Wikileaks, una bufala mondiale
Niente di nuovo sotto il cielo. Wikileaks è la più grande bufala giornalistica dai tempi di Marconi. Non una delle indiscrezioni strillate esprime una qualsiasi novità. Inoltre -si noti bene- le mail esprimono comunque i pareri dei funzionari di ambasciata in diverse nazioni, e qui si deve dire cosa mai potrà capire un americano a Roma o Calcutta, se nemmeno un romano "de' " Roma riesce a capire nulla della politica romana...
Il contesto italiano è chiaramente desunto dalla lettura dei quotidiani, ed è pieno di cose ovvie e risapute. Lo stesso anche per il resto del mondo.
Wikileaks è una "macchina da guerra" utile per i giornali. Al massimo è un colpo contro la credibilità della Clinton e di Obama (ma Obama la mette giù chiaramente, in una dichiarazione alla stampa: " By its very nature, field reporting to Washington is candid and often incomplete information. It is not an expression of policy, nor does it always shape final policy decisions."
Che Italia e Germania flirtassero con Putin è cosa risaputa persino dai criceti dell'Amazzonia. L'Italia (già col governo Prodi) per di più ha mollato Nabucco, la pipeline strategica dal Caspio al Mediterraneo, voluta dagli angloamericani, tradendo in stile "italiano" (purtroppo nel mondo abbiamo la nomea di doppiogiochisti) per passare armi e bagagli con South Stream, che è la pipeline concorrente di Nabucco, voluta dai russi con Gazprom ed Eni. Ciò ha prodotto e produce reazioni anche pesanti nei confronti dei nostri governi. Ma ciò è normale, per chi conosce il significato della parola "geopolitica".
Che il Segretario dell'Onu sia sotto controllo da parte degli USA è risaputo fin dalla notte dei tempi.
Che Gheddafi sia quello descritto è una barzelletta (vagli a spiegare agli americani la filosofia mediterranea del "bunga bunga").
L'unica novità che mi viene in mente dalle prime letture è quella dell'Arabia Saudita che finanzierebbe Al Qaida (sempre di opinioni si tratta, nota bene). A quanti si stupiscono perché gli arabi sarebbero a favore di un attacco contro Teheran, rispondo che è dal 1980 che l'Arabia si è schierata con l'Occidente contro il komeinismo, sostenendo prima Saddam (come gli occidentali) nella guerra contro l'Iran, e poi combattendo la prima guerra del Golfo per la liberazione del Kuwait, quando Saddam impazzì.
Ma anche l'eventuale doppio gioco arabo su Al Qaida è cosa che gli addetti ai lavori ritengono possibile (ma solo in parte e in certi scacchieri) dalla fine degli anni '90 almeno.
Quindi? Quindi la cyberguerra è una cosa ben più seria, ed è fatta da gente più competente del fondatore di Wikileaks. Ne ho parlato due giorni fa, trattando del malware che è riuscito a interrompere il programma nucleare iraniano.
La tempesta di questi giorni è una tempesta puramente mediatica, che mira a portare a conoscenza delle masse l'ovvio, il quotidiano, il banale di ciò che pensano i funzionari delle ambasciate americane sparse nel mondo. Se ciò servisse a fare maturare la coscienza e la conoscenza delle cose del mondo a un numero più alto di persone, la cosa sarebbe persino positiva. Temo che il tutto si ridurrà a un megagossip mondializzato.
I media mainstream ormai giocano un ruolo pesante nella politica, attribuendo a se stessi la missione salvifica individuata come lebbra dell'informazione da Kaplan in Media Evo -pubblicato in Italia dalla rivista Aspenia nel 2007. La vera notizia non sono i contenuti "svelati" da Wikileaks, ma il tam tam mondiale sul nulla o quasi che ne segue.
"Almanacchi! Almanacchi nuovi!", si potrebbe ripetere con Leopardi.
Il Mondo come gossip e rappresentazione, potremmo ripetere con Schopenhauer.
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