Un testo sconvolgente sulla pedofilia clericale negli Stati Uniti

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kelly70
00sabato 24 maggio 2008 13:47


R. Sipe, A.W.R. Doyle, P.J. Wall: Sex, priests, and Secret codes. The celibacy
Church’s 2.000-Year Paper Trail of Sexual abuse, Volt Press, Los Angeles, 2006.

11.093 le vittime di oltre 5.000 preti, compresi 16 vescovi. Costo: un miliardo e mezzo di dollari.
Se si calcola la media di dieci per pedofilo si arriva a 100.000.

Per la prima volta si rivela l’enormità di un delitto, che, senza il contributo dei vescovi, non sarebbe stato possibile. Lo scandalo è che la “strage” si sia consumata “con” le mani consacrate di uomini di Dio. (Su Google, "pedophilia catholic church",
appaiono più di 600.000 testi, quanto basta per dire l’importanza che gli viene data).

Gli autori:
-Padre Thomas P. Doyle o.p.: dottore in diritto canonico, avvocato presso l’ambasciata vaticana negli USA, intervista e difende più di 2.000 vittime.- Richard Sipe: sposato, già monaco benedettino per 18 anni, psicoterapeuta, da 34 cura vittime e carnefici.
- Patrick J. Wall, già monaco benedettino, sposato, studioso di teologia, politica e diritto canonico, è un esperto in materia giuridica riguardante la pedofilia.

- Dati sulla Chiesa negli USA:
su 67.3 milioni di cattolici, ci sono 42.271 preti, 14 cardinali, 48 arcivescovi, 373 vescovi, 14.493 diaconi (in aumento del 10% l’anno, il 90% è sposato), 67.773 suore (30 anni fa erano più del triplo), nel 2005 si sono ordinati 438 preti, di cui il 37% è di origine latino-americana.

La storia

Fin dal 1924 i preti con disturbi mentali vengono ricoverati in casa di cura. Negli
anni ’50 sottoponendo i seminaristi ai test psicologici, si scopre che i loro “problemi”
non sono di natura mentale/morale, ma di immaturità emozionale, che non si cura con la preghiera. Il 20% del clero soffre di depressione, schizofrenia, abusi sessuali.Circolano voci, sospetti, segnalazioni. Dall’alto si rassicura: la pedofilia è trattata
come una malattia mentale (anni ’60). Nel 1962 gli Stati deferiscono alle autorità centrali le violenze sui minori e dal 1968 si danno una legislazione, che nel 1974 diventa federale. Le case di cura mentale si moltiplicano (anni’60), l’aumento dei preti dediti all’alcool, droga, abusi sessuale, è allarmante (anni ’70). Nel 1968 la Conferenza Episcopale Americana (=NCCB) ordina una ricerca sul fenomeno. 1971: su 1.500 preti presi in esame (anni 1930/70), il 20/25% ha gravi difficoltà psichiatriche, il 60/70% soffre di immaturità emozionale con attività etero/omosessuale. Secondo un’altra ricerca il 74% è immaturo: “La sessualità, non risolta né integrata, in molti è a livello adolescenziale”. Il disastro è annunciato ma i vescovi non vogliono vedere. Nel 1976, Sipe e Bartemeier li mettono in stato di allerta: il 6% dei preti è pedofilo. Le denunce aumentano, le case di cura funzionano a pieno ritmo.

