Otto per mille

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Claudio Cava
00martedì 22 maggio 2007 15:39
freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=64222&idd=6

8 per mille

di Mario Patuzzo
Forse non tutti sanno che…

Il finanziamento alla Chiesa Cattolica, deciso con la revisione concordataria del 1984, con l’inghippo dell’otto per mille sottoscritto da Craxi per acquisire benemerenze presso il Vaticano, è, nella formulazione italiana, null’altro che una truffa in quanto la percentuale dei contribuenti che firmano l’otto per mille a favore della Chiesa cattolica è di circa il 45%, che poi in sede di liquidazione dell’importo calcolato diventa quasi il 90%.

In altri paesi con forte presenza cattolica le cose sono regolate in modo più giusto e trasparente. In Germania ad esempio il credente versa volontariamente alla sua chiesa un 9 per cento dell’imposta sul reddito pagato, chi non vuole semplicemente non paga; in Spagna il contribuente può dichiarare che lo 0,5 per cento del gettito fiscale possa essere destinato alla Chiesa o allo Stato, in assenza di scelta la cifra è destinata ad altri fini. In Italia invece la Chiesa Cattolica, mai sazia di privilegi, è riuscita a mettere a punto e far approvare un meccanismo perverso che le consente di incamerare quasi totalmente il cosiddetto otto per mille dell’IRPEF, qualunque sia la scelta o la non scelta degli italiani. La relativa legge che consente la truffa può essere quindi considerata più rispondente a reciproci interessi politico-economici che a una precisa definizione della volontà dei cittadini.

Il nuovo sistema di finanziamento dell’organizzazione ecclesiastica è oggi regolato dalla legge 222 del 20/5/985, e recepisce gli accordi raggiunti il 15/11/1984 da Mons. Attilio Nicora e dal prof. Francesco Margiotta Broglio. Al secondo titolo del punto 3 del Protocollo Addizionale «Beni ecclesiastici e sostentamento del clero», viene superato il precedente sistema della congrua sia nella forma dell’erogazione sia nella gestione dei fondi. L’articolo 21 infatti prevede la creazione di un «Istituto per il sostentamento del clero» alle dipendenze del vescovo di ogni diocesi, e di un «Istituto Centrale» alle dipendenze della CEI, dove far confluire l’enorme tributo dell’otto per mille e i versamenti fino a due milioni detraibili dalla denuncia dei redditi.
L’articolo 46, che prevede appunto questa forma di erogazione, chiamata «obolo» perché elargisce un contributo personale, grava comunque sulle pubbliche finanze sotto forma di minori introiti di imposta. C’è da aggiungere che gli esperti finanziari pensavano che da queste libere offerte venisse la parte più rilevante del finanziamento della chiesa, ma così non è stato. Il loro gettito è stato di circa 45 miliardi l’anno, ed è attualmente in diminuzione. Questo smacco dimostra in maniera clamorosa che il nuovo finanziamento in nessun modo si può chiamare «Autofinanziamento».

L’entità dell’otto per mille dell’IRPEF è attualmente di circa mille miliardi ma, per effetto dell’inflazione, è ovvio che il suo aumento farà sempre lievitare la percentuale da attribuire alla Chiesa Cattolica.

Questo versamento effettuato da TUTTI i cittadini può essere suddiviso mediante una scelta espressa fra lo Stato, la Chiesa Cattolica e le altre piccole confessioni religiose che hanno accettato di partecipare alla spartizione (i Testimoni di Geova, i più pericolosi concorrenti del Vaticano, sono da dieci anni in attesa di essere inseriti, ma inutilmente).

Ma il meccanismo perverso che favorisce la Chiesa Cattolica è la quota dell’otto per mille di quei cittadini che, intendendo sottrarsi a tale invito, non firmano nessuna preferenza e di quei cittadini che, riconoscendosi in un’etica laica, scelgono lo Stato Italiano e loro malgrado sono quasi totalmente aggiunti alla quota riservata alla Chiesa Cattolica, in virtù di uno stratagemma ideato per aggirare l’ostacolo dei non credenti e mantenere il più alto possibile l’introito per la Chiesa Cattolica.

Lo stesso comma 3 si conclude così: «...in caso di scelta non espressa da parte dei contribuenti la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse». Quale che sia, cioè, la percentuale delle scelte espresse, anche la quota su cui non è stata effettuata nessuna scelta viene distribuita alla Chiesa Cattolica o allo Stato, in percentuale alle scelte a loro favore. Solo fra loro, perché le altre confessioni dignitosamente non hanno accettato di partecipare a questa ulteriore spartizione.

