Precario

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kelly70
00giovedì 17 maggio 2012 13:08
“Nessuna banca mi concede un mutuo per comprarmi una casa e mettere su famiglia, perché non ho il posto sicuro… sono precario!”

Questa frase la stiamo sentendo milioni di volte… al telegiornale, al bar, nelle trasmissioni di Maria de Filippi o addirittura già all’interno delle aule universitarie.
Il posto fisso e il mutuo.
Tutte le volte che si parla del futuro dei ragazzi italiani si dice che non ce l’hanno, perché non trovano il posto fisso, quello che permetterà loro di accedere al Sancta Sanctorum: il mutuo per comprare la casa.
Poche sere fa ho assistito alla scena dell’ennesimo giovane che in televisione si lamentava di non poter realizzare i suoi obiettivi a causa dell’attuale crisi. E i suoi obiettivi erano il posto fisso e la casa di proprietà.
Ma il vero problema non è il precariato in sé, né il fatto che nessuno sulla faccia di questo pianeta si possa permettere di acquistare un’abitazione in contanti. Che un giovane abbia come sogni il posto fisso e la casa… ecco dov’è lo scandalo! Che un giovane si senta depresso perché non gli riesce di raggiungere questi due obiettivi… ecco dove s’intravede l’oscenità dei tempi che stiamo attraversando!
È incredibile – e francamente deludente – che questo sia il “sogno” d’una generazione di giovani.

Io mi ricordo di generazioni di giovani che erano davvero giovani, ossia capaci di esprimere l’energia dirompente di un 25enne. Una delle caratteristiche che fa della gioventù un’epoca da rimpiangere in tarda età è proprio il fatto che da giovani si può sognare, da giovani è tutto ancora davanti. A quell’età possiedi sogni, visioni, valori per cui combattere. Un giovane degno di questo appellativo è uno “che vuole cambiare il mondo”. Molti fra di voi che state leggendo – chi più chi meno – sono passati da questa fase della loro vita piena di possibilità.

Un giovane degno di questo nome dovrebbe sentirsi contento di essere “precario”, perché se leggiamo a un livello più elevato questo termine scopriamo che il precariato implica l’assenza di sicurezze e legami. L’assenza di zavorre morali e preoccupazioni finanziarie. L’angoscia di dover avere un solo partner per volta (“perché sennò sei una troia, oppure un puttaniere”) e l’afflizione del dover far quadrare l’economia domestica per non far mancare niente ai tuoi cari… insomma… l’asservimento agli schemi di pensiero dei terricoli, di solito sopraggiungono con la cosiddetta “età matura”, espressione che maschera la totale perdita di ogni residuo di spinta creativa. Che tali preoccupazioni giungano a vent’anni è un fatto piuttosto grave, che richiama alla memoria il dopoguerra, quando i giovani in effetti non esistevano perché non potevano permetterselo.

Il processo di asservimento delle masse – di cui tratto anche nel mio prossimo libro La rinascita italica – sta ottenendo un successo che non si aspettavano nemmeno i suoi ideatori e sostenitori. È difficile trovare un ragazzo che pensi a se stesso in maniera diversa rispetto ai genitori. Se per il nonno e per il papà era importante il posto fisso, per uno strano fenomeno di ricalco mentale diventa importante anche per lui.

Quando si è giovani è obbligatorio sognare l’impossibile, voler cambiare le regole del gioco, invece oggi troppi giovani vogliono solo vincere – o almeno trovare un angolino sicuro – all’interno di un gioco che danno per scontato non possa essere alterato in alcun modo. L’orizzonte del posto fisso è spaventosamente limitato. Piuttosto vado a dormire in un dormitorio e a mangiare alla mensa dei poveri… perché tanto è uguale, sono già stato sconfitto, e allora a che serve che impieghi le mie energie, otto/nove/dieci ore al giorno per vivere ai limiti della sopravvivenza, dentro un ufficio, senza più sogni, aspettando che un cancro metta fine alle mie pene.

