La truffa legalizzata delle menzogne spacciate per verità dogmatiche

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kelly70
00giovedì 16 ottobre 2008 00:22
(Versione completa)

Dal momento che l'altro thread è diventato una discussione, vi ripropongo l'articolo integrale per la lettura. I commenti fateli dal'altra parte. Grazie.
[SM=g1666945]  

«I dogmi sono costrizioni imposte all’intelligenza da un’autorità che si è arrogata la gestione delle "verità di fede"» André Frossard (1990)

Il potere governativo fin dalla sua remota instaurazione ha inevitabilmente dovuto rassegnarsi a concedere la licenza di mentire impunemente ai gestori della religione per potersi garantire il mantenimento del predominio sulle masse popolari. Ciò è stato ben documentato da Turcotti (1880) come segue: «…La storia di Dio è il più alto sproposito che abbia immaginato l’uomo. I Vangeli e i libri biblici espongono verità relative umane e non divine, errori umani e non divini. La vera storia di Dio non esiste perché impossibile. Dio non ha una sua storia propria. I profeti o piuttosto i preti che la narrano, se non pazzi da catena, furono uomini politici, appassionati e quindi fallibili. Essi abusarono del nome di un Dio sempre ignoto ed inesplicabile. Ne inventarono diversi e […] crearono la volontà di Dio, applicandola ed imponendola sopra le cose umane con grave pregiudizio della vera storia. […].

La cosiddetta storia sacra è una confusione di idee e di fatti umani, di contraddizioni, di favole, di visioni, di sogni, una mistura inestricabile di parole e frasi poetiche, più spesso mistiche ed oscure, che hanno cambiato e cambiano significato […] secondo l’umore, il capriccio o il genio degli scrittori e dei lettori che l’interpretano quasi sempre secondo le circostanze dell’epoca, dell’anno e del giorno in cui vivono. Insomma l’intera Bibbia è […] una raccolta confusissima di cognizioni storiche, favolose, dubbie, improbabili, di assurdità e di sciocchezze tali, come ormai quasi tutti i moralisti saggi e gli studiosi di antichità specialmente sacre o religiose sono costretti a confessare, che lo studio profondo dei libri biblici dell’antico e del nuovo Testamento è un vero perditempo ed un fuorviare dalla storia dei fatti umani e naturali, la quale è la vera e la sola storia possibile e veramente utile alle società umane e civili di questo mondo. […]. Ogni uomo può parlare o affermare che egli parla in nome del proprio Dio. Ma ciò facendo o dicendo egli mente oppure ingannato inganna […].

L’intolleranza religiosa dei clericali i quali pretendono di imporre i loro dogmi, le loro definizioni, il Sillabo e i decreti del Concilio Vaticano non dovrebbe essere lecito farla passare nell’insegnamento pubblico […] sotto il nome di libertà. La libertà non impone equivoci cattolici di una chiesa che non fu mai cattolica [= universale], perché una chiesa universale è impossibile, la libertà non impone per certo dogmi religiosi […]. La libertà legale vuole che tutte le chiese siano sottomesse alle leggi dello Stato, altrimenti ogni chiesa (e specialmente la più privelegiata) sarebbe uno Stato nello Stato [si pensi che la Chiesa Cattolica è l’unica che ha preteso e continua a pretendere di essere uno Stato!]. Ogni privilegio è sempre un limite alla libertà ed eguaglianza civile. […]. Affinché la forza morale e fisica della nazione rimanga integra e disponibile […] è necessario che non sia divisa e tanto meno ceduta in grandi proporzioni ad una Chiesa che affetta, se non pretende, di avere diritti superiori a quelli dello Stato. […]. Gesù, sia come galileo o giudeo sia come straniero o figlio dell’uomo misterioso, doveva rispettare le leggi del paese in cui si trovava. Tanto più nella qualità di discendente della regale e chiarissima stirpe di Davide e di Salomone, i cui discendenti per causa della pluralità delle mogli saranno stati numerosissimi.
 
A chi spettasse il trono d’Israele per diritto divino e più ancora per diritto umano era una questione troppo profondamente politica e per se stessa irrisolvibile ed inestricabile. E non poteva essere sciolta fuorché con la forza o fisica delle armi o morale per plebiscito ed impeto di popolo e per acclamazione […]. Gesù si attenne a questo secondo mezzo o tentativo politico-morale. Egli non possedeva alcuna legione di soldati e nemmeno di angeli. Ad ogni modo le leggi vigenti nella Palestina erano quelle dei romani e del sacerdozio giudaico. E, contro queste leggi con la sua mistica condotta, egli si fece proclamare Messia, Re d’Israele, figlio di Davide. Come pretendente al regno d’Israele nella Giudea, in Galilea e in tutta la Palestina, Gesù dovette per necessità cospirare e predisporre gli animi per farsi accettare non solo dalla plebe, ma anche dai maggiorenti del paese. Ed è ciò che non ha tralasciato di fare. I suoi progetti politici furono resi manifesti e chiariti dalle sue stesse azioni e non soltanto dalle parole e dai suoi discorsi. Spesse volte parlava di se stesso e del regno di suo padre, dal quale si diceva mandato per la salvezza e la redenzione di tutti. […].

Le tradizioni, scritte o verbali, che ricordano i cristiani supposti martiri dei primi due o tre secoli, non sono storie vere, ma leggende favolose, strane, fantastiche e senza base veramente storica. Sono ordinariamente un impasto di errori, pregiudizi, superstizioni e soprattutto di assurdità ridicole a cui si è dato il nome di miracoli. La chiesa romana dei papi ha fatto di Pietro e Paolo due martiri! Ma la vera storia civile e ragionevole dell’umanità dice che ciò non è possibile. Paolo se non andò in Spagna, morì a Roma per causa di malattia ordinaria. Che sia stato condannato a morte sotto Nerone è un pie creditur dei fanatici […]. Le prime immagini di Gesù, di Pietro e di Paolo, cioè le più antiche che si sono scoperte sono tutte posteriori al IV o V secolo, quando era al colmo il fanatismo per i dogmi. La ragione è evidente. I cristiani dei primi secoli […] erano costretti a vivere in mezzo e frammischiati con gli idolatri greci e romani dai quali vollero distinguersi adottando il segno della croce, unico segno esterno che nei primi tre secoli distinguesse il loro culto da tutti gli altri. Le immagini sacre e l’idolatria mascherata sotto il nome di sacramenti, battesimi, sacre cene, confessioni, ecc. furono a poco a poco introdotte nel cristianesimo senza alcun dubbio dopo il II secolo e quando i cristiani già numerosi seppero e vollero […] dimostrare al mondo la loro potenza morale e soprattutto l’influenza massima che essi esercitavano sull’ordine pubblico.
 
Allora dopo il IV o il V secolo l’antica idolatria pagana degenerata in abuso fino alla pubblica corruzione, si trasformò, riformandosi con l’appoggio e l’opera dei barbari, cominciando con il culto delle reliquie dei martiri e dei Santi confessori, coi sacramenti e le sacre cerimonie, e compiendo la rivoluzione religiosa col trionfo dei dogmi, idolatria dei sacramenti e delle sacre cerimonie, idolatria del campanile, dell’altare, del pulpito e del confessionale; e l’idolatria dei precetti della Chiesa e dei sacramenti. Le quali idolatrie non possono stare e vivere senza abusi, cioè senza violare gli articoli 626 e seguenti del codice penale […]. Gesù con la pratica della sua politica moralissima ha dimostrato che con la sola forza morale, accompagnata da quella di un equivoca divinità, immaginata come residente tra le nubi del cielo o come una voce ispiratrice di Dio, voce interna o uscita da un roveto ardente, o udita parlare in alto, ma non assistita da una forza materiale rispettabile, ha provato col fatto della sua politica divina, che senza forza fisica e morale non si fonda, né si mantiene alcun Stato. Più tardi nel medioevo e dopo, fino ad oggi, la Chiesa dei Papi ha con i suoi fatti e col suo esempio dimostrato che non può ordinarsi e mantenersi ordinata senza l’aiuto o la connivenza di bracci secolari; e che la sua forza morale anziché sostenere i governi civili a cui dice di voler giovare col suo intervento, li avvilisce, li corrompe, li fa cadere, crollare o peggiorare lentamente fino alla loro estinzione e rovina completa. […].

Ma ragionare non si può, quando vi sono dogmi ed impostori di mezzo abbastanza furbi, fanatici e prepotenti per farli valere con le menzogne e con l’abuso della cieca fede e della speranza in una vita futura illudente ed illusoria. Gesù fu divinizzato più tardi nel II e III secolo del cristianesimo e fu proclamato persona divina, cioè la seconda della Trinità nel secolo IV, quando l’idea indiana della Trinità stessa e del Je-zeus Chrisna già era stata propagata e confusa insieme con l’idea del Divino Messia, redentore o liberatore sempre desiderato dagli israeliti ed aspettato quando si trovavano vinti dai loro stessi nemici ridotti in servitù sotto il gioco dei barbari. Tutte le nazioni cadute fanno altrettanto. Perciò troviamo il Messia temporale della Palestina nel IV secolo già spiritualizzato e diventato la seconda persona della trinità indiana, cioè di quella Trinità impossibile ed assurda che fu sostituita al Jeuhoa di Mosè.
 
E ciò avvenne per opera specialmente dei padri e dottori della Chiesa più antichi […] i quali disputavano fra loro col massimo ardore, scavalcandosi a vicenda con gli intrighi politici e con la propaganda religiosa- popolare per occupare i primi posti e le prime cariche nelle diverse chiese della cristianità e ciò con l’appoggio non solo morale e civile delle leggi romane, ma anche con quello materiale, prima delle masse popolari e poi degli imperatori, già fatti despoti e padroni con l’appoggio dei vescovi che avevano la libertà illimitata di formulare, discutere e decretare in concili ecumenici, ove intervenivano centinaia di vescovi e dottori, le cui decisioni potevano poi essere [emesse] come vere leggi della Chiesa pubblicate e propagate in tutte le province del romano impero […] e dovunque con la loro influenza religioso-politica potevano far rispettare e venerare con culto idolatrico esteriore i loro dogmi più strani, ridicoli, incomprensibili ed assurdi […] spinti dall’influenza e dal fanatismo religioso-politico, per opera specialmente di Atanasio (295-373 d. C.) [(1)] contro Ario, si lasciarono indurre e trascinare all’errore di formulare proposizioni e stabilire dogmi intorno all’ideale della divinità incomprensibile ed ignota, la quale non può essere determinata, né circoscritta, né definita senza cadere nell’assurdo, senza violentare le coscienze e produrre, come fu prodotto, l’enorme errore ecclesiastico-religioso e politico ad un tempo, di organizzare diversi concili, fra i quali il concilio ecumenico di Nicea e di Costantinopoli, nei quali furono condannate le dottrine moderatissime più liberali e meno intolleranti […] intorno alla divinità di Gesù Cristo […].
 
Questo fu il gran fatto, che lentamente condusse il cristianesimo sotto l’impero teologico-dogmatico-religioso-morale, cioè sotto il dominio della Chiesa Romana poi Vaticana. La quale dopo l’avvilimento delle chiese greche e asiatiche cadute sotto l’impero dei saraceni, maomettani, ottomani, turchi, ecc. divenne intollerantissima d’ogni vera libertà di coscienza e soprattutto della necessità di indipendenza della filosofia che è la scienza sovranamente e per se stessa libera, scienza che non sarebbe né potrebbe essere filosofia vera se fosse quella determinata da una chiesa qualsiasi, e tanto meno quella tutta teologica di un solo santo padre come, per esempio, di un san Tommaso o di un Papa qualsiasi con pretese all’infallibilità. […].