Un esempio concreto: se su 100 cittadini 90 non si esprimono (per disinteresse o per tacita delega allo Stato), e solo 8 firmano per la Chiesa Cattolica, l’80 per cento della quota IRPEF stabilita andrà alla Chiesa Cattolica. Ecco come in Italia una evidente minoranza può diventare la quasi totalità degli italiani che finanzieranno, loro malgrado, un’associazione religiosa. Anche le somme accumulate per la scelta a favore dello Stato sono convogliate ad opere assistenziali, in Italia quasi interamente in mano alla Chiesa Cattolica. In tal modo non viene assolutamente rispettata la volontà di chi, non scegliendo o scegliendo lo Stato, ha inteso sottrarsi all’obbligo di partecipare a questa specie di referendum che, fra l’altro, viola il diritto di riservatezza. Non solo viene limitata la libertà di scegliere o non scegliere, ma è evidente l’intrusione nel segreto delle coscienze.

Questa situazione si aggrava ulteriormente da quando la legge consente ai lavoratori dipendenti di affidare al datore di lavoro la redazione della proprio denuncia dei redditi, per possibili rischi di rappresaglie sul posto di lavoro.

Un’altra cosa non corretta è il sistema di conteggio delle scelte effettive dei contribuenti la cui percentuale non viene attribuita contando la reale destinazione della scelta espressa, ma con un sorteggio a campione che molti ritengono addirittura illegale.

Quanto all’entità delle somme erogate alla CEI sulla base di tale forma di finanziamento, è previsto un complesso sistema di transizione che stabilisce anticipi e conguagli annuali e di triennio in triennio. Gli acconti versati dallo Stato alla CEI con il nuovo sistema dell’otto per mille sono di circa 700 miliardi l’anno, salvo poi conguagli e ulteriori anticipi che quest’anno (1996) hanno raggiunto la ragguardevole cifra di 1500 miliardi più 800 miliardi, sempre a conguaglio, che la magnanimità dei vescovi ha accettato fossero rateizzati. Dopo l’erogazione di quest’enorme cifra, che dalle disastrate casse della Repubblica Italiana è passata a rimpinzare quelle del Vaticano, il Card. Ruini ha avuto modo di dichiararsi soddisfatto e durante una recente assemblea della CEI ha indicato anche come saranno ripartiti i 1500 miliardi appena ricevuti:

565 miliardi per mantenere e assicurare gli stipendi ai 40.000 preti italiani;
10 miliardi per un fondo domestiche, vista la quasi scomparsa delle perpetue;
390 miliardi alle diocesi per l’edilizia, per i monasteri di clausura, per le facoltà di teologia e altri enti del genere;
190 miliardi al restauro dei beni culturali ecclesiastici e a iniziative nel campo delle catechesi;
10 miliardi a un fondo per la cultura;
30 miliardi per case canoniche delle parrocchie del sud;
280 miliardi alle spese di carità, ma di questi 140 saranno dirottati per opere (?) nel terzo mondo.
Un esempio di opere nel terzo mondo sono anche i 40.000 dollari donati dal Vaticano alla Croazia durante la guerra con la Bosnia.

Come è a tutti evidente solo una minima parte dell’otto per mille va in opere di carità, che oltretutto non sono verificabili da nessuno, come conferma l’art.44 del titolo 2 sempre del Protocollo Addizionale: «si stabilisce che la CEI trasmetta annualmente all’Autorità Statale un rendiconto relativo all’effettiva utilizzazione delle somme ricevute a vario titolo direttamente dai cittadini o dallo Stato». Su tali rendiconti, però, non sono previsti né controlli né verifiche. Prima lo Stato stipendiava direttamente i preti, ora, con la nuova intesa, il finanziamento va direttamente ai vescovi, aumentando notevolmente l’autorità nei loro confronti.

Di diversa natura sono i contributi che vanno a sostenere opere e associazioni cattoliche nel contesto del finanziamento di attività sociali, assistenziali, scolastiche, editoriali di vario genere: sono finanziamenti in gran parte assicurati dalle Regioni, dai Comuni e ancora dallo Stato.

La verità è che tra una cosa e l’altra lo Stato Italiano sta concentrando un’enorme quantità di denaro nelle casse di uno stato straniero non democratico e non controllabile. C’è da osservare infine che nella pubblicità svolta attraverso radio, televisioni pubbliche e private, giornali, opuscoli e perfino le comunicazioni bancarie ai clienti e con l’aiuto massiccio delle aziende a partecipazione statale come la SIP prima, la Telecom adesso, la CEI afferma di non ricevere più contributi diretti dallo Stato, in seguito ad una scelta di libertà e di povertà evangelica. Niente di più falso.
La legge parla esplicitamente di somme ricevute «direttamente» dallo Stato, come del resto i fatti confermano. Il regime di privilegio si evidenzia anche perché a fare propaganda è sostanzialmente solo la gerarchia cattolica, lo Stato non entra praticamente in competizione e le altre confessioni non hanno la forza per garantirsi una vera campagna di spot.