I fatti

983/84: il caso di p. Gauthé, 37 stupri, suscita l’indignazione nazionale. Lo psichiatra descrive la situazione della vittime come “di una tale assurdità che non si riesce neppure a descrivere”. Diversi ragazzi vivono in un incubo permanente e sono
sotto terapia. La diocesi di Lafayette è citata in giudizio per aver occultato gli abusi risalenti al 1972. La prova della complicità del vescovo è di pubblico dominio. Per la prima volta i media fanno sapere “come” è gestita la “cosa”. Il delitto è così diffuso,
che non si riesce più a nasconderlo: 2.000 casi solo nel 1985.
1990: R. Sipe nel libro Mondo segreto: sessualità e indagine sul celibato, analizza 1500 interviste (1960/1985): il 6% è pedofilo, il 20/25% frequenta donne, il 15% uomini.
1992: i media amplificano il caso di p. James Porter, 200 stupri, 8 anni di carcere. Tra il 1985/1992 si accumulano le prove contro i prelati, che trasferiscono i pedofili da una parrocchia all’altra, diffondendo l’epidemia. 1993: le vittime si organizzano in associazione. 1997: p. Kos, in tribunale a Dallas, di fronte a 12 vittime. Nonostante le prove e il giuramento sulla Bibbia, il card. Mahony nega di essere al corrente, ma è condannato per complicità. La vicenda risale al 1993 quando le vittime di tre preti, Kos, Hughes, Peebles, sporgono denuncia. La diocesi rifiuta di patteggiare per un milione di dollari e solo per p. Kos ne pagherà 32. La diocesi di Louisville sborserà 25 milioni, Boston 85, Orange 100. La gente non è più disposta a sostenere una Chiesa inaffidabile.
2002: la notizia di 150 stupri di p. John Geoghan sconvolge l’America. Il Boston Globe ottiene l’autorizzazione giudiziaria di consultare l’archivio segreto della curia: emergono dal nulla 1.200 tragedie, 150 preti pedofili. L’indagine viene estesa a tutto il paese. Il papa convoca i cardinali, il card. Low è costretto a dimettersi, la NCCB nomina una commissione. 2005: a Boston p. Paul Shanley è condannato a 12 anni di reclusione. Alla fine degli anni ’70 i vescovi si chiedono: che fare per prevenire la strage? come curare vittime e trasgressori? A volte i violentati sono trattati come seduttori. Un vescovo dirà che quei preti “sono vittime ingenue di ragazzacci di strada”. La gerarchia attribuisce le aberrazioni sessuali alla società materialista, alla sovraesposizione del sesso, all’enfasi dei media. Parte la crociata in difesa del celibato. Una condotta sconcertante: come può un’istituzione dalla rigida morale sessuale permettere migliaia di abusi? Non si vuole ammettere che la causa principale è
l’immagine che la Chiesa ha di se stessa: governo gerarchico di istituzione divina; il papa incarna ogni potere: giudiziario, legislativo e esecutivo (can. 331, 333); ogni vescovo ha lo stesso potere nella sua diocesi (381). Senza distinzione di poteri, non
c’è possibilità di controllo. La Chiesa si dichiara “società perfetta”, indipendente e autosufficiente. Il Vaticano II la definisce “popolo di Dio”, ma il diritto canonico conserva la struttura monarchica e, grazie a Giovanni Paolo II, si torna al Vaticano I (1870).