La religione esalta, insuperbisce e nel tempo stesso accieca, avvilisce e deprime; sull’altare un prete vice-Dio con ricchi e dorati paludamenti da un lato e dall’altro ai suoi piedi pochi stupidi cenciosi, che rappresentano il popolo illuso, destinato al paradiso o all’inferno! Ecco la conclusione di una religione! […]. Dopo la morte, in verità, non c’è più vita e non si risuscita; lo spirito senza vita è impossibile, com’è impossibile la vita senza corpo organico. […]. Leggendo i Vangeli è curioso vedere come i sacerdoti e i farisei credenti nel Dio d’Abramo temessero una resurrezione fittizia di Gesù, mentre Pilato, del tutto incredulo, rideva delle precedenti miracolose resurrezioni come quella di Lazzaro, il quale non era morto [infatti, era stato colpito da un episodio di "letragia" (frequentissima nella Palestina di quell’epoca)] né era stato sepolto, e quella del figlio della vedova di Naim, il quale o aveva fatto il morto per poche ore o era stato curato con l’oppio, d’accordo con i suoi parenti. […].
 
Non è presumibile che Gesù abbia creduto nella resurrezione dei corpi […] perché impossibile o assurda e contraria ai fatti più evidenti della natura. […]. Quando disse: nisi quis renatus fuerit denuo non potest videre regnum Dei; oppure nisi quis renatus fuerit ex aqua et spiritu sancto non potest introire in regnum Dei (Giov. III, 3-6), alludeva sempre ad una resurrezione morale, ad una vita politica nuova e laboriosa; alludeva ad un nuovo Regno messianico, che per voto generale e per impeto di popolo, poteva e doveva secondo lui sostituirsi a quello dei romani e dei loro alleati, i principi dei sacerdoti. Ed in conclusione, per dirla schiettamente, Gesù voleva una vita nuova più attivamente politica e più vigorosa, voleva non già una materiale resurrezione, ma una generale insurrezione, alla quale dovevano prendere parte tutte le dodici tribù d’Israele e tutti gli arabi e i popoli nomadi concertati insieme e prorompenti contro il governo degli stranieri, greci o romani che fossero. […]. Gesù dunque voleva in politica ciò che i romani, il sacerdozio giudaico e gli erodiani temevano maggiormente. Lo scopo dell’entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme, la proclamazione del nuovo Regno d’Israele, era più che manifesto; più che religioso, era profondamente politico. […].

I Cristiani del IV e V secolo […] erano fanatici per i loro dogmi. Ora ogni dogma è come una mola asinaria attaccata al collo del povero credente, dal peso della quale è poi costretto a rimanere incatenato e schiavo su questa terra nella vana speranza di trovarsi padrone e libero in un altro mondo illusorio e poetico fondato sull’ipotesi o sulla fede mal definita dell’ignoto. […]. L’idea di un padre, collocato in cielo nell’aria o nel vuoto, è cosa naturale ed umana. Ma purtroppo intervennero e si posero di mezzo i teologi, i dottori, i preti, i monaci e finalmente i vescovi, i concili ed i papi stessi, i quali in nome di Dio, di angeli o di spiriti, che non parlano e non hanno mai parlato, sotto pretesto e allo scopo di ottenere l’unità di fede, di religione, di culto o di Chiesa, formularono proposizioni e stabilirono dogmi che sono assurdi ed impossibili, quando non sono scherzi o buffonerie che non oltrepassano il ridicolo. In sostanza il dogma trasportava l’ideale, le bramosie e la volontà dei credenti da questo mondo ad un altro mondo indeterminato, cioè nell’ignoto. Determinare per ipotesi ciò che vi era o vi poteva essere nell’ignoto era l’argomento o il grande affare di tutti i giorni. L’affarismo dogmatico dei dirigenti vescovi e monaci e dei loro principali aderenti in tutte le vastissime province dell’impero, ma soprattutto in Oriente, fu talmente tanto e così disputato, che il pubblico e il governo stesso vi perdettero la bussola ed il buon senso pratico e civile. […] l’affarismo dogmatico fu tale che alla fine gli accecati credenti, abituati alla triste situazione, trascurarono gli interessi maggiori e, patteggiando, cedettero i beni reali di questo mondo […] in cambio di quelli inesplicabili ed illusori di un altro mondo avvenire sempre ignoto e perciò non determinato né determinabile senza l’impostura di preti, frati e religiosi […].

Da diciotto secoli che si studia e si medita sull’argomento obbligato: La vita di Gesù. Gli studiosi di essa furono molti nei secoli trascorsi ed anche nel presente e corrente secolo di progresso non sono pochi. Ma quanti e quali non hanno confuso con la storia vera i propri sogni […]? In tanta abbondanza di miti poetici, favole, leggende, ma soprattutto di sogni e visionarie confessioni come è possibile scoprire e salvare la verità storica? La vita di Gesù, come appare e ci viene narrata nei libri evangelici, è tutta piena di visionarie allucinazioni, di progetti e di sogni politici. Tutto ciò che opera il figlio dell’uomo non si sa bene se sia per mandato del suo genitore, un principe di questa terra, o non piuttosto di un immaginario padre comune, cioè il padre nostro che è nei cieli. Si compiaceva di farsi, o lasciarsi, chiamare e supplicare: Je-zeus (figlio di Dio) fili David miserere mei. Figlio di Davide era il titolo che davano i giudei e tutti gli israeliti al futuro Messia di cui parlavano misticamente ogni giorno. […].

E Gesù stesso non fece nel deserto i più bei sogni della vita, mentre viaggiando quaranta giorni almeno e chi sa quante volte nella sua vita giovanile fra i 16 ed i 30 anni, vita piena di avventurosi accidenti […], sostenuto da scarso e misurato cibo, mentre meditando sognava l’unità politica del regno d’Israele e delle dodici tribù? E così non fu forse egli stesso tentato dal demonio della propria ambizione? Senza ambizioni non si fanno seri progetti; non si cospira politicamente e non si va alla conquista di un regno, né si prepara e tanto meno si compie l’eccesso di un’entrata trionfante in una vasta città capitale. Ma se i fatti realmente accaduti sono il primo elemento della vera storia […], i sogni appartengono alla favola o alla leggendaria finzione o a quelle chimere d’oltre tomba con le quali sotto specie di pietà e di religione si inganna impunemente il pubblico e il povero popolo, violando, con l’aiuto e la connivenza degli stessi ingannati o fuorviati, l’art. 626 del codice penale, con cui la legge intende prevenire e proibire le truffe ed altri consimili delitti ed imposture, che sono la vera peste delle società civili, delle umane famiglie e della stessa politica di buona fede. […].

È falso che un ente spirituale detto anima vivifichi il corpo ed è falso che il corpo organico degli animali sia vivificato da un ente anima sinonimo di spirito. Dunque i teologi vadano in Seminario ad insegnare teologia sotto la direzione del proprio vescovo e non vengano mai più nelle scuole pubbliche a falsificare o a sviare la storia naturale […]. Del resto, non è vero che l’uomo è stato creato ad immagine e similitudine di Dio, ma è bensì Dio che è stato immaginato o creato dall’uomo a sua propria immagine. La storia dell’umanità lo dimostra chiaramente. […]. Gesù […] lascia credere e supporre che il suo padre celeste invocato con la preghiera possa, e pieno di misericordia, voglia perdonare i peccati, rimettere i debiti o insomma immischiarsi negli affari privati e pubblici, morali e politici dell’umanità […] ma almeno non lo fa simile all’uomo, né l’uomo simile a Dio. […]. L’anima, come la vita di cui è sinonimo, è uno dei più notevoli e stupendi modi di essere dei corpi organici viventi […]. Ma se l’individuo cessa di vivere quando muore e se il suo cadavere non è più vivificato o animato, non si può dire che la sua anima o vita sia stata da Dio creata immortale. Tutti gli individui che ora vivono sono mortali; furono mortali i già morti e dunque potrà essere immortale la loro anima, la loro vita? Che è mai l’anima separata dal corpo? […].

Una vita o anima separata dal proprio organismo è impossibile, od un assurdo come lo spirito senza vita. […]. Gesù prima di essere creduto come profeta o figlio di Dio, fu riconosciuto e venerato come Principe figlio di Re, di Davide. Altrimenti né i suoi amici e conoscenti, né alcuno avrebbe pensato di farne imbalsamare con onore il cadavere e trasportare in Galilea. Dal complesso di tutte le storie, cioè dalla narrazione degli umani eventi trasmessa col mezzo dei libri manoscritti, e più tardi stampati, insieme con la tradizione verbale […], risulta chiaramente che la superstizione o la fede nella Trinità di Dio non pervenne e non fu accolta prima della fine del II secolo dell’Era cristiana, ossia dell’anno 295 e forse, probabilmente, non prima del 331. La notizia della Trinità non è Biblica né Evangelica e, certamente, non faceva parte del culto religioso delle società cristiane nei primi tre secoli del cristianesimo. Infatti, il nome di Trinità l’ho cercato seriamente, come cosa divina, ma non ho potuto trovarlo nella Bibbia o Testamento vecchio e tanto meno nel Vangelo o Testamento nuovo. Per la verità nella Bibbia e nel Vangelo si parla spesso del Dio d’Abramo, d’Isacco, di Giacobbe e di altri patriarchi e profeti, si parla dello spirito di Dio, sono nominati separatamente qui e colà il Dio creatore, Dio Padre, spirito santo, Gesù figlio di Dio, Dio padrone, spirito divino, spirito di Dio e simili; ma del mistico e assurdo Dio uno e trino o della Trinità santa e composta di tre persone nemmeno una parola […].

Così pure in tutti i libri evangelici non si trova mai l’aggettivo santo attribuito al nome degli apostoli e dei discepoli e nemmeno dei profeti […]. L’aggettivo santo in origine non si dava che a Dio […]. Dunque i libri furono santificati, divinizzati e divennero sacri molto tardi, quando già erano stati guastati con correzioni ed aggiunte introdotte da amanuensi e copisti, specialmente monaci. Noi storici moderni, che abbiamo rinunziato a tutti i pregiudizi religiosi ed ai dogmi […] non dobbiamo né possiamo tacere o dissimulare la verità. L’idea della divinità di Gesù, l’idea di un Dio uno e trino, come quella della trinità indivisibile ed una, l’idea, ripeto, esiste certamente e fu innalzata al grado di dogma fin dall’anno 325 nel primo concilio di Nicea, dogma confermato più o meno esplicitamente od implicitamente in tutti i concili ecclesiastici, ecumenici o no, che furono tenuti dalle autorità ecclesiastiche […].

I concili, in quanto composti da uomini fallibili e soggetti alle passioni umane e politiche, non possono essere considerati come infallibili. Spesse volte i concili si contraddicono e si condannano a vicenda fra di loro, qualificando il consesso avversario di conciliabolo o dichiarandolo eretico. L’idea della trinità fu dunque introdotta nel cristianesimo molto tardi. Dico soltanto idea perché questa non è una prova della realtà del fenomeno immaginato in quanto l’idea di un fatto o di un fenomeno non è il fatto, né il fenomeno stesso. Ciò è chiaro come la luce del sole. L’idea di Pegaso, un cavallo alato immaginato dai poeti, e l’idea di giovani messaggeri o di angeli con le ali esiste certamente come idea, ma non è una prova che sia in realtà esistito un cavallo con le ali, o siano vissuti giovanetti (angeli) con ali, simili a quelle d’aquila o di qualsiasi uccello. In somma l’idea non è l’oggetto. […]. Mi si domanda seriamente da qual parte sia venuta […] la famosa idea della Trinità, l’idea di un fatto o fenomeno così assurdo, come quello di un Dio personale uno e trino nel tempo stesso. Ho già detto che la trinità cristiana non è che la brutta copia della trimurti indiana, rispettata, idolatrata, adorata e giunta fino a noi […]. Nessuno ha osato finora produrre in pubblico una critica seria della Santissima una ed inviolabile Trinità di cui non si trova il nome in tutta la Bibbia.
 
kelly70
00giovedì 16 ottobre 2008 00:27

Non si dica che sia questa una questione inutile e un perditempo. Perché quando gli errori e le assurdità sono ancora insegnati nelle scuole e predicati in piazza, in chiesa e sul pulpito come sacri misteri e quali verità dogmatiche sante ed infallibili, allora il silenzio o l’indifferentismo generale veste il carattere di approvazione e perfino di complicità. Se nessuno mai contraddice a chi insegna pubblicamente l’errore e l’assurdità quasi fossero verità, non è forse come dar la causa vinta a chi lo insegna? È dunque ben fatto che dopo tanti anni di forzato silenzio si oda qualche voce di contraddizione e di protesta contro la propagazione di simili assurdità. La questione è complessa ed è più di politica che di religione. Il dogma preteso cattolico [universale] è fratello dell’ignoranza.