La Chiesa con i suoi enormi patrimoni ha da tempo capito che la forza del cristianesimo sta nel potere che si mantiene con il possesso e il continuo accumulo di ricchezze, catturando e azzannando i beni della terra. Attilio Nicora detto «Monsignor otto per mille» e ora vescovo di Verona è un esempio attuale della febbrile penetrazione della Chiesa nel mondo della finanza.
A lui, per aver ideato la truffa dell’otto per mille, il Vaticano sta riservando una luminosa carriera (prossimo arcivescovo di Milano?); intanto a Verona, attraverso l’opera sua, è sorto un grosso Pool di Banche cattoliche, una sorta di IOR, che per importanza è il terzo polo in Italia.
Il Pool unisce infatti la Cariverona, l’Unicredito a cui fanno capo la Cassamarca di Treviso, la Cassa di Risparmio di Trieste, la Cassa di Risparmio di Gorizia, quella di Udine e Pordenone, la Banca di Trento e Bolzano (già della Curia Trentina). È in patto con l’Ambro-Veneto e con la Cassa di Risparmio di Torino e Genova, ed ha comprato quote della Popolare di Verona (la Popolare con quei soldi ha pagato il Banco dei Santi che ora fa parte della Popolare, il cui presidente Zanotto, come i suoi dirigenti, è sempre dell’Opus Dei).

Alla Chiesa adesso non interessano più i partiti di riferimento: il gregge è ormai politicamente disperso. Alla Santa Chiesa interessano ora più che altro le BANCHE. Il grande polo bancario padano dovrebbe essere di 43 mila miliardi di raccolta, 26 mila miliardi di impieghi, 7 mila miliardi di patrimonio con 800 sportelli. Tutto sotto l’egida della Chiesa Cattolica e la protezione dello Spirito Santo.

È sotto gli occhi di tutti l’immagine di un cristianesimo aziendale, di possesso e di rapina, visto che i loro immensi patrimoni immobiliari e le loro ricchezze in genere non pagano una lira di tasse. La degenerazione capitalista tanto denunciata da Wojtyla è solo ipocrisia.

www.uaar.it

[Modificato da Claudio Cava 22/05/2007 15.40]

Claudio Cava
00martedì 22 maggio 2007 15:43

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COSA SIGNIFICA “OTTO PER MILLE”?

Con il Concordato del 1929 lo stato italiano si impegnò a pagare direttamente lo stipendio al clero cattolico, con il meccanismo della congrua. Ritenendolo datato, nell’ambito delle trattative per il “nuovo” Concordato si decise un nuovo meccanismo di finanziamento alla Chiesa cattolica, solo in apparenza più democratico e trasparente in quanto allargato alle altre religioni: lo stato decideva di devolvere l’8 per mille dell’intero gettito IRPEF alla Chiesa cattolica (per scopi religiosi o caritativi) o alle altre confessioni o allo stato stesso (per scopi sociali o assistenziali), in base alle opzioni espresse dai contribuenti sulla dichiarazione dei redditi.

IL TESTO DELLA LEGGE
L’otto per mille è normato dalla legge 222/85.

COME FUNZIONA IL MECCANISMO?
Ogni cittadino che presenta la dichiarazione dei redditi può scegliere la destinazione dell’8 per mille del gettito IRPEF tra sette opzioni: Stato, Chiesa cattolica, Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno, Assemblee di Dio in Italia, Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, Chiesa Evangelica Luterana in Italia, Unione Comunità Ebraiche Italiane.

In realtà nessuno destina il proprio gettito: il meccanismo assomiglia di più ad un gigantesco sondaggio d’opinione, al termine del quale si “contano” le scelte, si calcolano le percentuali ottenute da ogni soggetto e, in base a queste percentuali, vengono poi ripartiti i fondi.

Come se non bastasse, la mancata formulazione di un’opzione non viene presa in considerazione: l’intero gettito viene ripartito in base alle sole scelte espresse.

Alcune confessioni, più coerentemente, lasciano allo Stato le quote non attribuite, limitandosi a prelevare solo quelli relativi ad opzioni esplicite a loro favore: cosa che NON fa la chiesa cattolica, ottenendo un finanziamento quasi triplo rispetto ai consensi espliciti ottenuti a suo favore.

ECCO PERCHÉ È IMPORTANTE COMPILARE QUESTA SEZIONE DELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI.

