Povera Chiesa, fra immobili di lusso, inquilini illustri e paradisi fiscali

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kelly70
00lunedì 20 aprile 2009 21:17
Dal Vangelo secondo Matteo: "E' più facile che un cammello passi nella cruna dell'ago, che un ricco entri nel regno dei cieli". Certo un cammello è difficile che ci passi, ma sicuramente ci passano l’immenso patrimonio immobiliare del Vaticano, le sue ricchezze e la sua banca.
Le Parisien, in un’ inchiesta sul patrimonio immobiliare della Chiesa a Parigi e in diverse città della Francia rivela che molte personalità francesi dal ministro degli Esteri Bernard Kouchner, al ministro della Cultura Christine Albanel, all’ ex presidente François Mitterrand, al dirigente della resistenza Henri Fresnay, a un membro del Partito comunista egiziano, hanno in comune il loro padrone di casa: il Vaticano.

La notizia riportata dal quotidiano La Repubblica non sorprende affatto, caso mai è un’ulteriore conferma di ciò che si va affermando da tempo.
La religione cattolica ha fondato la sua dottrina sulla demonizzazione del danaro.
"Non vogliate avere né oro, né argento, né danaro nelle vostre borse, né bisacce per il viaggio, né due vesti, né scarpe, né bastone" (Mt 10,9-10), e "Se vuoi essere perfetto, va, vendi ciò che hai e dà ai poveri... e vieni, e seguimi" (Mt 19,21).
E il buon San Francesco d’Assisi seguì alla lettera le parole del Vangelo. Si denudò e andò in giro a predicare l’amore per il “creato”. C’è da immaginarsi che i nuovi “funzionari” della Chiesa, ripensando a lui si sganascino dalle risate. Povero ingenuo, non aveva capito nulla!

Lo scandalo delle case di “Dio” che arriva da Parigi è troppo ghiotto per non lasciarsi tentare, per l’ennesima volta, da ovvie considerazioni: come si concilia tutto questo con il dettato del Vangelo, con la vita Francescana, con la cristianità, con la loro lotta al vil danaro considerato “sterco del diavolo”? Non si concilia affatto. Ma ogni volta che questo si fa notare si viene accusati di fare della demagogia o della sterile retorica. L’obiezione che arriva dai cattolici è sempre la stessa “Come pensate che il Vaticano si possa spogliare dei suoi averi? I beni culturali e artistici (e qui si menziona sempre “La Pietà” di Michelangelo di proprietà del Vaticano) sono di valore inestimabile e fino a quanto sono di proprietà della Chiesa, sono fruibili a tutti. E anche se ciò avvenisse il mondo non diventerebbe certo meno povero…” e bla, bla, bla...

Perciò corre l’obbligo di fare un piccolo riepilogo giusto per rinfrescarsi le idee.

La Città del Vaticano è il più piccolo stato del mondo si estende su 44 ettari di terreno. Ha 911 residenti di cui 532 cittadini. Non produce beni e la sua economia (con i suoi profitti) si basa sugli investimenti, mobili e immobili, sul patrimonio esistente, le rendite e sulle rimesse delle diocesi sparse nel mondo; sono 4.649 riunite in 110 Conferenze Episcopali.br> Si tratta di una monarchia assoluta elettiva (ma ovviamente di diritto divino)Ha un'organizzazione piramidale e non democratica, a cui fa capo il Papa. La Santa Sede amministra i suoi beni e le sue società in tutto il mondo. I suoi beni immobili (beni ecclesiastici) situati in altri stati godono in numerose nazioni, tra le quali l'Italia, di regimi privilegiati ed in alcuni casi di extraterritorialità che consentono l'esonero da imposizione di tasse.

