RELIGIONE, EVANGELICI - LUNEDI' LETTERARIO: La disfatta del fondamentalismo ateo
Valerio Bernardi
Dopo un'ondata in cui sembrava che alcuni Autori (soprattutto di matrice anglosassone, fatta eccezione per il nostro Odifreddi), proclamando il loro ateismo e volendolo diffondere come una sorta di nuovo verbo incarnato, avessero avuto la meglio nel mercato editoriale con i loro libri e i loro articoli diffusi su riviste di stampo laico e/o liberal, negli ultimi anni le cose sembrano essere sopite e Dawkins, Dennett e Hitchens (che, in realtà, sta affrontando una grave malattia) sono scomparsi dagli scaffali delle librerie (almeno nella zona dei best-seller). Tutto ciò probabilmente permette a noi credenti di portare avanti una riflessione su quanto accaduto alla fine del decennio scorso (gli anni di "fuoco" sono stati quelli tra il 2006 e il 2009) e su come tale fenomeno abbia influenzato il mondo, soprattutto occidentale (dubitiamo che nei paesi islamici o in quelli a matrice induista tali testi abbiano avuto molti lettori).
Per questi motivi ho pensato, durante il mio soggiorno estivo in Inghilterra, che sarebbe stato utile trovare qualche libro che riprendesse l'argomento. E' per questo motivo che ho acquistato e letto l'ultimo libro che il teologo evangelico Alister McGrath ha pubblicato quest'anno sull'argomento. Lo scrittore inglese, infatti, era già tornato più volte sull'argomento per il semplice fatto che, essendo stato anche lui un ateo professante, proveniente da un paese come l'Irlanda del Nord, dove sicuramente la religione non ha fatto del bene, è particolarmente interessato all'argomento. Erano stati già almeno tre i libri che aveva dedicato all'argomento. Il primo Dio e l'evoluzione, pubblicato in Italia da Rubbettino, si soffermava sulle idee che Dawkins (l'A. de l'Illusione di Dio) diffondeva sulla trasmissione casual-genetica della cultura e sull'idea che la teoria dell'evoluzione portasse "naturalmente" all'ateismo. Il secondo, The Twilight of Atheism, mai tradotto in Italia, era un testo dedicato in realtà all'ateismo tradizionale (quello di Marx, Nietzsche e Freud) e forse rimane il più debole dell'A. sull'argomento, dove mostra qualche limite nella conoscenza della filosofia continentale, pur cercando di dare una risposta a queste importanti forme di filosofia che così tanta influenza hanno avuto nel XX secolo. Il terzo libro, La delusione di Dawkins, scritto con la moglie e pubblicato in Italia da Alfa & Omega, è un pamphlet che risponde a L'illusione di Dio, il libro dove lo scienziato inglese cerca di convincere il mondo che è ora di abbandonare qualsiasi forma di religione.
Il testo di cui parleremo, invece, pubblicato quest'anno, s'intitola Why God Won't Go Away. Engaging with the New Atheism (Perché Dio non se ne va. Combattere il Nuovo Ateismo) ed è pubblicato per i tipi di SPCK.
