No allo sposalizio!

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)Mefisto(
00sabato 9 settembre 2006 09:58
Ma se ci pensate bene, il "motivo" del celibato nella chiesa cattolica ha un motivo. Prima del divieto di sposarsi, l'eredità dei vari vescovi e preti, andavano anzichè dalla chiesa alla famiglia. Con la riforma della chiesa (cercherò di essere più preciso con la data [SM=g27823] ), ed il conseguente "divieto" di riconoscere eredi e sposarsi, quanto avanzava dalla vita terrena, andava di "diritto" alla chiesa.

Poi teniamo presente, che molte suore, erano di famiglia benestante, ma venivano "costrette" a prendere i voti, per "lasciare" più Soldini agli eredi maschi.

E qui si vede, un'altra volta, come le donne sono state "sfruttate e defraudate" dalla loro vita sentimentale e amorosa. Anche perchè le donne, sono state sempre considerate "serve predilette di Satana".


)Mefisto(

@Ljuba@
00martedì 19 settembre 2006 21:04
Quoto in pieno anchela motivazione materialistica, ossia l'eredità [SM=g27828]

La Chiesa, all'insaputa di molti fedeli, ha un comportamento MOLTO ambiguo al riguardo.
Scrissi questo post da claudio, e lo copio/incollo qui.

In Ucraina, ci sono state, dopo la caduta del comunismo, molte vocazioni al sacerdozio...di uomini già sposati e con famiglia.

Che fare?
Nessun problema, ha detto la Chiesa, possono tranquillamente conciliare le due cose...
Lo stesso accade con i cattolici albanesi presenti in Italia sin dal 1500, i cosiddetti arberesh, diffusi particolarmente in Calabria e in Sicilia (sono di rito greco orientale).

E' stato aggirato il problema...si è chiesto, magari....(ipocriti) di non venire troppo a contatto con i cattolici italiani, perchè la cosa potrebbe creare confusione con i sacerdoti ........."celibi"

Quindi, moltissimi sacerdoti ucraini sono regolarmente sposati, hanno figli e...sono preti.

Copio e incollo da un sito cattolico, Chiesa, la...querelle.
L'articolo risale al 20 ottobre del 2003, ma tempo fa in televisione, parlarono della questione celibato dei preti..

Chiedo scusa se è lungo, ma vale la pena leggerlo...

ROMA - Tra i nuovi cardinali che il 21 ottobre ricevono la berretta color porpora ce n´è uno pericolosamente loquace.


Keith Michael Patrick O´Brien, arcivescovo di Saint Andrews ed Edinburgo.

Il giorno dopo che il papa aveva annunciato la sua nomina, ha parlato a favore del clero sposato, del clero omosessuale e della pillola contraccettiva. Creando in Vaticano una comprensibile irritazione.

Il 7 ottobre s´è rimesso in riga. Ha colto occasione dall´insediamento di un nuovo canonico nella sua cattedrale per recitare una solenne professione di fede, con la mano sopra la Bibbia. Al termine della quale ha recitato testualmente:

"Io attesto che accetto e intendo difendere la legge del celibato ecclesiastico così come proposta dal magistero della Chiesa cattolica; io accetto e prometto di difendere l´insegnamento ecclesiastico sull´immoralità dell´atto omosessuale; io accetto e prometto di predicare sempre e dovunque ciò che il magistero della Chiesa insegna riguardo alla contraccezione".
Ma una settimana dopo s´è rimangiata la prima di queste tre promesse tornando a caldeggiare l´idea di un clero sposato. L´ha fatto in un´intervista al "Daily Telegraph". Nella quale ha detto che ai vertici della Chiesa è ora se ne discuta.

E a suo sostegno ha portato due fatti. Il primo è che "in molte delle Chiese orientali in unione con Roma c´è già un clero sposato". Il secondo è che "vi sono preti sposati anche in varie diocesi cattoliche dell´Inghilterra e del Galles".


Verissimo. Il secondo caso è quello dei preti con moglie e figli convertiti dall´anglicanesimo al cattolicesimo. Sono alcune decine in Gran Bretagna e in Nordamerica e il Vaticano bada che non abbiano incarichi di rilievo e se ne stiano nell´ombra.

Ma il primo caso è molto più cospicuo. I preti sposati di rito orientale sono alcune migliaia e il Vaticano teme - non da oggi - che essi trasmettano il contagio alla Chiesa d´occidente: se loro sono legittimamente sposati, perché non lo potranno essere anche i preti di rito latino?

Una prova delle contromisure che il Vaticano ha preso per fermare il contagio è in un passo compiuto la scorsa estate dalla conferenza episcopale italiana.

La Cei ha chiesto ai vescovi cattolici dell´Ucraina (nella foto, il papa a Leopoli) di non mandare più in Italia sacerdoti sposati, a prendersi cura delle migliaia di loro connazionali immigrati. E perché? Perché "creerebbero confusione tra i nostri fedeli".

