La Religione della vita

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kelly70
00mercoledì 9 aprile 2008 21:41
Teoria e pratica dell'omicidio nella Chiesa Cattolica


La Chiesa è chiamata a manifestare… la sua volontà …

di difendere contro ogni insidia la vita umana,

in qualsiasi condizione e stadio di sviluppo si trovi.


(Giovanni Paolo II, Familiaris consortio)



Enunciata la Legge che vieta di uccidere,

il parroco dovrà subito indicare le uccisioni che non sono proibite....

Vi sono anzi delle uccisioni compiute per espresso comando di Dio


(Catechismo romano, 1566)


Presentazione

E' in pieno corso la campagna elettorale e, con essa, la "campagna per la vita" da parte della Chiesa e dei partiti che ne cercano il voto. Il 3 febbraio 2008, celebrando la "giornata per la vita", Benedetto XVI ha affermato che si deve "Amare e servire la vita, dal suo inizio al suo naturale tramonto", cioè dal costituirsi dello zigote, come aveva detto altra volta, fino a quando il malato può essere tenuto in vita anche fra enormi dolori, col ricorso alle macchine. Parole, quelle del 3 febbraio, con cui il papa voleva sottolineare il proprio consenso al documento firmato il giorno prima da alcuni neonatologi e ginecologi delle università romane (Sapienza, Tor Vergata, Gemelli e Campus Biomedico), in cui si affermava che anche il bambino nato "in estrema prematurità va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio e assistito adeguatamente" e che, nel caso in cui il feto nasca vivo dopo un'interruzione di gravidanza, il neonatologo dovrebbe intervenire per cercare di animarlo, "anche se la madre è contraria".

Quel che il documento intendeva in realtà dichiarare era il dovere di tenere ad ogni costo in vita feti malformati e con gravi anomalie, destinati a una vita di sofferenze. Le stesse sofferenze cui sono destinati i malati terminali, se non siano a loro risparmiate dalla riduzione allo stato vegetale.. E tuttavia anche nel caso di un paziente in "stato vegetativo permanente" e non reversibile non è consentito interrompere il nutrimento, l'idratazione e le cure che lo tengono in vita - come ha affermato nell'agosto-settembre 2007 la Congregazione della fede in una risposta, approvata dal papa, a un quesito dei vescovi statunitensi.

Questo dà l'idea del tipo di vita che la Chiesa cattolica è impegnata a tutelare con una campagna forsennata contro l'aborto e l'eutanasia, nel momento stesso in cui l'altro "corno" di tale campagna, cioè la condanna della contraccezione e l'invito ai governi "amici" del Terzo mondo, specie dell'Africa, a non diffondere la pratica dei preservativi, causano milioni di morti ogni anno, da decenni, per Aids.

La difesa delle vite "potenziali", di quelle dei "non nati" e di quelle dei malati allo stato vegetale o di quelli terminali, che invocano la morte come una liberazione, unita al disprezzo per le vite "reali", è una caratteristica anche degli atei devoti come Giuliano Ferrara, che sta conducendo una personale crociata in Italia contro gli aborti delle donne "assassine" dopo averne condotta una, qualche anno fa, a sostegno della guerra che ha causato fino a oggi un milione di morti in Iraq.

Ma lo sviscerato amore per i feti unito a un odio smisurato per le loro madri e per i loro figli adulti, mandati a morire in guerra, oltre che per eretici, streghe, infedeli, omosessuali, nemici dello stato pontificio (finché c’era), sottolineano con una lunga ininterrotta scia di sangue tutta la storia della Chiesa, da dodici anni dopo la concessione di libertà di culto ai cristiani fino ad oggi. Costante di tutta questa storia è un amore per la vita tanto ostentato quanto smascherato, nella sua impudente ipocrisia, dalla teoria e dalla pratica quotidiane dell'omicidio e delle stragi.

E' quanto documenta questo breve testo, che non considera tutti gli omicidi, le stragi o le azioni di guerra imputabili a cattolici ma solo quelli più direttamente ricollegabili (e anche in questo caso senza pretesa di completezza) ai papi, ai concili e ai dottori della chiesa, o da essi teorizzati e giustificati.

w.p.