Tre casi emblematici

Tre casi, nella stessa diocesi, sono il paradigma di tutto il paese.
Padre Peebles: la sua ordinazione viene rinviata due volte per alcolismo. Nel ‘79 il primo stupro. Nessuna indagine, è nominato assistente degli scout (‘81) e poi cappellano militare. Nel 1982 violenta un altro minore. In caserma, altro tentativo. La diocesi convince familiari e autorità militari che “la denuncia causerebbe più male che bene”. Nominato cappellano a Dallas (‘84), nel 1985 diventa parroco. Un anno dopo, altri abusi. La diocesi è preoccupata più della sua immagine che delle vittime. Padre William Hughes, ordinato nel 1982, cappellano a Dallas. I genitori non
immaginano che ci sia morbosità tra lui e la figlia quattordicenne: “Impossibile che un prete faccia certe cose”. La madre scopre delle lettere compromettenti, la notizia dello stupro arriva al vescovo. Nominato cappellano della gioventù, nell’88 passa a un’altra parrocchia, rimanendo in situazione di rischio fino al 1990, rovinando altri minori.
Padre R. Kos, sposato nel 1966, divorziato nel 1971, ottiene l’annullamento (’76), chiede di farsi prete. La moglie informa che il matrimonio non è stato consumato, per le tendenze morbose del marito: da militare ha stuprato un ragazzo. Ordinato prete
continua ad approfittare dei minori. Nel 1992 lo psichiatra raccomanda di allontanarlo dagli ambienti educativi. Nel ‘93 viene sospeso. I responsabili hanno omesso il loro dovere di indagine, non c’è scusa per una condotta così imprudente. Cospirazione del silenzio
Come è stato possibile il silenzio così a lungo? La forza del potere clericale induce le vittime a non riferire per paura del castigo divino; i giudici insabbiano le indagini; la polizia riconsegna i colpevoli; giornalisti ed editori non interferiscono. I seminaristi
vivono in un ambiente di soli maschi, le donne sono considerate una tentazione. Negli anni ’80 il bubbone scoppia, la pedofilia clericale fa notizia. Si denuncia la cospirazione del silenzio. Solo la pressione delle vittime, dei parenti, dei media smuove la gerarchia. Nel 1985 i padri Doyle, Peterson e l’avvocato Mouton,
elaborano un “Manuale di istruzioni” per i vescovi. Non viene preso in considerazione, perché lo interpretano come un’ingerenza. Solo nel 1993 la NCCB nomina una commissione ad hoc e un’altra nel 2004, che produce un rapporto, il quale biasima il comportamento della gerarchia. Si interpella la John Jay University, che, prendendo in esamine il periodo 1950/2002, parla di 4.500 pedofili e 10.000
vittime.

Celibato sotto accusa

Il tribunale si interroga: “Come è possibile con tanto di celibato?”. Il diritto canonico non prevede delle pene? Il trasferimento da una parrocchia all’altra non è un castigo.
Da un lato la pedofilia è un’offesa tanto grave da tenere segreta, dall’altro non si istruisce il debito processo. I trasgressori sono ammoniti e si ricorre al rimedio spirituale, perché il caso è considerato un problema morale. Eppure si sa, la confessione assolve il colpevole, non cura il disordine sessuale, tanto meno la sua causa. Nei casi più gravi il reo è spedito in casa di cura, che sarà sfiduciata per l’alto tasso di recidività (anni ’80) (2). Nonostante le centinaia di indagini, non si conosce un solo caso, che sia stato sottoposto a processo canonico. Le omissioni d’ufficio dei vescovi erano risapute almeno fin dal 1976, ma nessuno é intervenuto. Il diritto ecclesiastico non ha competenza in una materia che spetta all’autorità civile. Un danno psico-fisico non si cura con ammonimenti e pratiche di pietà. Gli avvocati denunciano non solo l’esecutore materiale del delitto, ma anche chi può essere
considerato come il mandante. Quando questa accusa è rivolta all’autorità insorge un conflitto di interessi, perché il vescovo, essendo giudice assoluto nella sua diocesi, é come se dovesse giudicare se stesso.

Quando i vescovi hanno saputo

Nessuna amministrazione civile può derogare alla denuncia di un’attività criminale senza incorrere nel reato di associazione a delinquere. E’ insostenibile che un delitto così grave non sia investigato e processato. Nell’ambito ecclesiastico spesso non si
procede nell’indagine con la scusa della mancanza di più accusatori. Le diocesi negano l’esistenza di documenti ma l’ordinanza del giudice li costringerà a esibirli. Spesso le vittime citano in giudizio anche il vescovo, perché, in quanto supervisore, è
responsabile dell’operato dei suoi preti. Ma come e quando i prelati hanno cominciato a sapere? Dalle prove risulta che conoscevano le dimensioni del fenomeno ma lo tengono nascosto di proposito. Il metodo della segretezza è un codice familiare a ogni sistema auto-referenziale, una forma di società segreta, che, per la propria sopravvivenza, nasconde le trasgressioni dei suoi membri. I cardinali, giurando di non diffondere nulla che “possa danneggiare o disonorare la santa Chiesa”, si impegnano ad occultare lo scandalo. Qualora l’occultamento implicasse responsabilità penale, come farà a denunciare i fatti, essendo legato da un giuramento sacro? Un vescovo, richiamato dal suo prete per aver giurato il falso in tribunale, risponde: “Io mento solo quando devo mentire”. Nel 2002 un giudice della sacra Rota sostiene, in un articolo approvato dal Vaticano, che i vescovi non devono denunciare alle autorità civili le violenze sessuali dei loro preti. Anche tra loro ci sono alcuni
sessualmente attivi? Vescovi e preti che violano il celibato sono 4 volte più dei pedofili e 3 volte più degli omosessuali. Il reciproco ricatto è troppo facile.