Il processo di asservimento delle masse macina terreno a una velocità impressionante, passa da una vittoria a quella successiva. Dopo l’annullamento dell’identità nazionale e la creazione di un’Europa di “province” asservite alla BCE, adesso siamo passati all’estinzione dell’identità personale. Un uomo è ciò sogna, per cui un giovane spento e inchiodato al problema del posto fisso e del mutuo è un essere senza identità. È un guscio vuoto che attende di essere ricevuto nella sala d’aspetto di una banca.

Ma cosa vuol dire precario?
Dante era precario, Baudelaire era precario, anche Salvador Dalì e Nietzsche erano precari. Ogni artista, cantante, filosofo, scrittore è precario. Così come ogni lavoratore autonomo e ogni negoziante. Chiunque si affidi alle proprie capacità creative e imprenditoriali per guadagnarsi da vivere è per definizione “precario”… ma è anche contento di esserlo. La mia vita, per esempio, è precariato puro, vivo nell’incertezza: oggi i miei libri vendono… domani non si sa; oggi gli affari vanno bene… domani non si sa. Il fatto che un ventenne appena uscito dall’università, con un futuro davanti, si pensi come “precario” e si senta afflitto per questo… è un’aberrazione mentale, che non rappresenta lo stato oggettivo delle cose.
Sentire un giovane che parla di pensioni mi stringe il Cuore.
Vedere un giovane che protesta in piazza affinché il suo posto di lavoro sia più sicuro… perché ha paura di essere licenziato… mi fa talvolta credere che non ci siano più speranze. La mediocrità ha vinto, il mindfucking ha sortito il suo effetto distruggendo gli ultimi residui di gioventù che si trovavano dentro i giovani… i quali protestando in piazza contro l’incertezza, non si avvedono di stare lottando contro la loro stessa possibilità di sognare un mondo nuovo. Quando pensano al futuro ormai riescono solo a immaginare lo stesso mondo che c’è oggi… ma più tecnologico. Una fotocopia… di una fotocopia… di una fotocopia… (come si dice in Fight Club)

Servono monaci-guerrieri, ribelli, eretici… che si mettono in proprio e si costruiscono un futuro nonostante gli adulti, la società, i politici e le banche. Servono guerrieri, non mendicanti che protestano per l’articolo 18 e cercano di assicurasi la pensione. Servono avventurieri capaci di vivere senza una mappa, che non hanno bisogno di programmare i prossimi vent’anni della loro vita.

L’unico modo per avere successo è essere speciali, non continuare a nascondersi nelle pieghe del sistema vivendo delle briciole che l’oligarchia al potere ci concede. Sta avvenendo una selezione naturale alla quale sopravviveranno solo i creativi e gli imprenditori di se stessi. Gli altri sono già condannati perché sono già morti, si sono già suicidati… tutti i giorni… in ufficio. L’assenza di creatività e responsabilità tipica di chi è condannato nei gironi impiegatizi è un fenomeno innaturale e presto scomparirà.

Chi ha stipulato un patto con il Diavolo – “segui le direttive e non dovrai mai pensare” “rinuncia alla creatività e alla libertà in cambio della sicurezza” – ne pagherà le conseguenze nei prossimi mesi. Il Diavolo sta venendo a riscuotere ciò che gli spetta.

Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)

www.stampalibera.com/?p=45474

Claudio Cava
00giovedì 17 maggio 2012 15:23

Tutti comunisti. [SM=g27825]


Ciao [SM=x789055]
Claudio
Max Cava
00giovedì 17 maggio 2012 20:33

Ma cosa vuol dire precario?
Dante era precario, Baudelaire era precario, anche Salvador Dalì e Nietzsche erano precari. Ogni artista, cantante, filosofo, scrittore è precario. Così come ogni lavoratore autonomo e ogni negoziante. Chiunque si affidi alle proprie capacità creative e imprenditoriali per guadagnarsi da vivere è per definizione “precario”… ma è anche contento di esserlo. La mia vita, per esempio, è precariato puro, vivo nell’incertezza: oggi i miei libri vendono… domani non si sa; oggi gli affari vanno bene… domani non si sa.