Pasqua 2008

Le uccisioni “volute da Dio”

La nostra storia comincia all'inizio del IV secolo, quando l'imperatore Costantino concesse la libertà di culto ai cristiani “come a tutti gli altri”, affermando, nell’Editto di Milano del 313, che “la libertà di religione non può subire costrizione” (1), ma poi decretando, appena dodici anni dopo, come presidente del I Concilio di Nicea del 325, che “se qualcuno fosse trovato di avere nascosto un libro composto da Ario e non lo distrugga subito nel fuoco, deve subire la pena di morte” (2).

Che si devono abbattere i templi dei falsi dei e uccidere gli idolatri, secondo l'insegnamento della Bibbia, lo affermò nel 347 anche il neoconvertito Firmico Materno (3). E la cosa fu messa in pratica da vescovi che, come Ambrogio di Milano, assaltarono sinagoghe, o da vescovi preti e laici cristiani che distrussero templi pagani e uccisero nel 415 Ipazia, singolare figura di donna-scienziato.



Quanti morti costa un papa

Ma uno dei primi e più significativi massacri avvenne a Roma fra i partigiani di Damaso I (366-84) e quelli di Ursino, entrambi aspiranti al tropo papale. Le due fazioni si scontrarono per tre giorni con morti e feriti. “L'ardore di Damaso e Ursino per occupare la sede episcopale”, scrive lo storico pagano Ammiano Marcellino, “superava qualsiasi ambizione umana….Damaso ebbe la meglio: la vittoria, dopo molti scontri, arrise al suo partito; nella basilica di Sicinnio, dove i cristiani erano riuniti, furono trovati 137 morti.... Non c'è comunque da meravigliarsi, considerando lo splendore di Roma, che un premio così ambito accendesse il desiderio di uomini maliziosi e determinasse le lotte più feroci e ostinate. Una volta raggiunto quel posto, si gode in santa pace della fortuna assicurata dalle donazioni delle matrone, si va in giro in cocchio vestiti elegantemente, si partecipa a banchetti il cui lusso supera quello della tavola imperiale” (4) . Per premio della vittoria conquistata sul campo a prezzo di oltre cento morti, Damaso fu anche fatto santo…



La teoria della guerra giusta

La pratica della violenza si intreccia alla sua legittimazione: in questi secoli infatti il dottore della Chiesa Agostino elabora, richiamandosi alle guerre “intraprese da Mosé” su ordine di Dio stesso la dottrina della “guerra giusta” . Rovesciando le argomentazioni addotte dai pacifisti cristiani contro la guerra, Agostino sostiene che proprio per mettere fine agli orrori solitamente imputati alle guerre si deve farle e imporre così la desiderata pace: “l'umana durezza…. non si meravigli o si scandalizzi delle guerre intraprese da Mosè, poiché seguendo in esse i comandi divini egli non fu crudele ma obbediente, né Dio nell'ordinarle era crudele, bensì ripagava chi meritava secondo i suoi meriti e intimoriva i degni. Cosa infatti si biasima nella guerra? Forse il fatto che muoiano quelli che sono destinati a morire, perché i destinati a vivere siano sottomessi nella pace? Obiettare questo è proprio dei paurosi, non dei religiosi. Il desiderio di nuocere, la crudeltà della vendetta, l'animo non placato e implacabile, la ferocia della ribellione, la brama di dominare e simili: è questo che a ragione si biasima nelle guerre. È soprattutto per punire a buon diritto simili cose che le guerre vengono intraprese dai buoni, per ordine di Dio o di qualche altro potere legittimo” (5).

Tale ragionamento è fondato sui testi dell'Antico Testamento in cui Dio guida la guerra “santa” di Israele. “Si è spesso attribuita a sant'Agostino l'elaborazione di una dottrina della guerra giusta che si sarebbe in seguito evoluta verso la guerra santa e la crociata.", scrive Jean Flori in un suo saggio sulla guerra santa. “E' piuttosto l'inverso. Infatti, per provare che malgrado l'atteggiamento pacifista di Gesù e malgrado il Vangelo, Dio non è radicalmente ostile alla violenza armata, sant'Agostino invoca l'Antico Testamento, nel quale le 'guerre del Padre Eterno' sono frequenti” (6) In una parola la dottrina della guerra giusta e la sua successiva evoluzione in guerra santa e guerra di conquista riceve legittimità ed esempio dalla prima guerra santa, quella di Israele.