Per questi regimi speciali, che valgono anche in temi di commerci, di contratti e di donazioni nonché per l'opacità della sua finanza, Città del Vaticano, è stata annoverata dal London Daily Telegrapf nella top ten dei paradisi fiscali off shore. Il motivo fondamentale per cui è considerato un paradiso fiscale è che la banca vaticana non è sottoposta alle leggi internazionali sul controllo delle entità finanziarie e delle correlate raccomandazioni di organismi internazionali come l'OECD (OCSE). Di fatto, l' Istituto per le Opere di Religione (IOR) non è una banca con accesso diretto al sistema finanziario internazionale, ma si appoggia ad altre entità. Ciò permette una flessibilità e discrezione che costituisce di fatto il Vaticano come il paradiso fiscale per eccellenza. Lo IOR non ha nessun ufficio o sportello ed è l'unica banca a non avere uffici aperti al pubblico. Negli ambienti vaticani circolava la voce che quando Giovanni Paolo II dopo lo scandalo del Banco Ambrosiano richiese la lista dei correntisti dello I.O.R., ebbe come risposta dal consiglio dei cardinali la frase "spiacenti santità, ma la riservatezza dei clienti è sacra".

Tornando ai beni materiale del Vaticano, va detto che in Italia si intrecciano proprietà immobiliari, attività bancarie, imprese industriali, finanziamenti diretti e indiretti a carico del bilancio dello Stato Italiano e di Enti Pubblici. Ciò crea una posizione di quasi monopolio del vasto mondo dell'assistenza, una presenza costante in tutte le iniziative a favore dei della gioventù,della gestione di cliniche. di enti ospedalieri. Con il condizionamento operato dalla chiesa sul parlamento nella produzione legislativa, necessaria a creare una indispensabile cornice istituzionale e strutturale e sopratutto un confacente regime di privilegio tributario.
Eugenio Scalfari da “La Repubblica”: "Non è mistero per nessuno ed anzi storicamente accertato che l'episcopato fu cieco e sordo di fronte al sistema della pubblica corruttela del quale era perfettamente consapevole e spesso direttamente beneficiario. Come accadde, tanto per ricordare un macroscopico esempio, in occasione del vero e proprio "sacco di Roma" che durò dagli anni cinquanta a tutti i settanta nel corso dei quali, appalti, piani regolatori, aree verdi o di destinazione estensiva furono manipolati per favorire Ordini religiosi, grandi famiglie papaline, dignitari della Santa Sede, società immobiliari e palazzinari, dentro una rete di compiacenza di marca vaticana che spolparono la città come si spolpano le ossa di un pollo" .
Cosi il Vaticano ha potuto conservare e moltiplicare in Italia immense ricchezze. Gli innumerevoli immobili situati in tutto il territorio italiano e sopratutto a Roma, sono anch'essi favoriti da un regime fiscale che ha del ridicolo.

Un fiume inesauribile di denaro affluisce in Vaticano dall'Italia e da tutte le nazioni e comunità dove vi sia una maggioranza cattolica: offerte, donazioni, eredità, quote di imposte.
Soltanto una piccola parte di tali ricchezze finisce in progetti umanitari. Il resto va alla catechesi nelle parrocchie, all'edilizia di culto, al sostegno del Clero (circa 40.000 preti in Italia), ma anche alle banche amiche, da qui la liquidità si ricicla e si moltiplica in investimenti, in titoli, in immobili, in businnes disinvolti, in azioni di industrie etc.
Non per niente spesso il Vaticano, sempre per quanto concerne lo Stato Italiano, è rimasto implicato in vicende oscure mai completamente chiarite, come il caso Calvi, il banchiere di Dio impiccato sotto un ponte di Londra, la vicenda del Banco Ambrosiano e dell'assassino di Marco Ambrosoli , il sinistro ruolo dello Ior attraverso il misterioso Marcinkus ed altri faccendieri di alto bordo tra i quali Michele Sindona.

