I conti in tasca alla Chiesa

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kelly70
00lunedì 26 maggio 2008 14:29
di Curzio Maltese


"Pubblicato su: Repubblica il 15 maggio 2008


In quasi trent'anni di giornalismo, avevo felicemente ignorato il Vaticano e avrei continuato a farlo se non fosse stata la Chiesa cattolica a occuparsi molto, troppo, di me.

E di altri cinquantotto milioni di connazionali.

II papa e i vescovi intervengono nella vita pubblica italiana — perfino nel dettaglio delle singole leggi — molto più di quanto non faccia l'Unione europea, alla quale siamo vincolati.

Per quanto mi riguarda, ho voluto restituire la premura.

Da anni, i corrispondenti esteri a Roma mi ripetono la stessa cosa:

«Voi giornalisti italiani siete capaci di scrivere poemi sull'ultima mezza calza della politica e ignorate l'influenza della Chiesa.

Mentre per noi una notizia sul papa vale venti volte una sulla crisi di governo.

Il Vaticano è troppo importante per lasciarlo ai vaticanisti».

Ogni mattina saluto il mio vicino di casa, Udo Gumpel, della tv pubblica tedesca, che esce per andare alla sala stampa vaticana.

Ormai è diventato un esperto di teologia ratzingeriana:

«Avete San Pietro in casa e nell'archivio Rai non ho trovato un'inchiesta sul Vaticano, soltanto messe e interviste ai vescovi.

Se scoppia uno scandalo, come la pedofilia, dovete comprare i documentari della Bbc».

Ho toccato con mano la rimozione del problema quando ho cercato di documentarmi sui finanziamenti pubblici alla Chiesa cattolica: in quasi ottant'anni dal Concordato, non era mai stata fatta un'inchiesta sul tema.

Esistono naturalmente molte belle inchieste sulle finanze vaticane, quasi tutte però fra gli anni sessanta e la fine dei settanta.

Dallo scandalo Ior-Ambrosiano l'attenzione si attenua fino a spegnersi.

Negli articoli di Ernesto Rossi su Il Mondo ho trovato molte tracce utili e una riflessione della quale ho verificato la stringente attualità.

Sul numero del 17 maggio 1960, Rossi scrive: «Quando si tratta della "roba" i monsignori del Vaticano hanno la pelle delicata come quella della principessina che non riuscì a chiudere occhio tutta la notte per il pisello che le avevano messo sotto sette materassi.

L'Osservatore Romano ha incassato in silenzio la documentazione, da me portata per dimostrare che Pio XII è stato uno dei maggiori responsabili della Seconda guerra mondiale; ma ha reagito violentemente alla mia moderatissima osservazione che la politica reazionaria della Chiesa e la sua stretta alleanza con la Confindustria devono essere considerate anche un effetto dell'ingigantimento del patrimonio della Santa Sede e degli ordini religiosi che hanno avuto in pratica le clausole finanziarie contenute nei Patti Lateranensi, e una conseguenza degli investimenti massicci fatti dalla Santa Sede e dagli ordini religiosi in partecipazioni azionarie delle società elettriche e degli altri maggiori gruppi che sfruttano monopolisticamente il mercato nazionale.

Tali affermazioni, scrive L'Osservatore Romano, "destano un sentimento di pena prima che di sdegno, infatti rivelano una mente chiusa alla comprensione di quanto trascende l'interesse materiale e contingente; incapace, dunque, di misurare la realtà che contempla con il metro del proprio squallore".

A distanza di quasi mezzo secolo, l'atteggiamento della Chiesa quando si tocca la "roba" non è cambiato di una virgola.

Circa un anno fa, colpito dal volume di fuoco scatenato ogni giorno contro il governo Prodi dalle gerarchie ecclesiastiche, in un viavai di tonache sui telegiornali pubblici e privati, mi sono rivolto a un amico prete, cui mi legano stima e affetto.

Uno che ha dedicato la vita alla lotta alla povertà, all'ignoranza e alla mafia, come io non sarei mai capace di fare.

La risposta, nel tono spiccio del personaggio, è stata:

«I vescovi fanno politica.

Non vogliono il centrosinistra e si danno da fare per far cadere il governo.

Vedrai che alla fine la vera spallata a Prodi la daranno loro».