Qualora il contribuente non sia tenuto alla presentazione della dichiarazione, può comunque effettuare ugualmente la scelta della destinazione dell’8 per mille consegnando il CUD in una busta chiusa agli enti preposti alla raccolta (poste, banche etc…).

LA DISTRIBUZIONE DEL GETTITO
Il Ministero delle Finanze, già restio a fornire statistiche in merito (comunica i dati alle sole confessioni religiose, che ne danno notizia con estrema riluttanza), è peraltro estremamente lento nel diffondere i dati. Le ultime comunicazioni ufficiali e definitive si riferiscono incredibilmente alle dichiarazioni dei redditi del 2001 (redditi 2000).

Questa la distribuzione:

87,25%
Chiesa Cattolica
10,28%
Stato
1,27%
Valdesi
0,42%
Comunità Ebraiche
0,31%
Luterani
0,27%
Avventisti del settimo giorno
0,20%
Assemblee di Dio in Italia


Va notato che, in tale occasione, su oltre trenta milioni di contribuenti solamente il 39,62% ha espresso un’opzione, solo il 34,56% della popolazione, quindi, ha espresso una scelta a favore della Chiesa cattolica. Per dare un’idea dell’enormità della cifra corrisposta grazie a questo meccanismo, la Conferenza Episcopale ha disposto nel 2004 di contributi per 936,5 milioni di Euro.

COME VENGONO SPESI QUESTI SOLDI?
CHIESA CATTOLICA
Nato come meccanismo per garantire il sostentamento del clero, tale voce è diventata, percentualmente, sempre meno rilevante (il 34,1% del totale). Parrebbe infatti che la Chiesa cattolica prediliga destinare i fondi ricevuti dallo Stato alle cosiddette “esigenze di culto” (47,2%): finanziamenti alla catechesi, ai tribunali ecclesiastici, e alla costruzione di nuove chiese, manutenzione dei propri immobili e gestione del proprio patrimonio. Ovvio che non vedremo mai alcuno spot su queste tematiche: ai tanto strombazzati aiuti al terzo mondo, cui è dedicata quasi tutta la pubblicità cattolica, va guarda caso solo l’8% del gettito. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito www.sovvenire.it.
STATO
Lo Stato è l’unico competitore per l’otto per mille che rifiuta di farsi pubblicità. Il Governo dedica alla gestione dei fondi di pertinenza statale una sezione del suo sito internet.
CHIESA VALDESE
Rifiuta di destinare i fondi ottenuti alle esigenze di culto e al sostentamento del clero. Per maggiori informazioni vai su www.chiesavaldese.org.
LUTERANI
Una parte dei fondi viene utilizzata per il sostentamento dei pastori. Per maggiori informazioni vai su www.elki-celi.org.
COMUNITÀ EBRAICHE
I fondi sono utilizzati per «…solidarietà sociale, attività culturali, restauro patrimonio storico, sostegno ad attività giovanili, strutture ospedaliere per la cittadinanza, cultura della memoria, lotta a razzismo e pregiudizio». Per maggiori informazioni vai su www.ucei.it.
CHIESE AVVENTISTE
Rifiutano anch’esse di destinare i fondi ottenuti alle esigenze di culto e al sostentamento del clero. Per maggiori informazioni vai su www.avventisti.it.
ASSEMBLEE DI DIO
I fondi sono destinati esclusivamente alle missioni e alla beneficienza. Per maggiori informazioni vai su www.adi-it.org.
PERCHÉ ABROGARE IL MECCANISMO?
perché il meccanismo doveva essere basato sulla volontarietà, ma la ripartizione delle scelte inespresse vìola, di fatto, questo principio;
perché è un finanziamento a fondo perso a favore di confessioni religiose che si dovrebbero autofinanziare. Soprattutto nel caso della Chiesa cattolica, gran parte di questi contributi non ha alcuna utilità sociale;
perché è una partita truccata: a differenza delle confessioni religiose, lo Stato italiano non fa alcuna pubblicità per sé e non informa su come destina questi fondi. Quando nel 1996 il ministro Livia Turco propose di destinare i fondi di competenza statale all’infanzia svantaggiata, il “cassiere” della Conferenza Episcopale Italiana Nicora reagì duramente, sostenendo che «lo Stato non deve fare concorrenza scorretta nei confronti della Chiesa»;
perché è una partita a cui non tutti possono giocare: sono ammesse solo le confessioni sottoscrittrici di un’Intesa con lo Stato. Ecco perché la Chiesa, attraverso i parlamentari cattolici, blocca l’accordo (già sottoscritto) con i Testimoni di Geova e impedisce l’avvio di trattative con gli islamici: i fedeli di queste religioni, ben disciplinati, grazie al meccanismo delle scelte inespresse porterebbero alle loro gerarchie una contribuzione ben superiore alla loro percentuale reale, con un danno valutabile in centinaia di milioni di Euro per la Chiesa cattolica.
perché è un meccanismo non chiaro, che trae in inganno non solo il semplice cittadino ma anche la persona colta. Un giornalista Rai ha dovuto addirittura scusarsi in diretta per la sua non conoscenza del meccanismo;
perché lo Stato, erogando questi finanziamenti, è costretto a cercarsi altre entrate con nuove forme di tassazione della popolazione.
MA SI PUÒ ABROGARE? O NON PAGARE? E COME?
L’Associazione per lo Sbattezzo ha lanciato da diversi anni un’iniziativa per l’obiezione fiscale: maggiori informazioni sul loro sito.