Io credo che tollerare in silenzio gli intolleranti sia lo stesso come sottomettersi alla loro fede ed alla loro politica. L’idea della Trinità è cosa poetica e umana, se fosse una realtà divina sarebbe una prova della divinità di Gesù, divinità che non possiamo ammettere. Gesù Cristo non è una persona divina. […]. Si pretende di far credere o di lasciare nell’illusione coloro i quali già credono che Gesù sia la seconda persona della Santissima Trinita. […]. Come mai dunque si è introdotta nel cristianesimo l’idea di un Dio uno e trino ad ogni costo, quando non ne parlano nemmeno Paolo e Giovanni l’evangelista?
[…].
 
Gli israeliti credevano in un Dio solo in Jehuoa [Yhaweh], che per rispetto e per comandamento di Mosè non nominavano mai invano. Ma in un modo o in un altro lo indicavano spesso col nome di padrone [adon = kuvrio" = dominus] e talvolta con nomi stranieri, o con quello già comune di Dio d’Abramo, d’Isacco, di Giacobbe, dei nostri padri e finalmente dopo Gesù col nome di padre nostro, che è l’immagine della provvidenza, del capo di casa, della famiglia, della patria. Per gli israeliti e più ancora per i giudei ed i cristiani dei primi due secoli la Trinità era una Divinità straniera e quindi proibita dalle leggi mosaiche. […]. La Trinità era dunque per gli israeliti, giudei e cristiani una vera eresia, sebbene non dichiarata come tale. Ario la riteneva come un’eresia anche dopo stabilito il dogma della divinità del Messia Gesù nel concilio di Nicea. Quindi, con dogmi contro dogmi e concili contro concili, così come con l’arte e con l’inganno, la Trimurti indiana fu introdotta, tollerata e santificata anche dai cristiani.

Tuttavia, in principio, per la sua assurdità non potendo prender piede e mettere radice tra i teologi seguaci del Vangelo, fu completamente confusa col Jehoua [Yhaweh] degli Ebrei, col Dio di Abramo, d’Isacco e di Giacobbe e col Dio padre nostro che sei nei cieli predicato da Gesù e dai suoi seguaci (apostoli e discepoli), per poi poter essere distinta solamente due o tre secoli dopo la morte di Gesù. Allora soltanto fu possibile innalzare al grado di dogma nelle società cristiane del mondo romano anche la trinità indiana, la Trimurti composta di tre persone. […]. Fatto sta che il culto della trinità ci viene dalle Indie e non dalla Palestina, e ciò nonostante la Trinità fu innalzata al grado di dogma. […]. Ma vi è di più. Non un solo apostolo, non un evangelista, non un discepolo, né uno scrittore qualsiasi di libri evangelici prima del III o del IV secolo del cristianesimo ha osato annunziare ai suoi fedeli credenti, che Gesù era la seconda persona della Santissima Trinità di Dio o Jehoua [Yhaweh].
 
Del mistero o assurdo Dio uno e trino composto di tre persone distinte una dall’altra, ossia dell’unità e trinità mistica, di una divinità immaginaria, ma trina ed una o infine di un nodo trinitario indissolubile, eterno, infinito, come fu immaginato e definito dai vescovi, preti, frati e teologi dottori del Concilio di Nicea, non vi è notizia in tutta la Bibbia; e si può dire che non esisteva e non era esistito ente trinitario, eccetto nelle Indie e nel cervello dei fanatici, che l’avevano dogmatizzato, privilegiato e santificato con le loro solenni, assolute, ma veramente pazzesche definizioni. Dico pazzesche, perché essi non hanno previsto che, appena stabilito un dogma maggiore e grave ne sarebbero stati costretti a farne succedere altri minori. Infatti, se il primo è un’evidente assurdità ha necessariamente bisogno di essere sostenuto con altri dogmi, vale a dire con palliativi, bugie e molti altre assurdità minori, ma sempre con opinioni erronee o falsità, le quali in pratica corrompono qualsiasi morale civile. Siccome per sostenere una bugia maggiore è necessario proferirne molte altre minori, così per sostenere il dogma importantissimo della divinità di Gesù, poiché questo Messia era nato e morto in Palestina come ogni altro uomo della sua nazione, fu necessario stabilire quali relazioni esistevano e furono possibili o realizzate tra il Gesù uomo ed il Gesù Dio. Poi se in Gesù fossero una o due persone, una o due nature; se divina o umana; se uno o due individui […]. I dubbi e le discussioni furono in proposito inesauribili e interminabili […].

Così Gesù divenne fonte di molti errori, di pregiudizi e di superstizioni perniciosissime. […]. Per collegare la divinità del figlio con quella del padre eterno i teologi hanno personificato lo spirito di Dio, che sul principio era solo una facoltà morale, un atto o ispirazione fantastica attribuita a Jehoua [Yhaweh] per comunicare gli ordini e la volontà propria ai profeti ispirati che pretendevano di parlare in nome di Dio stesso. Giacché dunque nel I Concilio di Nicea del 325 si era stabilito legalmente il dogma della Divinità del Messia Gesù nella sua qualità di Redentore […], avvenne che i capi, i vescovi e pontefici di tutte le chiese cristiane […] interrogati dai fedeli, più o meno incerti o dubitanti, intorno alle questioni suscitate dal primo dogma, furono costretti ad essere coerenti nelle loro risposte e definizioni, ritenendo sempre per base dei loro giudizi il dogma fatale della Divinità di un uomo! Quindi il dogma del corpo di Gesù in pane! L’ignoranza generale dei tempi con l’aggiunta dell’invasione dei barbari portò uno sviamento straordinario della umana ragione, fu fatto il buio nella via stessa della verità e ricominciarono il disaccordo e le contraddizioni. Allora si riconobbe la necessità di nuovi concili di vescovi, di nuove definizioni e di nuovi dogmi e perciò nuove bugie e nuovi errori.

Fatto sta che i dogmi e le questioni teologiche crebbero e si moltiplicarono in modo straordinario nei due secoli IV e V. Poi vennero le questioni riguardanti la madre di Dio; allora la confusione dogmatica salì al colmo, e tutti erano colpiti dalla febbre maligna del dogma. A tal segno che la morale di Gesù venne del tutto dimenticata o collocata in secondo o terzo grado dopo i dogmi anche i più insulsi e perfino dopo gli ordini gerarchici, le cerimonie del culto e dopo tutte le regole esteriori di disciplina ecclesiastica. Perciò le questioni ecclesiastiche moltiplicate occuparono tutto il mondo romano, portarono la confusione dovunque ed assorbirono tutto, anche la politica che rimase subordinata alla chiesa. L’umana ragione diventò aberrazione mentale. Gli eretici furono condannati al macello o al rogo in questo mondo ed all’inferno nell’altro [che, per loro fortuna, non esiste!]. Fu facile agli ecclesiastici per discolparsi attribuire la causa di tutte le discordie, delle guerre religiose e di molti altri disordini e mali, all’invasione dei barbari.

Ma i barbari distrussero i templi dei gentili e gli idoli del paganesimo, non quelli dei cristiani. I barbari, anche senza volerlo, favorirono gli interessi delle chiese cristiane. Queste, che in origine erano povere, colta l’occasione, c col favore delle circostanze, trovarono modo non solo di farsi rispettare dai barbari ed accordarsi con essi, ma anche di introdurre a buon mercato la maggior parte delle ricchezze e perfino molte diverse cerimonie del culto pagano nel rito cristiano ed, infine, gli edifici religiosi ed i tempi stessi dei gentili furono trasformati in basiliche e chiese dei cristiani. Ciò non è potuto accadere senza inconvenienti e senza danno della moralità cristiana. […]. Atanasio (295-373 d. C.), primo autore sacro fanatico per la divinità di Gesù e più ancora per la Trinità divina che, portata in Egitto dalle Indie, egli accolse e, sovrapponendola al Dio di Mosè, la introdusse nel cristianesimo della Palestina nella prima metà del IV secolo [(2)]. […].
 
Ricordiamoci che tanto nell’India antica quanto presso i Greci gli Dei nascono dalla terra e dal cielo, personificati con l’immaginazione, ossia dal loro congiungimento o mistico matrimonio del cielo con la terra. Difatti il Dio rappresentato nei Veda come sposo della terra, Dyaus, Diaush-pitar nella sua origine è identico con Zeus (Dio padre), Je-Zeus (Dio figlio) e Dies-piter in greco, Jupiter in latino, Giove in italiano considerato da tutti come padre degli Dei. Il Dio padre nei cieli è quello non solo degli arabi ma anche dei cinesi e giapponesi. L’idea di un Dio creatore del cielo e della terra […] proviene da Babilonia e fu un’idea dell’autore o traduttore del libro della Genesi attribuito erroneamente a Mosè o ad Abramo, i quali raccolsero o scrissero alcuni libri in lingua ebraica, libri antichissimi che andarono perduti o mal tradotti. Ma non risulta dalla storia vera che siano stati gli autori della Genesi, come non risulta che Gesù sia l’autore dei Vangeli. […]. Nel cristianesimo prima fu costituita la società dei figli di Dio e poi fu trovata, inventata, formulata e decretata la divinità di Gesù […].

L’idea di Dio creatore, idea poetica molto moderna a fronte di quelle preistoriche più bestiali, non è poi così bella né così sublime che meriti di essere ossequiata dai moderni scienziati quasi fosse un’infallibile verità. […]. Una volta nella libertà naturale e primitiva non esistevano dogmi. Allora la prima origine delle cose, la causa prima della vita, la causa suprema di tutte le cause, causa causarum, la sostanza essenziale o l’essenza sostanziale ciascuno la immaginava come voleva; si poteva dire che erano dogmi perversi quelli stabiliti dai sognatori o fabbricanti di menzogne. Allora il principio veramente primo, unico, quello insomma che non ha mai avuto precedenti, per riconoscerlo e giudicarlo necessario, lo si andava a cercare in alto, lassù, nelle nubi, venientem in nubibus coeli. Erano poeti di forte immaginazione, ai quali, come ai profeti e ad ogni gente esaltata fu sempre lecito di esagerare, dire spropositi e stravaganze di ogni colore. I dogmi, gli anatemi, e i sacrifici non erano ancora stati inventati, né legalizzati, né santificati. […].

Nei libri biblici ed evangelici la parola dominus vuol dire padrone e non Dio. Tuttavia fin dai tempi di Gesù l’aggettivo divus, divino, era già in uso presso i romani ed i greci nel linguaggio ufficiale civile adulatorio dei cittadini davanti ai loro padroni, tanto più se fossero stati capi, re, imperatori o condottieri di eserciti. […]. Riguardo allo spirito santo, bisogna ritenere che lo spirito non è una persona […]. Nel lexicon ufficiale della lingua latina il primo significato che è indicato sotto il vocabolo persona è quello di maschera, immagine di un uomo o figura esteriore del medesimo. Poi viene quello dell’uomo intelligente e con altri molti significati relativi, ma non il significato di spirito o di Dio. Dio non è e non può essere una persona né l’immagine di un uomo. […]. Nel concilio di Nicea (325) fu stabilito il dogma della divinità di Gesù; ma quello della Trinità di Dio fu decretato più tardi verso l’anno 331-381 nei concili successivi di Efeso, di Costantinopoli e di Calcedonia e ciò tra mille contrasti, contraddizioni e proteste di dotti oppositori […].