Come dissi, in tempi non sospetti, in Svizzera siamo tutti precari.

Il datore di lavoro può licenziare chiunque senza neanche dover giustificare la motivazione. [SM=g2407713]

Mai sentito nessuno lamentarsene, anche perché... chi é quell'imbecille di imprenditore che licenzia un dipendente che rende?

E per tutelare i lavoratori ci sono leggi che, vi stupirà, vengono fatte rispettare.

[SM=g2407711]
Titti-79
00giovedì 17 maggio 2012 22:33
Però il problema con le banche è reale.
Quando io e mio marito abbiamo avuto bisogno di un finanziamento per cambiare la macchina, ho dovuto chiedere a mio padre di firmare come garante (lui ha il posto fisso).
Il mutuo poi... manco se scendesse dio in persona a firmare! [SM=x789049]
Poi il "chi te lo fa fare a caricarti un mutuo" è un altro discorso.
I miei hanno comprato casa con 55 milioni di vecchie lire ed estinguendo il mutuo in 15 onorevoli anni.
Adesso ti servono minimo 100/150 mila euro e ti devi caricare rate stratosferiche per 30/40 anni!!!
Praticamente la casa è tua giusto in tempo per festeggiarci il FUNERALE!!! [SM=x1414722]


Titti.
Blumare369
00giovedì 17 maggio 2012 23:31
Tra poco, bella Titti, moltissima gente avrà un mutuo che varrà più della casa per cui l'ha preso. Il che vuol dire che non hai più la casa di proprietà effettiva ma solo teorica. Infatti se la dovessi vendere, ammesso che potessi riuscirci, prenderesti meno del mutuo che dovrai restitiuire.

Questo grazie all' IMU e alla stretta creditizia che sgonfieranno la bolla immobiliare creatasi anni fa.
kelly70
00venerdì 18 maggio 2012 00:01
Ho fatto bene io a tenere duro, e a ridere in faccia a quelli che si stupivano del fatto che non volessi comprarmi la casa.

Ma come???? Sembravo io la pazza. E invece avevo ragione.

E non ho mai voluto fare concorsi per nessun posto "fisso", e mia madre si disperava. E io dicevo, ma tu vuoi vedermi felice o vuoi vedermi "sistemata"? Quella non è vita per me. [SM=g27825]

E' la mentalità degli Italiani che è traviata.

Dai Testimoni di Geova [SM=x789049] [SM=g2283909]
Max Cava
00domenica 20 maggio 2012 21:56
Re:
Titti-79, 17.05.2012 22:33:

Però il problema con le banche è reale.
Quando io e mio marito abbiamo avuto bisogno di un finanziamento per cambiare la macchina, ho dovuto chiedere a mio padre di firmare come garante (lui ha il posto fisso).
Il mutuo poi... manco se scendesse dio in persona a firmare! [SM=x789049]
Poi il "chi te lo fa fare a caricarti un mutuo" è un altro discorso.
I miei hanno comprato casa con 55 milioni di vecchie lire ed estinguendo il mutuo in 15 onorevoli anni.
Adesso ti servono minimo 100/150 mila euro e ti devi caricare rate stratosferiche per 30/40 anni!!!
Praticamente la casa è tua giusto in tempo per festeggiarci il FUNERALE!!! [SM=x1414722]


Titti.



Interessante...

invece, in Svizzera, i soldi te li regalano, basta chiedere. [SM=g2407713]


Guarda che anche qui devi versare il 20% del costo della casa ed avere un posto di lavoro se vuoi ottenere un mutuo.

La differenza sta nel fatto che nessuno ti chiederà mai se hai un posto "fisso" per il semplice motivo che nessun lavoro lo é, e tutti accettano questo dato di fatto come normale!