Anche un altro santo poco posteriore ad Agostino, Cirillo di Alessandria (prima metà del V secolo), si rifà all'Antico Testamento per definire le stragi "”frutti della devozione al Signore” (7). In ogni caso la dottrina della guerra giusta sarà ripresa e sviluppata da Tommaso d'Aquino e tenuta ferma dalla Chiesa fino ai giorni nostri.



Lo stato deve punire chi offende la fede

Circa mezzo secolo dopo Leone I Magno (440-61), il papa che secondo la leggenda fermò Attila alle porte di Roma, giustificò un'altra violenza omicida, quella contro gli eretici. Parlando infatti dell'uccisione dell'eretico Priscillano e dei suoi seguaci ad opera dell'imperatore, avvenuta circa un secolo prima, affermò che se la gente si smarrisce “allora è il potere imperiale che deve intervenire per sopprimere energicamente, come nemici dello stato, che si vanta giustamente di essere l'autorità dei cristiani, coloro che disturbano la pace della fede” (8). E' qui la giustificazione del ricorso allo stato come “braccio secolare” che caratterizzerà più tardi la Santa Inquisizione e la legittimazione dell'omicidio per motivi di fede.



Ci si uccide anche fra papi

Passano altri cinquant'anni, durante il quale gli scontri per il soglio papale sono frequenti. Alla morte di Anastasio II, le due fazioni principali di Roma eleggono ognuna il proprio vescovo, uno dei quali - Simmaco (498-514) - è ostile a Bisanzio e quindi gradito a Teodorico, re dei Goti che regna da Ravenna sull'Italia. Simmaco è inoltre accusato di aver corrotto alcune persone della corte ravennate capaci di influire sulla sentenza di Teodorico che gli è favorevole.

Ma prima gli scontri durano a lungo, nota Rendina, “in un clima da guerra civile che infuria tra disordini e zuffe nelle chiese e per le strade” (9): “un gran numero di preti, diaconi e laici”, scrive Luigi Desanctis, “furono uccisi nella mischia, e ciascuno dei due papi dichiarava santi e martiri coloro che morivano per sostenere lui, e dannati coloro che morivano per il partito opposto. Paolo Diacono e Anastasio bibliotecario dicono che in quella guerra si commisero da una parte e dall'altra atrocità da cannibali; le vergine consacrate a Dio appartenenti a un partito, erano prede dall'altro e sovente esposte integralmente nude alle beffe del popolo e battute con verghe” (10). Alla fine Simmaco ne uscì papa…e santo.

Anche nel secolo successivo (siamo in un periodo, si noti, in cui il papato non ha ancora il potere temporale) i papi, coinvolti in dispute teologiche e accusati di allontanarsi dall'ortodossia, ricorrono al delitto per assicurarsi il trono. E' il caso di Vigilio (537-55), che fece deporre Silverio dal generale bizantino Belisario e si fece eleggere papa al suo posto facendo morire di fame nell'isola di Palmaria, come attesta lo stesso Liber pontificalis, il suo predecessore (11). Morì nel 555 per mano, secondo voci molto insistenti anche se non del tutto controllate, del suo successore Pelagio I (556-61).



Dio insegna che i gay meritano la morte

Un altro aspetto visibile già da questi secoli fu la ostilità della Chiesa verso gli omosessuali, che si tradusse in una durissima legislazione dei sovrani cristiani. Il legame esplicito con le Sacre Scritture e con l'interpretazione cattolica, divenuta tradizionale, del peccato di Sodoma si trova nel Corpus Iuris Civilis di Giustiniano, nella Novella 141 del 559, in cui già affiora l'identità peccato-reato tipica delle società teocratiche: “Sappiamo.. avendolo appreso dalle Sacre Scritture, quale giusta punizione Iddio abbia inviato a coloro che un tempo abitavano Sodoma, per questo loro ardore di congiungersi, così che fino ad ora quella terra brucia di perpetuo fuoco. Tutti, badando al timor di Dio, devono astenersi da quest’azione scellerata ed empia…. Notifichiamo altresì successivamente a tutti coloro che siano consci di aver peccato riguardo a qualcosa di ciò, che se non desisteranno e, annunziatisi al beatissimo patriarca, non penseranno alla propria salvezza, per tali empie azioni placando Dio entro la Santa Festa di Pasqua si attireranno le più atroci pene, come per nulla in seguito degni di indulgenza” (12).

