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kelly70
00venerdì 5 febbraio 2010 19:13
Bari, D'Addario indagata. Ipotesi: complotto anti-Silvio

Le rivelazioni sono del settimanale 'Panorama'. L'escort che ha fatto tremare Berlusconi è finita nel mirino dei giudici di Bari insieme con altre dodici persone. Caccia a un presunto trasferimento di 1,5 milioni di euro dall'Italia al Qatar. Decisiva la collaborazione di Tarantini, l'imprenditore che la presentò al Cavaliere e ora sta vuotando il sacco


5 febbraio 2010 - Patrizia D'Addario è indagata per associazione a delinquere. Lo rivela il settimanale 'Panorama', in edicola da oggi, che fa il punto sulle indagini dei magistrati di Bari riguardo il presunto complotto ordito ai danni di Silvio Berlusconi dalla escort barese. In un detagliato resoconto, a firma Gianni Amadori, Panorama aggiunge che, oltre alla D'Addario, risultano indagate altre dodici persone. Ecco il testo integrale del servizio, ripreso da dagospia.com

Giacomo Amadori per 'Panorama'

È sabato 30 gennaio ed è appena terminata la cerimonia d'inaugurazione dell'anno giudiziario. Al quarto piano della procura di Bari il capo dell'ufficio, Antonio Laudati, si ritrova a faccia a faccia con alcuni dei suoi sostituti. Sul tavolo l'ultima copertina di Panorama intitolata «Il complotto».

Ventiquattr'ore prima la stessa procura, dopo avere esaminato il testo con puntiglio da esegeti, si era limitata a escludere, in una nota ufficiale, che fosse iscritta una notizia di reato che riguarda «accordi fraudolenti miranti a una calunniosa rappresentazione processuale».

Dietro il criptico linguaggio giuridico si celava ciò che i magistrati non potevano smentire: l'esistenza di un'inchiesta che, come vedremo tra poco, ruota intorno a Patrizia D'Addario, la escort di Palazzo Grazioli, e si muove su tre livelli, legati fra loro da diversi filoni, ipotizzando, al termine di questo percorso, un «complotto» contro il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Infatti le varie inchieste portano a una conclusione univoca: l'affaire D'Addario ha una genesi tutt'altro che lineare e nasconde, secondo gli inquirenti, una precisa regia. Da tempo i magistrati fanno ipotesi su chi possa averla gestita, ma per non vanificare il lavoro sin qui svolto, e correre il pericolo di essere accusati di costruire teoremi fantasiosi, hanno scelto di inabissarsi come un sommergibile. Sino alle prossime, imminenti misure cautelari.



IPOTESI DI ASSOCIAZIONE A DELINQUERE

Certamente a Bari la D'Addario è indagata per associazione a delinquere. Non è la sola, con lei sono finite sotto inchiesta una dozzina di persone. Il reato associativo è una cornice che serve al procuratore Laudati e ai sostituti che lo affiancano, Giuseppe Dentamaro e Teresa Iodice, per poter investigare ad ampio raggio.

Il nome della D'Addario, prima dello scandalo politico, era noto in tribunale per la ventina di procedimenti pendenti in cui è coinvolta sia come parte offesa sia, e sono la maggior parte, come indagata o imputata.

Nella primavera 2009 hanno iniziato a interessarsi a lei anche Pino Scelsi ed Eugenia Pontassuglia, pm della Direzione distrettuale antimafia, nell'ambito di un'indagine di criminalità organizzata avviata per capire se esistesse un collegamento tra la malavita e il reclutamento delle prostitute, come lasciava supporre un attentato subito da un'amica di Patrizia D'Addario legata a un membro del clan Parisi (uno dei gruppi più temuti della criminalità barese).

Nella prima metà di giugno la escort si reca in procura per raccontare la sua notte a Palazzo Grazioli. Qualche settimana dopo incappa nell'indagine sulla fuga di notizie e sulla genuinità delle registrazioni audio effettuate nella dimora del premier. Infatti gli inquirenti si accorgono che il contenuto delle trascrizioni dei nastri consegnati nelle redazioni non corrisponde a quello delle bobine in possesso della procura, segno questo di una possibile strumentalizzazione delle informazioni.

Ma fermiamoci un attimo. Questo è il primo livello dell'inchiesta è ha come tappa finale l'individuazione dei pubblici ufficiali che sono all'origine delle falle nel segreto istruttorio.

