Giancarlo Bosetti e la coesione sociale

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kelly70
00venerdì 23 gennaio 2009 18:42

Il direttore di Reset, Giancarlo Bosetti, continua a non darsi pace per la mancata quadratura del cerchio all’interno del PD tra “laici e cattolici”. Sarebbe forse più corretto parlare di laici e clericali, ma Bosetti non è nuovo a queste confusioni: un anno fa si imbarcò infatti in una polemica contro Piergiorgio Odifreddi su laicità e ateismo (cfr. Ultimissima dell’8 gennaio 2008). Tre giorni fa, su Repubblica, è tornato sull’argomento con un nuovo articolo, dal titolo L’inutile scontro tra guelfi e ghibellini.
La cultura laica, vi sostiene, a differenza di quella religiosa” è stata finora incapace di affrontare il problema della perdita di coesione. La democrazia ha bisogno di «capitale sociale», di una tenuta delle ragioni per stare insieme e prendersi cura degli altri”. Prove? Poche. Cita l’apprendistato di Barack Obama presso le chiese protestanti (?) e, di sfuggita, il libro Bowling alone di Robert Putnam, che ammetto di non aver ancora letto (scritto nel 1995, è stato tradotto nel 2004 dal Mulino con il titolo Capitale sociale e individualismo: crisi e rinascita della cultura civica in America). Bosetti aggiunge: “è un dato di fatto, non di principio, che i non credenti tendano a occuparsi meno di questo e più dei diritti di scelta dei singoli. Nelle pubbliche discussioni è più spesso il cattolico a sollevare il problema dei ragazzi che si ammazzano ubriachi alla guida il sabato sera o si prendono a sprangate in curva sud la domenica. Sì, anche per i laici è tempo di meditazioni ‘religiose’”.
Come “dato di fatto” mi sembra un po’ carente. Soprattutto per quanto riguarda l’Italia. Nel nostro paese, infatti, “il dato di fatto” è esattamente l’opposto: più è forte la religione, minore è il livello di capitale sociale. E’ sufficiente dare un’occhiata alle Mappe del tesoro di Roberto Cartocci (il Mulino 2007) o, ancora più facilmente, scaricarsi lo studio di Fabio Sabatini, Un atlante del capitale sociale, dove si può trovare questa affermazione: “livelli più elevati di partecipazione a riti religiosi sono fortemente e positivamente correlati con il capitale sociale familiare e significativamente e negativamente
correlati con l’interesse per la politica, l’abitudine di tenersi informati leggendo i giornali, la partecipazione associativa e il consumo di beni relazionali”. Niente di particolarmente nuovo sotto il sole, peraltro: è quanto in pratica già sosteneva Edward C. Banfield, oltre cinquant’anni fa, in Le basi morali di una società arretrata.
Ma nello studio di Sabatini si trova anche di più: riporta infatti che in Bowling alone, proprio lo studio citato da Bosetti per il valore coesivo che attribuirebbe alla religione, si afferma che “la partecipazione religiosa può essere identificata come una forma di bonding social capital, in grado di isolare le persone rispetto al resto della comunità e ostacolare la diffusione della fiducia e la circolazione della conoscenza”. Anzi, lo stesso libro interpreterebbe espressamente la Chiesa cattolica “come una particolare forma di bonding social capital, che non è in grado di favorire la creazione di legami fiduciari e non sortisce lo stesso effetto della partecipazione ad altri gruppi più significativi dal punto di vista dell’accumulazione di capitale sociale”.
Resta forte la sensazione che, in Italia, certi intellettuali siano un po’ troppo refrattari al controllo delle fonti di quanto affermano, non andando molto oltre la riproposizione di abusati luoghi comuni e di ’sensazioni’ personali. In ogni caso, per non comportarmi come loro, vedrò di procurarmi al più presto il libro di Putnam.

www.uaar.it/news/2009/01/20/giancarlo-bosetti-coesione-...
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