Di norme che riecheggiano la legislazione ecclesiastica coeva vi è traccia anche in una legge visigotica (13) del VII secolo e alle leggi ecclesiastiche del tempo si ispirano nel 739-41 le normative dell'imperatore d'oriente Leone III l'Isaurico che prevedono la pena di morte per gli omosessuali eccetto se minori di dodici anni e “il taglio del membro” per i colpevoli di bestialità (14).

L'avversione per la sodomia si tradusse con il 16° Concilio di Toledo del 693 nell’anticipazione dell'inquisizione. Il canone 3 stabiliva infatti che il sodomita va “escluso da ogni convivenza sociale, frustrato, privato della capigliatura ed esiliato” (15).

(continua..)

www.fisicamente.net/index-1726.htm

=omegabible=
00mercoledì 9 aprile 2008 22:15
RE

Grazie Kelly, anche quelli di oggi sono degni eredi di simile schiatta!!!!! [SM=j1474747]


Devono schiattà!!!! [SM=x789048] [SM=x789048]


omega [SM=x789054] [SM=x789054] [SM=x789054]
kelly70
00giovedì 10 aprile 2008 18:41


Lo stato pontificio. Guerre pubbliche e vendette private

Intanto, con Gregorio Magno (590-604) i papi cominciano a governare una vasta proprietà e la giurisdizione papale comincia ad estendersi oltre Roma. Ciò accresce il loro coinvolgimento nelle vicende terrene e nelle guerre. Nel 717, ad esempio, Gregorio II fece intervenire l'esercito del duca di Napoli per impadronirsi di un castello. Successivamente prese lui stesso la guida dell'esercito dell'esarcato di Ravenna, represse la rivolta di Tiberio Petaso, lo uccise e ne inviò la testa all'imperatore di Costantinopoli (16).

Ma è soprattutto con la nascita dello Stato pontificio nel 756 e fino alla caduta del potere temporale dei papi nel 1870, ossia per oltre un millennio, che divenne costante il coinvolgimento del papato, e di molti se non tutti i papi, in guerre, omicidi, stragi, persecuzioni. Né si trattò soltanto di una pratica: le uccisioni furono teorizzate o giustificate dai papi e dai concili.

Subito dopo la formazione dello Stato pontificio esso fu oggetto di accanite dispute per il controllo del potere: Stefano III (768-72) viene eletto, secondo quanto scrivono Rendina (17) e il cattolico N. Fabretti (18) dopo una lotta lunga e feroce, con tumulti e delitti a catena.

Alla fine del secolo si delineò anche l'intreccio fra guerra giusta e “diritto d'evangelizzazione” con il massacro di circa 4.500 sassoni sottomessi e costretti a convertirsi da Carlo Magno che poco dopo Leone III incoronò imperatore del sacro romano impero. Questo autore di stragi, e per di più bigamo, ma "campione della fede", fu anche fatto santo dall'antipapa Pasquale III nel 1165 per volere del Barbarossa e seguita ad essere ancora oggi venerato, sia pure solo nella diocesi di Aachen. Quanto a Leone III, al centro di ripetute congiure, fu costretto alla “purgazione”, ossia a giurare di essere innocente dei crimini che gli venivano imputati, e una prima volta fece commutare la pena di morte in ergastolo per i suoi attentatori. Ma i responsabili di una congiura successiva alla morte di Carlo Magno furono da lui messi a morte. “il papa”, scrive perfino un sito agiografico come Santi e beati “agì di sua propria autorità senza ricorrere al successore dell’imperatore, Ludovico, dimostrando una severità che poco si addiceva al capo spirituale della cristianità…. La Sacra Congregazione dei Riti nel 1673, inserì il suo nome nel Martirologio Romano…, ma bisogna dire che nella revisione del 1963 la sua festa è stata eliminata” (19). Tuttavia resta venerato come santo.

