Gentile direttore, da un po’ sentivamo la mancanza della voce del cardinale Camillo Ruini, ed eccolo, nella prolusione al Consiglio Permanente della Cei, tornare sui temi diventati una vera ossessione per la Chiesa: i Pacs, le coppie gay, l’eutanasia. Se uno volesse andare a cercare qualcosa nel Vangelo che possa collegarsi a questi problemi, farebbe una inutile fatica. Tranne i discorsi di Gesù sul divorzio, che riguardano marito e moglie, non c’è una sola parola che possa minimamente alludere ad una discriminazione tra persone che stanno insieme perché si amano e vogliono procreare, e persone che stanno insieme perché si amano e non vogliono o non possono procreare. Nulla. Non erano problemi, se di problemi si tratta, che interessavano il Signore. Il cardinale si è mostrato addolorato poi per il “no al funerale religioso” per Welby: “Nel prendere una tale decisione non è mancata la consapevolezza di arrecare purtroppo dolore e turbamento ai familiari e a tante altre persone, anche credenti, mosse da sentimenti di umana pietà e solidarietà verso chi soffre”. Come non vedere in queste parole un po’ d’ipocrisia? Come non accostarle a quelle del Catechismo, riguardo agli omosessuali, fatti passare dalla Chiesa per grandi peccatori, bistrattati e umiliati da secoli, ma che, come poveri disgraziati, “devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza” (cf n. 2358 del Catechismo)?
La lettera di Renato Pierri è stata pubblicata oggi sulla Stampa
www.uaar.it/news/2007/01/24/ritorno-del-cardinale-ruini/