Quanti sono davvero i preti pedofili
Tornando agli Stati Uniti, aggiungo che le cifre non cambierebbero in modo significativo se si aggiungesse il periodo 2002-20 1 0, perché già lo studio del John Jay College notava il declino notevolissimo dei casi negli anni 2000. Le nuove inchieste sono state poche, e le condanne pochissime, a causa di misure rigorose introdotte sia dai vescovi statunitensi
sia dalla Santa Sede.
Lo studio del John Jay College ci dice, come si legge spesso, che il quattro per cento dei sacerdoti americani sono «pedofili»? Niente affatto. Secondo quella ricerca il 78,2% delle
accuse si riferisce a minorenni che hanno superato la pubertà (National Review Board for the Protection of Children and Young People 2004, 26).
«"Preti pedofili" - è l 'opinione del John Jay College – è un 'etichetta inaccurata o incompleta. Il manuale diagnostico e statistico dell' American Psychiatric Association, il DSM IV, classifica la pedofilia come una malattia e la definisce come l' attrazione sessuale di un adulto verso minori prepuberi. ( . . . ) Benché sia difficile stabilire in via generale se uno specifico atto di abuso sessuale di un minore costituisca pedofilia, e l'età in cui inizia la pubertà vari in ogni caso individuale, in via generale si considera come indicativo della
pedofilia un atto che comincia quando il minore ha meno di undici anni» (ibidem). Avere rapporti sessuali con una diciassettenne non è certamente una bella cosa, tanto meno per
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un prete: ma non si tratta di pedofilia. Dunque i sacerdoti accusati di effettiva pedofilia negli Stati Uniti sono 958 in cinquantadue anni, diciotto all'anno. Le condanne sono state
54 , poco più di una all' anno. Il numero di condanne penali di sacerdoti e religiosi in altri
Paesi è simile a quello degli Stati Uniti, anche se per nessun Paese si dispone di uno studio completo come quello del John Jay College. Si cita spesso una serie di rapporti governativi in Irlanda che definiscono «endemica» la presenza di abusi nei collegi e negli orfanotrofi (maschili) gestiti da alcune diocesi e ordini religiosi, e non vi è dubbio che casi di abusi sessuali su minori anche molto gravi in questo Paese vi siano stati. Lo spoglio sistematico di questi rapporti mostra peraltro come molte accuse riguardino l'uso di mezzi di correzione eccessivi o violenti. Il cosiddetto rapporto Ryan del 2009 (Commission to lnquire into Child Abuse, 2009) usa un linguaggio molto duro nei confronti della Chiesa cattolica, e documenta alcuni episodi effettivamente atroci, senz' altro tenuti presenti da Benedetto XV I nella sua lettera del 2010. Su 25.000 allievi di collegi, riformatori e orfanotrofi nel periodo che esamina riporta 253 accuse di abusi sessuali da parte di ragazzi e 128 da parte di ragazze, peraltro non tutte attribuite a sacerdoti, religiosi o religiose, di diversa natura e gravità, raramente riferite a bambini prepuberi e che ancor più raramente hanno condotto a condanne.
I preti non sono più «a rischio» di altre categorie
Una domanda sgradevole - perché il semplice porla sembra difensivo, e non consola le vittime -ma importante è se essere un prete cattolico sia una condizione che comporta un
rischio di diventare pedofilo o di abusare sessualmente di
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minori - le due cose, come si è visto, non coincidono perché chi abusa di una sedicenne non è un pedofilo - più elevato rispetto al resto della popolazione. Rispondere a questa
domanda è fondamentale per scoprire le cause del fenomeno e quindi per prevenirlo. Non si possono accettare le obiezioni secondo cui porsi queste domande mette in secondo
piano le responsabilità dei preti pedofili e non serve a nulla. Tutta la sociologia della devianza ha alla base l' indagine sistematica su quali categorie siano più o meno a rischio
di cadere in comportamenti devianti. La stessa prevenzione non può prescindere dai dati statistici.
Secondo gli studi di Jenkins se si paragona la Chiesa cattolica degli Stati Uniti alle principali denominazioni protestanti si scopre che il tasso di sacerdoti condannati per abusi
sessuali a seconda delle aree geografiche varia dallo 0,2 all'1,7 % del totale (Jenkins 1 996, 81), mentre tra i ministri protestanti «il 10% circa è coinvolto in abusi sessuali e dal
2 al 3% è pedofilo» (ibid. , 50).
Vale la pena di aggiungere qualche esempio, a fronte di una stampa che si concentra quasi esclusivamente sui sacerdoti cattolici. Eccone uno: quattrocento bambini molestati,
un'intera zona infestata da ministri di culto pedofili che i superiori per quarant'anni si limitano a trasferire da una parrocchia all' altra, ostacolando in ogni modo le indagini della polizia. Una commissione d'inchiesta, condanne, scuse pubbliche che secondo le vittime non possono bastare, un vescovo che si dimette. L'ennesimo episodio di pedofilia nella
Chiesa cattolica? Niente affatto: si tratta dello scandalo dei pastori pedofili nella Chiesa anglicana dell'Australia del Nord, scoperto nel 2003.
