Etica, Morale, Leggi e Società

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kelly70
00mercoledì 5 dicembre 2007 23:07


Una delle contestazioni più frequenti all’Ateismo è quella che vorrebbe gli Atei incapaci di darsi delle regole di comportamento sociale, cioè un’Etica. Chi sostiene questa folle posizione (degna della peggiore tradizione razzista del ‘900) dimostra di non avere capito nulla dell’Etica. L’Etica, infatti, non è certo un “sottoprodotto” della Fede. Anzi: la Fede è uno dei principali ostacoli alla formazione di un’Etica sana e funzionale.

In questo documento cerco di descrivere l’Etica, la Morale ed i loro meccanismi di formazione. Spero che questo possa servire a chiarire alcuni punti sia agli occhi dei Credenti (di qualunque Fede) che degli Atei.

L’Etica, la Morale e le Leggi

L’Etica è quell’insieme di princìpi fondamentali sul quale vengono costruite le nostre Leggi. Le Leggi, di conseguenza, sono la versione “formalizzata” di alcuni di questi princìpi. La Morale, invece, è l’insieme di norme di comportamento messe a punto da una comunità religiosa che cerca di compiacere il proprio Dio.

L’Etica ed il Potere

Ci sono tre modi di imporre l’Etica ad una Società:

Attraverso il consenso (Democrazia)

Con la forza (Dittatura)

Attraverso la paura di un’Entità superiore (Teocrazia)

In ogni caso, prima di poterla imporre ad altri, un’Etica deve essere condivisa dal gruppo che la sostiene. Persino ai vertici della Chiesa Cattolica (retta in modo autocratico dal Papa) esistono posizioni diverse che devono essere conciliate.

Etica e Società

Ha senso parlare di Etica solo quando sono coinvolte due o più persone o due o più “ruoli” diversi della stessa persona. L’Etica, infatti, svolge un evidente ruolo di “regolatore” sociale: serve a rendere possibile la convivenza di più persone in spazi ristretti, dove l’intensità dei contatti è tale da produrre spesso dei pericolosi contrasti.

Nel momento in cui Alice deve trattare, per un motivo o per l’altro, con Bob, è necessario che Alice tenga presente i diritti di Bob. In questo contesto ha senso parlare di Etica. Quando Alice, nel suo ruolo di “consumatore” decide di tenere dei comportamenti lesivi del suo ruolo di “essere vivente”, di “cittadino” o di “assistito dalla mutua”, deve tenere presenti le possibili conseguenze. Ad esempio, se si lascia prendere dal vizio del fumo, danneggia sé stessa nel ruolo di “essere vivente” e, di conseguenza, danneggia la società che dovrà farsi carico di lei come “assistito dalla mutua”. In questo contesto ha ancora senso parlare di Etica.

Viceversa, quando Alice decide di masturbarsi, non deve rendere conto di questo né ad altre persone, né alla società nel suo complesso, né ad un altro “ruolo” di sé stessa. Nessuno di questi altri “attori” della vita sociale, infatti, può essere in qualche modo danneggiato da questo suo comportamento. In questo contesto, non ha nessun senso parlare di Etica.

La Morale e Dio

La Morale Religiosa funziona in modo diverso. Si ipotizza l’esistenza di un Dio che stabilisce un codice di comportamento in modo del tutto arbitrario. Ogni violazione di quel codice, è considerata uno sfregio a Dio. Non ha quindi nessuna importanza che siano coinvolte più persone o più ruoli della stessa persona.

Più in generale, non viene coinvolto il senso di responsabilità dell’individuo nei confronti del suo prossimo o dell’ambiente in cui vive. Le norme della Morale religiosa, infatti, non sono studiate per salvaguardare gli interessi dell’Uomo, inteso come individuo o come Specie, ma solo per garantire il rispetto della volontà di Dio, qualunque essa sia.

La formazione dell’Etica

Le Comunità umane (ed anche quelle di altri animali sociali, come i lupi) “secernono” l’Etica come le api secernono la cera con cui costruiscono i loro alveari. Qualunque società, infatti, tende naturalmente a darsi delle regole per evitare di spendere tutte le proprie energie in una estenuante e sterile competizione tra individui. Più esattamente, qualunque società che non sia in grado di darsi un equlibrio interno è destinata ad essere spazzata via dalle società che sono in grado di farlo. Basta guardare al triste destino che i Palestinesi e gli Iraqeni stanno vivendo in questi anni per capirlo.

Le società producono l’Etica nello stesso modo in cui producono il linguaggio: per accumulazioni successive di “accordi” tra i membri della società. Di fronte ad ogni nuovo problema, i membri della società discutono, confrontano diversi punti di vista, li analizzano usando degli strumenti razionali, e cercano di stabilire un accordo che sia soddisfacente per tutti. Ogni nuova decisione si appoggia a quelle pre-esistenti e diventa a sua volta un precedente di cui si dovrà tenere conto. La formazione dell’Etica è un “processo sociale” e ricorda molto da vicino la formazione del cono di un vulcano.