L’anima personificata è divenuta nell’organismo umano un ente distinto dall’individuo che vive, muore e più non resuscita, l’anima creduta immortale sulla parola dei visionari alienati di buona fede o dei furbi interessati interpreti dei libri biblici ed evangelici, l’anima spiritualizzata insuperbì, esaltò e pervertì molti uomini, che corruppero tutto, il vangelo, le storie civili e perfino quelle delle stesse chiese cristiane. […]. Il cristianesimo, che nei suoi primordi era un’istituzione d’origine e scopo politico, non diventò religione tutto ad un tratto. Culto e dogmi furono introdotti a poco a poco e crebbero in numero ed importanza molto tardi in Occidente; ma in Oriente l’elemento religioso fu favorito dalle circostanze e dal monachesimo che fu il più terribile e ardente, ma cieco e stupido costruttore di dogmi. I monaci fanatici per il dogma furono la causa principale e più diretta dello sviamento, della corruzione e della rovina stessa della civiltà greco-latina e perfino dell’antico romano impero. Ogni dogma sarà sempre un gravissimo ostacolo all’umano progresso ed al miglioramento delle società civili. Lo prova la storia con i suoi fatti. I dogmi e i sacramenti furono introdotti a poco a poco ed acquistarono forza di religione e di cerimonie sacre quando principiarono le discussioni sulla divinità personale di Gesù.

Le piccole società ecclesiastiche moltiplicandosi acquistarono forza morale e fisica, comodi e ricchezze. Quanto perdevano le chiese degli idolatri tanto acquistavano le cristiane adunanze, che già si tenevano in pubblico e, qualche volta, con solennità festiva e fastosamente. Le mense divennero altari, le piccole e rozze croci di legno furono abbellite con ornamenti e con l’immagine sovrappostavi del redentore crocifisso ed i candelabri, che si accendevano per avere luce nelle catacombe in sotterranei ed in luoghi chiusi, si mantenevano accesi anche alla luce del sole in pubblico. Allora il fanatismo cominciò a risvegliare le passioni ambiziose. […]. In quel tempo non si parlava che di religione, di Dio, di persone divine, di anime, di spiriti, di salute eterna, di sacramenti, di precetti ecclesiastici e di sacri dogmi. Si pretendeva che tutto fosse conosciuto e definibile con la scorta e guida dei sacri libri biblici ed evangelici; e si volle ad ogni costo che tutto, anche il sovrannaturale, fosse chiaro, stabilito, deciso e definito dogmaticamente e santamente con l’autorità dei vescovi capi delle società cristiane dei figli di Dio. […]. Intanto le discussioni venivano ripetute alla presenza di molti uditori. Nello scontro degli interessi diversi ed opposti […] più spesso vinceva la pronta e facile eloquenza di un teologo più audace o fortunato degli altri, ben di rado restava vittoriosa la ragione.
 
Le cause degli errori erano innumerevoli. Quindi autorità contro autorità, concili e conciliaboli, definizioni arbitrarie, accuse, bugie, falsi dogmi, condanne ed assoluzioni inique, parziali, precipitate e poi vendette sorde, anatemi, deposizioni, resistenze, tumulti […], dogmi contro dogmi […]. Le chiese, i figli di Dio, le società cristiane prevalsero. La conseguenza era naturale ed inevitabile. Gli interessi superiori del Cielo dovevano prevalere e prevalsero su quelli della terra. […]. Il diritto divino non può esistere senza sottomettere Dio stesso alle leggi dogmatiche della chiesa. Esso è un avanzo della più antica e selvaggia barbarie, nonché dell’ignoranza, della superbia e fallibilità delle incipienti società umane non ancora civili. Le aberrazioni politiche, le guerre sacre, gli umani sacrifici, le vendette e gli odi inestinguibili furono inevitabili in conseguenza del presunto diritto divino che serviva di pretesto per armare, gli uni contro gli altri, i bracci secolari dei governi più o meno barbari, più o meno civili; quasi che Dio non potesse far valere i suoi propri diritti senza ricorrere ad una forza maggiore, cioè al beneplacito dell’autorità ecclesiastica, o degli interpreti della volontà di Dio stesso sostenuta dal dominio temporale o dai bracci secolari della chiesa. Vi furono sei o sette fiumi di errori politici nefandi, dai quali furono investite e devastate quasi tutte le più belle province d’Asia, d’Africa e d’Europa, mentre procedevano in una incipiente e ben avviata civiltà. I quali fiumi senza l’impostura del diritto divino non sarebbero stati possibili. […].

Nessun dotto e saggio può ignorare come la morale biblica ed evangelica, come si trova esposta nei libri sacri, sia imperfetta, confusa, piena di esagerazioni poetiche, di contraddizioni, di errori evidenti e di miracoli falsi, ridicoli, indegni di Dio ed inutili, da cui è deturpata. Essa non rare volte è barbara, feroce ed iniquamente vendicativa nei suoi principi e favolosa nella sua base del peccato originale, parziale ed illogica nelle sue conseguenze, sparsa qua e là di assurdità e di equivoci filosofici, irreligiosi ed immorali, per causa dei quali si credettero necessarie le definizioni dogmatiche nei secoli successivi. […].
 
La morale del diritto divino ha dato in pratica i seguenti prodotti: la funestissima credenza della prossima fine del mondo, della venuta dell’anticristo, della seconda comparsa del Messia Gesù e del giudizio universale […]; i dogmi; le guerre di religione in specie le crociate per la conquista del santo sepolcro guerre che, compresi pochi intervalli di pace, sono durate più di sei secoli con immense stragi […]; gli anatemi e le condanne degli eretici; il monachismo; l’ipocrisia religiosa; l’inquisizione sacra con tutte le sue orribili conseguenze (la libertà bandita ed oppressa, i liberi pensatori ed i filosofi quasi tutti ridotti in servitù e avviliti o perseguitati per molti secoli); il potere politico temporale dei papi e dei cardinali con la caduta del Romano Impero e con danno supremo di tutta Italia che, divisa a bocconi tra i barbari per opera o causa della chiesa stessa, da principale delle province e signora delle genti, divenne l’ultima delle nazioni […]; il progresso delle scienze ritardato e reso quasi impossibile con gravissimo pregiudizio e danno sommo della nazione; la compagnia di Gesù, le fraterie e il gesuitismo internazionale cattolico nero, tra le cui insidiose spire riesce quasi impossibile il risorgimento politico delle nazioni educate nel cristianesimo dai gesuiti stessi; ecc.

Tralascio di annoverare molti altri mali morali e politici e disastri di ogni specie che non sarebbero avvenuti senza il predominio della troppo acclamata morale del Vangelo, divenuta poi ecclesiastica e fortificata come fu da importantissimi dogmi che ne impedirono il progresso. […]. Non dimentichiamo il fatto che Gesù fu capo politico di Regia stirpe, pretendente al Regno messianico d’Israele, cioè al trono di Davide e di Salomone, e non fu religioso né pretese di essere Sommo pontefice, né membro del sacerdozio ebraico, né capo di una religione qualunque. […]. Il dogma dell’Unità e Trinità personale di Dio dipende dal falso significato attribuito al vocabolo verbum che […] diventò un soprannome del Messia Gesù e poco dopo il nome proprio della seconda persona della Santissima Trinità! Ma ciò avvenne per arte e col mezzo di intrighi politici fatti valere […] per via di donne presso l’imperatore Costantino ed i suoi successori, che convocarono e presiedettero autorevolmente […] i primi e più autorevoli concili ecumenici di cui si onorò e se ne giovò fino ai nostri giorni non la religione cosiddetta cattolica apostolica romana, ma la chiesa papale pontificia gesuitica e con essa purtroppo anche la maggior parte del cristianesimo civile e politico, cioè quello dei concordati diplomatici tra la chiesa stessa e gli Stati d’Europa […].

kelly70
00giovedì 16 ottobre 2008 00:30
Tre persone in un solo Dio come un Dio solo in tre distinte persone […] sono un assurdità più che evidente. E nella storia ecclesiastica sono ormai diciassette secoli che si abusa impunemente di un assurdo così plateale! E lo si dice sacro mistero! Menzogna, l’assurdo e l’ignoto sono forse cose sacre, sante, divine? Almeno un po’ di pudore e un minimo di prudenza! Ma no, si vuole e si pretende l’insegnamento privilegiato del catechismo degli infallibili le cui pagine sono piene di misteriosità e di assurdità, che non possono essere né sacre né adorabili. […].

Ma, come si fa a non confondere le tre persone se devono essere comprese in un solo Dio e in una sola inseparabile sostanza? Se la sostanza è una sola, se l’Ente supremo è uno, come possono essere tre persone distinte? Assurdità, misteri, buffonerie e ciarlatanismo invece di religione morale e civile! Canaglie! Questi assurdi misteri non sono certamente evangelici. E si insegnano tuttavia ai fanciulli! Quanto tempo sprecato! […]. L’uomo non può immaginare, produrre col proprio ingegno, cioè creare e collocare in cielo tre persone divine senza dar loro una forma degna della propria immaginazione, senza farle simili a sé, o simili ad un uomo il più perfetto possibile.

Se il padre non è il figlio, se lo spirito non è né figlio né padre, l’uomo non può immaginare le tre persone. Perciò se il cristiano fece il suo Dio padre eterno simile al Jupiter, Giove o padre degli Dei dell’Olimpo, immaginò il figlio simile ad Apollo, e non sapendo quale forma dare allo spirito generatore, lo figurò e dipinse sotto le forme di un colombo, di una voce uscita da un roveto ardente, di fiammelle o lingue di fuoco. Ad ogni modo, dovendo essere tre entità divine (secondo il mito indiano) molti padri dei primi concili, in disaccordo con Ario, interrogavano: vi sarebbero tre increati, tre immensi e tre eterni? No, rispondevano gli illogici e ciechi seguaci di Atanasio, ma dogmatizzavano come segue: "E tuttavia non tre eterni, ma un solo eterno; siccome non tre increati, né tre immensi, ma un solo increato ed un solo immenso. In simil modo onnipotente il Padre, onnipotente il Figlio, onnipotente lo Spirito Santo. E tuttavia non tre onnipotenti, ma un solo onnipotente.
 
Così il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio, e tuttavia non sono tre Dei , ma un solo Dio. Così Padrone il Padre, Padrone il Figlio, Padrone lo Spirito Santo. E tuttavia non tre Padroni ma uno è Padrone". Questo "si e no" continuo è un assurdo intollerabile contrario alle leggi della natura e del buon senso pratico. Ed è la negazione della verità scientifica e della logica. In mezzo alle assurdità le tracce della scienza del vero non sono più riconoscibili. In tutti i libri evangelici ed anche biblici lo spirito santo non è mai una persona, ma un complesso di virtù morali tra cui rifulge la carità, l’amore fraterno e l’amore sociale. Santo è sinonimo di buono, giusto, amorevole, amico, ecc. E gli autori del simbolo ne hanno fatto una persona assurda, impossibile, ridicola, con le peggiori conseguenze! […].

Il simbolo di Atanasio (come il sillabo dei gesuiti) è arido, secco, imperioso ed assurdo da capo a fondo, è un controsenso continuo col più immorale disprezzo della verità naturale. Ita Deus pater, Deus filius, Deus Spiritus sanctus; et tamen non tres Dii, sed unus est Deus. Il che vuol dire: sì e no nello stesso momento. E così passando da assurdità in assurdità, da contraddizione in contraddizione, i teologi promotori dei concili, ignoranti di logica, di storia naturale umana e civile […]; ma tuttavia dominanti e superbi dicevano e disdicevano, affermavano e negavano, approvavano e condannavano nello stesso giorno, nella stessa adunanza; a volte nel calore della disputa, e in scritto nella stessa pagina e con la stessa volubilità di coscienza, da veri cretini, sotto pretesto di sacro mistero; Così stabilivano solennemente quali verità eterne anche i suddetti assurdi, che sono la quintessenza delle religioni spirituali e delle fantasmagorie indiane. In verità il fatto, secondo natura, se ciascuna delle tre persone è increata ed eterna, gli increati ed eterni sono tre, ed è assurdo che siano uno solo nel tempo stesso. […].

Del fenomeno che noi diciamo assurdo, di un Dio uno in tre persone, i teologi non danno alcuna ragionevole dimostrazione dicendo: "Quia sicut singillatim unaquamque personam Deum ac Dominum confiteri Christiana veritate (menzogna enorme!) compellimur ita tres Deos aut Dominos dicere, catholica religione prohibemur". E così, secondo i teologi più che prepotenti e ingannatori, il compellimur [siamo costretti] ed il prohibemur [ci è proibito], ossia un comando assoluto ed una proibizione, cioè l’intolleranza e la prepotenza vescovile sarebbero due ragioni? Buffoni! Sic volo, sic jubeo [Così voglio, così ordino]! Solite prepotenze. Queste non sono ragioni, né un motivo, né un quia [perché]. Esse, purtroppo, sono menzogne manifeste. Ed è così che si aggiungono bugie a bugie per dare alla menzogna l’aspetto di sacro-santa verità. Prima di tutto una religione cattolica nello stretto significato della parola unica nel mondo o universale non esiste perché impossibile e contraria al fatto dell’umana natura.
 