Non soltanto per le registrazioni della D'Addario, ma anche per la pubblicazione dei verbali secretati di Gianpaolo Tarantini. Su questo versante, secondo quanto risulta a Panorama, l'accusa avrebbe raccolto riscontri inconfutabili. Tra giugno e settembre 2009 (dal periodo delle prime fughe di notizie su Patrizia D'Addario a quelle su Tarantini) sarebbero stati compiuti diversi passi falsi da parte di giornalisti e investigatori. Inciampi per cui nessuno dei detective, per ora, è stato trasferito, nonostante siano stati immortalati da foto e videotape che proverebbero bugie e responsabilità.

IL VIAGGIO IN QATAR

Per conoscere i nomi di questi servitori dello Stato infedeli non sarà necessario attendere molto: le richieste di misure cautelari o interdittive, infatti, saranno esaminate dall'ufficio del giudice delle indagini preliminari. I provvedimenti non riguarderanno figure di secondo piano ma toccheranno tra gli altri ufficiali della Guardia di finanza e dei carabinieri. Questo snodo sarà fondamentale.

Quando infatti sarà acclarato che, come ipotizzano gli inquirenti sulla scorta di numerosi atti compiuti nell'arco di sei mesi, il flusso di notizie coperte da segreto si inserisce in una strategia mirata a screditare il presidente del Consiglio, l'inchiesta potrà considerare individuato il primo livello e puntare a quello successivo al centro del quale c'è la D'Addario.

L'estate scorsa il suo ex amante e protettore, Giuseppe Barba, l'ha denunciata per stalking e durante la sua deposizione fiume del 5 agosto il pm Dentamaro, di nuovo lui (e non è un caso), ha trovato lo spunto per aprire un nuovo filone d'indagine, quello incardinato, per ora, solo su un'ipotesi di associazione per delinquere. La notizia di reato è un presunto trasferimento di 1,5 milioni di euro dall'Italia al Qatar. Dentamaro, specializzato in fascicoli riguardanti le cosiddette fasce deboli, conosce benissimo la D'Addario e le ha dato credito in un processo, facendo condannare Barba nel 2006 per favoreggiamento della prostituzione.

Questo non gli ha impedito, due anni dopo, il 3 luglio 2008, in occasione della richiesta di archiviazione per una denuncia, di ricredersi sul conto della donna e di liquidarla con queste parole: «Può validamente affermarsi che risulta compromessa l'intera credibilità della suddetta».

Il magistrato, dopo avere trovato i riscontri al viaggio della signora nella Penisola arabica, adesso vuole capire se anche le restanti dichiarazioni di Barba siano plausibili. Resta da scoprire perché la D'Addario avrebbe trasportato soldi all'estero: per costituire fondi neri? Per trasferire oltreconfine le mazzette incassate da eventuali amici politici? O magari per ripulire capitali di provenienza illecita? A dicembre, a Bari, un'imponente inchiesta antiriciclaggio ha portato all'arresto di un'ottantina di persone, molte legate al già citato clan Parisi. Un filone che non ha ancora finito di riservare sorprese. Certamente la donna, nonostante le dichiarazioni dei redditi da indigente, negli ultimi mesi è al centro di accertamenti finanziari capillari che hanno permesso di appurare l'esistenza di numerosi conti correnti italiani ed esteri riferibili direttamente a lei, ai parenti più stretti o a prestanome.

In particolare gli investigatori hanno puntato gli occhi su un tesoretto depositato presso una banca italiana, un gruzzolo non lontano da 1 milione di euro che sarebbe affluito negli ultimi mesi. Una ricchezza che per gli inquirenti non può essere giustificata con l'improvvisa notorietà della signora, anche perché lei, nella sua recente autobiografia, giura di non essersi mai fatta pagare per le interviste.

In procura sospettano che tutti quei soldi possano essere il premio per il ruolo recitato in questi mesi, quello di nemica giurata del premier. Anche se qualche investigatore non esclude che, viste alcune recenti frequentazioni della donna, quei soldi possano non appartenere a lei.

Ma questa è una storia che merita di essere approfondita in un altro capitolo. Qualunque sia l'origine di quel denaro, di certo, secondo i pm, la «pupa» con le sue rivelazioni non ha agito in questi mesi autonomamente e anzi sarebbe stata «eterodiretta». E per questo l'accusa ha iniziato, rimanendo sott'acqua, a dare la caccia ai presunti pupari. Per scovarli, dovranno risalire al cosiddetto terzo livello, senza farsi cogliere dalle vertigini. Intanto hanno iniziato ad annotare i nomi degli agenti e dei collaboratori che stanno gestendo i frequenti viaggi all'estero di Patrizia D'Addario.