L’UAAR ha anch’essa più volte criticato e chiesto modifiche alla normativa: resta il fatto che un cambiamento è fattibile solo attraverso una modifica della legge.

ALTRI CONTRIBUTI STATALI ALLA RELIGIONE CATTOLICA
sempre con la dichiarazione dei redditi, è possibile dedurre dal proprio reddito versamenti alle chiese fino all’ammontare di due milioni di vecchie lire, intorno ai mille Euro; in proposito, rileviamo come il numero di offerte per il sostentamento dei sacerdoti sia calato, negli ultimi nove anni, del 14%, con conseguenti minori entrate del 18%;
pagamento pensioni al clero: un fondo speciale dal disavanzo perennemente in rosso. Fortunatamente, con la Finanziaria 2000 si è intervenuti almeno su questi, innalzando a 68 anni l’età pensionabile e aumentando i contributi a carico dei sacerdoti;
esenzione fiscale totale, comprese imposte su successioni e donazioni, per le parrocchie e gli enti ecclesiastici;
pagamenti degli stipendi agli insegnanti di religione, nominati dai vescovi: incidono per più di 1.000 miliardi (delle vecchie lire) sul bilancio statale;
finanziamenti alle scuole cattoliche;
in varie regioni, parte degli oneri di urbanizzazione a disposizione dei comuni deve essere destinata agli «edifici di culto».
Non solo. Recentemente sono state stipulate intese ad hoc tra diverse Giunte e Conferenze episcopali regionali che hanno riguardato anche i beni culturali ed ecclesiastici, il turismo religioso e la retribuzione del personale ecclesiastico presente negli ospedali.
contributi agli oratorî: concessi da diverse regioni, nel maggio 2001 sono stati presentati due disegni di legge (identici) da parte di alcuni parlamentari dell’UDC. Nel luglio 2003 tali testi, dopo alcune modifiche, sono diventati legge. Contro il provvedimento si sono espressi ben pochi parlamentari: tra i contrari Tiziana Valpiana, la cui dichiarazione di voto contrario alla Camera dei deputati contiene importanti dichiarazioni sulla necessità di una effettiva parità tra credenti e non credenti.
Per un quadro di insieme vai al documento Quanto costa allo stato il finanziamento della chiesa Cattolica, di Marcello Vigli, presente sul nostro sito.

Nell’ambito del Decreto Fiscale collegato alla Legge Finanziaria 2006, il Parlamento ha introdotto l’esenzione ICI (Imposta Comunale sugli Immobili) per gli immobili adibiti a scopi commerciali per la Chiesa (ulteriormente estesa alle associazioni no-profit). Secondo stime dell’ANCI, il provvedimento avrebbe comportato minori entrate per i Comuni nell’ordine di 700 milioni di Euro. Il d.l. 223 del 4 luglio 2006 ha successivamente eliminato tale esenzione. La sua formulazione («Attività di natura esclusivamente commerciale»), tuttavia, di fatto vanifica il provvedimento e mantiene in vigore tale privilegio: è infatti sufficiente che all’interno dell’immobile destinato ad attività commerciale si mantenga una piccola struttura destinata ad attività religiose.

OTTO PER MILLE INFORMATI
Nell’aprile 2007 l’UAAR, prendendo atto della diffusa mancanza di conoscenza del meccanismo tra la popolazione, nonché del completo disinteresse da parte delle istituzioni a porvi rimedio, ha avviato autonomamente una propria campagna di informazione: «Otto per mille informati».

CINQUE PER MILLE
Con la dichiarazione dei redditi 2006 il governo ha introdotto una nuova possibilità: la destinazione del cosiddetto “Cinque per mille” del gettito IRPEF (completamente indipendente dall’Otto per mille).

