I negrieri del terzo millennio

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Claudio Cava
00venerdì 20 aprile 2007 03:22
Immigrati rapiti, picchiati e ricattati

Negrieri del terzo millennio sulle rotte della speranza

Antonio Maria Mira


La tratta degli esseri umani non conosce sosta. Una nuova inchiesta della magistratura e della polizia ha scoperto l’ennesima organizzazione di trafficanti, i "negrieri del terzo millennio".
Un meccanismo ben oliato, una sorta di "pacchetto" del perfetto mercante di schiavi. L’immigrato paga una prima tranche per il viaggio della speranza. Poi, una volta giunto in Italia, viene aiutato a fuggire dai centri di permanenza temporanea con l’illusione di aver acquistato la libertà. Invece finisce nella mani degli aguzzini che lo tengono segregato fino al pagamento di un riscatto da parte dei suoi familiari rimasti in patria. E se non pagano, giù botte. Anche martellate, come aveva scoperto una precedente inchiesta.
Certo, c’è il rischio che qualcuno muoia, ed è successo. Ma tanto, la fila dei nuovi pretendenti al "viaggio della speranza" è interminabile. Un fenomeno epocale, con quelle nuove carovane che attraversano il deserto libico verso la costa sud del Mediterraneo e quel miraggio di miglioramento. Ma anche, e sempre di più, fenomeno criminale. Pure questo apparentemente interminabile. Le forze dell’ordine smantellano una banda e subito, o quasi, se ne forma un’altra. Il guadagno è altissimo, i costi limitati, il rischio comunque messo in conto.
Non è quindi da escludere (e alcune inchieste lo hanno provato) un coinvolgimento anche delle mafie italiane, almeno sotto il profilo del controllo del territorio. Una sorta di "royalty" sugli sbarchi. Nessuna concorrenza, dunque, ma spartizione degli affari e dei profitti. Anche perché poi alcuni immigrati finiscono, come sfruttati o come manovalanza, nel circuito criminale gestito, questo sì, dalle cosche nostrane. «Il fenomeno dello sfruttamento dell’immigrazione clandestina non finirà mai», commentava ieri con amaro realismo il procuratore di Catanzaro Mariano Lombardi. E il sostituto procuratore Luigi De Magistris, titolare dell’indagine, aveva aggiunto che «le operazioni di polizia sono sicuramente importanti su l piano repressivo, ma non risolvono un problema che è estremamente complesso».
Mano dura, dunque, ma non basta. E non bisogna illudersi che bastino gli accordi bilaterali con i Paesi di provenienza dell’immigrazione. Paesi che hanno spesso apparati amministrativi e di polizia molto approssimativi e poco efficienti. C’è una sorta di impotenza, è come tentare di svuotare il mare col secchiello. Eppure non bisogna abbassare la guardia. Soprattutto per quegli uomini, per quegli occhi che guardano al di là del mare verso le nostre coste, sognando un futuro migliore. E che, invece, si imbattono in nuove, sconfinate sofferenze.

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