FILMATI GLI INCONTRI BOLLENTI

Nomi che vengono conservati come reliquie dagli investigatori. A proposito della presunta cabina di regia, in procura non escludono che chi ne fa parte possa avere selezionato la D'Addario già nel 2008 per poi affidarla all'imprenditore Gianpaolo Tarantini, che ha poi condotto la donna con il registratore nelle stanze di Berlusconi.
Ma questa è la pista più insidiosa all'interno dello scenario del complotto che si sta delineando ai danni del premier. Ed è proprio per questo motivo che, allo stato attuale, bisogna concentrarsi sulla parte della trappola informativa ordita dopo le registrazioni della D'Addario.Qui i possibili registi sarebbero stati, ironia della sorte, ripresi dalle telecamere della polizia giudiziaria impegnata in alcuni appostamenti a Bari e, forse, anche dagli occhi elettronici di investigatori privati. Immagini e foto sono state fatte nei giorni precedenti la decisione della D'Addario di consegnare al Corriere della sera la sua intervista denuncia (dopo essersi prima proposta a un settimanale e, a quanto risulta a Panorama, a un altro importante quotidiano).

Secondo quanto sostenuto dal Fatto quotidiano, sarebbero stati filmati incontri tra il senatore del Pd Alberto Maritati (a lungo sostituto procuratore a Bari fino al 1999) e il pm Scelsi, tra Maritati e l'avvocato Maria Pia Vigilante (difensore della D'Addario), tra quest'ultima e una giornalista.

Maritati ha confermato gli incontri escludendo di aver parlato dell'inchiesta. Di certo quando Laudati e i suoi sostituti avranno disvelato il meccanismo che ha indirizzato le azioni del primo livello, la vicenda sarà più decifrabile e sarà evidente come giornali italiani e stranieri abbiano di fatto creato una struttura che ha agito in maniera sinergica e che ha avuto come conseguenza quella di danneggiare l'immagine del presidente del Consiglio.

Un'organizzazione che apparentemente si è limitata a raccogliere oggettivamente il racconto della D'Addario, ma che in realtà, secondo l'accusa, si è messa in moto su impulso di politici, magistrati e personaggi senza scrupoli che hanno cercato di usare la signora come un'arma.



TARANTINI VUOTA IL SACCO

Ma sulla scena del delitto hanno lasciato troppe prove. Presto si scoprirà pure quali frutti stia dando la collaborazione avviata da Tarantini con gli inquirenti. L'imprenditore ha già messo in fila ore di interrogatori in cui ha fornito numerosi riscontri alle sue dichiarazioni. L'uomo non si è sottratto a nessuna domanda.

Per esempio, ha chiarito i suoi rapporti con Roberto De Santis (vedere il riquadro a destra), fulcro del potere dalemiano in Puglia. I magistrati hanno chiesto conto dei vari contatti e di un incontro fra i due in piazza Navona, a Roma, nella primavera del 2009. La coppia era insieme pure nell'estate di due anni prima, quando incrociò nel mare di Ponza l'allora ministro degli Esteri Massimo D'Alema, con il quale si ritrovò allo stesso tavolo per cena. Nel ristorante, fra i commensali, sedeva pure l'allora capo di stato maggiore della Guardia di finanza, generale Paolo Poletti.

A riprova della capacità di Tarantini di tessere relazioni ad altissimi livelli gli inquirenti hanno annotato diverse telefonate dell'imprenditore proprio con Poletti, nominato nel novembre 2008 vicedirettore dell'Aisi, il servizio segreto che si occupa della sicurezza interna. Pupari, servitori dello Stato infedeli, 007: gli ingredienti per una perfetta spy-story non mancano, anche se rischiano di avvelenare il clima in procura, dove ormai la diffidenza contraddistingue persino i rapporti tra magistrati. Dopo l'annuncio di Panorama di un possibile fascicolo riguardante rilievi quanto meno disciplinari per le toghe, i pm sospettano gli uni degli altri. Alcuni sono allarmati financo dalle domande dei giornalisti, in cui temono di decifrare annunci di indagini a loro carico. Ma presto la partita si giocherà a carte scoperte.

PATRIZIA A PROCESSO IL 25 FEBBRAIO


Patrizia D'Addario non colleziona solo audiocassette, ma anche avvocati e cause giudiziarie. A uno degli ultimi controlli risultavano 17 procedimenti iscritti a suo nome: in dieci era indagata o imputata, nelle altre parte offesa. Sulla sua fedina penale per ora c'è solo una condanna definitiva risalente al 1998 per truffa e calunnia.