Poco dopo di lui si distinse un altro santo papa, Pasquale I (817-24), che entrò in conflitto con l'imperatore Lotario quanto quest'ultimo diede ragione al convento di Farfa in una causa contro la Curia romana per l'appropriazione di alcuni beni. Tale contrasto indebolì il papa e spinse i nobili a meditare una rivolta. Ma la Curia reagì duramente e i due capi dei rivoltosi furono arrestati, accecati e decapitati. Il papa negò la sua responsabilità nell'episodio, dicendosi dapprima pronto a sottostare a un'inchiesta imperiale, ma poi affermando che bastava il suo giuramento dì innocenza, essendo inammissibile e contro ogni tradizione giudicare il primate di Roma. Nello stesso tempo maledìsse i giustiziati dichiarandoli colpevoli di alto tradimento (20). Anche A. Piazza scrive che Pasquale I “prese la difesa degli uccisori… sostenendo che di diritto avevano ucciso coloro che si erano macchiati del crimine di lesa maestà e contro questi emise la sua sentenza” (21).

Papa-guerriero fu Leone IV (847-55), santo. Nell'849 armò e guidò lui stesso una flotta contro i saraceni, invocando Dio per sconfiggere “i nemici della tua chiesa, affinché la vittoria conseguita torni a gloria del tuo santo nome presso tutti i popoli” e assicurando che “qualora uno di voi dovesse perdere la vita… avrà la mercede promessa” (22). Entrato più tardi in contrasto con l'imperatore, perché gli emissari imperiali avevano assassinato un legato pontificio, si recò a Ravenna “dove stavano gli assassini, li arrestò e condotti a Roma furono processati e condannati a morte” (23).

Pochi anni dopo Giovanni VIII (872-82) scomunicò, poi fece acciecare e condurre prigioniero a Roma, il duca di Napoli Sergio II, organizzò leghe, guidò campagne militari uccidendo musulmani e altri nemici. Né si comportò meglio qualche anno più tardi Adriano III (884-85), legato alla fazione del suo predecessore Giovanni VIII, che non si peritò di combattere con ferocia la fazione avversa. “Per ordine di Adriano venne acciecato un alto dignitario del Palazzo lateranense”, si legge nella Enciclopedia dei papi. “Ancora per ordine di Adriano una donna dell'aristocrazia romana legata da parentela con i potenti del Laterano, Maria…, subì la pena oltraggiosa di essere tratta nuda a ludibrio e fustigata attraverso tutta Roma” (24). L'autore scrive che Adriano morì poco dopo, ucciso forse dal marito della donna offesa. E fu fatto santo.

Formoso (891-96) fu coinvolto in guerre e intrighi e il suo cadavere fu riesumato e sottoposto a un macabro processo da Stefano VI (896-97), poi riabilitato, poi di nuovo processato da Sergio III (904-11), che strangolò l'antipapa Cristoforo e si fece papa.

Dal 914 al 928 fu papa Giovanni X, amante di Teodora, che conquistò con la violenza l'arcivescovado di Ravenna e guidò leghe militari contro i saraceni. Giovanni XII (955-64), che elesse vescovo un suo amante di 10 anni ed era famoso per lussuria, fu accusato di omicidio e fece una crociata contro i signori di Benevento mentre Giovanni XIII (965-72), costretto a fuggire da una rivolta, tornato a Roma si abbandonò a sanguinose vendette. Altri papi, nello stesso periodo di massima decadenza, furono a loro volta assassinati, come il papa-mago Silvestro II (999-1003), mentre poco prima di lui Gregorio V (996-99) processò, mutilò e mise alla gogna l'antipapa Giovanni XVI.