La Comunione anglicana fin dagli anni Ottanta è stata devastata da alcuni dei più clamorosi scandali di abusi di minori e di pedofilia dell'intero mondo anglosassone. Nel gior-
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no di venerdì santo del 2002 William Persell, vescovo di Chicago della Chiesa episcopaliana -la branca statunitense della Comunione anglicana -dichiarava in un sermone: «Saremmo ingenui e disonesti se dicessimo che quello della pedofilia è un problema della Chiesa cattolica e non ha nulla a che fare con noi anglicani perché abbiamo preti sposati e donne prete. Non è così» (Episcopal News Service 2002).
Per questo i commenti dell'arcivescovo di Canterbury e responsabile mondiale della Comunione anglicana, Rowan Williams, che il3 aprile 20l0 in un'intervista alla BBC (BBC
News 2010a) ha scatenato un attacco senza precedenti contro la Chiesa cattolica, unendo la sua voce all'assalto in corso contro Benedetto XVI, hanno lasciato perplessi molti. Dal
punto di vista statistico Williams -che qualche ora dopo si è peraltro scusato per il tono della sua intervista (BBC News 2010b)-ha certamente torto. Un rapporto del 2002 di un'agenzia protestante americana, Christian Ministry Resources, concludeva che «i cattolici ricevono tutta l'attenzione nei media, ma il problema è maggiore nelle Chiese protestanti» (Clayton, 2002) dove le accuse (certo da non confondersi con le condanne) negli Stati Uniti erano arrivate al bel numero di settanta alla settimana (ibid. ). Nelle congregazioni della Comunione anglicana i siti specializzati riportano centinaia di casi. Secondo Jenkins la sola branca statunitense della Comunione anglicana nel 1992 era arrivata a trasferire alla sua società di assicurazione trentanove casi all' anno relativi ad abusi su minori (Jenkins 1996, 51).
Nel 2002 in Australia il pastore anglicano Robert Ellmore, sposato, fu condannato per avere abusato di numerosi bambini, fra cui la sua nipotina di cinque anni (il caso è citato
e documentato, come i seguenti, dal sito
www.reformation. com). Un pastore episcopaliano di Tucson, in Arizona, Stephen P. Apthorp, nel 1992 era stato condannato per ave-
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re violentato 830 volte la figliastra, inducendola a tentare il suicidio, a partire da quando aveva dieci anni. In Australia nel 1995 la Chiesa anglicana aveva deciso di occuparsi del
problema costituendo un comitato della Chiesa sugli abusi sessuali. Uno dei membri più noti del comitato era il canonico anglicano Ross Leslie McAuley. Quando lo nominarono,
i vertici della Chiesa anglicana sapevano già che era sotto inchiesta per diversi casi di abusi omosessuali. Più tardi sarebbe stato descritto dai suoi stessi superiori come «un predatore sessuale». Negli Stati Uniti hanno ammesso abusi omosessuali su minori un vescovo episcopaliano e il vicepresidente della House of Deputies, uno dei principali organi di governo della Chiesa episcopaliana (Jenkins 1996, 5 1-52). Il 12 marzo 2009 in Australia un ex responsabile della Church of England Boys Society è stato condannato a diciotto anni di carcere per una lunga catena di abusi sui bambini. E non si tratta dell'ultimo caso.
Sarebbe naturalmente sbagliato ogni atteggiamento del tipo: «mal comune mezzo gaudio»: a costo di ripeterei, ribadiamo che le responsabilità di altri non fanno venire meno
quelle gravissime dei sacerdoti cattolici effettivamente colpevoli.
Ma i dati sono rilevanti per rispondere alla domanda se essere un sacerdote cattolico sia una condizione che predispone particolarmente alla pedofilia. Le statistiche mostrano almeno che non è vero che i sacerdoti cattolici corrano maggiori rischi di diventare pedofili rispetto ad altre categorie di persone a causa del celibato. La maggior parte dei pastori protestanti è sposata, e l'incidenza degli abusi sui minori e la pedofilia non sono meno significative rispetto al clero cattolico.
E non solo. Nello stesso periodo in cui un centinaio di sacerdoti americani era condannato per abusi sessuali su minori, il numero di professori di ginnastica e allenatori di squadre
sportive giovanili -anche questi in grande maggioran-
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za sposati - giudicato colpevole dello stesso reato dai tribunali statunitensi sfiorava i seimila (Dobie 2002, 25). Secondo uno studio commissionato dal Ministero dell'Educazione negli Stati Uniti il 6,7 % dei bambini americani è vittima di molestie sessuali a scuola da parte di maestri e personale non insegnante (Shakeshaft 2004, 20). Gli esempi potrebbero continuare, non solo negli Stati Uniti. E soprattutto secondo
i periodici rapporti del governo americano (se ne veda un sommario in Catholic League for Religious and Civil Rights 2004 ) due terzi circa delle molestie sessuali su minori non vengono da estranei o da educatori -preti, maestri di scuola e pastori protestanti compresi - ma da familiari: patrigni, zii, cugini, fratelli e purtroppo anche genitori. Dati simili esistono per numerosi altri Paesi.