Con un candore ormai perduto, avevo allora chiesto la ragione di tanto odio politico nei confronti del cattolicissimo Romano Prodi e di un centrosinistra assai timido sui temi della laicità, certo più vicino del berlusconismo agli ideali cristiani di solidarietà.

«Nessun odio, semmai convenienza», è stata la risposta.

«Il fatto è che da quegli altri i vescovi ottengono molto di più».

Mi sono ricordato di quelle parole nelle convulse settimane che hanno preceduto la caduta del governo Prodi.

Travolto da una "spallata" finale dei vescovi.

L'episodio più noto è la mancata visita del papa all'Università La Sapienza di Roma.

Un caso da manuale; di più: da antologia storica del machiavellismo, di come si fabbrica un caso politico.

(...) In Italia il rapporto fra Stato e Chiesa non è di reciprocità.

La Chiesa può intervenire quando vuole negli affari interni italiani, mentre il contrario è vietato dall'articolo 11 del Concordato: «Gli enti centrali della Chiesa sono esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano».

Le gerarchie ecclesiastiche, dall'alto di un magistero morale, possono dunque giudicare criminali le leggi dello Stato, criticare la pressione fiscale, mettere sotto accusa una Regione o un Comune per un'apertura sui diritti degli omosessuali, e allo stesso tempo invocare contro le eventuali (in verità, scarse) reazioni la protezione del Trattato.

Il Vaticano è uno Stato estero che vive grazie all'Italia, ma ha il diritto di sputare nel piatto in cui mangia.


Se davvero le questioni etiche — il divorzio, l'aborto, la procreazione assistita, le coppie di fatto — fossero così centrali e dunque non negoziabili, la Chiesa non dovrebbe più accettare di ricevere finanziamenti e privilegi fiscali da parte di coloro — Stato ed enti locali — che giudica nemici dei valori cristiani.

Al contrario, non vi ha mai rinunciato.

Anzi, ne chiede e ne ottiene sempre di più.

Mi sono dilungato sul caso Sapienza perché anche per me, come per Clemente Mastella, la folla di San Pietro ha rappresentato, nel mio piccolo, «un'illuminazione».

Decisiva per la nascita di questo libro.

La prima domanda a cui si vuol rispondere è semplice: perché negli ultimi anni le gerarchie cattoliche hanno deciso di appoggiare il centrodestra?

La scelta è evidente e testimoniata anche dai flussi elettorali.

I cattolici praticanti in Italia sono calcolati in un terzo circa della popolazione, quanti cioè dichiarano di andare a messa (in realtà, quelli che ci vanno davvero sono ancora meno) e di essere influenzati nel voto dall'opinione del papa e dei vescovi.

La percentuale coincide con il numero di italiani che dona l'otto per mille alla Chiesa cattolica.

Questo elettorato cattolico, dalla comparsa del maggioritario nel 1994, si era sempre diviso a metà nel voto fra destra e sinistra.

Ma nel 2006 si è spostato in maniera massiccia verso il centrodestra: due terzi dei consensi contro un terzo andato alle liste dell'Unione.

La spiegazione ufficiale è la prevalenza di alcuni temi etici nella polemica elettorale, per esempio i Dico, le coppie di fatto, il presunto attacco ai valori della famiglia da parte del centrosinistra.

Ma le gerarchie cattoliche usano i temi etici per mascherare importanti interessi economici.

La vera differenza fra un governo di centrodestra e uno di centrosinistra ... sta nel diverso atteggiamento nei confronti della perenne "questua" di danaro pubblico da parte del Vaticano.

Si tratta di un do ut des fra due caste, quella dei politici e quella ecclesiastica, che passa sulla testa dei cittadini.

Gli italiani spendono per mantenere la Chiesa più di quanto spendano per mantenere l'odiato ceto politico.

Ma non lo sanno. (...)

Da laico riconosco e rispetto il diritto dei cattolici di intervenire e pronunciarsi come e quando vogliono sui temi etici.

Ma sono anche consapevole che in questo paese la libertà di un laico è considerata inferiore a quella di un cattolico.

Un laico non può offendere una persona sulla base di un pregiudizio personale, né può intromettersi nella vita privata o giudicare le scelte sessuali altrui, tanto meno boicottare le leggi dello Stato, o accusare il prossimo di reati inesistenti.

Per esempio, sostenere che la Chiesa cattolica "ruba" il danaro pubblico.