Scontri armati portarono al pontificato Benedetto VIII (1012-24) mentre, caso unico nella storia del papato, fu per tre volte papa Benedetto IX, definito ladro e assassino da un altro pontefice, Vittore III. Papa giovanissimo dal 1032 al 1044, Benedetto IX vendette il titolo a Silvestro III che poi rovesciò, tornando papa per 20 giorni (1045). Rivenduto subito dopo il titolo, tornò papa per la terza volta dal 1047 al 1048, forse avvelenando Clemente II. Gli succedette Damaso II, anche lui morto avvelenato, si pensa sempre per opera dell’infaticabile Benedetto.

Dopo di lui divenne papa un altro santo assassino: Leone IX Noto per l'intolleranza dottrinale e la rivendicazione della supremazia del papato, che provocò lo scisma ancor oggi non sanato con la Chiesa d'oriente, fece ammazzare molte persone nelle battaglie da lui guidate per delle terrene esigenze di espansione territoriale. “Il suo nome da laico era Brunone di Dagsburg”, racconta Borrelli, “negli anni 1025-1026 il giovane canonico si trovò a servire il suo vescovo e il suo imperatore alla testa dei cavalieri germanici, che operavano nelle pianure lombarde. Ciò costituiva sicuro merito per accedere ad un episcopato … Dopo aver trascorso il Natale celebrato a Toul, prese la via per Roma in abito da pellegrino e così, a piedi nudi, entrò nella Città Eterna, accolto favorevolmente da tutti, fu intronizzato il 12 febbraio 1049 prendendo il nome di Leone IX, aveva 47 anni… nel maggio 1053 dovette affrontare, in uno scontro militare, i Normanni che pur essendo cristiani volevano ampliare il loro dominio tra Napoli e Capua. Leone IX come sovrano di Benevento, città concessagli dall’imperatore, dovette affrontarli con poche truppe, fu una disfatta e alla sera fu fatto prigioniero e condotto a Benevento, dove fu trattenuto per oltre otto mesi; alla fine ricevute tutte le soddisfazioni richieste, i Normanni lo lasciarono libero…” (25) Anche lui è venerato come santo, e perciò additato ad esempio ai fedeli.

Ma se fino intorno al Mille i papi si dedicarono all'assassinio privato o a piccole guerre d'espansione, è dopo il Mille che cominciò la stagione dei grandi papi i quali, anche in fatto di stragi e di omicidi, cominciarono a operare e a pensare in grande.



Le crociate. Dio lo vuole

Alessandro II si limitò a benedire numerose guerre, approvando quella intrapresa dal duca normanno Guglielmo per conquistare l'Inghilterra, quella di Roberto il Guiscardo contro gli arabi in Sicilia e i tumulti dei patarini contro i vescovi anticelibatari e simoniaci a Milano. Ma il suo successore, il tirannico Gregorio VII (1073-1085), autore del famoso Dictatus papae e “formidabile organizzatore di eserciti” come lo definisce P. Partner (26), si fece promotore in proprio non solo della lotta per le investiture contro Enrico IV ma delle guerre di liberazione dei cristiani d'Oriente, con un Appello ai fedeli e una successiva Lettera all’imperatore Enrico IV, entrambe del 1074, in cui esprime il desiderio di porsi lui stesso a capo di quanti ”vogliono levarsi in armi contro i nemici di Dio” (27). L'anno dopo, essendo stato costretto a rifugiarsi a Salerno per sfuggire all'imperatore, incita ancora alla guerra promettendo: “Accorrete in aiuto se volete avere remissione dei peccati, benedizione e grazia in questa e nell'altra vita.” (28).

E' il preannuncio della crociata che verrà bandita alla fine del secolo da Urbano II (1088-1099), con il celebre discorso di Clermont del 1095 in cui concluse: “Quando andrete all'assalto dei bellicosi nemici, sia questo l'unanime grido di tutti i soldati di Dio: 'Dio lo vuole! Dio lo vuole!'”: “uccidere era consentito”, nota Partner “con l'autorità di Dio” (29).