Il Linguaggio si sviluppa nello stesso modo: di fronte ad ogni nuovo concetto, si cerca un termine che piaccia a tutti e lo si utilizza per descriverlo (un “neologismo”). Più in generale, di fronte ad ogni nuova necessità espressiva, si cerca un modo comune di soddisfarla. Ad esempio, per soddisfare l’esigenza di rinforzare il peso di un certo elemento della frase si può adottare un certo modo di invertire soggetto e verbo o adottare un marcatore apposito.

Questa analogia tra Linguaggio ed Etica non è accidentale: sia il Linguaggio che l’Etica sono strumenti di gestione dei rapporti sociali. Un animale solitario, come una tigre, non ha bisogno né dell’uno né dell’altra. Gli serve solo un banale equilibrio tra territorialità e desiderio sessuale, in modo che il maschio non sbrani la femmina invece di accoppiarsi con lei. Viceversa, tutti gli animali sociali producono una forma più o meno sviluppata di Linguaggio e di Etica.

Per essere più precisi, tutti gli animali sociali hanno sviluppato alcuni dispositivi “hardware” che, a loro volta, li mettono in grado di sviluppare il Linguaggio e l’Etica. Ne possiamo elencare alcuni qui di seguito.

La capacità di riconoscere uno ad uno gli individui del loro gruppo (necessaria per capire come comportarsi nei confronti di ognuno di loro).

Una memoria di ferro (necessaria per ricordare i torti subiti, i piaceri ricevuti e le parole del linguaggio)

Un’area del cervello specifica per la comprensione del Linguaggio ed una specifica per la sua produzione (nel caso dell’uomo, Area di Broca ed Area di Wernicke).

Qualche sistema per la produzione del Linguaggio e per la sua ricezione (di solito, ma non sempre, voce ed udito. I pipistrelli ed i delfini “parlano” a frequenze diverse dalle nostre ma è fuor di dubbio che si capiscano perfettamente l’un l’altro).

Un sistema di “neuroni specchio” che li mette i grado di capire il senso e le implicazioni di ciò che gli altri fanno.

Un sistema di “emozioni” che li lega gli uni agli altri (“affetto”)

Un sistema “paura/aggressività” che li mette in grado di conquistare una certa posizione nel gruppo e di capire quando devono smettere di “sgomitare” per emergere.

Nel caso aveste qualche dubbio su quanto è stato appena detto, vi invito a passare qualche giorno in una fattoria in cui il proprietario sia un cacciatore e disponga quindi di una muta di cani da caccia. Basta guardare una muta di cani per un paio d’ore per chiarirsi le idee su molti di questi punti.

Da quello che abbiamo appena detto, discendono due importanti considerazioni. La prima è che la “libertà” dell’individuo non significa che l’individuo possa stabilire arbitrariamente le sue personali regole di comportamento nei confronti degli altri. L’Etica è il frutto di un accordo tra le parti, e deve tenere conto degli accordi già presi (della “tradizione”). Di conseguenza, la libertà dell’individuo significa solo che l’individuo è libero di trattare con gli altri individui per raggiungere un accordo su alcuni, nuovi aspetti della vita di società. In questo senso esiste sicuramente una “legge naturale”: è l’Etica già consolidata di una società.

La seconda considerazione è che, trattandosi di una trattativa tra pari, non sono ammesse clausole pregiudiziali ed “autorità superiori”. Ogni individuo deve riuscire a convincere gli altri della validità delle sue posizioni su basi razionali per conquistare il loro appoggio. Diversamente, gli altri si limiteranno a contestarlo. Per questa ragione, chi porta al tavolo della discussione un Dio da cui pretende di far derivare le norme di comportamento sociale viene, giustamente, tacciato di arroganza e di comportamento scorretto.

Molte Etiche, una sola Etica

Da quanto abbiamo appena detto deriva anche una terza conseguenza: ogni società sviluppa una sua, personalissima, Etica. Questo è un fatto che può essere facilmente osservato. Potrebbe quindi sembrare che lo sviluppo dell’Etica sia un processo del tutto arbitrario a livello sociale: ogni società sviluppa arbitrariamente la sua Etica e non ne esiste una più “giusta” di un’altra.

Non è così.