Le religioni sono in realtà moltissime […]. Gesù non ha mai detto ad alcuno: crederai questo o quello, così e così, nel tale o tal’altro modo determinato […]. I cristiani dei primi due secoli avevano i loro simboli per riconoscersi a vicenda e per distinguere i credenti in Cristo Gesù da quelli che non appartenevano alla loro società, ma non avevano stabilito formalmente alcun dogma, né alcuna pena contro i dissidenti. La libertà evangelica, sia religiosa sia civile, era uguale per tutti. La verità cristiana, quella del Messia Gesù non impone, né impedisce, né proibisce ad alcuno la ricerca e lo studio del vero nella storia, nei libri sacri o profani, non costringe, non comanda sopra la legge umana e civile sotto pretesto della volontà di Dio, non minaccia, non atterrisce, non dispone con la prepotenza […]. "Pater a nullo est factus nec creatus, nec genitus. Filius a Patre solo est non factus, nec creatus, sed genitus. Spiritus Sanctus a Patre, et Filio non factus, nec creatus, nec genitus, sed procedens".

Simili questioni metafisiche non sono evangeliche. Ed, infatti, se vogliamo essere ragionevoli, se il nostro Dio non è un assurdo, dobbiamo ed abbiamo il diritto di credere che il padre collocato dalla fantasia umana nel più alto dei cieli è un ideale, ma vero prodotto erroneo, ma vera creazione dell’uomo, la quale perché immaginaria ed assurda non può essere divina. Ed, infatti, l’idea di padre suppone la madre che abbia avuto relazione con l’uomo in modo naturale umano […] e non soprannaturale; ed inoltre suppone almeno un figlio. E siccome l’unità nella trinità e la contemporanea trinità nell’unità è un assurdo matematico, un assurdo mostruoso ed evidente; perciò l’idea di un padre nostro che è nei cieli è anch’essa cosa umana; tanto più che sappiamo essere stata ideata, creata o prodotta dal figlio dell’uomo, o dal Messia Gesù nella sua qualità di uomo di regia stirpe di Davide e di redentore presunto di tutto Israele. Si aggiunga, però, che l’idea della donna nella divinità non è né biblica né evangelica.

Nel Vangelo si parla della madre di Gesù come si parlerebbe di qualsiasi altra donna […]. E poi tutto ciò che riguarda l’unità e trinità di Dio […] è posteriore al III secolo dell’era cristiana. Dunque il padre della Trinità, come le altre due persone, fu fatto, creato, generato o prodotto o ideato dai teologi dei Concili che fecero il Dogma. Lo stesso dicasi del figlio. Come potrebbe essere in realtà figlio se non è stato prodotto, se non proviene da un padre e da una madre? Il figlio non fatto, non prodotto è un assurdità. […]. Dunque nel dogma della Trinità di Dio tutto è assurdo. […].
 
Secondo le parole e le definizioni del simbolo, nella Trinità non vi sono né precedenti né conseguenti; le tre persone sono coetanee, coeterne e coeguali; tuttavia, sebbene distinte l’una dall’altra, costituiscono insieme un Dio solo, compreso lo Spirito Santo. Eppure i naturalisti sanno ed insegnano ciò che noi sappiamo, cioè che non esiste spirito senza vita, né vita senza organismo semovente, né organismo senza materia; cosicché la materia è sempre la base necessaria dell’organismo, del moto, delle forze fisiche e del fenomeno della vita degli individui. La quale vita per esistere in realtà deve avere tutte le condizioni dell’esistenza. Soltanto con l’osservazione e l’esperienza i naturalisti e gli scienziati possono verificare se nell’Unità e Trinità coeterna di Dio vi siano o no in realtà tutte le condizioni necessarie alla vita di tre persone distinte. […] la Trinità non solo non ha sensazioni sue proprie, ma non può nemmeno mettersi in comunicazione con le nostre. La ragione di tale sua impotenza è chiara ed evidente. La Trinità essendo spirituale non ha nemmeno uno dei cinque sensi […].
 
Ma non basta. Il famoso simbolo passando dall’assurdo della Trinità di un Dio a quello dell’incarnazione così continua: "Sed necessarium est ad aeternam salutem ut incarnationem quoque Domini nostri Jesu Christi fideliter credat. Est ergo fides recta, ut credamus et confiteamur quia Dominus noster Jesus Christus Dei Filius, deus et homo est". Nel catechismo dei fanciulli s’insegnano non pochi misteri, assurdità, impossibilità, che si fanno passare sotto il mentito e falso nome di verità cristiane, di fede santa, di sacri misteri, i principali dei quali sono l’unità e trinità di Dio e l’incarnazione del Verbo. Ammessa la divinità di Gesù (primo dogma introdotto abusivamente e arbitrariamente dai fanatici nel cristianesimo del puro vangelo), bisognava in qualche modo soddisfare i curiosi e soprattutto gli oppositori, i quali si chiedevano: come mai Gesù, essendo vero Dio, è potuto nascere, soffrire e morire? Dio non nasce né muore.

I padri del Concilio di Nicea per dimostrare la verità di un assurdità più che manifesta sono dovuti ricorrere ai miracoli falsi poiché i veri, essendo impossibili, non esistettero mai. Poi ricorsero all’autorità delle antiche e sacre scritture. Ma queste si contraddicevano; poi alle profezie, ed anche queste non si verificavano con esattezza, gli interpreti non si accordavano fra loro. I profeti, esaltati, esageravano; gli storici inesatti o ignoranti e fallibili, erravano spesso e non potevano andare d’accordo. Allora pensarono di riunire gli anziani e i capi delle diverse chiese cristiane […] allo scopo di determinare chiaramente i principi ed i punti principali della fede cristiana. Ma anche riuniti non si sono potuti trovare tutti della stessa opinione. A fronte delle definizioni dogmatiche, le contraddizioni e le eresie furono inevitabili. I dogmi stabiliti, finché erano pochi e non erano appoggiati dalla forza e dalla politica, promuovendo la discussione, fecero aumentare il numero dei credenti e la fama delle diverse chiese cristiane. Ma quando s’intromisero le autorità politiche e i dogmi furono accresciuti e sostenuti dalla forza materiale, allora i credenti di diversa opinione si opposero e, combattendo gli uni contro gli altri, corruppero la religione e la morale pubblica. […].
kelly70
00giovedì 16 ottobre 2008 00:31
Vi sarebbero tanti assurdi misteri, tante contraddizioni ed impossibilità scientifiche, che basterebbero a far perdere la bussola non soltanto ai bambini di ambo i sessi e ai fanciulli a cui si insegnano cotali e simili cose nel catechismo, ma anche ai più profondi scienziati e naturalisti del mondo. Si tratterebbe di un Dio-uomo composto di sostanza mista (paterna e materna) generato dal padre prima dei secoli, nato uomo dalla sostanza della madre, concepito non per opera del padre, ma di uno spirito nel seno di una vergine; eguale al padre come Dio, minore del padre come uomo; mortale ed immortale nel tempo stesso, come Cristo uno solo e di due nature, come un individuo con due anime, una divina e l’altra umana sussistenti nel corpo organico, nell’umana carne ed anche questa visibile ed invisibile nell’ostia sacramentale, ecc.; ed insomma cose dell’altro mondo, oltre natura e tali da far impazzire anche i cervelli più sani. Ma queste cose da nessun sapiente della terra sono ritenute come serie.

E tuttavia, quasi fossero vere, sacrosante e divine sono insegnate dai vescovi, parroci, canonici, preti e frati predicando dal pulpito, tormentando le coscienze nel confessionale e stancando la pazienza dei fanciulli nelle scuole; e tutto ciò in nome di un Dio uno e trino che non ha mai parlato, perché essendo puro spirito non può parlare. […]. Gesù, se stiamo alla lettera ed allo spirito di tutti i libri evangelici e biblici, non solo non ha stabilito, né decretato alcun dogma; ma non ha pensato, né accennato alla fondazione di una religione e, tanto meno, di una chiesa con un culto determinato. Ma lo scopo della sua predicazione fu certamente politico e morale. […].
 
Voleva fondare e realizzare il Regno messianico temporale preconizzato dalle sacre scritture, e non una religione, voleva un regno morale e civile: voleva cioè ripetere, rinnovare, perfezionare il regno di Davide e di Salomone, il Regno politico delle dodici tribù d’Israele […]; ma disgraziatamente, purtroppo, fallì nella sua ardua impresa politica! E perché fallì e non potè? Perché fu uomo fallibile, perché nacque, visse e morì come uomo e non come Dio; dato anche e non concesso, che sia stato ispirato da Dio, egli non fu una persona divina e tanto meno onnipotente; e perché finalmente: volere non è potere, ma. Perché l’uomo tanto può non già quanto vuole, ma quanto vale.

L’umana volontà non è onnipotente; ma può soltanto quanto valgono le forze di cui può disporre. A Gesù mancarono le forze fisiche materiali corrispondenti al suo volere […]. La missione di Gesù fu dunque fallita irreversibilmente. Tuttavia la fede ardente dei cristiani del II e del III secolo diede corpo alle ombre, e col mezzo dei sacri dogmi decretati nel IV secolo e con l’aiuto del braccio secolare del cadente impero romano, aiutata dagli equivoci, fondò l’impero politico così detto spirituale della chiesa cattolica-apostolica-romana, ma in realtà temporale. Fu insomma un impero equivoco, ecclesiastico religioso, ma che è durato per molti secoli cioè fino ai nostri giorni. […].

Il dogma anche il più assurdo, pazzesco, buffonesco, come i dogmi della Trinità di un Dio solo, della sine labe concepta, dell’infallibilità umana dei papi e dei concili composti da uomini fallibili, come altri molti dogmi più o meno ridicoli, come quello della fine del mondo, […] il dogma ripetuto nelle sacre liturgie, predicato dal pulpito, insegnato nel catechismo ai fanciulli e ricordato ogni giorno come cosa sacra, il dogma, dove mette nuove radici, cresce, ingrossa e si raccoglie insidiosamente nel sillabo dei gesuiti, avvelena le umane coscienze, mortifica il libero pensiero privando gli individui d’ogni facoltà di dubitare, ragionare e discutere in materia di religione, quindi col mezzo dei sacramenti e con l’azione del confessionale si introduce nelle famiglie, si informa dei loro interessi, del grasso e magro della loro tavola e della loro cucina, ne dirige l’istruzione, l’educazione, la morale privata e perfino la pubblica.
 
Finalmente il dogma facendosi dominante e politico, introducendosi chiamato o ammesso come una necessità nelle pubbliche amministrazioni, invade tutto; e poi scalzando la forza morale d’ogni civile governo, sempre assicurato dal sacro collegio dei cardinali all’ombra del Vaticano e indirettamente garantito dalle leggi nazionali parlamentari, allora il sillabo politico dei gesuiti continuerà a funzionare, come funziona ancora presentemente […]. Intendetelo una volta per sempre. Il dogma è una truffa [(3)]…» (cfr.Turcotti A.: «Vita politica di Gesù», Torino, 1880). In conclususione, da quanto esposto, si deduce come lo Stato, che giustamente si sforza di perseguire con ogni mezzo le truffe organizzate dai miseri furbastri cittadini (si pensi al recente caso "Anna Marchi"!), con spudorata contraddizione autorizza e sostiene l’immensa perenne truffa perpetrata dai gestori della "religione", quale quella delle "indulgenze" e di tante altre assurde menzogne spacciate per verità sacrosante!
kelly70
00giovedì 16 ottobre 2008 00:32
Per quanto riguarda la "truffa delle indulgenze" si deve ricordare che la Chiesa Cattolica distingue nettamente la colpa dalla pena considerando l’"assoluzione" come condono efficace della pena, facendo assumere, così, alla "remissione delle colpe (definiti peccati)" il carattere giuridico che costituisce il sistema dottrinale delle "indulgenze" allorché l’atto ecclesiastico di grazia non è più limitato alla remissione della pena sentenziata dalla Chiesa, ma è esteso anche alla pena che si presume sentenziata da "Dio" e, quindi è applicabile anche nei confronti dei defunti! Cioè, la Chiesa pretende di possedere gli stessi poteri attribuiti alla divinità e li esercita in favore dei fedeli, a condizione di essere adempienti in azioni utili per la Chiesa medesima come, ad esempio, contribuire finanziariamente alla costruzione di edifici ecclesiastici, al sostenimento del clero, agli aiuti economici per le missioni, ecc.