In Italia invece, a quanto pare, precariato = merda... [SM=x1468240] [SM=x1468240]

[SM=g2407711]




Blumare369
00domenica 20 maggio 2012 23:35
Per me il discorso di essere o meno precario non è importante. L'importante e lavorare tutti i giorni della vita saltellando qua e la. Io in 50 anni di lavoro ho cambiato una decina di ditte importanti e notissime. Ho sempre girato io il culo per andarmene. Ma erano altri tempi. Oggi cerchi cerchi ma trovi poco e quel poco lo devi strappare a morsi calci e spintoni a un altro disperato.

Per fortuna finirà presto. Quando presto? ma come quando presto! quando comanderà Bersani. Tutti lo sanno: prima via Berlusconi e poi avanti Bersani e l' Italia risorgerà dalle ceneri!
kelly70
00lunedì 21 maggio 2012 01:05
Quei lavori ben pagati che nessuno vuole fare
Gli impieghi manuali non riescono ad attirare personale. Nonostante l'emergenza disoccupazione. E uno stipendio promesso superiore a quello di un impiegato.

“Il giovanotto è uno studente che studia che si deve prendere la laura”. Con queste parole tratte da “Totò, Peppino e la malafemmina” si può riassumere l’ambizione della famiglia italiana media degli ultimi decenni. Crescere, studiare, formarsi perché al successo sui libri equivale il successo sul lavoro.

STUDIARE PER ESSERE A SPASSO - Eppure non sembra funzioni proprio in questa maniera. Negli ultimi anni si è assistito a una saturazione completa di determinate realtà, casualmente tutte legate a una formazione non propriamente tecnica. Il mondo del lavoro ha già assorbito tutti gli effettivi necessari per il funzionamento della società lasciando gli altri a spasso in quanto incapace di assorbirli. Certo, poi c’è la seconda possibilità. Mollare gli studi e buttarsi su un mestiere, su una specializzazione autentica, fare l’artigiano.


MEGLIO LA LAUREA CHE UN MESTIERE - Eppure nonostante ci sia bisogno di persone capaci di svolgere al meglio mansioni meno “prestigiose”, è proprio il loro aspetto esteriore a lasciare freddi i candidati e a mettere sul chi vive le famiglie ansiose del “pezzo di carta” e che non vogliono neanche lontanamente sentire la parola “laboratorio”. Ma la realtà è molto diversa da quella che lascia intravedere il sentire comune. Nell’ultimo numero de “l’Espresso” viene dato ampio spazio a questo tipo di professioni. “Cercasi artigiano disperatamente”, ovvero come vivere in un Paese, l’Italia, che ha fatto dello stile, dell’eleganza e della cura del dettaglio un caposaldo della propria economia.

IL VALORE DELLA QUALITA’ - A seguire si viene a scoprire che un artigiano può portare a casa come primo stipendio più di duemila euro al mese, che c’è una penuria cronica di sarte capaci di cucire le asole, e che spesso quando uno dei dipendenti arriva all’età pensionabile, rimane in azienda con un contratto da collaboratore perché la sua perizia non è replicabile da nessun giovane, con buona pace dei rottamatori e degli amanti delle novità a tutti i costi. La crisi economica, il costo del trasporto dei beni dai Paesi in via di Sviluppo e le nuove richieste da parte dei clienti che preferiscono la qualità al prezzo stanno portando imprese di varie dimensioni a scegliere di tornare in Italia perché anche se il costo della manodopera è cinque volte più alto che in Bulgaria, la qualità del prodotto rappresenta un valore aggiunto che poi si traduce anche nel prezzo.


AAA CERCASI… - Ma la gente non vuole. L’assioma “tanta fatica-pochi soldi” è un mito duro da sradicare. L’Espresso ci aiuta rivelandoci quali sono i mestieri con pochi addetti che potrebbero regalare emozioni, libertà oltre a un discreto riconoscimento economico: installatori d’infissi, panettieri e pastai, pasticceri e gelatai, cuochi, falegnami, spedizionieri, valigiai e borsettieri, conciatori di pelli, pellicce e pellettieri, sarti e tagliatori artigianali, modellisti e cappellai.