Nato in origine per finanziare la ricerca scientifica, si è poi inopinatamente allargato ad altri scopi.

In breve, il funzionamento è questo:

se il cittadino non sceglie, il cinque per mille della sua IRPEF rimane nel bilancio dello Stato;
se il cittadino intende invece “destinare” il suo cinque per mille, può scegliere tra una delle seguenti categorie:
sostegno delle ONLUS (Organizzazioni non lucrative di utilità sociale) di cui all’art. 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n: 460, e successive modificazioni, nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali, previsti dall’art. 7, commi 1 2 3 e 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e delle associazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’art. 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 460 del 1997;
finanziamento agli enti della ricerca scientifica e dell’università;
finanziamento agli enti della ricerca sanitaria.
il cittadino ha anche la possibilità di indicare un beneficiario specifico. In questo caso deve scrivere il codice fiscale di tale soggetto beneficiario.
Maggiori informazioni, tra cui l’elenco completo dei possibili beneficiari, sono disponibili su una pagina del sito dell’Agenzia delle Entrate.

DOCUMENTAZIONE SULL’ARGOMENTO
Passaparola UAAR sull’Otto per Mille, aggiornato 2007: presentazione Powerpoint (260 Kb); presentazione in PDF (205 Kb); animazione Flash (163 Kb).
Volantino UAAR sull’Otto per Mille (PDF, 53 Kb).
Informazione pubblicitaria UAAR (2006, file PDF, 142 Kb).
Interrogazione parlamentare sull’argomento dell’On. Stelio De Carolis del 13 dicembre 2000.
Sergio Lariccia. «Esigenze di laicità della società italiana» in Manifesto Laico, pp. 59-65. Laterza, Bari, 1999.
Anticlericale. Millelire Stampa Alternativa 1993, pagg. 18-22.
Mario Guarino. I mercanti del Vaticano. Kaos Edizioni, Milano 1998.
Un testo fondamentale per capire i meccanismi di finanziamento (legali e non) della Chiesa.
Silvio Manzati. Privilegî economici e fiscali della Chiesa cattolica.
Mario Patuzzo. «La tassa dell’8 per mille» dalla rivista L’Ateo, n. 0/1996.
Annapaola Laldi. «Otto per Mille dello Stato - Tra cifre che parlano…» - dal sito dell’Aduc.
Raffaele Carcano. «Otto per mille: attenti a quella firma», da L’Ateo n. 2/2001.
Adesione online alla proposta di legge per la destinazione dell’otto per mille alla ricerca scientifica.
Alessandro Capriccioli. Gli impieghi dell’Otto per Mille.
Alessandro Capriccioli. Brevi annotazioni sull’otto per mille.

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Claudio Cava
00martedì 22 maggio 2007 15:48

freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=64222&idd=417


(Le sottrazioni ai contribuenti moltiplicano le entrate della CEI)

di Raffaele Carcano, Milano

Genesi della tassa di religione

Chiariamo subito un concetto: in Italia è sempre esistita una tassa di religione. Qualunque veste abbia assunto, ogni contributo destinato alla Chiesa Cattolica ha sempre sottratto fondi al bilancio statale causando un disavanzo, ripianato solo grazie al prelievo fiscale su tutti i contribuenti. Perché un cittadino non credente debba finanziare l’attività di un’organizzazione religiosa resta un indovinello del quale i nostri legislatori, sempre proni ai voleri del Vaticano, non vogliono svelare la soluzione. La risposta è, purtroppo, assai semplice e amara: la gigantesca struttura burocratica creata dai successori di san Pietro fagocita annualmente migliaia di miliardi, con una sempre minore capacità d’autofinanziamento. Mano a mano che la secolarizzazione avanza, diminuiscono le entrate e, parallelamente, aumentano le esigenze di spesa per frenare il fenomeno. Mentre i commercianti sull’orlo del lastrico finiscono nelle mani degli usurai, la Chiesa può invece fiduciosamente rivolgersi allo Stato italiano, pronto a soddisfare le richieste più incredibili senza chiedere nulla in cambio.

I sacerdoti italiani sono sempre stati retribuiti dal munifico bilancio statale: il supplemento di congrua ha garantito loro per decenni un’entrata sicura, anche quando l’Italia era sull’orlo della bancarotta. Un privilegio che all’inizio degli anni Ottanta ha cominciato ad apparire quantomeno inopportuno, tanto da richiedere una soluzione «politicamente corretta». Il brillante escamotage elaborato dalla Chiesa, e subìto passivamente dal governo Craxi, è stato la creazione di un sistema di finanziamento legato alla volontà del cittadino. Un meccanismo apparentemente trasparente e democratico. Cosa hanno da ridire, allora, gli atei impenitenti?