Impensabile=indicibile

I documenti forniscono una registrazione parziale dell’attività sessuale di vescovi e preti. Ma se resta chiusa in cassaforte a che serve? Le cose si sanno, ma non si dicono, perché impensabili e quindi il sesso del clero è da tenere sotto chiave.
L’educazione impartita ai fedeli inculca che sarebbe un sacrilegio parlare del sesso del papa, un po’ meno di quello dei vescovi e dei preti. Hanno rinunciato, eppure sono considerati degli esperti per consigliare ai fedeli il comportamento sessuale in ogni evenienza. La Chiesa si ritiene arbitro supremo e detta legge sui rapporti
coniugali, contraccezione, bioetica. Dove attingono tanta competenza? Lo studio della morale fornisce le linee guida, il confessionale la conoscenza pratica. Al suo interno il sesso può essere conosciuto, esaminato e la confessione diventa una
lavatrice automatica. Al prete spetta un trattamento speciale, perché è un “uomo speciale”: anche i sospetti su di lui non sono leciti. Invece dicerie, indiscrezioni, lamentele devono essere prese sul serio, senza dare per scontato che il prete è un asessuato, un angelo. La totale fiducia deve essere riconsiderata e il sesso non deve più essere un tabù relegato in un sistema di segretezza.

Né nuovo né locale né passeggero

Ormai si ammette che la formazione è inadeguata. Le regole del seminario fanno presumere che gli impulsi sessuali siano più pressanti in un ambiente artificiale, che
pare favorire l’omosessualità. Si ritiene che il 40/50% dei preti abbia un orientamento omosessuale e sia sessualmente attivo. Il 10% ha iniziato a fare sesso con i colleghi o
in seminario. La pedofilia ha radici profonde e sistematiche. Le stime dei pedofili vanno dal 5 al 7% (3) e il numero delle vittime dovrebbe essere moltiplicato per dieci (4). Il 66% dei preti in servizio a Los Angeles era pedofilo, compresi due vescovi
(1991). La rivelazione di migliaia di abusi indica, che la gerarchia può negare di non conoscere la natura scientifica della pedofilia, ma non può sostenere di non sapere che tale comportamento è devastante e criminale. Vista l’alluvione di informazioni
distorte diffuse dalla Chiesa negli ultimi 20 anni, il pubblico ha diritto di sapere come migliaia di preti abbiano potuto violentare decine di migliaia di bambini.

Archivi, segretezza, confidenzialità

Nessun argomento è oggetto di tanta controversia giudiziaria quanto questo. Gli archivi producono prove (5). A Los Angeles più del 50% delle parrocchie hanno un prete indagato. Nel 2005, 540 denunce, ma il card. Mahony, per non consegnare i documenti, fa ricorso al principio della “formazione privilegiata”: “La confidenzialità
è essenziale per il nostro lavoro pastorale e, quindi, anche all’esercizio della religione cattolica. Si tratta di comunicazioni confidenziali, che esigono il segreto”. Il can.
1717 prescrive che il vescovo o un suo delegato conduca l’indagine, che deve essere scritta e conservata nell’archivio segreto (can. 1719). Una volta conclusa, decide: o la procedura giuridica o l’ammonizione pastorale o niente. Non c’è nessuna norma di
uno speciale privilegio di confidenzialità tra vescovo e prete (6), ma il cardinale sostiene il contrario. Se c’è di mezzo un crimine cosa c’entra la confidenza? Questa pretesa non ha fondamento sia nel codice che nella teologia. Quando viene a sapere
di un delitto non deve agire come consigliere spirituale ma come superiore. L’esercizio della religione non può esimerlo dall’osservanza delle leggi civili nei casi criminali (7). Se un bambino è abusato, chi è a conoscenza è obbligato dalla legge
civile a riferirlo all’autorità competente.