TRA DISOCCUPATI E POSTI VACANTI - Teleborsa cita dei dati diffusi nello scorso febbraio dalla Cgia di Mestre la quale aveva comunicato che nei primi nove mesi del 2011 vi erano stati 80 mila posti di lavoro in meno per i giovani. Di contro però le imprese hanno dichiarato di non essere riuscite a reperire 45.250 nuovi “ingressi”, sia per il ridotto numero di candidati che hanno risposto alle inserzioni sia per l’impreparazione dei potenziali candidati. Le figure più complesse sono quelle dei commessi, dei camerieri, dei parrucchieri, delle estetiste, dei meccanici, degli idraulici, dei baristi.

VUOTO CULTURALE - Insomma, dove è richiesta la manualità scattano i problemi. I potenziali candidati disertano forse perché non ritengono il mestiere adeguato alle loro ambizioni o forse perché non riescono a tenere in mano un vassoio. Il presidente della Cgia Giuseppe Bortolussi non ha una soluzione precisa: “Innanzitutto bisogna rivalutare il lavoro manuale e le attività imprenditoriali che offrono queste opportunità. E’ difficile trovare una soluzione che in tempi ragionevoli sia in grado di colmare un vuoto culturale che dura da più di 30 anni”

IL DIFFERENZIALE - Secondo Bortolussi neanche la scuola può dare quella mano necessaria a cambiare la mentalità di un popolo. “Bisogna fare una vera e propria rivoluzione per ridare dignità, valore sociale e un giusto riconoscimento economico a tutte quelle professioni dove il saper fare con le proprie mani costituisce una virtù aggiuntiva che rischiamo di perdere”. Walter Passerini, giornalista esperto di finanza e lavoro, una volta mi parlò di “differenziale”, ovvero quel qualcosa che rende le nostre competenze specifiche ed inimitabili. Se il differenziale di una persona però sta nella manualità, ecco che tende a rifiutare la sua capacità perché non è il lavoro che fa per lui.



FUTURO NEFASTO - La Cgia tempo addietro lanciò un altro allarme relativo ai pericoli dovuti alla progressiva scomparsa delle professioni legate al lavoro manuale. Il sei novembre 2011 il Gazzettino lanciò un dato secondo il quale entro il 2021 sarebbero scomparsi 385 mila posti di lavoro legati al mondo dell’agricoltura, della pelletteria, della falegnameria, dell’edilizia, dell’artigianeria.

NON FACCIO IL PANETTIERE - La Vera Cronaca aveva lanciato un allarme nel 2010 parlando di uno studio di Confartigianato che ha elaborato i dati del Rapporto Excelsior-Unioncamere dove è emerso che nonostante fossero previste 550 mila nuove assunzioni, 147 mila posti sono andati “vuoti”. Ovvero mancavano le persone da assumere. In questo caso mancavano installatori di infissi, panettieri, pasticceri, sarti falegnami, cuochi. Parliamo di lavori caratteristici per la nostra manifattura, necessari, impossibili da sostituire. Basta dirlo alle nuove leve che non sanno fare e non sarebbero neanche pronti a lanciarsi.



E PREFERISCONO I CALL CENTER - Magari possono anche lanciarsi, possono dimostrare la loro voglia di fare e la loro vitalità, visto che magari perdono tempo con mestieri altrettanto faticosi ma dall’avvenire pressoché nullo. Secondo la sezione Confartigianato di Viterbo “Nel 2010 le aziende artigiane erano pronte ad assumere 1500 unità di personale, ma nella stragrande maggioranza dei casi non hanno trovato quello che cercavano. E’ difficile credere che in Italia nessuno abbia più voglia di imparare un mestiere o che i giovani siano tutti dei fannulloni. Credo si tratti invece di un problema di informazione e anche formazione. Molti ragazzi si dedicano a lavori altrettanto faticosi rispetto a quelli artigianali ma probabilmente meno retribuiti, abbastanza generici da poter essere svolti senza una specifica preparazione”.