Tutti i processi sociali dipendono, ovviamente, dalla comunicazione. Perchè un insieme di individui possa sviluppare un’Etica comune è necessario che tutti questi individui entrino in contatto con le stesse idee e che abbiano modo di confrontarsi l’un l’altro. Questo livello di comunicazione è possibile, a livello planetario, da meno di 50 anni (da quando Radio e Televisione sono diventate oggetti di uso comune praticamente su tutto il pianeta). Per gran parte della sua storia (circa 100.000 anni), l’uomo “parlante” non ha avuto questa possibilità. Le sue idee potevano arrivare solo dove poteva arrivare un suo rappresentante e, in ogni caso, sedersi intorno ad un tavolo e discuterne non era una delle principali esigenze del momento.

La divisione dell’uomo in piccole comunità indipendenti, nel corso di quasi tutta la sua storia, ha portato allo sviluppo di molte Etiche diverse, spesso incompatibili tra loro. Solo di recente la comunicazione a livello planetario è arrivata ad un livello tale da permettere la sintesi di un’Etica comune. Sfortunatamemte, proprio la presenza di molte Etiche e, soprattutto, di molte Morali religiose incompatibili tra loro sta rendendo questo processo di integrazione lento e doloroso.

L’Uomo è però destinato a sviluppare una singola, gigantesca comunità che popola tutta la Terra ed è quindi destinato a sviluppare una sola Etica. Sul “breve” periodo (secoli) c’è da aspettarsi che sia l’Etica del più forte ad emergere, in buona sostanza quella dell’Occidente industrializzato. Sul lungo “periodo” (millenni), tuttavia, è destinata ad affermarsi l’Etica che è in grado di produrre il minor numero di problemi alle diverse sotto-comunità ed agli individui. Le altre Etiche concorrenti verranno semplicemente spazzate via dalla mancanza di un consenso sufficientemente ampio.

La nascita della Morale religiosa

La Morale Religiosa nasce da due diverse fonti di ispirazione: le Leggi che vengono attribuite al Dio e le norme di comportamento che la comunità dei Fedeli si dà nel tentativo di compiacere il suo Dio. Come potete notare, l’interesse dell’Uomo non appare in questo elenco. L’unico scopo di questa Morale è quello di evitare di “svegliare il Dio che dorme”.

La Morale religiosa vede ogni peccato come un reato di “Lesa Maestà” contro Dio, non come un crimine contro la persona, contro il patrimonio o contro la società. La Morale non svolge quindi un ruolo sociale. Da un punto di vista sociale, serve solo a garantire il rispetto dell’Autorità ed il mantenimento della struttura di Potere esistente.

Questo è lo stesso meccanismo con cui si insegna ai bambini ad obbedire ai genitori: “Lo devi fare perchè lo dicè il papà, punto e basta!” Ovviamente, è anche altrettanto infantile ed altrettanto inadatto ad una società composta da pari e che deve affrontare problemi complessi.

Noi tutti, crescendo, arriviamo a stabilire la inadeguatezza di questo meccanismo non appena si presentano all’orizzonte problemi per cui il papà non è più in grado di essere una fonte autorevole di decisioni. Questo avviene, ad esempio, quando è ora di decidere il piano di studi. Non è affatto detto che nostro padre riesca a vedere con chiarezza quale può o deve essere la nostra strada nella vita. Nello stesso modo, non è affatto detto che una Autorità esterna di qualunque tipo (Dio, i suoi Sacerdoti, etc.) siano in grado di agire efficamente da guida per una società che deve maneggiare una tecnologia potente e pericolosa come la nostra.

Anzi: la presenza di un Dio al tavolo delle trattative, produce un attrito tra i membri che rende quasi impossibile lo sviluppo di un accordo razionale ed equilibrato. L’attuale situazione di stallo della legge italiana sul tema dell’eutanasia ne è un esempio evidente.

L’insufficienza della Morale

Come abbiamo detto, la Morale religiosa non svolge una funzione di regolatore sociale. Serve solo a garantire la sopravvivenza delle struttture di potere esistenti. Di conseguenza, per la soluzione dei problemi pratici, deve comunque fare affidamento all’Etica civile. Lo dimostra il fatto che persino le Religioni, che pretendono di essere “perfette ad origine” e quindi immodificabili, si adattano via via alle esigenze del mondo in cui vivono. La storia della Chiesa Cristiana Cattolica è piena di questi piccoli “adattamenti”, dovuti alla necessità di evitare confilitti stridenti con la comunità dei Fedeli.

Per capire quanto sia stato profondo questo processo di adattamento, basta leggere “Un anno vissuto Biblicamente” di A.J. Jacobs (ancora non tradotto in italiano).

In conclusione, non c’è da chiedersi se gli Atei siano in grado di produrre un’Etica. Piuttosto, c’è da stupirsi che i Credenti non si rendano conto di utilizzare, sotto altro nome, l’Etica prodotta dagli Atei nel corso dei milenni almeno nel 95% dei casi.

Alessandro Bottoni
Etica, Morale, Leggi e Società
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