Val la pena di ricordare che Urbano II chiese ai cristiani di combattere e uccidere anche in altra occasione, e sempre promettendo indulgenze ai crociati: “Per la città e la Chiesa di Taragona [Spagna] vi preghiamo vivamente e vi comandiamo, per la remissione dei vostri peccati, di imporre in tutti i modi il suo ristabilimento [contro gli arabi]…Chi, per amore di Dio e dei suoi fratelli, cade in questa campagna, non dubiti che troverà l'indulgenza… e godrà la vita eterna per la misericordia di Dio” (30). Per tale incitamento alla guerra, o nonostante esso, fu beatificato, quasi ai giorni nostri, cioè nel 1881, dal papa “progressista” Leone XIII.

Sull'entità della meritoria impresa e di come riuscisse gradita a Dio, ci informa il cronista Raimondo di Aigiles che scrive a proposito della conquista di Gerusalemme, il 15 luglio 1099: “Taluni dei nostri uomini…hanno tagliato la testa ai loro nemici. Altri li hanno colpiti con le frecce…Altri ancora li hanno torturati più a lungo gettandoli nelle fiamme. Cumuli di teste, di mani e di piedi si potevano scorgere per le vie della città… nel tempio e nel portico di Salomone gli uomini cavalcavano nel sangue fino alle ginocchia e alle briglie. In verità è un giusto e magnifico giudizio di Dio che questo posto sia colmo del sangue degli infedeli dopo che ha sopportato così a lungo le loro bestemmie. Ora che la città è stata presa, il vedere la devozione dei pellegrini al Santo Sepolcro ci ricompensa di tutte le nostre fatiche e delle pene passate. I pellegrini si rallegrano ed esultano e cantano al Signore il Salmo nono…la nostra fede è rinnovata…in questo giorno l'Eterno si è rivelato al suo popolo e l'ha benedetto” (31).

Si stima che i morti siano stati 60.000, cui devono aggiungersi i caduti nelle battaglie che avevano accompagnato la marcia crociata verso la terra santa, dalle stragi in Ungheria e nella città turca di Nikaia, dove i morti furono complessivamente molte migliaia, compresi vecchi e bambini bruciati vivi, alla conquista di 40 capitali e 200 fortezze fino ad Antiochia, dove caddero da 10.000 a 60.000 musulmani. Sempre il cronista cristiano Raimondo di Aigiles scrive. “Sulle piazze si accumulano i cadaveri a tal punto che, per il tremendo fetore, nessuno poteva resistere a restare: non vi era nessuna via, in città, che fosse sgombra di corpi in decomposizione” (32).

Vittime dei crociati, specie della cosiddetta “crociata dei pezzenti” di Pierre l'Eremite, che aveva preceduto quella regolare, furono anche gli ebrei: “a seguito delle crociate”, scrive Aruffo, “l'antigiudaismo religioso accademico assunse un diffuso carattere popolare. Le inaudite violenze perpetrate contro gli ebrei rientravano nel contesto di fanatismo religioso e nella cornice dell'ostracismo psicologico collettivo, legato al mito della 'riconquista della terra santa'” (33). Lo stesso Aruffo cita qui ad esempio la strage degli ebrei di Colonia e Magonza nel 1096, riferita dal cronista del tempo Alberto Aix. I massacri che causarono migliaia di vittime ebbero luogo in città diverse. Nelle città attraversate dai crociati, scrive il cronista Frutolf, “essi uccidevano o costringevano al battesimo quel che restava degli empi Ebrei” (34). Solo in Germania furono allora uccisi 50.000 ebrei (35).

“Il 28 giugno 1098”, si legge in Vittime della fede cristiana (tr. Franceschetti), che collaziona varie fonti, “furono ammazzati altri centomila turchi musulmani, donne e bambini compresi. Negli accampamenti turchi - narra il cronista cristiano - i crociati trovarono non solamente ricco bottino, tra cui ‘moltissimi libri in cui erano descritti con esecrandi segni i riti blasfemi di turchi e saraceni’, ma bensì anche ‘donne, bambini, lattanti, parte dei quali trafissero subito, e parte schiacciarono sotto gli zoccoli dei loro cavalli, riempiendo i campi di cadaveri orribilmente lacerati’. [WW 33-35]. Il 12 dicembre 1098, nella conquista della città di Marra (Maraat an-numan), furono ammazzate altre migliaia di infedeli. A causa della carestia che ne seguì, ‘i corpi già maleodoranti dei nemici vennero mangiati dalle schiere cristiane’, come testimonia il cronista cristiano Albert Aquensis [WW 36]... Nella battaglia di Ascalon, il 12 agosto 1099, vennero abbattuti 200.000 infedeli...[WW 45]” (36).