Il grande imbroglio dell’otto per mille
Il finanziamento dello Stato Italiano alla Chiesa Cattolica, deciso con la revisione concordataria del 1984 fu sottoscritto da Craxi per acquisire benemerenze presso il Vaticano. E con l'imbroglio dell'otto per mille nella formulazione italiana, tale finanziamento non può che essere definito una colossale truffa. Infatti la percentuale dei contribuenti italiani che firmano in calce alla denuncia dei redditi l'otto per mille a favore della Chiesa cattolica è di circa il 45% che poi in sede di liquidazione dell'importo calcolato diventa come d'incanto il 90%. Il meccanismo di attribuzione è perverso. C’è chi decide di lasciare in bianco la casella della dichiarazione dei redditi e si tratta della maggioranza delle persone che pagano le tasse. Ebbene, il loro otto per mille viene diviso tra tutti i pretendenti in proporzione delle preferenze ottenute. L'Italia è l'unico Paese al mondo dove le tasse pagate allo Stato vanno a finire anche nelle casse di un altro Stato, il Vaticano. In altre parole l' 87 per cento dell'otto per mille di chi non ha preso alcuna decisione va in genere alla Chiesa cattolica, il dieci allo Stato. E c’è di più, se si va nel dettaglio si scopre che circa un terzo dei soldi ricavati dall’ otto per mille che i cittadini decidono di devolvere allo Stato di solito serve per ristrutturare beni culturali di proprietà, guarda caso, della Chiesa cattolica.

I privilegi del Vaticano che pagano i cittadini
Città del Vaticano che in base all'art. 6 del concordato ha diritto a ricevere tutta l'acqua di cui ha bisogno (cinque milioni di metri cubi l'anno) senza versare un centesimo all'Acea. Prima del 70 gli scarichi finivano direttamente sul Tevere. In seguito si è cominciato e riversare gli scarichi ed i liquami in vasche e depuratori che hanno un costo per chi li gestisce e non rientrano nelle previsioni concordatarie. Per cui la recente normativa italiana ha include nella tariffa (la bolletta dell'acqua) anche il canone per le fognature e la depurazione. E qui le cose per il Vaticano si complicano le cose si complicano. La questione fu tenuta sottotono dall’Acea fino al 1999, fino a quando cioè la municipalizzata venne privatizzata ed entrò in borsa, il credito di alcuni miliardi di lire divenne difficile da nascondere facendoli pagare ai cittadini della capitale. Peraltro vi erano mugugni dei piccoli azionisti i quali reclamavano affinché il buco di bilancio fosse risanato da qualcuno, o dalla Santa Sede o dallo Stato Italiano. Il delicato dossier passò immediatamente al vaglio del Ministero degli Esteri, trattandosi di rapporti tra Stati. Cominciò così una vertenza che vedeva da un lato la municipalizzata Acea che chiedeva 50 miliardi di vecchie lire quali arretrati di 20 anni di scarichi abusivi, dall'altra parte il Clero offeso a morte per essere stato trattato come un moroso qualsiasi e soprattutto per un fatto di liquami. La cosa finì nel migliore dei modi per il Vaticano, perché ci pensò il governo a fare da paciere: nella finanziaria per il 2004 è comparsa una voce relativa ai 25 milioni di euro da versare all'Acea per i liquami arretrati e 4 milioni di euro a partire dal 2005. Naturalmente il costo dei liquami del Vaticano si è riversato sui cittadini Romani.

L’evasione fiscale
L'Espresso n. 18 del 12 maggio 2005 ha riportato numerose cifre per la famigerata ICI (Imposta comunale sugli immobili) che i Comuni, dopo la famosa sentenza della Cassazione, avevano iniziato a pretendere, inviando la cartella esattoriale agli enti ecclesiastici che esercitavano anche attività commerciale o imprenditoriale. Le statistiche ufficiali del Ministero dell'Interno parlano di circa 32.000 enti, comprendendo soltanto gli enti ecclesiastici riconosciuti dallo Stato e ignorano gli enti e le associazioni religiose non riconosciuti e non dotati di personalità giuridica anche se concretamente operanti sul territorio.