Il 25 febbraio si dovrà presentare in tribunale per rispondere come imputata delle accuse di minaccia a pubblico ufficiale e calunnia. Nel febbraio 2007 aveva chiesto a tre poliziotti del reparto prevenzione crimine di non far rimuovere la sua auto in sosta vietata. Di fronte alla loro fermezza, li aveva aggrediti: «Adesso vi faccio vedere come mi sento male e vediamo poi cosa fate». Quindi aveva aggiunto: «Chiamo i giornalisti e ve la faccio pagare cara, bastardi».

Certo questo processo la preoccupa meno di quello in cui era accusata di duplice tentato omicidio. Nel dicembre 2006 fu protagonista di un vero e proprio autoscontro con l'ex amante-protettore. Alla fine l'uomo ebbe la peggio e finì fuori strada con la macchina. Si legge nell'informativa dell'epoca della polizia stradale: «Il rocambolesco inseguimento tra i due veicoli coinvolgeva, tra l'altro, anche l'autovettura condotta da V. M., la quale veniva dapprima superata a destra da un'Alfa Romeo 147 di colore grigio e sucessivamente da analogo veicolo di colore scuro (guidato della D'Addario ndr) che la attingeva sulla fiancata destra». L'ex amante preferì non costitursi parte civile e nel marzo 2008 la D'Addario fu assolta dalla pesante accusa.



LA RUBRICA DI TARANTINI

Per tutti erano i tre moschettieri: Gianpaolo Tarantini, Alessandro Mannarini e Massimiliano Verdoscia. Giovani, benestanti, circondati da belle donne. Nel 2009 la procura di Bari li ha messi sotto inchiesta per spaccio di stupefacenti e li ha spediti agli arresti domiciliari. Mannarini, rampollo di una famiglia di banchieri salentini, assisitito dall'avvocato Marco Vignola, ha deciso di collaborare e il 23 dicembre scorso, durante il suo quarto interrogatorio, ha consegnato un'agenda nera che potrebbe imprimere una svolta alle indagini.

Si tratterebbe della rubrica di Tarantini, imprenditore nel settore delle protesi sanitarie, compilata dall'aprile all'agosto 2008, quando i tre trascorsero un mese in Costa Smeralda per avvicinare Silvio Berlusconi. Mannarini ha descritto nei particolari ai pm Giuseppe Scelsi ed Eugenia Pontassuglia la sua versione del cosiddetto sistema Tarantini: i due, a bordo di una Bmw o di una Range Rover, andavano ogni mattina a ritirare 5-10 mila euro in contanti nell'agenzia di una banca di fronte alla sede Regione Puglia.

Quindi, dopo aver infilato il denaro in una busta, iniziavano un pellegrinaggio tra asl, ospedali e cliniche (tutti appuntamenti segnati nell'agenda). A fine giornata i soldi erano stati tutti distribuiti. Regali che sarebbero serviti a favorire gli affari dei fratelli Tarantini (Gianpaolo e Claudio, per Mannarini la mente del sistema).

L'indagato ha consegnato ai magistrati anche tre dischetti dell'ex amico e due sim card che sarebbero servite a contattare alcuni personaggi importanti per comunicazioni riservate. Le chiamate partite da quei numeri potrebbero far salire il livello dell'inchiesta.

Rispondendo alle domande dei pm, Mannarini ha spiegato che Tarantini era stato introdotto nel mondo della sanità pugliese da alcuni personaggi influenti e in particolare da Roberto De Santis, il «finanziere» del Pd considerato molto vicino a Massimo D'Alema.

Il giovane ha parlato anche degli incontri di Tarantini con l'imprenditore Enrico Intini e l'avvocato Salvatore Castellaneta nello studio e nella masseria di quest'ultimo, dimora da cui lo stesso D'Alema annunciò in televisione le possibili «scosse» giudiziarie contro Silvio Berlusconi, due giorni prima che esplodesse l'affaire D'Addario.

Mannarini ha spiegato che il nome della donna non compare nell'agenda perché sino al settembre 2008 non la conoscevano e che a presentarla a Tarantini sarebbe stato Verdoscia.

quotidianonet.ilsole24ore.com/cronaca/2010/02/05/289549-bari_addario_indaga...
=omegabible=
00venerdì 5 febbraio 2010 21:11
RE

Cara Kelly, ho letto il post e al di là di ogni altra considerazione la spiccata preferenza per la topa da parte del premier dovrebbe in un certo senso salvare il culo agli italiani!!! [SM=x789053] [SM=x789053]

Rassegnatevi, siete vittime sacrificali!!!!! [SM=x789052] [SM=x789052] [SM=x789052] [SM=x789052] [SM=x789052]


omega [SM=x789054] [SM=x789054] [SM=x789056]



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