Un cattolico invece può offendere qualcuno perché è ebreo, o musulmano, o omosessuale, invitare i medici a boicottare la legge sull'aborto e bollare come "assassine" le donne che ricorrono a una pratica legale sancita dalle leggi dello Stato e approvata da un referendum popolare.

(Nota: estratto dall'introduzione del libro "La questua", Feltrinelli Editore, pubblicato da Curzio Maltese, editorialista di Repubblica)
MauriF
00mercoledì 28 maggio 2008 07:43
Una «Questua» rimasta a secco

I «soldi della Chiesa»: le tesi infondate del libro di Curzio Maltese

DI UMBERTO FOLENA

Da che parte cominciare a smon­tare La questua. Quanto costa la Chiesa agli italiani, il libro del giornalista di Repubblica Curzio Malte­se appena giunto in libreria? Ma dall’i­nizio, e dall’equivoco di fondo che Mal­tese non nasconde, anzi dichiara aper­tamente.

La confusione tra Vaticano e Santa Sede di qua, Chiesa italiana e Cei di là.

A pagina 31 sbotta: signori, è la stessa zuppa ed è vano perderci tempo. «Una volta scartati il politicamente cor­retto e il cattolicamente corretto, mi so­no concentrato su quello di cui finan­che l’autore capiva il senso: il costo del­la Chiesa, una e trina». In realtà la cor­rettezza non c’entra.

Maltese ha biso­gno di confondere Santa Sede e Cei per­ché il mirino è puntato sull’otto per mil­le, che va alla Cei ma che ai lettori va fatto credere vada al Vaticano, insi­nuando l’idea che la distinzione sia un cavillo, una pura formalità. Invece è so­stanza.

Un libro a tesi

Altra tesi iniziale: la percentuale degli i­taliani che vanno a Messa (circa un ter­zo della popolazione) e di quanti fir­mano per l’otto per mille a favore della Chiesa cattolica coincide. Si tratta in­somma delle stesse persone. Sbagliato, e lo dicono i numeri. Primo, il confron­to è tra gruppi non omogenei: di qua tutti gli italiani, di là i soli contribuenti. Secondo, a firmare è più del 40% dei contribuenti, ma mal distribuiti: sono il 61,3% di coloro che sono costretti a pre­sentare la dichiarazione (730 o Unico) e una percentuale davvero minima di chi non è obbligato, per lo più pensio­nati, che invece sono in larga misura praticanti. Un bel pasticcio. Scrive Mal­tese che questi italiani «dichiarano di andare a messa e di essere influenzati nel voto dall’opinione del papa e dei ve­scovi ». Quale sia la fonte non si sa, ma che un italiano, credente o miscreden­te, ammetta di essere «influenzato» ha dell’incredibile.

Per Ruini bastava Google

Da pagina 36 in poi, Maltese si avven­tura in brevi cenni di storia recente del­la Chiesa che farebbero sorridere un re­dattore di Topolino. Parla di «fronte pas­satista » che si oppone alle «aperture del­la Chiesa conciliare». I 27 anni di Papa Wojtyla sono così riassunti: «I risultati concreti del pontificato di Giovanni Paolo II sono il ritorno alla Chiesa pre­conciliare, l’alleanza privilegiata con le forze tradizionaliste e la progressiva ri­duzione, fino all’estinzione, del dissen­so cattolico». Fine. Non si può dire che manchi di sintesi. E Camillo Ruini? Sa­rebbe bastato Google per evitare scioc­chezze del genere: «Quando Giovanni Paolo II lo chiama a Roma da Reggio E­milia, Ruini è un giovane vescovo noto alle cronache solo per aver celebrato il matrimonio di Flavia Franzoni e Ro­mano Prodi».
Le cronache di Eva Ex­press, forse. Com’è arcinoto, Ruini, già stimato docente di teologia dommati­ca a Bologna, si fa apprezzare in parti­colare come vicepresidente del Comi­tato preparatorio del Convegno eccle­siale di Loreto (1985), dove ricopre un ruolo di primo piano.