MANCANO CENTO PANETTIERI - Per dimostrare la vitalità e la disponibilità delle persone basta buttare un occhio sul web per capire come vengono accolte le grida di dolore dei settori in crisi. Il Corriere della Sera mesi fa aveva parlato dell’allarme lanciato da Vinceslao Ruccolo, presidente dell’associazione panificatori abruzzesi, aderente alla Confesercenti. Ruccolo, fornaio di San Vito Chietino, è convinto che nella sua regione manchino 100 panettieri. “In Abruzzo sono tanti i forni artigianali che non trovano manodopera e il problema, che esiste da anni, ora si è accentuato. Un fornaio con la qualifica ottiene circa 2.500 euro netti al mese in busta paga. Uno stipendio che, con gli straordinari e la produttività, arriva facilmente a tremila. È vero che si lavora nelle ore notturne, di solito da mezzanotte alle otto, ma c’è anche chi finisce prima e inizia prima. Quasi sempre, invece, rispondono alle offerte di lavoro solo gli extracomunitari e, ultimamente, neanche quelli».



DECLINO D’ITALIA? - I commenti non è che fossero tanto lusinghieri, più che altro a causa della diffidenza relativa al potersi garantire certe cifre lavorando di notte impastando il pane. A colpire particolarmente sono le parole di una persona, firmatasi goldenchild, la quale ha scritto: ” Invece da un annetto a questa parte, in articoli come questo o anche quelli di Di Vico, si invitano i giovani ad andare a fare panettieri, falegnami, idraulici e a non lamentarsi troppo. Direi che la linea editoriale del corriere va in parallelo col declino dell’economia italiana”. Panettieri uguale declino dell’economia italiana. Così è, se vi pare.

NUMERI DA CAPOGIRO - Imolaoggi ha rilanciato la storia di Vinceslao Ruccolo facendo però qualche cosa in più, ovvero pubblicare i contatti dell’assopanificatori abruzzese. Casualmente in questo caso i giudizi hanno lasciato posto alle richieste su Facebook di persone bisognose di un lavoro, prima ancora di poter scegliere se e come guadagnare i propri soldi. Qualche settimana fa avevamo affrontato l’argomento aiutandoci anche con uno specchietto tratto da “La Stampa” che ci faceva capire l’assurdità di un mondo del lavoro, quello italiano, dove da un lato i giovani predicano miseria minacciando di emigrare mentre dall’altro un’azienda impiega sette mesi e mezzo per trovare un falegname.
Mancano le figure specializzate. Non ci sono più manutentori, idraulici, tornitori, posatori. Gi anziani non vanno via da questi posti perché hanno imparato sul campo e possono godere del fatto che i giovani, già inseriti in un sistema formativo diverso non sono quasi capaci di tenere in mano un cacciavite. Le scuole non sono in grado d’insegnare un mestiere e soprattutto sono le famiglie a non lasciare scampo.

CHI CREDE A QUESTE CIFRE? - Servizi, comunicazione, spettacolo. Questi i nuovi “miti”. L’artigiano? La ruota di scorta, l’ultima spiaggia per non morire di fame, in quanto si tratta di un settore disprezzato dall’immaginario collettivo. Se i lettori del Corriere della Sera criticavano i tremila euro dei panettieri cosa bisogna fare per i 2.200 euro mensili come stipendio d’ingresso di un maglierista? E i 22 mila euro l’anno come orafo junior da Bulgari? Parliamo di Italia, non di chissà quale Paese. Per quale motivo Ikea ha voluto spostare la sua produzione dalla Cina all’Italia? E’ l’affermazione dell’eccellenza, significa dare un valore alla perizia, all’arte, alla tecnica, alla sensibilità.