A Roma gli enti religiosi che non pagano tasse in base al Concordato ed alle leggi successive sono circa 2000 fra istituti di suore, parrocchie, scuole cattoliche, istituti religiosi, missioni, case di cura, collegi monasteri, case di riposo, seminari ospedali, conventi, oratori, confraternite, ospizi, e chi più ne ha più ne metta. Da notare che fra i 2000 immobili sono ricompresi il vastissimo Ospedale Gemelli con annessa Università, nonché l'enorme complesso di Radio Vaticana attualmente sotto processo a causa dei danni elettromagnetici provocati dalle sue antenne di Cesano.
Tenendo presente l'incidenza della popolazione di Roma in relazione al totale della popolazione italiana, si è stimato approssimativamente in circa 50.000 il numero degli immobili ecclesiastici presenti in tutta Italia, cifra che è puramente indicativa ma che è certamente più vicina alla realtà della cifra data dal Ministero. Da rilevare soprattutto che ciascun ente ecclesiastico può essere titolare di più immobili.
Pur essendo arduo calcolare esattamente gli stabili irregolari in base alla sentenza di Cassazione citata, anche perché molti non risultano neanche censiti dal catasto, si è stimata una cifra sicuramente non lontana dalla realtà, di circa 30.000 stabili sparsi in tutta Italia, che hanno eluso illegittimamente l’ICI perché vi si esercitava un'attività commerciale.

All'ICI bisognerebbe aggiungere l'ammontare dovuto per tutte le altre imposte evase legalmente, sia statali, che comunali (irpef, iva, imposta comunale incremento di valore aggiunto ecc.) nonché per tutte le altre deduzioni benevolmente concesse ad enti ecclesiastici riconosciuti e non riconosciuti.

Alla luce di quanto detto, non ci meraviglia più di tanto la notizia dei numerosi immobili parigini di proprietà del Vaticano. Ciò che lascia perplessi, forse, è lo strano intreccio che esiste anche fra Vaticano e politici francesi. Bernard Kouchner, abita da 35 anni con la moglie, la nota giornalista Christine Ockrent, in un appartamento in rue Guynemer , affacciato sui giardini del Luxembourg. E’ un inquilino di uno Stato estero, per di più del Vaticano, la cui politica - quantomeno in materia sanitaria e di controllo delle nascite - non è in sintonia con il governo francese e con il pensiero del dottore francese, ministro socialista del governo Sarkozy.
Un altro particolare che fa riflettere e che , sempre secondo il giornale francese, anche una grande società come Suez Environnement è affittuaria del Vaticano: cinquemila metri quadrati in rue de la Ville-l’ Évêque, a due passi dall’ Eliseo. Pare che il canone supera i tre milioni di euro all’ anno.

Che dire, faremo anche della demagogia, ma se la nostra è demagogia, come chiamare l'atteggiamento di coloro che difendono ancora il Vaticano?
Se dire che la Chiesa richiama la povertà e poi possiede quasi la metà del patrimonio immobiliare dell'intera Roma, è demagogia, ebbene siamo felici di essere dei demagoghi.
Ma basterebbe un'immagine a sintetizzarle tutte, l'apologia dell'ipocrisia, la superba noncuranza del pudore, talmente violenta nella sua accecante improntitudine che Francesco il povero ne direbbe al suo Dio in termini di perdono: quel Papa immobile sul suo trono d'oro e di gioielli di valore inestimabile che parla di povertà e sofferenza durante le feste pasquali. Quella luce violenta fatta di finzione, quell'offesa in mondovisione a quella gente povera vera che nel cuore del cuore dell'indigenza Benedetto aveva visitato in Africa. Povera Africa e povera gente in miseria: abituati per secoli a non essere considerati uomini, meriterebbero, almeno in questo, un pò di rispetto.


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