Si pensi che, a suo tempo, la Chiesa Cattolica non ha esitato ad assicurare per chi partecipava alle "Crociate" (Guerre Sante per la liberazione del "Santo Sepolcro"!) l’assoluzione dai "peccati" ed il diritto di accedere al "paradiso" dopo la morte! La grande truffa delle "indulgenze parziali e plenarie" (4), escogitata dalla Chiesa Cattolica rampante, compare nell’alto medioevo allorché la Curia romana ordinò agli abati dei monasteri, sparsi per tutta l’Europa, l’invio in tutte le fiere dei circondari, organizzati sù barrocci trainati da buoi in cui sovrastava, oltre la croce e la campana, il classico telone (simile a quello usato nelle fiere di campagna dai popolari cantastorie ormai del tutto estinti) su cui erano raffigurate con vivaci colori le scene delle atroci pene che si faceva credere venissero inflitte ai peccatori nel "purgatorio" e nell’"inferno" dopo la loro morte! Si faceva, altresì, credere che si poteva essere assolti dai peccati commessi facendo offerte in oro o in monete di vario conio proporzionalmente all’entità dei peccati commessi, fra i quali primeggiavano quelli attribuiti all’espletamento della sessualità. Tutto quanto si riusciva a raccogliere doveva essere inviato alla sede curiale romana.
 
Ma, appena dopo poco più di un secolo di tale raccolta, i monaci per continuare pretesero di trattenerne una certa parte. Parimenti, dopo circa poco più di un altro secolo, i Signorotti dei vari Castelli medioevali locali si accorsero della notevole fonte di guadagno e pretesero il "pizzo", altrimenti avrebbero impedito la raccolta tramite l’invio dei propri "sgherri". Infine, il monaco tedesco Martin Lutero (1483-1546), scandalizzato per tale truffa organizzata, volle indagare personalmente a cosa servisse la rimanente pur cospicua parte, che riusciva a pervenire alla Santa Sede, di quanto estorto ai fedeli ritenutesi peccatori! Martin Lutero, senza difficoltà, poté constatare, che il rimanente frutto dei "peccati" serviva a finanziare i continui abbellimenti della Basilica di San Pietro e "li sollazzi delli prelati" consistenti, persino in aberranti "orge" (5)!
 

kelly70
00giovedì 16 ottobre 2008 00:35
NOTE (1) Trattasi dell’apologeta Atanasio di Alessandria (295-373 d. C.).(2) Per particolari precisazioni riguardo l’origine del dogma della Trinità cfr. Lebreton G.: «Les origines du dogme de la Trinité», Paris, 1928.


(3) Si ritiene opportuno ricordare che il tema della truffa legalizzata, concernente le menzogne spacciate per verità dogmatiche, è stato appassionatamente ripreso da Nietzsche (1888) nel suo saggio «Der Antichrist», terminato nel 1888, ma pubblicato per la prima volta a cura della sorella Elisabeth nel 1895, da cui si estrae la seguente sintesi essenziale: «…Il cristianesimo si è schierato dalla parte di tutto ciò che è debole, miserabile, malriuscito; ha fatto un ideale della contraddizione contro gli istinti conservatori della vita forte; persino delle nature spiritualmente più forti esso ha pervertito la ragione, insegnando a sentire i massimi valori della spiritualità come peccaminosi, come forvianti, come tentazioni. […]. Il cristianesimo è la religione della compassione. La compassione si contrappone agli affetti tonici, quelli che accrescono l’energia del sentimento vitale: essa ha un effetto deprimente. Quando si compatisce si perde forza. Col compatire la perdita di energia, che già di per sé il dolore arreca alla vita, si accresce e si moltiplica ancora. Il soffrire stesso diventa, attraverso il compatire, contagioso; in certi casi si può giungere ad una perdita complessiva di vita e di energia vitale assurda in proporzione al quantum dalla causa (è il caso della morte del Nazareno).
 
[…]. Posto che si misuri la compassione in base al valore delle reazioni che essa suole suscitare, appare in una luce ancora e assai più chiara il carattere deleterio di essa in ordine alla vita. La compassione intralcia totalmente la legge dell’evoluzione, che è legge della selezione. Essa conserva ciò che è maturo per la fine. […]. Nulla è più malsano […] che la compassione cristiana. […]. Fino a quando il prete passerà ancora per una superiore specie d’uomo, questo negatore, denigratore, avvelenatore di professione della vita, non vi sarà risposta alla domanda: che cosa è la verità? […]. Chi ha nel corpo sangue di teologo si pone sin dall’inizio in modo distorto e disonesto davanti a ogni cosa. Il pathos che da ciò si sviluppa prende il nome di fede: chiudere una volta per tutte gli occhi su ciò che ci sta davanti per non soffrire dell’aspetto di un’inguaribile falsità. […]. Ho scovato l’istinto del teologo in ogni luogo; è la forma di falsità più diffusa, quella veramente sotterranea, che esista sulla faccia della terra. Ciò che un teologo percepisce come vero, deve essere falso: se ne può trarre quasi un criterio di verità. È il suo più profondo istinto di conservazione a proibire che in un punto qualsiasi la realtà venga onorata o anche solo prenda la parola. Fin dove arriva l’influsso teologico il giudizio di valore è capovolto, i concetti di "vero" e "falso" sono necessariamente capovolti: ciò che è dannosissimo alla vita, prende qui nome di vero, ciò che la eleva, l’accresce, l’afferma, la giustifica e la fa trionfare, è chiamato "falso" […].

Allorché si hanno sante incombenze, ad esempio, quella di rendere migliori, di salvare, di redimere gli uomini, allorché si porta la divinità in petto e si è portavoce d’imperativi oltremondani, ci si trova già, con una simile missione, al di sopra di ogni valutazione meramente razionale; si è addirittura già santificati da un siffatto mandato […]! Che se ne fa un prete della scienza! Egli sta troppo in alto per queste cose! […]. Ha stabilito il concetto di "vero" e di "non vero!" […]. Né morale, né religione nel cristianesimo toccano un punto qualsiasi della realtà. Cause puramente immaginarie ("Dio", "anima", "io", "spirito", "libero volere" ed anche "non libero"); effetti puramente immaginari ("peccato", "redenzione", "grazia", "punizione", "remissione dei peccati"). Un commercio tra esseri immaginari ("Dio", "spiriti", "anime"); […] un’immaginaria teleologia ("il regno di Dio", "il giudizio universale", "la vita eterna"). […]. Il concetto cristiano di Dio Dio come divinità dei malati, Dio come regno, Dio come spirito è uno dei concetti più corrotti di Dio mai raggiunti al mondo; addirittura esso rappresenta, nel processo di degradazione del tipo divino, l’indice di livello più basso. Dio degenerato a contraddizione della vita, invece di esserne la trasfigurazione e l’eterno sì! In Dio la dichiarazione di ostilità alla vita, nella natura, alla volontà di vivere! Dio, la formula per ogni affermazione dell’"aldiquà", per ogni menzogna dell’"aldilà"! Il nulla divinizzato, la volontà del nulla santificata in Dio. […].

Nel cristianesimo sono gli istinti dei soggiogati e degli oppressi a venire in evidenza: sono i ceti infimi coloro che cercano in quello la propria salvezza. In esso la casistica del peccato, l’autocritica, l’inquisizione di coscienza vengono esercitate come occupazione, come espedienti contro la noia; in esso l’affetto verso un potente, chiamato "Dio", viene tenuto continuamente vivo (mediante la preghiera); […]. In esso il corpo viene disprezzato, l’igiene respinta come sensualità; la Chiesa si oppone perfino alla pulizia (la prima misura cristiana, dopo la cacciata dei Mori, fu la chiusura dei bagni pubblici, e la sola Cordova ne possedeva 270). Cristiano è un certo gusto per la crudeltà verso di sé e verso gli altri; l’odio per i dissenzienti; la volontà di perseguitare. Immagini fosche ed eccitanti vengono messe in risalto; le condizioni più agognate, designate con i termini più elevati, sono epilettoidi; la dieta è selezionata in modo tale da favorire fenomeni morbosi e da sovreccitare i nervi. […]. Per avere ragione dei barbari, il cristianesimo aveva bisogno di concetti e valori barbarici: tali sono il sacrificio del primogenito, il bere sangue nella Cena Eucaristica, il disprezzo della cultura; la tortura in tutte le forme; la grande fastosità del culto. […].
 
Il cristianesimo […] sa che è in sé del tutto irrilevante che una cosa sia vera, sa invece che è della massima importanza in che misura essa sia creduta vera. La verità e la fede nella verità di qualche cosa: due sfere d’interesse del tutto estranee l’una dall’altra, sfere quasi antitetiche. […] Se vi è della felicità nel credersi redenti dal peccato, non è necessario che come premessa di ciò l’uomo sia in peccato, ma che si senta peccatore. Ma se in generale è richiesta principalmente la fede, allora si deve gettare il discredito sulla ragione, sulla conoscenza, sulla ricerca: la via della verità si muta nella strada proibita. Una robusta speranza è uno stimolante alla vita molto più grande di qualsiasi determinata felicità realmente sopravveniente. Chi soffre va sostenuto con una speranza che non possa venir contraddetta da alcuna realtà, che non venga estinta da un adempimento: una speranza oltremondana. […].

Il tutto in base alla premessa che il cristianesimo vuole affermarsi su un terreno sul quale i culti afroditici o adonici hanno già determinato il concetto di culto. L’esigenza della castità rafforza la veemenza e l’interiorità dell’istinto religioso, rende il culto più caldo, più fanatico, più appassionato. L’amore è quella condizione in cui il più delle volte l’essere umano vede le cose come non sono. La forza dell’illusione è qui al suo apice […]. Nell’amore si sopporta più dell’ordinario, si tollera tutto. Si trattava di inventare una religione in cui si potesse amare: in tal modo si butta alle spalle il peggio della vita. E questo è quanto riguarda le virtù cristiane, fede, carità, speranza: le tre accortezze cristiane. […]. Javeh Dio della "giustizia", […] ormai solo un Dio a determinate condizioni. La sua nozione è divenuta uno strumento nelle mani degli agitatori clericali, i quali spiegano ogni evento fortunato come ricompensa, ogni infortunio come punizione per la disobbedienza a Dio, per un "peccato": quella mendacissima procedura interpretativa d’un presunto "ordine morale del mondo", in virtù del quale il concetto dato in natura di "causa" ed "effetto" è una volta per tutte capovolto. Solo dopo che, con premio e castigo, si è eliminata dal mondo la naturale casualità, si ha bisogno di una casualità contro natura: a questo punto, in fatto di contro natura, tutto il resto è logica conseguenza. Un Dio che esige in luogo di un Dio che aiuta […].

I filosofi hanno assecondato la Chiesa: la menzogna dell’"ordine morale del mondo" pervade tutto lo sviluppo della filosofia. Che significa "ordine morale del mondo"? Che esiste, una volta per tutte, una volontà divina riguardo a ciò che l’uomo deve fare o non fare; che il valore di un popolo, di un individuo si misura in base alla sua maggiore o minore obbedienza al volere divino; che la volontà di Dio si rivela essere, nei destini di un popolo o di un individuo, dominante, vale a dire castigatrice e compensatrice secondo il grado di obbedienza. La realtà, al posto di questa miseranda bugia, è questa: una specie parassitaria di uomo, che prospera solo a spese di tutti gli organismi sani della vita, il prete, abusa del nome di Dio; uno stato di cose di cui il prete stabilisce il valore di tutto, dà il nome di "regno di Dio"; chiama "volere divino" i mezzi in forza dei quali un tale assetto viene raggiunto o tenuto in piedi; misura con freddo cinismo i popoli, le epoche, gli individui a seconda che abbiano giovato o si siano opposti allo strapotere dei preti. […]. Ciò che prima era solo patologico, oggi è divenuto indecente: essere cristiani oggi è indecente. […].
 