Più difficile fornire dati sul numero complessivo delle vittime, che furono certo moltissime: secondo alcuni circa un milione nella I crociata, venti milioni. alla fine delle otto crociate, nel 1291. A giustificazione dei massacri, nota il già citato Partner, si diffuse l'idea, rilevabile anche dal racconto sopra riportato di Raimondo di Aigiles relativo alla conquista di Gerusalemme, che si trattasse di una giusta “vendetta” per le offese fatte ai cristiani dai musulmani. “E tra tutti” aggiunge Partner, “era Gesù Cristo colui che più di ogni altri doveva essere vendicato sugli infedeli” (37). Si giustificò così la faida di sangue.

Continuatori della prima crociata o promotori di spedizioni militari contro gli antipapi e contro i Normanni furono Pasquale II, Onorio II, Innocenzo I, Lucio II, Eugenio III, che si succedettero dal 1099 al 1153. Lucio II morì in battaglia; Eugenio III, beato, fallì nel tentativo di organizzare la II crociata, fece imprigionare a vita il predicatore itinerante Eudo de Stella, ritenuto infermo di mente, e condannò al rogo, in quanto sani di mente, i suoi seguaci. Ad Adriano IV (1154-59) si deve invece l'uccisione di Arnaldo da Brescia.



Ebrei: omicidio rituale e massacri reali

Allo scontro con gli infedeli si accompagnò nel XII-XIII secolo anche l'inasprimento delle posizioni contro gli eretici e altre minoranze presenti nella società medioevale, a partire dagli ebrei. In questo periodo nasce la leggenda che gli ebrei pratichino l'omicidio rituale, uccidendo e crocifiggendo dei bambini cristiani, di solito nella settimana santa, per ripetere la crocifissione di Cristo. Il primo caso di accusa in questo senso, scrive Mannucci, “avviene nel 1144 a Norwich, in Inghilterra”, dopo che si trova ucciso un giovane apprendista. “Il secondo caso ha luogo in Germania, nel 1147, e provoca il massacro di alcuni ebrei"” (38). Tre anni dopo, a Colonia, un altro ebreo viene accusato di aver profanato un'ostia, altra accusa divenuta poi abituale. Nel 1171 38 ebrei vengono processati e uccisi per omicidio rituale a Blois, nel 1191 un centinaio a Bray-sur-Siene ecc.

Una cronaca di Riccardo di Deviez racconta che nel 1189, il giorno dell'incoronazione di Riccardo Cuor di Leone in Inghilterra , “nell’ora solenne in cui il Figlio fu immolato al Padre, nella città di Londra si cominciò a immolare gli ebrei al loro padre, il diavolo. E ci volle così tanto tempo per celebrare un così grande sacrificio che l’Olocausto fu terminato soltanto il giorno seguente. Altri centri, altre città del paese imitarono l’atto di fede dei londinesi e mandarono all’inferno, con la stessa devozione, tutte quelle sanguisughe e il sangue di cui si erano rimpinzate”(39). E Philippe Bourdrel scrive, nel XIII secolo, che “A Béziers, la domenica delle Palme, era in uso tirare le pietre agli ebrei e aggredirli, per ‘vendicare il signore’ mentre a Tolosa, il giorno di Pasqua, gli ebrei ricevevano da un notabile della città, che aveva la mano ricoperta di un guanto di ferro, uno schiaffo in pieno viso, per ricordare coloro che oltraggiarono Cristo sul Calvario”(40). Ma, naturalmente, si tratta solo di alcuni esempi, perché “la storia degli ebrei in Europa”, scrive E. Saracini, “è tutta costellata di massacri” (41). Persecuzioni, processi ed esecuzioni per omicidio rituale continueranno, fino alle espulsioni degli ebrei da vari paesi europei, fra il XV e il XVII secolo.

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