Potere clericale

E le famiglie perché hanno permesso che succedesse? La risposta é nell’abuso del potere religioso, una specie di costrizione morale. Educate a non mettere in discussione le decisioni e lo stile di vita del reverendo, credono sia peccato contraddirlo o chiacchierare di lui. Le sue attenzioni verso un figlio sono considerate
segno di predilezione. Il solo pensiero di qualche cosa di spiacevole è al di fuori della loro immaginazione. La vittima accetta le avances nella più totale incomprensione
che il prete possa fare del male. Se la cosa prosegue, egli ricorrerà al suo potere spirituale per convincerla che nessuno le crederà. Un’impotenza paralizzante. L’intimidazione religiosa è dettata dall’ossessione dell’inferno. In un altro testo Sipe
riporta alcune deposizioni raccolte nei suoi 35 anni di psicoterapia. Dopo avere stuprato analmente un ragazzo di 13 anni, il prete dice: "Tutto OK. Siamo semplicemente uomini. Tutti abbiamo diritto di soddisfare le nostre necessità e desideri”. Il sesso anale "non è peccato, perché non c'è nessuna possibilità di
gravidanza". "I preti hanno bisogno di abbracci; noi siamo soli e abbiamo le nostre esigenze". E’ l'inizio di una lunga relazione anale e orale. Il sesso fa parte del volersi
bene: "Questo è un esempio di quanto Dio ti ama, perché io sono prete". Uno dimostra la stessa cosa ad una ragazzina mentre le tocca i genitali e dice di farlo con un'ostia consacrata. "Volevo istruirla, farle vedere che il sesso è buono e santo".

Il sacerdozio cattolico

Da dove viene il potere del prete? A lui sono affidati poteri essenziali per la salvezza:
celebrare l’eucarestia (8) e perdonare in nome di Dio. Il celibato rinforza quella mistica, che lo mette al di sopra dei laici. Quando viene ordinato è sostanzialmente diverso dagli altri (catechismo, 1581), perché “possiede l’autorità di agire con il potere e nella persona di Cristo stesso” (1548). Viene messo sul piedestallo, accanto a Dio. Il curato d’Ars dice: “Che cosa è un prete? Un uomo che sta al posto di Dio, investito di tutti i suoi poteri. Quando perdona non dice “Dio ti perdoni”, ma “Io ti perdono”. Se incontrassi un prete e un angelo, prima saluterei il prete poi l’angelo. Questi è amico di Dio, il prete sta al suo posto”. Per la Chiesa la divisione tra preti e laici è di origine divina (can. 207). Ma, si sa, l’aureola anzitempo gioca brutti scherzi:
ti illude di essere costituito in grazia, immune dal peccato, specie da quello banale del sesso. Il passaggio dal potere al privilegio, dall’elite alla casta è breve. Il clericalismo, se non è la causa di molti problemi, certo li causa per conservare privilegi, potere, prestigio, immagine. Quindi non è ammessa debolezza, lo scandalo
soppresso, le vittime messe a tacere.

Le proprietà della Chiesa

La Chiesa americana possiede investimenti, edifici, istituzioni, beni targati tutti come “cattolici”. Di chi è la proprietà? Nel 2005 l’arcivescovo di s. Louis e la parrocchia di s. Stanislao Costa litigano per 9 milioni di dollari. Nel 1891 un suo predecessore
aveva trasferito i beni della parrocchia ad una società formata da laici. Secondo la legge civile il denaro è loro, ma il prelato lo esige in nome della legge canonica. Il problema si complica quando le vittime della pedofilia esigono i danni. Alcuni vescovi appellano alla bancarotta, ma è un espediente per tutelare il patrimonio,
evitare dolorose rivelazioni, dilazionare i processi, ridurre il compenso delle vittime. Qualche diocesi propone un fondo. Quelle di Tucson e Portland stabiliscono una data
dopo la quale non sarà più lecito esporre denuncia. I media disegnano l’immagine di una Chiesa preoccupata di salvare i suoi interessi finanziari più che le sue vittime.
Nel frattempo, diocesi e NCCB ingaggiano agenzie specializzate e non badano a spese per ricreare un’immagine di Chiesa onesta e pulita. E’ una benda su un ascesso, copre, ma non cura.