Una legge di parte, volutamente ambigua
Gli accordi per le modifiche del Concordato, stipulati nel 1984, comprendevano anche un nuovo sistema di finanziamento della religione non più di Stato: una nuova legge avrebbe destinato l’8 per mille dell’intero gettito IRPEF alla Chiesa Cattolica (per scopi religiosi o caritativi) o allo Stato stesso (per scopi sociali o assistenziali), in base alle opzioni espresse dai contribuenti sulla dichiarazione dei redditi. La nuova legge (n. 222 del 20 maggio 1985) si dimostra faziosa fin dal titolo: Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi [1]. Composta di 75 articoli, solo il titolo II è dedicato all’argomento, e la sua lettura è sinceramente esilarante.

Il legislatore comincia prendendo atto della costituzione, in ogni diocesi, di un Istituto per il sostentamento del clero: e prosegue constatando che lo scopo di questi Istituti è quello di «assicurare, nella misura periodicamente determinata dalla Conferenza Episcopale Italiana, il congruo e dignitoso sostentamento del clero che svolge servizio in favore della diocesi», continuando poi in una noiosissima elencazione dei diritti del povero sacerdote a vedersi riconosciuto un giusto stipendio dal proprio datore di lavoro. Fin qui niente di male, salvo chiedersi «ma lo Stato che c’entra?». Lo Stato entra in campo soltanto con l’art. 47, secondo comma, nel quale è però nascosto il trappolone: sarà lui a fornire i fondi al datore di lavoro! Si noti che nel testo della legge non compare alcun riferimento alle confessioni religiose di minoranza: questo provvedimento è stato concepito per le esigenze della Chiesa Cattolica, e solo successivamente esteso alle altre confessioni di minoranza che ne hanno fatto richiesta.

In pratica, ogni cittadino che presenta la dichiarazione dei redditi può scegliere la destinazione dell’8 per mille del gettito IRPEF tra diverse opzioni, attualmente sette: Stato, Chiesa Cattolica, Unione Chiese Cristiane Avventiste del 7° giorno, Assemblee di Dio in Italia, Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, Chiesa Evangelica Luterana in Italia, Unione Comunità Ebraiche Italiane. In realtà nessuno destina il «proprio» gettito: il sistema adottato assomiglia molto di più ad un gigantesco sondaggio d’opinione, al termine del quale si «contano» le scelte, si calcolano le percentuali ottenute da ogni soggetto, ed in base a queste percentuali vengono poi ripartiti i fondi. Come se non bastasse, la mancata formulazione di un’opzione non viene presa in considerazione: l’intero gettito viene ripartito in base alle sole scelte espresse. «Un’autentica anomalia... la utilizzazione delle scelte non espresse, secondo il calcolo matematico di quelle espresse, intacca il principio di volontarietà: il non avere manifestato la propria scelta comporta, a prescindere dalle motivazioni, rifiuto del nuovo sistema o volontà di non parteciparvi» [2].

Soldi, soldi, soldi, quanti soldi...
Il governo motivò la percentuale prescelta in base ad alcune sue previsioni, secondo le quali la cifra destinata alla Chiesa Cattolica sarebbe rimasta sostanzialmente invariata. Pochi temerari sostennero pubblicamente i propri dubbi. Le previsioni di questi ultimi si rivelarono invece azzeccate. Con il vecchio criterio lo Stato stanziava 406 miliardi: oggi la cifra, dopo soli 15 anni, si è quasi quadruplicata. Gli ultimi dati ufficiali e definitivi forniti dal Ministero delle Finanze si riferiscono alle dichiarazioni dei redditi del 1996 (redditi 1995) [3]. Oltre 30 milioni di contribuenti si sono così espressi:

54,51% nessuna scelta [4]
37,56% Chiesa Cattolica
6,56% Stato
0,67% Valdesi
0,70% Altre confessioni evangeliche

Solo un contribuente su tre ha quindi deciso di devolvere l’8 per mille alla Chiesa Cattolica. Tuttavia, grazie al perverso meccanismo della legge, quest’ultima si è assicurata ben l’82,56% dei fondi a disposizione, pari a 1.454 miliardi! [5]

Come gestisce poi questi fondi, ottenuti anche grazie ad una martellante campagna pubblicitaria che le costa più di 10 miliardi?: 555 miliardi servono per pagare gli stipendi al clero, 229 vengono affidati direttamente alle diocesi, 143 finanziano la costruzione di nuove chiese (non se ne sentiva la mancanza), 135 non meglio precisate «iniziative di rilievo nazionale», 100 sono destinati alla tutela dei (propri) beni artistici, 10 alle colf dei sacerdoti, e solo 283 miliardi sono lasciati ai tanto strombazzati interventi caritativi e umanitari, oggetto quasi esclusivo della propria azione di marketing (si sa, i bambini poveri del terzo mondo inteneriscono anche i cuori più duri, tanto chi controlla che i soldi arrivino loro veramente?) [6].