La confusione deriverebbe proprio dal fatto che hanno moglie e figli. Mentre infatti i preti cattolici di rito latino sono obbligati a essere celibi, quelli d´oriente, pur cattolici anch´essi, sono per la gran parte sposati per tradizione antichissima. E finché gli uni e gli altri se ne stanno nei rispettivi paesi d´origine, al Vaticano sta bene. Ma appena i preti orientali sposati emigrano e si mescolano ai celibi, Roma entra in allarme. Il Vaticano ha chiesto agli episcopati d´occidente di alzare uno sbarramento e la Cei l´ha subito fatto, al pari di altri episcopati europei.

La Chiesa ucraina non l´ha presa bene. La quasi totalità dei suoi preti sono sposati, e quindi non più accettati in Italia. Ma c´è dell´altro. Accusano la Cei di usare due pesi e due misure, perché anche in Italia esiste da secoli un clero cattolico sposato, italiano, con tutti i crismi della legittimità. È quello delle diocesi di rito greco albanese, in Calabria, Basilicata e Sicilia. Di preti sposati queste diocesi ne hanno oggi una dozzina e se li tengono stretti. Sono parroci in paesetti di montagna, più un altro, Sergio Maio, che vive a Milano e dice messa in rito greco ogni domenica nella centralissima chiesa dei santi Maurizio e Sigismondo, in corso Magenta.

A metà del secolo scorso il Vaticano era riuscito a estirpare questa prerogativa delle diocesi greco albanesi in Italia. Finché nel 1970 il vescovo di Lungro degli Albanesi s´impuntò e riprese a ordinare preti sposati, com´era suo diritto. In sua difesa, in curia, intervenne il cardinale Johannes Willebrands. Ma non gliela perdonarono. Passi per i preti sposati di qualche sperduto paesino, ma a Roma, nel centro della cattolicità d´occidente, mai. Un diacono cinquantenne di Lungro, colpevole d´abitare a Roma con la famiglia, aspetta invano da vent´anni d´essere ordinato prete.

Però almeno i preti sposati italiani di rito greco sono tollerati. E allora perché non anche gli ucraini, o i romeni, o i polacchi? In Polonia orientale c´è una vasta regione, la Galizia, col proprio rito e col clero sposato, con uno statuto d´intesa con Roma vecchio di quattro secoli. E cinque anni fa il cardinale Angelo Sodano intimò a questi preti sposati di "far ritorno in patria", cioè in Ucraina, senza badare che essi erano sempre vissuti lì e semmai a spostarsi erano stati i confini, in seguito alla seconda guerra mondiale. In Vaticano si attivarono in loro difesa i cardinali Achille Silvestrini ed Edward Cassidy, e Sodano annullò l´ordine. Ma la linea dominante in curia resta quella del "cuius regio eius et religio": niente mescolanze tra preti celibi e sposati nello stesso territorio.
Anche a costo di pagare prezzi salati, come è capitato in America. Nel 1912 Roma vietò ai vescovi ucraini degli Stati Uniti e del Canada, là emigrati assieme a un milione e mezzo di loro connazionali, di ordinare preti sposati. L´imposizione provocò un´autentica ribellione, che finì con un abbandono in massa della Chiesa cattolica e col passaggio alla Chiesa ortodossa. Quelli rimasti fedeli al papa si adattarono ad aggirare l´ostacolo con l´astuzia. Da allora gli aspiranti sacerdoti fanno ritorno in Ucraina, si sposano, diventano preti, e a cose fatte rientrano in America, col pieno consenso dei loro vescovi.

Anzi, da qualche tempo i vescovi ucraini e di rito melkita residenti in America non obbediscono nemmeno più al divieto del 1912, formalmente ancora in vigore. A osservare un analogo comando dei tempi di Pio XII sono rimasti, negli Stati Uniti, solo i ruteni. La questione è all´ordine delgiorno della congregazione vaticana per la Chiese orientali. Ma regnante Giovanni Paolo II, tenace difensore della regola celibataria, è difficile che Roma ceda.

Il loquace neocardinale O´Brien, evidentemente, già pensa al dopo."
L'articolo è stato scritto da Sandro Magister.


Cos'è questa, se non ipocrisia bella e buona?
E il bello, è che molti fedeli cattolici, sinceri, non sanno queste cose

Cioè, noi stiamo qui a scervellarci se la cosa è teologicamente accettabile, mentre invece, come si evince dall'articolo, è un FATTO CULTURALE Capito come stanno le cose? Perciò...io direi davvero di svegliarci, e di capire che a criticare un'istituzione non c'è nulla di male, se a regnare è l'ambiguità e l'ipocrisia. E la motivazione deve essere l'amore per Gesù, non il desiderio di denigrare la Chiesa.




Comunque, dico la mia: libera scelta, libera liberissima scelta...
Se si vuole servire il Signore e i fratelli, lo si può fare, sia pur in maniera differente, in entrambi i casi.
Ma la scelta spetta alla singola persona.


Così stanno le cose, attualmente.

Per il passato...ci vuole un altro post [SM=x789054]

[SM=x789057]





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