Non una sola parola è rimasta di ciò che una volta aveva nome "verità", neppure più sopportiamo che un prete anche solo pronunci la parola "verità". Anche se modestissima è la nostra aspirazione alla rettitudine, oggi dobbiamo sapere che un teologo, un prete, un papa ad ogni frase che dice, non solo sbaglia, ma mente perché non è loro più consentito di mentire per "innocenza", per "ignoranza". Anche il prete sa bene, quanto chiunque altro, che non vi è più alcun "Dio", alcun "peccatore", alcun "redentore", che "libero arbitrio", "ordine morale del mondo" sono menzogne: la serietà, il profondo autosuperamento dello spirito non consentono più a nessuno di non sapere a questo riguardo. Tutti i concetti della chiesa sono riconosciuti per quello che sono, la più malvagia falsificazione di moneta che esista, intesa a svilire la natura, i valori di natura; il prete stesso è riconosciuto per quello che è, la più pericolosa specie di parassita, l’autentico ragno velenoso della vita […]. La nostra coscienza oggi sa quanto esattamente valgono, a che cosa servivano le sinistre invenzioni dei preti e della Chiesa, con le quali è stato raggiunto quello stato di autodenigrazione della umanità, che può rendere nauseante la vista. Le nozioni di "aldilà", "giudizio universale", "immortalità dell’anima", la stessa "anima" sono strumenti di tortura, sono sistemi di crudeltà in forza dei quali il prete divenne padrone, restò padrone.

Tutti lo sanno: eppure tutto rimane come prima. Dove è finito l’ultimo brandello di decenza, di rispetto per se stessi, quando perfino i nostri uomini di Stato, specie di uomini del resto spregiudicatissimi e anticristiani da cima a fondo nelle loro azioni, ancora oggi si chiamano cristiani e s’accostano all’eucarestia? […]. Già la parola "cristianesimo" è un equivoco: in realtà è esistito un solo cristiano, e quello è morto sulla croce. […]. Paolo spostò il peso di tutta quella esistenza […] nella menzogna del Gesù "risuscitato". Fondamentalmente la vita del redentore non poteva servirgli per niente, egli aveva bisogno della morte sulla croce […]. Prendere per sincero un Paolo allorché con una allucinazione si fabbrica la prova del vivere-ancora del redentore, o prestare fede a quanto ci racconta sul fatto che egli stesso ha avuto quella allucinazione, sarebbe una vera sciocchezza da parte di uno psicologo: Paolo voleva il fine, quindi volle anche i mezzi. Ciò che egli stesso non credeva, credettero gli idioti, tra i quali aveva diffuso la sua dottrina. La potenza era il suo bisogno: con Paolo ancora una volta il prete mira alla potenza, egli poteva utilizzare soltanto idee, teorie, simboli, con cui si tirannegiano masse, si formano greggi. […]. Nel cristianesimo, in quanto arte di mentire santamente, è l’intera ebraicità, un plurisecolare esercizio e tecnica ebraica della massima serietà, a raggiungere l’ultima maestria. Il cristiano, quest’ultima razio della menzogna, è ancora una volta l’ebreo […]. "Non giudicate!" dicono, ma mandano all’inferno tutti coloro che ostacolano loro il passo. Lasciando che sia Dio a giudicare, sono loro stessi a giudicare; […].
 
Non è il fatto che non ritroviamo alcun Dio nella storia, né nella natura, né dietro la natura, bensì il fatto che percipiamo ciò che venne venerato come Dio non come "divino" ma come miserabile, assurdo, dannoso, non solo come errore, ma come crimine contro la vita. Noi neghiamo Dio in quanto Dio […]: deus qualem Paulus creavit, dei negatio. Una religione come il cristianesimo, che va immediatamente all’aria appena la realtà afferma il proprio diritto, deve per forza essere nemica mortale della "sapienza mondana", intendo dire della scienza, essa troverà buoni tutti i mezzi coi quali l’educazione dello spirito, la schiettezza e la severità nelle questioni di coscienza dello spirito, la nobile freddezza e libertà dello spirito possano venire avvelenate, denigrate, diffamate. La "fede", come imperativo è il veto contro la scienza, in praxi, la menzogna ad ogni costo. Paolo comprese che la menzogna (la "fede") era indispensabile; la Chiesa, più tardi, comprese di nuovo Paolo. Si inventò, un Dio che "fa scempio" della "sapienza mondana". […]. La scienza è il primo peccato, il seme di tutti i peccati, il peccato originale. La morale è soltanto questo: "Tu non devi conoscere". La dannata paura non impedì a Dio di essere furbo. Come ci si difende dalla scienza? Per lungo tempo questo divenne il suo primo problema. Risposta: fuori l’uomo dal paradiso! La felicità induce a pensare e tutti i pensieri sono cattivi pensieri. L’uomo non deve pensare. E il "prete in sé" inventa il bisogno, la morte, il pericolo mortale della gravidanza, ogni sorta di miseria, vecchiaia, fatica, la malattia soprattutto. Nient’altro che strumenti della lotta contro la scienza! Il bisogno non consente all’uomo di pensare. […].

Il vecchio Dio inventa la guerra, divide i popoli, fa sì che gli uomini si annientino a vicenda (i preti hanno sempre avuto bisogno della guerra). […]. La conoscenza, l’emancipazione dal prete, avanza perfino a dispetto delle guerre. E al vecchio Dio si presenta una decisione estrema: "l’uomo è divenuto scientifico, non c’è altro da fare, bisogna annegarlo!". […]. L’inizio della Bibbia contiene l’intera psicologia del prete. Il prete conosce solo un grande pericolo: la scienza, la sana nozione di causa ed effetto. […]. "Dunque bisogna rendere l’uomo infelice", questa, in ogni tempo, fu la logica del prete. Già si indovina che cosa, innanzitutto, coerentemente a questa logica, è venuto con ciò al mondo: il "peccato". È l’invenzione del concetto di colpa e punizione, dell’intero "ordine morale del mondo" a porsi contro la scienza contro l’affrancamento dell’uomo dal prete. Non fuori, ma dentro di sé deve guardare l’uomo; non deve, come discente, guardare con sagacia o prudenza nelle cose; non deve in generale guardare per nulla: deve soffrire e deve soffrire in guisa tale da avere sempre bisogno del prete. Basta con i medici! Un salvatore ci vuole.

Il concetto di colpa e di castigo, ivi compresa la dottrina della "grazia", della "redenzione", del "perdono". Menzogne da cima a fondo e senza alcuna realtà psicologica, sono inventate apposta per distruggere il senso di causalità dell’uomo: sono l’attentato contro il concetto di causa ed effetto! E non un attentato col pugno, col coltello, con sincerità nell’odio e nell’amore! Ma partendo dagli istinti più vili, più subdoli, più bassi! Un attentato da preti! Un attentato da parassiti! Un vampirismo di livide sanguisughe del sottosuolo! Quando le naturali conseguenze di un’azione non sono più "naturali", ma vengono attribuite dal pensiero agli aspetti concettuali della superstizione, a "Dio", agli "spiriti", alle "anime", come conseguenze puramente "morali", come premio, castigo, avvertimento, mezzi educativi, allora la premessa della conoscenza è distrutta, allora si è commesso il più grande crimine contro l’umanità. Il peccato, questa forma autolesionista, par excellence dell’uomo, è inventato per rendere scienza, cultura, ogni innalzamento e nobiltà dell’uomo, impossibili; il potere domina grazie all’invenzione del peccato. A questo punto non mi sottraggo ad una psicologia della "fede", dei "credenti", a benificio, come è giusto, proprio dei "credenti". Se ancora oggi non mancano coloro che ignorano fino a che punto l’essere "credenti" […] lo potranno sapere già domani. […].

Al cristianesimo la malattia è necessaria, pressappoco come alla grecità è necessaria l’esuberanza di salute, rendere malati è la vera intenzione recondita dell’intero sistema di procedure di salvezza della Chiesa. E la Chiesa stessa non è forse il manicomio cattolico come ideale ultimo? La terra in generale come manicomio? L’uomo religioso, così come lo vuole la Chiesa, è un tipico décadent; il momento in cui una crisi religiosa s’impossessa di un popolo, è contrassegnato ogni volta da epidemie nervose; il "mondo interiore" dell’uomo religioso assomiglia, fino ad essere scambiato con esso, al "mondo interiore" dei sovreccitati e degli esauriti; gli stati d’animo "altissimi" che il cristianesimo ha sospeso sull’umanità come valori di tutti i valori, sono forme epilettoidi, la Chiesa ha proclamato santi in majorem dei honorem solo mentecatti o grandi impostori. Io mi sono una volta permesso di definire tutto il training cristiano della penitenza e della redenzione come una "follia circolare" prodotta metodicamente, come si conviene, su un terreno già predisposto, vale a dire labile nelle sue radici. Nessuno è libero di diventare cristiano: al cristianesimo non si viene "convertiti", si deve essere abbastanza malati per questo. […].

Il cristianesimo non era "nazionale", non era legato alla razza, si rivolgeva ad ogni sorta di diseredati della vita, aveva ovunque i suoi alleati. Il cristianesimo ha alla base il risentimento dei malati, ha indirizzato l’istinto contro i sani, contro la salute. Ancora una volta rimando sull’ineffabile parola di Paolo. "Quello che è debole per il mondo, folle per il mondo, quello che per il mondo è ignobile e oggetto di disprezzo, Dio ha prescelto": questa era la formula, in hoc signo viene la décadence. Dio sulla croce, ancora non è chiara la spaventosa riserva mentale rappresentata da questo simbolo? Tutto ciò che soffre, tutto ciò che pende da una croce, è divino. Noi tutti pendiamo dalla croce, quindi noi siamo divini. […]. Il cristianesimo è stato una vittoria, una mentalità più nobile andò per esso in rovina, il cristianesimo è stato fino a questo momento la più grande sciagura dell’umanità.

Il cristianesimo si contrappone anche ad ogni buona costituzione intellettuale, esso è in grado di servirsi solo della ragione malata come ragione cristiana; si schiera con tutto ciò che è idiota, pronuncia una maledizione contro lo "spirito", contro la superbia dello spirito sano. Poiché la malattia fa parte dell’essenza del cristianesimo, anche il tipico stato d’animo cristiano, "la fede" deve essere una forma di malattia, tutte le vie diritte, scientifiche della conoscenza devono venire rifiutate dalla Chiesa come vie proibite. Già il dubbio è peccato. La completa mancanza di limpidezza psicologica nel prete, tradita dallo sguardo, è una manifestazione conseguente alla décadence, se si osservano le donne isteriche o anche, per altro aspetto bambini di costituzione rachitica, si potrà notare con quanta regolarità la falsità istintiva, il gusto di mentire per mentire, l’incapacità di uno sguardo e di un passo diritto siano espressione di décadence. "Fede" vuol dire non voler sapere ciò che è vero. Il pietista, il prete di ambo i sessi, è falso perché è malato: il suo istinto esige che la verità non si affermi in alcun punto. Ciò che è malato è buono; ciò che deriva dalla pienezza, è cattivo: così sente il credente. La soggezione alla menzogna, da questa io riconosco il teologo predestinato. […].
 
Anche con una particella esigua di devozione religiosa nel sangue un Dio che ci cura a tempo debito […] dovrebbe risultare così assurdo che, quand’anche esistesse lo si dovrebbe eliminare. Un Dio come servitore […], in sostanza per la più stupida specie di caso fortuito. […]. L’uomo della fede, il "credente" d’ogni tipo è necessariamrnte un uomo tributario, uno che non sa porre se stesso come scopo, che non sa affatto porre scopi a partire da se stesso. Il "credente" non si appartiene, egli può solo essere mezzo, egli deve essere adoperato, ha bisogno di qualcuno che lo usi. Il suo istinto rende l’onore più alto ad una morale della autorinuncia; tutto lo induce ad essa, la sua furbizia, la sua esperienza, la sua vanità. Ogni tipo di fede ha di per sé una espressione di autorinuncia, di autoalienazione. Se si considera come la grande maggioranza abbia bisogno di un regolatore che la leghi e la fissi all’esterno, e come la costrizione, in un senso più alto la schiavitù, sia la sola ed ultima condizione grazie alla quale l’uomo di volontà debole, e ancora più la donna, prosperino: ci si renderà conto di quel che significa anche la convinzione, la "fede". […].
 