Il prete, una 'casta' da 853 euro al mese

Capitolo otto per mille.
Ruini, assicura Maltese, ha «l’ultima parola su ogni sin­gola spesa». In un’inchiesta seria ti a- spetteresti una descrizione del sistema, di come è 'composta' la remunerazio­ne di preti e vescovi, di chi decide la de­stinazione degli aiuti all’estero... Nulla di nulla. Sembra una dittatura, con i ve­scovi a capo chino succubi dei capricci del presidente. In realtà i criteri di di­stribuzione sono oggettivi e Maltese de­ve averli letti o su Avvenire o nei siti del­la Cei, di cui finalmente pare essersi ac­corto. I preti italiani, ovunque prestino servizio pastorale (anche i fidei donum all’estero), ricevono la stessa remune­razione, a partire da 853 euro netti men­sili; idem i vescovi, che alla soglia della pensione ne ricevono 1.309. Non sono cifre segrete. Maltese pubblica la re­munerazione dei pastori valdesi (650 euro): perché non quella dei preti cat­tolici? Forse perché è così bassa da non essere minimamente riconducibile ai «privilegi di una casta»? Criteri oggetti­vi, dicevamo. La quota assegnata alle singole diocesi viene divisa per metà in parti uguali, per l’altra metà in base al numero di abitanti. Per l’estero, un ap­posito Comitato riceve le richieste e provvede alle assegnazioni. È tutto co­sì misterioso che l’elenco dettagliato dei primi 6.275 interventi è stato pubblica­to nella primavera del 2005 in un volu­me di 386 pagine, Dalla parola alle o­pere. 15 anni di testimonianze del Van­gelo della carità nel Terzo Mondo, con u­na ricca documentazione fotografica e alcuni saggi introduttivi. Il libro è stato presentato ai giornalisti in una confe­renza stampa. Escluse le testate d’ispi­razione cattolica, nessuno ne ha scrit­to niente. E quasi niente, quindi, ne ha saputo chi non legge la stampa d’ispi­razione cattolica. Si può consultare il volume online nel sito www.chiesacat­tolica.it/sictm.

Chi vota e chi no

Il sistema dell’otto per mille, scrive Mal­tese, non è democratico. In realtà è il primo caso di democrazia diretta ap­plicata al sistema fiscale. Non c’è nulla di automatico, la Chiesa non ha alcuna garanzia – per dire: nessun minimo ga­rantito – e dipende completamente dal­la volontà degli italiani, che oggi firma­no a suo favore, domani chissà. E gli a­stenuti? In gran parte sono contribuenti non tenuti a presentare la dichiarazio­ne, costretti a compiere alcune opera­zioni complesse per far valere la pro­pria firma. È inevitabile che molti, spe­cialmente se anziani, se ne dimentichi­no o rinuncino; ed è un peccato pro­prio per la democrazia. Degli altri, due terzi firmano.

Il meccanismo è analogo a quello di una votazione. Se per il Par­lamento vota l’80% degli elettori, non per questo il 20% dei seggi rimane non assegnato. Chi si astiene si rimette alla volontà di chi partecipa. In effetti non si firma per il proprio otto per mille, ma per l’otto per mille complessivo, di tut­ti. A Maltese scappano queste precisa­zioni, tutt’altro che irrilevanti.

Spot pieni zeppi di preti

Otto per mille e comunicazione. Mal­tese dà i numeri. Negli spot, scrive, le due voci – carità in Italia e nel Terzo Mondo – occupano il 90% dei messag­gi, mentre assorbono solo il 20% del­l’otto per mille. Controlliamo. Nel sito www.8xmille.it è possibile vedere ben 47 spot, con relativo documentario, de­gli ultimi anni, così distribuiti: carità I­talia 20, carità estero 15, preti 6, culto 6. La carità occupa meno del 90%. Ma ba­sterebbe guardare quegli spot per sco­prire che tra i protagonisti ci sono sem­pre dei preti, che spesso costruiscono chiese, oratori, scuole, officine... Una divisione netta per destinazioni è as­surda. Tutti i preti italiani sono impe­gnati, chi più chi meno, sul versante del­la carità; tutti i parroci custodiscono luoghi di culto.

La parola 'colletta' dice niente?

E le offerte per il clero, quelle deducibi­li? Maltese ironizza: se dipendesse dai fedeli, il clero morirebbe di fame. Ma come si fa a ignorare che la forma ordi­naria, normale, di contribuzione alle e­sigenze del parroco e della parrocchia è l’offerta fatta durante la Messa dome­nicale, o direttamente al parroco in tan­te occasioni, a cominciare dalla bene­dizione delle famiglie? È la forma ordi­naria indicata anche dal documento
Sovvenire alle necessità della Chiesa del 1988, che fonda l’intero sistema e che Maltese non cita mai. E viene il dubbio se sappia che esiste.

