L'apertura di Etchegaray: «Nella Chiesa greco-cattolica avviene già»
Luigi Accattoli
CITTA' DEL VATICANO — La questione dell'ordinazione di preti sposati «può essere posta», ma non risolverebbe il problema della «crisi vocazionale »; la timida apertura a un argomento tabù — che l'ufficialità vaticana da sempre respinge — viene da un grande vecchio della Curia romana: il cardinale francese Roger Etchegaray, 85 anni, vicedecano del collegio dei cardinali. Ne ha parlato in un'intervista al quotidiano Le Parisien.
Etchegaray è in Vaticano quello che il cardinale Martini è nell'insieme della Chiesa cattolica: una voce libera, di grande prestigio personale ma di nessuna responsabilità istituzionale. In quella posizione uno può andare in avanscoperta e dire quello che pensa.
«La questione può essere posta, come avviene nella Chiesa greco-cattolica», ha detto il cardinale a Le Parisien.
«Ma deve essere chiaro: non sarebbe la soluzione al problema della crisi vocazionale ».
Il cardinale Etchegaray è notoriamente un liberal. In quella stessa intervista — data in occasione della pubblicazione delle sue memorie presso Fayard: J'ai senti battre le coeur du monde. Conversations avec Bernard Lecomte — afferma anche che «Dio non può essere conservatore» e che «il mondo è sempre nuovo».
Ai grandi vecchi in Vaticano si permette tutto, ma non c'è alcuna verosimiglianza che la questione del celibato possa essere affrontata a breve. Cardinali possibilisti sul celibato ce ne sono sempre stati, dal Concilio Vaticano II a oggi: i più noti tra quelli ancora attivi sono il nostro Martini, il belga Danneels, l'ucraino di rito orientale Husar. Ma la loro voce è fortemente minoritaria.
Parole possibiliste erano venute il dicembre dell'anno scorso anche da un cardinale brasiliano che il Papa aveva appena nominato prefetto della Congregazione per il clero, Claudio Hummes: aveva detto al quotidiano O Estado de S. Paulo che una «riflessione » sul celibato era possibile, benché bisognosa di tempi lunghi, perché esso «non è un dogma ma una norma disciplinare ». Aveva accennato alla «sfida» della diminuzione dei preti come a una spinta a quella riflessione e aveva concluso che la Chiesa «non è reazionaria e cambia quando deve cambiare».
Hummes — insomma — non vede male i cambiamenti, proprio come Etchegaray. Ma in Vaticano non la presero bene e appena arrivato a Roma per iniziare il suo lavoro in Curia dovette fare una precisazione che sgombrava il campo da ogni illusione sulla possibilità che quel tema venisse posto all'ordine del giorno: «La norma del celibato per i sacerdoti nella Chiesa latina è molto antica e poggia su una tradizione consolidata e su forti motivazioni, di carattere sia teologico-spirituale sia pratico-pastorale, ribadite anche dai papi». Conclusione lapidaria: «Tale questione non è attualmente all'ordine del giorno delle autorità ecclesiastiche».
Al Sinodo dei vescovi del 2005, l'unico che si è tenuto dopo l'elezione di Benedetto XVI, l'ordinazione di «uomini maturi» che vivono nel matrimonio — intesa come questione da sottoporre alla valutazione del Papa — fu scartata a maggioranza nella gran parte dei dodici gruppi linguistici.
Della faccenda si è riparlato in Curia l'ultima volta il novembre di un anno addietro con riferimento al caso Milingo, che sta chiamando a raccolta — con poco successo, si direbbe — i preti sposati di tutto il mondo. A conclusione di una riunione dei capidicastero con il Papa fu pubblicato un comunicato che tra l'altro diceva: «È stato riaffermato il valore della scelta del celibato sacerdotale secondo la tradizione cattolica».
Corriere della sera, 12 novembre 2007