L’impatto sulle vittime

Chi perde un arto può sostituirlo, ma una parte di sé non tornerà più. La conseguenza più comune dello stupro è la perdita di speranza e di fede. L’impatto sulla vittima è inimmaginabile, devastante, perché nella sua mente il prete è una figura paterna, il
rappresentante di Dio in terra. Non predica che il peccato impuro porta all’inferno? Il Dr. Lothstein riferisce: “Mi confidano che la loro anima viene assassinata. Un
assassinio nell’anima, dell’anima. E non possono superare il senso di colpa e di vergogna” (National Cath. Reporter, 9.8.2002). Per fotografare questa devastazione si ricorre all’espressione: “uccisione dell’anima”. Come se gli fosse stata strappata l’anima. E la rabbia esplode contro il prete incontrato per strada e anche contro Dio per aver averle violate e abbandonate. Spesso si accusano di aver indotto il prete a
peccare. Le conseguenze della pedofilia clericale, vere ferite inguaribili, sono peggiori dell’incesto. I bambini sono molto vulnerabili e, a volte, non rivelano l’accaduto neppure dopo molti anni, per il semplice fatto che non riescono a farlo.
Sono condizionate dal timore reverenziale, un complesso, che implica forti legami emozionali, una specie di legame traumatico, che diventa ancor più patologico se la relazione continua nel tempo. Il timore di dispiacere al rappresentante di Dio innesca
la paura di dispiacere a Dio stesso e questo é paralizzante.

Perdonare la gerarchia

Perdonare lo stupratore è difficile, perché anche la fede è stata distrutta. E’ inconcepibile che chi si reclamizza come un santo commetta simili delitti. E’ incomprensibile che un’istituzione, la quale si proclama il corpo di Cristo, si svilisca
e si sforzi di nascondere la sua responsabilità piuttosto che curare il male alla radice, cioè se stessa. Gesù non fa sconti a chi scandalizza un bambino: “meglio per lui mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi nel mare” (9). La macina spetta allo
stupratore e ai suoi sostenitori, non alla vittima. Si può capire lo stupro di chi dice la messa tutti i giorni e assolve i peccati? Come sopportare il tradimento fatto in nome della religione? Tutti coloro che hanno ignorato e nascosto sono colpevoli di scandalo. E dove era l’altro 90%? Non hanno sentito, visto, non si sono curati delle
dicerie? Esaminare migliaia di pagine di deposizioni del clero rivela una tale arroganza, evasione, falsità, che alcuni avvocati dicono: “Non avrei mai immaginato che un vescovo potesse mentire così”. Alcuni hanno offerto le loro scuse: “Siamo spiacenti! Psichiatri e avvocati ci hanno ingannato”. Buone intenzioni, ma le scuse, da sole, non curano. Non ci vuole né avvocato né psichiatra per sapere che violentare un bambino è un delitto. Pochi vescovi hanno chiesto perdono per la loro negligenza, cecità e collusione. Non c’è un modo gentile per dirlo: la Chiesa è corrotta come al
tempo della riforma protestante.