L’uomo da se stesso non può sapere che cosa è buono e cattivo, per questo Dio gli insegnò la sua volontà. […]. Giacché per mentire uno dovrebbe poter decidere che cosa qui sia vero. Ma appunto questo l’uomo non può fare; il prete è così il solo portavoce di Dio […]: il diritto alla menzogna e la furbizia della "rivelazione" sono proprie del tipo-prete […]. La "legge", la "volontà di Dio", il "libro sacro", l’"ispirazione", tutte parole solo per le condizioni in cui il prete giunge al potere, con le quali egli sostiene il proprio potere, questi concetti stanno a fondamento di tutte le organizzazioni ecclesiastiche, di tutte le strutture di dominio sacerdotali. La "sacra menzogna" […], il prete mente. In definitiva importa il fine per il quale si dicono menzogne. Che nel cristianesimo i "santi" scopi siano assenti è la mia obiezione contro i suoi mezzi. Soltanto scopi cattivi: avvelenamento, calunnia, negazione della vita, disprezzo del corpo, la degradazione e l’autodenigrazione dell’uomo mercé la nozione di peccato, dunque anche i suoi mezzi sono cattivi. […].
 
Tutte le cose contro le quali il cristianesimo scatena la sua inesauribile volgarità, la procreazione per esempio, la donna, il matrimonio […]. Ma come si fa a mettere in mano a donne e bambini un libro che contiene espressioni abiette di questo genere: "per via del meretricio ciascuno si abbia la propria femmina e ciascuno il suo proprio maschio, è meglio sposare che soffrire la lascivia"? E si può essere cristiani fintantoché la nascita dell’uomo è cristianizzata, vale a dire sporcata con l’idea della immaculata conceptio? […]. Il cristianesimo ci ha rapito con frode la mèsse della civiltà antica [...]. ma siamo giusti! Le crociate, alta pirateria, niente di più! [...]. La Chiesa cristiana con la sua depravazione, non lasciò nulla d’intatto, essa ha fatto d’ogni valore un non-valore, di ogni verità una menzogna, di ogni rettitudine un’infamia dell’anima. Che osino parlarmi ancora delle sue benemerenze "umanitarie"! Il sopprimere una qualsiasi miseria andava contro la sua più profonda utilità: essa visse di miserie, essa creò miserie per perpetuare se stessa. Il verme del peccato, per esempio: solo la Chiesa ha arricchito l’umanità con questa miseria!

L’"uguaglianza delle anime davanti a Dio", questa falsità, questo pretesto per le rancunes d’ogni anima vile, questo esplosivo concettuale, il quale alla fine si è fatto rivoluzione, idea moderna e principio di decadimento per l’intero ordine sociale, è dinamite cristiana. Benemerenze "umanitarie" del cristianesimo! Far crescere dalla humanitas un’autocontraddizione, un’arte dell’autolesionismo, una volontà di menzogna ad ogni costo, un’avversione, un disprezzo per tutti i buoni e retti istinti! Queste sarebbero le benedizioni del Cristianesimo! Il parassitismo come unica prassi della Chiesa; che col suo ideale nemico di "santità" beve fino all’ultima goccia ogni sangue, ogni amore, ogni speranza di vivere; l’al di là come volontà di negazione d’ogni realtà; la croce quale segno di riconoscimento per la sotterranea congiura mai esistita, contro salute, bellezza, coraggio, spirito, bontà dell’anima, contro la vita medesima. Questa eterna accusa al cristianesimo io voglio scrivere su tutti i muri ovunque siano muri, possiedo caratteri per fare vedere anche ai ciechi. Io chiamo il cristianesimo unica grande maledizione, unica grande intima perversione, unico grande istinto di vendetta, per il quale nessun mezzo è abbastanza velenoso, occulto, sotterraneo, piccino, io lo chiamo unico imperituro marchio d’abominio dell’umanità. E noi computiamo il tempo a partire dal dies nefastus con cui questa calamità principiò, dal primo giorno del cristianesimo! Perché non piuttosto dal suo ultimo? Da oggi? Trasvalutazione di tutti i valori. […].
 
La più viziosa specie d’uomo è il prete; egli insegna la contronatura. Contro il prete […] si ha la prigione. […]. Il luogo esecrando in cui il cristianesimo ha creato le sue uova di basilisco sia distrutto pietra su pietra e sia il terrore di tutta la posterità quale luogo abominevole della terra. Su di esso si allevino serpenti velenosi. La predicazione della castità è istigazione pubblica contro natura. Ogni disprezzo della vita sessuale, ogni contaminazione della medesima mediante la nozione di "impurità" è vero e proprio peccato contro il sacro spirito della vita. […]. Chi mangia alla stessa tavola di un prete sia proscritto: con ciò egli si scomunica dalla retta società. Il prete […]. Lo si deve mettere al bando, affamare, menare in ogni specie di deserto. […]. Si chiami la storia "sacra" col nome che merita in quanto storia maledetta; le parole "Dio", "salvatore", "redentore", "santo" siano usate come oltraggi, come epiteti da criminali…» (cfr. Nietzsche F.W.: «Der Antichrist», Weimar, 1895).
 



(4) Riguardo le origini delle cosiddette "indulgenze" Stornaiolo (1995) precisa quanto segue: «…utile al potere e alla ricchezza della Chiesa […] era la credenza, allora assai diffusa, che le azioni postume, mediante le quali un peccatore fondava un convento o arricchiva una cattedrale, potevano compensare una lunga vita di crudeltà e di rapine; che il prestare servizio per alcune settimane a combattere i nemici del papa cancellasse i peccati di un uomo, pure se in precedenza egli avesse assassinato dei cristiani. […]. In origine, l’indulgenza era semplicemente il contributo per poter effettuare un’opera pia meritevole, gradita alla Chiesa, invece di scontare una penitenza, il cui compimento poteva talvolta comportare enormi periodi di tempo, secondo quanto alcuni penitenzieri erano soliti imporre. […]. L’indulgenza plenaria, ossia la remissione di tutti i peccati, ha per prototipo la promessa fatta dal Papa Urbano II (1088- 1099) al Concilio di Clermont nel 1095, quando, per infiammare l’entusiasmo della cristianità in favore della prima Crociata, dichiarò che il pellegrinaggio armato in Terra Santa sarebbe equivalso ad una penitenza per tutti i peccati che i crociati avessero confessato, e di cui si fossero pentiti. L’avidità con la quale questa offerta del papa venne accolta, sta a dimostrare quanto fosse apprezzato un favore tale da liberare dai timori dell’inferno, senza rattristare la vita con le austerità della penitenza. […]. Nel perdono dei peccati si fece chiara distinzione fra remissione della colpa e remissione della pena: l’assoluzione data dal prete conferiva la prima, che salvava dall’inferno; il compimento della penitenza, oppure il riscatto della stessa mediante un’indulgenza, conferiva la seconda, liberando anche dal purgatorio. […].

La dottrina subì lunghe discussioni presso le scuole teologiche, fino a quando il Papa Sisto IV (1471-1484) la codificò praticamente per finanziarsi guerre e grandi costruzioni; […]. Il papa divenne dispensatore unico di indulgenze, una funzione che accrebbe di molto la sua autorità, riducendo i vescovi al semplice grado di suoi delegati. Dal punto di vista temporale ne risultava per lui un vantaggio ancora maggiore: la facoltà di raccogliere eserciti per sterminare i nemici e dilatare i propri domini. Infatti, la promessa di un’indulgenza plenaria, da meritarsi durante una crociata, attirava sotto le bandiere del pontefice migliaia e migliaia di "campioni". […]. Il papato offriva ricompense ancora maggiori quando l’ambizione o il rancore personale del pontefice erano in questione. Lo stesso Papa Innocenzo IV (1243-1254) [il medesimo che nel 1252 promulgò con la bolla Ad extirpanda l’uso della tortura] […] promosse una crociata […] accordando a coloro che vi prendessero parte una remissione dei peccati ancora più consistente di quella annessa ad un viaggio in Terra Santa. Dichiarò, infatti, che la divina indulgenza si estendeva al padre e alla madre del nuovo "soldato in Cristo"; una tale grazia a livello familiare non si perdeva neppure nel caso che il "crociato" non volesse più o non potesse mantere il voto, a condizione, però, che lo riscattasse pagando una congrua somma, stabilita in conformità al suo presunto valore militare. La corte romana si procurava, in tale modo, facile denaro da destinare a profitto della "santa causa". Questo lucroso sistema non cessò di svilupparsi, per essere adoperato nelle più piccole questioni dei papi […].

Il metodo, ingegnoso, consisteva nell’accordare delle indulgenze a coloro che prendessero la croce per una causa indeterminata, ed esentarli poi dal servizio a peso d’oro; ma, dimostrandosi tale metodo inutilmente macchinoso, si finì per semplificarlo, e l’acquisto della salvezza si ridusse al semplice pagamento diretto. Così, dunque, Papa Giovanni XXII (1316-1334) trovò il mezzo di procurarsi denaro per le sue guerre private, e ciò anche […] ordinando ai vescovi di piazzare ovunque delle "bussole", in modo che i fedeli potessero venire in aiuto delle chiese e salvare, nel contempo, le proprie anime. […]. Un sistema ancora più meschino consisteva nell’invio […] di quaestuarii, cioè "mercanti di indulgenze". Questi individui spesso non avevano altro bagaglio che delle reliquie, sottratte con liberalità dalle chiese, e delle lettere pontificie o vescovili, con le quali venivano autorizzati a rimettere i peccati, dietro un contributo […] quanto bastava, per poter promettere non solo la salvezza dei vivi e il condono delle pene dei peccati in purgatorio, ma addirittura la liberazione dei dannati rinchiusi all’inferno, e tutto mediante il pagamento di qualche moneta [!!]…» (cfr. Stornaiolo U.: «Soria laica del Cristianesimo»), Napoli, 1995).




(5) Tra le "orge" più note organizzate in Vaticano per "li sollazzi delli prelati" basta menzionare, ad esempio, quella riportata da Stornaiolo (1995) come segue: «…La licenza del clero toccò vertici senza precedenti; alla corte papale stessa erano tenute orge sessuali, con la partecipazione di innumerevoli cortigiane. Fra le cronache sul Papa Alessandro VI (1492-1503) ve ne è una illuminante, che culminò con una singolare gara di destrezza: vennero gettate sui pavimenti dei saloni pontifici un’infinità di castagne; si premiavano le "dame" che, aggirandosi nude e carponi, ne raccattavano di più con la bocca; simultaneamente, vi erano premi per quei "cavalieri" che riuscivano a possedere il maggior numero di donne, trovate in condizione così propizia…». Mentre, con palese contraddizione, «…Per il borghese e per il popolano i costumi erano severissimi; per loro pullulavano, anzi, tutta una miriade di libretti edificanti, rivolti a combattere l’immoralità. […] l’adulterio e l’incesto furono passibili di pena capitale. La gogna […] fu temutissima tanto da provocare un fulmineo aumento degli infanticidi […] e dei suicidi da parte delle ragazze-madri. […]. Fu riaffermato il principio patristico medievale secondo cui il peccato sessuale risulta infinitamente peggiore di ogni altro, cosa che fu ribadita dal Concilio di Trento (1545-1563), facendo accrescere l’ondata di persecuzioni sadiche e di automortificazioni masochistiche contro la minima violazione al tabù. Come completamento ai tribunali della "santa" Inquisizione, anche la "Compagnia di Gesù", applicando il terrore e l’intransigenza, si incaricava della repressione…» (cfr. Stornaiolo U.: Op. cit., Napoli, 1995).
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