QUESTIONE DI SCELTE - Poniamo una domanda molto semplice: perché giornali, riviste, autorità, spingono affinché la gente si butti su un altro settore redditizio e privo di concorrenza visto che non è per nulla ambito? Non possiamo essere tutti dottori, tutti medici, tutti avvocati, tutti giornalisti. Il sistema salterebbe. Esistono delle eccellenze che riescono a ritagliarsi il proprio spazio ed altri che devono cambiare. Altrimenti salta il banco. Un lavoro è sempre meritevole di rispetto perché è il modo che abbiamo d’inserirci nella società civile. Anche Confindustria si è mossa spingendo i ragazzi a iscriversi negli istituti tecnici e a scegliere un percorso nel campo dell’industria attraverso il progetto Teknicamente. Il problema è due volte di testa: da un lato non ci si vuole “sporcare” le mani, dall’altro l’artigiano viene visto come un mestiere povero, limitato, dagli orizzonti ridotti. Nonostante uno stipendio base superiore a quello di un impiegato.

www.giornalettismo.com/archives/294212/quei-lavori-che-non-trovano-lavor...
Titti-79
00lunedì 21 maggio 2012 01:33

Interessante...

invece, in Svizzera, i soldi te li regalano, basta chiedere. [SM=g2407713]


Ehi! Ho sentito dire che piovano addirittura dal cielo! [SM=g2407713]
E' vero? [SM=x789048]


Guarda che anche qui devi versare il 20% del costo della casa ed avere un posto di lavoro se vuoi ottenere un mutuo.

La differenza sta nel fatto che nessuno ti chiederà mai se hai un posto "fisso" per il semplice motivo che nessun lavoro lo é, e tutti accettano questo dato di fatto come normale!


Qui ti chiedono la busta paga fino alla settima generazione!
Possibilmente con firma leggibile dei defunti parenti! [SM=x789049]



In Italia invece, a quanto pare, precariato = merda... [SM=x1468240] [SM=x1468240]

[SM=g2407711]


Bhè, no... sarebbe così: precariato = da un giorno all'altro rimani con il culo per terra e non potrai pagare le rate = niente mutuo, a meno che non hai un parente RICCO = ma se avessi un parente ricco me la farei regalare da lui la casa, DEFICIENTI!!! [SM=x789073] = essere sbattuti fuori dalla banca in malo modo... [SM=g2243777]



Titti. [SM=g2407715]
Max Cava
00lunedì 21 maggio 2012 18:34
Re:


Ehi! Ho sentito dire che piovano addirittura dal cielo! [SM=g2407713]
E' vero? [SM=x789048]



Certo!

Infatti, proprio ieri, uscendo di casa ho visto un bel po di banconote da 100 franchi per terra e stavo quasi per raccoglierle ma mi son detto...

chi me lo fa fare di lavorare anche la domenica? [SM=g2407713] [SM=x789063]


Bhè, no... sarebbe così: precariato = da un giorno all'altro rimani con il culo per terra e non potrai pagare le rate = niente mutuo,



É proprio questa la differenza.

In Svizzera, col culo per terra, ci puoi rimanere, con tre mesi di preavviso di licenziamento, anche se lavori per la stessa ditta da quarant'anni.
Due mesi se ci lavori da uno a nove anni ed un mese se lo fai da meno di un anno... e senza obbligo di motivare il licenziamento.

[SM=x789061]

[SM=g2407711]

kelly70
00lunedì 21 maggio 2012 23:59
Re: Re:
Max Cava, 21/05/2012 18.34:



Ehi! Ho sentito dire che piovano addirittura dal cielo! [SM=g2407713]
E' vero? [SM=x789048]



Certo!

Infatti, proprio ieri, uscendo di casa ho visto un bel po di banconote da 100 franchi per terra e stavo quasi per raccoglierle ma mi son detto...

chi me lo fa fare di lavorare anche la domenica? [SM=g2407713] [SM=x789063]


Bhè, no... sarebbe così: precariato = da un giorno all'altro rimani con il culo per terra e non potrai pagare le rate = niente mutuo,



É proprio questa la differenza.

In Svizzera, col culo per terra, ci puoi rimanere, con tre mesi di preavviso di licenziamento, anche se lavori per la stessa ditta da quarant'anni.
Due mesi se ci lavori da uno a nove anni ed un mese se lo fai da meno di un anno... e senza obbligo di motivare il licenziamento.

[SM=x789061]

[SM=g2407711]





Gli Italiani sono abituati a nascere con la pappa pronta.

Sono comunisti dentro. [SM=g2535979]
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