Più a monte

Bisogna ammettere che la crisi riguarda il celibato e, più a monte, la presunzione di superiorità del clero e il disprezzo della sessualità. La corruzione non viene da forze
esterne, ma è generata all’interno del sistema clericale. Non si scaccia dal basso, ma dall’alto. Congar diceva: “Nella Chiesa sembra che il peccato della carne sia l’unico peccato e l’obbedienza l’unica virtù”. Ci vogliono fatti nuovi per cambiare rotta nella
visione della sessualità. E questo è il campo nel quale solo i laici possono essere “esperti”, perché è di loro competenza. Se il celibato è così fondamentale, la Chiesa deve riconoscere che non riesce a dare una preparazione adeguata. Per diventare prete
uno deve studiare diversi anni. E per gestire le pulsioni? C’è chi dice che i seminari fanno il loro lavoro. I fatti parlano diversamente. E’ specioso biasimare i seminaristi,
la secolarizzazione, il dissenso, il Vaticano II, la rivoluzione sessuale degli anni sessanta. La gerarchia ha insinuato che è un problema americano. Questo libro dimostra che la trasgressione risale al 309 e continua fino ai nostri giorni. Ciò che è
nuovo non è il fenomeno, ma la mancanza di credibilità. La corruzione clericale è sempre più evidente, l’affidabilità sempre più compromessa. Rispetto, fiducia e obbedienza non si possono esigere solo dai laici e solo con la carità genuina questa
crisi offrirà l’opportunità di vivificare la pastorale e l’integrità della gerarchia. Le vittime non devono sentirsi sole e devono agire some se fossero loro “la Chiesa”. I vescovi smettano di spararsi sui piedi. A Los Angeles una vittima chiedeva 300.000 dollari, la diocesi non patteggia, ne sborserà 5.2. Se la Chiesa non è disposta alla trasparenza, le costerà caro. I vescovi non sono in grado di riformare se stessi né controllare la condotta sessuale dei preti senza l’aiuto e il controllo dei laici. Questi fatti dovrebbero sfidare anche coloro che amano la Chiesa, i quali devono esigere la
massima affidabilità. Non è più il tempo di recriminare, drammatizzare, piangere. Questa non è una contestazione, ma un invito alla collaborazione.

Una sfida per il nuovo millennio

La Chiesa cattolica non conosce il valore della comunicazione e la utilizza a senso unico: direttive, editti, propaganda, discorsi ufficiali. Un sistema “dall’alto in basso”: parla, ma non ascolta; governa, ma non tiene conto dei comuni mortali. Molti auspicano che Roma si decida ad ascoltare il popolo. I vescovi, convinti che la loro autorità è da Dio, rigettano ogni critica come un attacco alla loro persona. Il laicato è ridotto a elemento decorativo o di mera consultazione. La pedofilia potrebbe fare quello che né teologi né profeti sono riusciti a fare. I prelati, abituati a una specie di
“onnipotenza”, sono costretti a fare i conti con la loro incompetenza. Per la prima volta si trovano faccia a faccia con la forza morale della società civile. Questo fatto svela nei media e nei tribunali che l’incondizionata accettazione del loro potere è
venuta meno. La comunicazione con le vittime spesso è di sfida, confronto, sfiducia e cinismo, perché sono rimaste sconcertate dalla loro arroganza, disonestà e mancanza di compassione. Alcuni lo riconoscono, tuttavia rimane spesso un atteggiamento di
superiorità, che compromette il dialogo. I sopravissuti non vogliono essere trattati con una stretta di mano e promessa di tante preghiere. Vogliono essere in grado di credere che la gerarchia ha capito il loro trauma e i più, quasi miracolosamente,
vogliono essere certi che chi ha stuprato il loro corpo e la loro anima trovi aiuto e non sia più in grado di nuocere. Molti pedofili sono stati riciclati, altre vittime sacrificate.
La buona volontà di alcuni vescovi è superata dall’intransigenza di altri intrappolati nel loro narcisismo. Il tragico incubo ha svegliato il laicato dal coma spirituale, a cui
era stato ridotto. Alcuni capiscono che possono essere adulti anche nella Chiesa e non possono accettare le conclusioni senza fiatare. Le dimostrazioni davanti alle cattedrali hanno avuto il loro impatto e molti prelati cominciano a capire che non possono più
aspettarsi omaggi, inchini e baciamano. In certi casi il confronto tende a irrigidire la situazione. Alcuni vescovi non permettono ai cattolici critici di riunirsi nei luoghi di proprietà della Chiesa non perché siano eretici, ma perché non sanno maneggiare le tattiche del dialogo. Il tempo del confronto è passato. Tutto sarà
spazzato via solo con un cambiamento di rotta, che parta dall’alto. Il parlare insieme incomincia dal dialogo, che non tollera sottomissione né servilismo. La fiducia sarà possibile quando i due lati si incontreranno al di là dei ruoli e ci si guarderà in faccia
prima da uomini e poi da cristiani.

