Fin dove puo' arrivare l'ignoranza

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pcerini
00giovedì 29 gennaio 2009 11:43
da www.repubblica.it/2009/01/sezioni/esteri/benedetto-xvi-29/prete-lefebvriano/prete-lefebvri...

Prete lefebvriano: "Le camere a gas
servivano per disinfettare"

TREVISO - "Io so che le camere a gas sono esistite almeno per disinfettare, ma non so dirle se abbiano fatto morti oppure no, perché non ho approfondito la questione". Sono parole shock quelle pronunciate, in un'intervista alla Tribuna di Treviso, da don Floriano Abrahamowicz, rappresentante dei lefebvriani di Treviso. Le dichiarazinoi del prelato - che rifiuta di definirsi antisemita - arrivano nel pieno della polemica sul negazionismo che alligna tra i lefebvriani, scoppiata dopo il perdono del Papa.

(29 gennaio 2009) Tutti gli articoli di esteri

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Ecco qui un'articolo preso da La Stampa che parla dell'esistenza di prove fotografiche, su cui e' stato scritto un libro

da www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/Libri/grubrica.asp?ID_blog=54&ID_articolo=1893&ID_sezione=81&...

NEWS
27/1/2009 - IL GIORNO DELLA MEMORIA. FOTOGRAFIE

In fila verso le camere a gas




Gli scatti dall'orrore, ora in YouTube, raccolti da Ando Gilard


GIUSEPPE MARCENARO

Si chiamava Alex, non meglio identificato ebreo di nazionalità greca, di cui si sono perdute le tracce. Stava ad Auschwitz e a lui si devono «quattro scatti» dall'orrore.

Nell'agosto 1944 riuscì a fotografare una fila di internate nude, avviate alle camere a gas. La visione emulsiona terrore. La «sfocatura del mosso» fa sentire il tremito di chi stava scattando l'immagine. Insieme a pochissimi anonimi altri che documentarono con rudimentali macchine fotografiche nascoste l'universo concentrazionario dall'interno, Alex «fermò» il suo angosciato sguardo. L'incomprensibile e irragionevole troppo di cui era testimone. E proprio perché troppo, fuori da ogni immaginabile, sapeva che un giorno non sarebbe stato creduto.

Quando nell'estate del 1945 una sopravvissuta di Auschwitz tornò alla propria casa, la memoria era l'unico documento dell'orrore attraversato. Cominciò a raccontare. La presero per matta. Convocata al commissariato di Pubblica Sicurezza venne diffidata dal diffondere il panico. Se questo è un uomo di Primo Levi fu respinto da due editori. Fu supposto «non credibile». Tanto il racconto della donna quanto il libro di Levi erano «narrazioni». Prove dell'orrore aberrante, ma «soltanto» testimonianze. Nei «loro limiti» non facevano vedere. Poi affiorarono le «prove fotografiche» di quegli anonimi che erano riusciti a fermare ciò che sembrava impossibile comunicare con le parole. Delle povere prove dilettantesche. Tragica la loro aura. Ando Gilardi nel suo originale Lo specchio della memoria sostiene che le fotografie più documentarie e decisive per conoscere la verità sulle vicende umane degli ultimi cento anni non hanno firma. Non sono d'autore, ma l'estrema e forse unica traccia di sconosciuti.

I «fotografi» della Shoah riproducevano l'incomprensibile con occhi spogli ed esangui. Le fotografie di Alex e dei suoi compagni sono il rovescio dell'estetica. Scatti impietosamente inequivocabili. Esprimendo l'estremo limite dell'impossibile umano, sono le uniche immagini degne della costruzione di un'enciclopedia visiva del mondo. Sono infatti entrate in YouTube. Le testimonianze scritte e orali sono diventate le loro oracolari didascalie. Con strana e imperturbabile indifferenza scatenano gli impulsi delle nostre ancora incredule e lacerate anime.

Ando Gilardi
LO SPECCHIO DELLA MEMORIA
Bruno Mondadori, pp. 136, euro 17

(fonte: Tuttolibri, in edicola sabato 24 gennaio)

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