McGrath parte da un'analisi di come sia iniziato il nuovo ateismo adducendo una ragione "storica" e una di marketing editoriale. La ragione storica sarebbe l'11 settembre. I nuovi atei, dopo l'attentato alle Torri Gemelle, hanno pensato di avere l'occasione di attaccare la religione vista come origine di tutti i mali dell'Occidente, asserendo che solo un modo di ragionare razionale senza credere in un Dio avrebbe portato il mondo all'emancipazione e al riscatto dalla barbarie perpetrata quel giorno. Lo studioso irlandese individua poi i "quattro cavalieri dell'Apocalisse" del Nuovo ateismo che sono i filosofi Sam Harris e Daniel Dennett (autori de La fine della religione il primo e Rompere l'incantesimo il secondo), lo scienziato Richard Dawkins (L'illusione di Dio) e Christopher Hitchens (Dio non è grande). McGrath afferma che i due filosofi americani hanno avuto poca influenza in Gran Bretagna (il primo, Harris, è passato quasi inosservato anche in Italia, benché il suo libro sia precedente e sia stato subito tradotto), mentre i due AA. più influenti sono stati gli ultimi due, con cui il teologo si è confrontato in dibattiti pubblici con esiti non sempre brillanti (chi è interessato può trovare in internet la versione integrale di questi dibattiti). Dei quattro, alla fine, sembra che le "simpatie" vadano a Hitchens che, nonostante le opinioni politicamente scorrette e le conclusioni affrettate (si è dovuto rimangiare alcuni suoi pesanti giudizi su Madre Teresa di Calcutta), rimane quello che apparentemente riesce ad avere più impatto sul grande pubblico. Il secondo capitolo della prima parte analizza poi lo sviluppo di questo pensiero che voleva, almeno da parte di alcuni, divenire un vero e proprio movimento di evangelizzazione e di proselitismo. McGrath individua nella comunità on-line uno sviluppo interessante. Se, infatti, i libri hanno venduto molto, è soprattutto internet ad aver formato la "fanteria" del nuovo ateismo. In Inghilterra si è formato addirittura il movimento dei Bright (i perspicaci), nome che voleva mostrare come ci fosse una vera e propria emancipazione dai vincoli della religione che renderebbe gli uomini superstiziosi, bigotti e ignoranti. Se il movimento on-line ha avuto molti adepti, le conferenze dei quattro cavalieri, invece, a parte il caso di Hitchens, hanno visto sempre più scemare le presenze e rispetto alle frequenze ecclesiastiche non hanno mai avuto un alto numero di partecipanti, scomparendo quasi del tutto negli ultimi anni.
Nonostante l'apparente "quiescenza" del movimento, McGrath ha deciso nella seconda parte del testo di rispondere a quelle che, a suo parere, sono le obiezioni principali portate avanti dal Nuovo Ateismo (che, in realtà, di nuovo ha solo l'intolleranza verso il prossimo rispetto agli atei tradizionali che, molto spesso, prendono le distanze da questi esponenti): la religione porta sempre malvagità, è un qualcosa di completamente irrazionale ed è in contraddizione con la scienza.
Per quanto riguarda il primo punto, McGrath (che ha anche una notevole conoscenza della storia del Cristianesimo) è disposto ad ammettere che i Cristiani in primis ed esponenti di altre religioni non sempre si sono comportati in modo corretto. Ma, come può essere dimostrato da diversi esempi, questo non significa che la malvagità umana derivi dalla religione: miscredenti come i Giacobini o i Sovietici si sono comportati altrettanto crudelmente. Per quanto riguarda il secondo punto, non si può pensare che tutti coloro che abbiano credenze religiose siano degli esseri irrazionali. Per secoli, soprattutto in Occidente, si è cercato di dare ragione della propria fede e si ricorda anche che la "ragione" non corrisponde necessariamente a quella propugnata dall'Illuminismo (riferimento costante di questi pensatori che dimenticano che pochi erano gli Illuministi atei), ma a un concetto più ampio che può corrispondere anche alla cosiddetta "ragionevolezza" o plausibilità di quello in cui si crede. La lotta scienza/religione, invece, è un qualcosa che è iniziata realmente solo nel XX secolo da parte di alcuni scienziati (ovviamente non possiamo citare il caso di Galileo, in quanto egli stesso era credente). McGrath ha gioco facile nel dimostrare come vi sono anche oggi scienziati che non pensano assolutamente che vi sia un conflitto tra scienza e fede (su questo torneremo quando parleremo dell'altro libro pubblicato dal teologo quest'anno).
Il libro si conclude con una riflessione che mostra come il tentativo dei nuovi atei (o, meglio, dei fondamentilisti atei) sia fallito anche in Occidente, la parte del mondo più secolarizzato e che va visto come un frutto del nostro mondo, data lo scarso rilievo avuto dai Nuovi Atei nel mondo globalizzato. Il libro, un piccolo pamphlet, si legge bene e le argomentazioni di McGrath sono portate avanti in maniera chiara ed efficace. L'unica critica è che, forse, il discorso è basato troppo sulla "ragionevolezza" e poco sul dato della fede che non è discusso in maniera appropriata.
Valerio Bernardi