Ricevere per poter donare

Con dispiacere ritroviamo nel libro un’aspra dichiarazione attribuita alla moderatrice della Tavola Valdese, Ma­ria Bonafede: «I soldi dell’otto per mil­le arrivano dalla società ed è lì che de­vono tornare. Se una Chiesa non riesce a mantenersi con le libere offerte, è se­gno che Dio non vuole farla sopravvi­vere ». Che cosa Dio voglia o non voglia siamo convinti non lo possa stabilire con tanta certezza nessuno, cattolico o valdese che sia. E i soldi tornano asso­lutamente tutti a quegli italiani che li affidano alla Chiesa.

Tornano sotto for­ma di tempo dedicato a loro, di servizi, di strutture educative, formative, sani­tarie e sportive, di luoghi in cui prega­re. Altro che casta. Nulla serve a co­struire personali carriere. Chiunque ab­bia un’esperienza anche superficiale di Chiesa – cattolica o valdese – lo sa.

Il fantasma di Luciano Moggi

Un capitolo a parte merita una notizia, falsa, in fondo marginale. Ma serve a comprendere come sia stata costruita l’inchiesta. Maltese, nonostante le smentite, insiste: il 27 agosto, sul volo Mistral da Roma a Lourdes, al pellegri­naggio dell’Orp, con il cardinale Ruini c’era anche «l’invitato Luciano Moggi». Moggi non c’era, andò a Lourdes per i fatti suoi come privato cittadino. Mal­tese ci ha letti, infatti corregge un det­taglio (Boeing 737-300, non 707-200). Ma insiste: la fonte è il «blog di papa Ratzinger, ufficioso ma benedetto dal Santo Padre». Papa Ratzinger ha un suo blog? Una rapida indagine. In effetti e­siste un «Papa Ratzinger blog», tenuto da una fedele cattolica, che però sotto la testata si affretta a precisare: «Si trat­ta di una iniziativa personale che non ha alcun riconoscimento ufficiale » .
Dov’è la «benedizione»? Il sito si limita a riprodurre quattro articoli del 28 ago­sto 2007 relativi al volo Mistral. Uno so­lo, dell’Eco di Bergamo, tira in ballo Moggi. Gli altri tre no. Uno è anonimo. Uno è del Giornale. L’ultimo, sorpresa, è di Orazio la Rocca di Repubblica. Non ci sono né Moggi né il rettore della La­teranense che avrebbe benedetto il viaggio. Maltese farà bene a mettersi d’accordo con il collega. Se non basta, potrà leggersi la cronaca di Virginia Pic­colillo dell’autorevole Corriere della se­ra:
Moggi era mescolato tra migliaia di pellegrini, nella basilica a Lourdes, mentre Ruini celebrava. Tutto qui. Grande giornalismo d’inchiesta, dav­vero.

Demolite le chiese

A un certo punto Maltese stigmatizza l’eccesso di spese per tante chiese e chiesine italiane, e sembra elogiare la Francia, che le chiese «inutili» le demo­lisce. Maltese trascura un dettaglio che certo non può ignorare: lo Stato fran­cese è proprietario di tutti gli edifici di culto costruiti prima del 1905. Sono suoi, quindi se li può restaurare (a sue spese) o demolire. E la carità? Merce di scambio tra lo Stato e una Chiesa a cui è delegato il 'lavoro sporco'. Tutto qua. E comunque, «non bisogna dimentica­re che per la dottrina cattolica e per la musulmana l’azione sociale è secon­daria rispetto all’indottrinamento» (pa­gina 136). Servono ulteriori commenti?

Avvenire, 23 maggio 2008








[SM=x1061948]
Rainboy
00mercoledì 28 maggio 2008 07:57
Ciao Mauri! Qual buon vento? [SM=x789062]
=omegabible=
00mercoledì 28 maggio 2008 08:23
re


Rain,hai cambiato sesso e non mi dici nulla???????? [SM=x789051] [SM=x789051] [SM=x789051] [SM=x789051] [SM=x789052] [SM=x789052] [SM=x789052] [SM=x789052] [SM=x789052]

Cardinala [SM=x789053] [SM=x789053] [SM=x789053]



omega [SM=x789054] [SM=x789054] [SM=x789054]
Rainboy
00mercoledì 28 maggio 2008 11:09


Eh sì, mi spiace avertelo nascosto Omega, ma l'operazione era delicata e non volevo lasciarvi in ansia... [SM=x789056] [SM=x789049]
spirito!libero
00giovedì 29 maggio 2008 13:43
Ma quando la pianteranno di giocare sull'ambiguità terminologica ?