Perché è importante la firma sulla dichiarazione dei redditi
Spero di aver chiarito un po’ le idee sull’argomento: il meccanismo è subdolo, ed è stato adottato apposta per trarre in inganno il contribuente [7]. Che sia una partita truccata lo si nota facilmente: non solo uno dei giocatori (lo Stato) accetta le regole dell’altro, ma addirittura evita di giocare, rifiutando accuratamente di fornire qualunque informazione sull’argomento, nonché di fare propaganda a proprio favore. Come se non bastasse, più del 10% delle somme a sua disposizione vengono destinate comunque alla Chiesa Cattolica sotto forma di sovvenzioni di progetti sociali cattolici o restauri di edifici religiosi. Uno scandalo bello e buono, insomma: che deve spingere però tutti i cittadini atei a soffermarsi maggiormente sull’elevatissimo grado di clericalismo presente all’interno della classe politica italiana, e a cosa fare in prima persona per operare un cambiamento. La firma per lo Stato garantisce quantomeno che gran parte di questi fondi vengano destinati a scopi umanitari «laici», ed è comunque un segnale ben preciso di non accettazione di questo stato di cose.

Ricordiamoci quindi di firmare la casella «Stato» sulla dichiarazione dei redditi, oppure (qualora non ricorrano le condizioni per la presentazione della dichiarazione) di effettuare ugualmente la scelta della destinazione dell’8 per mille consegnando il modello in una busta chiusa agli enti preposti alla raccolta (poste, banche, ecc.).

In Germania il finanziamento alle religioni avviene in modo molto più onesto: i fedeli sono tenuti a pagare in favore della Chiesa a cui appartengono una sovraimposta nella misura dell’8-9% dell’imposta sul reddito [8]. «Si può quindi dire che il sostentamento economico delle Chiese è effettivamente assicurato dai loro fedeli e non grava sul bilancio statale» [9]. Per noi atei, ma anche per tutti coloro che hanno a cuore le sorti della laicità dello Stato, è forse questa la strada da perseguire a livello legislativo.

Note

Nelle dichiarazioni di voto, il senatore Giovanni Ferrara motivò il proprio dissenso lamentando «l’inaccettabilità della procedura adottata dal governo di presentare alle Camere come leggi di attuazione un testo identico a quello degli accordi bilaterali», ovviamente non modificabili.
Carlo Cardia. Stato e confessioni religiose. Il Mulino 1988.
Tale ritardo non deve sorprendere: esiste un rigoroso riserbo nella divulgazione di tali cifre. Il sottoscritto - in data 23 marzo 2000 - ha indirizzato una richiesta al Ministero dell’Interno - Servizio Affari dei Culti (mai nome fu più appropriato!) per ottenere qualche dettaglio in più. Mi è stato risposto, due mesi dopo, che una simile richiesta era di competenza del Ministero delle Finanze - Dipartimento Entrate (in realtà si tratta di uscite, ma comunque...). A oggi nessuna nuova: al contadino non far sapere...
I dati provvisori per l’anno successivo danno questa percentuale in ulteriore aumento al 60,79%.
Somma globale corrisposta alla Chiesa Cattolica nell’anno 1996. Vista la lentezza nello «scrutinio», lo Stato stanzia annualmente un acconto e, contemporaneamente, paga il saldo relativo a diversi anni prima (generalmente tre).
Dati ricavati dal sito internet sovvenire.it - Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica.
Non solo il semplice cittadino è portato a fraintenderne il funzionamento, ma anche la persona colta e informata. Lo scorso novembre il giornalista Daniele Protti ha dovuto pubblicamente scusarsi, durante il programma giornaliero che conduceva su Radio Tre, per aver sostenuto la tesi della non ripartizione delle scelte inespresse.

«Se si vuole essere membri di una Chiesa si è obbligati a pagare queste imposte. Le Chiese contano i loro membri proprio a partire dai contribuenti» (Bonifacio Alemanno. «Le chiese tedesche marciano insieme alla conquista dell’est», in Limes, numero 1/2000). Ciò ha portato, tra l’altro, all’emersione di un numero di non credenti decisamente considerevole.

Silvio Ferrari, Ivan C. Iban. Diritto e religione in Europa occidentale. Il Mulino 1997.

www.uaar.it/uaar/ateo/archivio/2001_2_art3.html
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