dominio? Io non lo credo. Credo sia l' amore. E che l' onnipotenza divina dispieghi se stessa nel costruire un modo libero».

Il signor Ravasin parla di «accanimento terapeutico», è d' accordo?
«Sì. Del resto trovo artificiosa anche la distinzione tra eutanasia attiva e passiva. Per me è inconcepibile dare la morte. Ma se dopo terapie reiterate la cura è impossibile, il peggioramento progressivo e uno dice: basta...Io sono contrario, ma in base a quale principio lo Stato laico può impedirglielo?».

Vecchi Gian Guido

archiviostorico.corriere.it/2008/luglio/22/teologo_Mancuso_liberta_scelta_punto_co_9_0807220...
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