Non hanno ancora capito che quando un laico parla di chiesa intende sempre e comunque l'organizzazione strutturata delle gerarchie vaticane. Coloro cioè che prendono le decisioni, che sia il Papa in persona o l'entourage che lo circonda non importa, a costoro noi rivolgiamo le critiche ed a costoro chiediamo conto di “quanto ci costano”.

Altra obiezione spesso menzionata è la presunta problematica dell'assunzione di responsabilità che sarebbe personale e non collettiva. Questo vale se una singola persona commette un'azione per propria volontà e quando non fa parte di un gruppo, diverso è il contesto in cui le decisioni e le azioni conseguenti sono prese collegialmente. In questo caso la responsabilità è di tutti i singoli in quanto singoli e del gruppo in quanto unione dei singoli. Questo accade banalmente in tutti quei casi in cui si condanna un'azienda che, come sappiamo, non è il Sig. X, ma l'insieme delle persone che la compongono in special modo l'insieme dei dirigenti. Ebbene, quando si parla di “chiesa” ci si riferisce sempre ai dirigenti e la si critica in quanto “gruppo organizzato” che agisce a seguito di decisioni collegiali da parte della gerarchia.

La ritrita obiezione di Polymetis, ripresa peraltro a pappagallo da tutti i suoi seguaci, che vorrebbe sostenere che le “colpe” sono dei singoli non della Chiesa è una stupidaggine creata artatamente per ottenere ragione ma completamente infondata. Di fatti le colpe derivate dalle decisioni prese da una organizzazione, da un ente, non sono da imputare ad un singolo ma all'ente stesso e dunque ad ognuno dei suoi componenti che hanno contribuito alla decisione. Non solo, in alcune circostanze, anche le decisioni prese da un singolo quando questo fa parte di un gruppo sono imputabili anche al gruppo stesso. A tal proposito vorrei riportare una citazione dell'avvocato Ruffolo, legale di una delle più importanti associazioni a difesa dei cittadini italiani, che proprio a seguito di un illecito da parte di un Vescovo, citò in giudizio l'intera diocesi.

L'Av. Ruffolo, riprendendo un esempio infelice fatto da Don Angelo sulle responsabilità personali dei preti pedofili durante la trasmissione televisiva “Mi manda Raitre”, ha assicurato che poiché il prete opera in una struttura, anche la struttura paga i danni, ricordando che negli Stati Uniti la Chiesa cattolica deve pagare miliardi di dollari di risarcimento per cause di questo tipo.
In Italia - ha spiegato Ruffolo - quando qualcuno fa affidamento in un ente, in un’associazione, in un gruppo, e solo per questo va da un maestro che altrimenti non conoscerebbe, se il maestro fa qualcosa di sbagliato l’associazione ne risponde, così come se un prete fa qualcosa di sbagliato ne risponde il convento”

Saluti
Andrea
=omegabible=
00giovedì 29 maggio 2008 19:49
RE x Spirito

Caro Andrea, pienamente d'accordo!!!! Sono trascinatori funesti del corretto pensiero e della logica normalità.
Polymetis non è il solo.!!!! Potrei citarti i nomi dei futuri moderatori di quel sito capeggiato dal famoso tallone ehhh [SM=x789053]

Un caro saluto

omega [SM=x789054] [SM=x789054] [SM=x789054]
spirito!libero
00giovedì 29 maggio 2008 22:37
Re: RE x Spirito
=omegabible=, 29/05/2008 19.49:


Caro Andrea, pienamente d'accordo!!!! Sono trascinatori funesti del corretto pensiero e della logica normalità.
Polymetis non è il solo.!!!! Potrei citarti i nomi dei futuri moderatori di quel sito capeggiato dal famoso tallone ehhh [SM=x789053]

Un caro saluto

omega [SM=x789054] [SM=x789054] [SM=x789054]




E già caro Norbeto, ogni tanto, molto di rado per dire il vero, vado a sbirciare da quelle parti. In pratica non hanno più contraddittorio e possono suonarsela e cantarsela come vogliono...facile così.

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