Una presunzione: l’osservanza del celibato

Uno dei temi più ricorrenti della storia ecclesiastica è il fallimento del celibato. E’ un fiume continuo di norme, canoni, decreti, lettere papali per arginarlo. Lo stupro dei minori è sempre stato condannato. Ma a che serve mettere il dito sulla piaga e non
ricercare la causa? La Chiesa ha disprezzato il sesso in tutte le sue manifestazioni, definendolo “sporco, peccaminoso, impuro”. Per S. Ambrogio la donna è una tentazione. Per S. Gerolamo il marito che ama troppo la moglie commette adulterio. Predomina il dualismo stoico dei greci: la carne è male, lo spirito è bene. Il clima di
segreto e di vergogna che lo circonda porta all’ossessione per “gli atti impuri”. Ci sono preti uxorati e pastori anglicani convertiti al cattolicesimo con la loro famiglia, ma per il clero di rito latino il celibato è il tema più controverso. Nonostante l’emorragia di 125.000 preti sposati nel mondo, il Vaticano insiste nella sua politica dello struzzo e si rifiuta di ammettere il disastro, di cui è causa: amori clandestini, concubinato, abusi, aborti, figli abbandonati, alcolismo, droga. Tutto si tollera, si rimuovono i fatti, anche il più deplorevole: la pedofilia. Per la prima volta, dalla riforma protestante, la vita sessuale del clero viene messa in pubblico. Le vittime di tanta sofferenza auspicano di vedere il giorno in cui la pedofilia, questa ferita aperta
per secoli nel corpo di Cristo, non sarà più che una cicatrice, il ricordo di un triste passato.

Note
(1) Nel 1976 i Servi del Paraclito inaugurano il primo programma curativo, che sarà applicato a 2.100
preti. (2) Il codice del 1917, infatti, proibiva di portare il prete in tribunale. (3) Altri ricercatori
forniscono spiegazioni speciose (distinzione tra pedofilia e efebofilia) e cifre molto diverse: Shupe
(2000 preti pedofili, l’1%), Jenkins (un migliaio, lo 0,2%), Ratzinger, 1% (1996). Cf M. Introvigne,
Cristianità n. 282 (1998). (4) Secondo Greely se si calcola la media di dieci vittime per pedofilo si può
arrivare a più di 100.000/150.000 (1992). La sua proiezione non è lontana dai dati degli esperti, per i
quali i casi accertati (11.093) andrebbero moltiplicati per dieci. (5) A Boston il tribunale impone al
prelato di aprire la cassaforte, che occulta migliaia di preti. (6) Per prassi il prelato non confessa i
propri collaboratori, perché ciò gli impedirebbe di esercitare la sua funzione di superiore. (7) Un
esempio estremo: il kamikaze si confessa di aver messo una bomba atomica sotto la città. Il confessore
gli impone di riferirlo all’autorità civile. Se si rifiuta? Il segreto confessionale collide con una legge di
natura che viene prima della religione? (8) “L’Eucarestia è la sorgente e l’apice della vita cristiana”
(Catechismo, 1992), “perchè in essa è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa” (n. 1324). (9) A
Davenport, Iowa, le vittime ottengono le scuse del vescovo e, a futura memoria, verrà innalzato un
monumento davanti all’episcopio: un'antica pietra usata per macinare il grano con la condanna di
Cristo: “Chi scandalizza un bambino, sarebbe meglio per lui mettersi una macina da mulino al collo e
buttarsi nel mare”. (10) Voice of the faithful, The survivors’s network of those abused by Priests,
(SNAP), Call to action, Future Church, Victim of clergy abuse linkup (VOCAL), Support for women
abused by nuns (SWAN), Voice from de desert.

www.ildialogo.org/Ratzinger/pretipedofili/dossierpedoIIparte1103...
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